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Il servizio sociale fa parte delle competenze comunali, ente di primo accesso dei cittadini. Il sistema di servizio sociale di tipo pubblico, risale al 1890 con la L. Crispi, la quale ha conservandone la natura essenzialmente privatistica degli enti di pubblica assistenza ponendoli sotto il controllo dello Stato. Con il R.D. 51 del 1904, i Comuni sono investiti della responsabilità di erogare prestazioni sociali attraverso la fornitura di farmaci alle persone indigenti. Le politiche sociali hanno avuto un particolare fermento nel periodo del Fascismo, durante le quali sono state utilizzate come strumento sia per il controllo che per la acquisizione di consenso da parte della cittadinanza. Vennero creati diversi enti di assistenza fortemente accentrati e specializzati. Con la promulgazione della Costituzione italiana si struttura l’impalcatura di principi di diritto che costituisce il fondamento dei Servizi Sociali moderni, che abbandona l’impostazione caritatevole della professione ed assume il carattere di universalità e diritto all’assistenza. Lo Stato investe l’Assistente Sociale della responsabilità di erogare prestazioni destinate a particolari categorie di cittadini. La materia relativa alla beneficienza pubblica era di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Con il D.P.R. 616/1977 vengono definite le attività concernenti i Servizi Sociali, come “tutte le attività che attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla

predisposizione ed erogazione dei servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale siano individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate.” (Art.22). In parte la materia ha visto una svolta con

l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, ad opera della L. 833 del 1978, con la quale viene previsto un sistema integrato tra le attività sanitarie e sociali sotto la coordinazione degli indirizzi regionali. L’evoluzione normativa continua con la fase che negli anni ’90 decentra le funzioni di Servizio Sociale agli enti locali, mantenendo in capo allo Stato la funzione sussidiaria e la competenza di formulare gli indirizzi da

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perseguire. Con la L. 328 del 200035, si ha la definizione normativa del sistema

integrato di Servizio Sociale, nella quale il Comune viene riconosciuto come primo attore coinvolto nella progettazione e organizzazione dei servizi attraverso i Piani di Zona, seguito secondo il principio di sussidiarietà verticale da Regioni e Stato.

Con la revisione del Titolo V della Costituzione vengono demandate alla competenza regionale le competenze in materia di programmazione dei servizi, e del sistema di accreditamento e autorizzazione delle strutture residenziali, che ha comportato una differenziazione a livello di welfare regionale.

Lo strumento innovativo introdotto con la L.328 è il Piano di Zona, processo di definizione della programmazione delle politiche sociali che racchiude al suo interno lo studio dei bisogni presenti nel territorio preso ad oggetto (ambito, normalmente corrispondente al territorio corrispondente ad un’AULSS), lo stato dell’arte dei servizi presenti e delle azioni attivate, le risorse disponibili e le azioni da intraprendere per raggiungere gli obiettivi definiti.

La posizione dell’Assistente Sociale, è particolare, in quanto si pone come mediatore tra cittadini ed amministrazione locale. Il ruolo dell’Assistente Sociale, all’interno dell’Ente Locale, non si può esaurire nell’erogazione tout court di prestazioni, in quanto, visto il proprio bagaglio valoriale e deontologico, l’assistente sociale si trova in prima linea nell’intercettare e accogliere le situazioni di bisogno della popolazione residente nel territorio comunale e struttura/progetta gli interventi più idonei volti al sostegno delle situazioni di disagio. Per fare questo il professionista si attiene a diversi livelli normativi (Nazionale, Regionale e Regolamento del Comune) ed utilizza le risorse istituzionali disponibili (dell’ente e presenti sul territorio) per la definizione di un piano di intervento. L'assistente sociale attraverso gli strumenti tecnici della professione (colloqui, visite domiciliari, lavoro di equipe, UVMD) cerca di individuare gli interventi più opportuni in modo condiviso con le persone in difficoltà, offre un servizio di consulenza sociale ed informa gli assistiti in merito ai diversi tipi di assistenza sociale a cui possono avere accesso (es. assistenza economica, domiciliare, assegnazione di alloggi, avviamento al lavoro, presa in carico da parte di servizi specialistici ecc.) e aiuta gli stessi nell’attivazione delle risorse personali e delle risorse del territorio e della rete della persona. L’assistente sociale è anche incaricato

35Legge 8 novembre 2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.265 del 13-11-2000.

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dell’organizzazione dei servizi sociali, e della progettazione di interventi di prevenzione. Infatti, nella comunità ha il ruolo promotore di partecipazione e dello sviluppo di solidarietà e coesione sociale.

Le funzioni principali del Servizio Sociale sono36:

o funzione preventiva; o funzione riparativa; o funzione organizzativa.

La complessità della professione si coglie proprio dal triplice mandato di cui è responsabile l’Assistente Sociale e cioè nella sua posizione a cavallo tra comunità, amministrazione e persona. Come evidenzia Poggi, la funzione dell’Assistente Sociale è quella di ascoltare, accogliere, cercare di ridurre il gap tra il mondo dell’individuo e quello dell’organizzazione in cui vive. Si tratta di un’attività in evoluzione, perché connesso ad un contesto ampio utilizzando la sua capacità propria della professione di leggere i fenomeni sociali37.

I valori su cui si fonda questa professione sono la dignità e la libertà della persona. Che non è vista come “consumatrice” dell’aiuto, ma come primo protagonista. Come spiega Gui, l’operatore sociale assume il ruolo di “guida relazionale”, di esperto non delle soluzioni, ma dei possibili percorsi e dei segnali che li possono indicare, in modo da individuare in maniera relazionale, costruttivistica, insieme alla persone che si rivolge ai Servizi e alle sue reti, le finalità da perseguire e le modalità per farlo38.

Oggi L’Assistente Sociale è un professionista39 riconosciuto, che richiede una specifica

formazione universitaria, l’iscrizione all’Albo professionale40 e la cui professione è

regolata dal Codice Deontologico41.

36 Ferrari A., 2002, Territorializzazione versus istituzionalizzazione: il rapporto tra territorio e soggetti erogatori di servizi in campo sanitario e socio assistenziale, in Balduzzi R., e Di Gaspare G., (a cura di), Sanità e assistenza dopo la riforma del Titolo V, Giuffrè, Milano.

37 Poggi G., 2005, Lavoro e servizio sociale, in M. Dal Pra Ponticelli, Dizionario di servizio sociale, Carocci, Roma.

38 Gui L., 2005, Le sfide teoriche del servizio sociale. I fondamenti scientifici di una disciplina, ed. Carocci, Roma.

39 Viene qualificata come professione dalla legge n.84 del 23 marzo 1983, in quanto viene previsto che per l’esercizio sia necessario il possesso del diploma universitario sancito secondo le caratteristiche dell’articolo n.2 delle legge 341 del 19 novembre 1990.

40 L'Ordine viene istituito con L. 23 marzo 1993, n.84. Con la stessa legge viene sancita l'obbligatorietà dell'iscrizione all'albo professionale per poter svolgere la professione. Con il D.P.R. 5 giugno 2001, n.328 nell’albo degli Assistenti sociali vengono istituite, le seguenti B ed A, corrispondenti rispettivamente ad Assistente sociale (diploma universitario triennale) ed Assistente Sociale specialista (diploma di laurea magistrale).

41 Testo approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 17 luglio 2009. In vigore dal 1 settembre 2009.

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