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Questa sensazione di insicurezza ha creato non pochi problemi agli operatori, sia nelle fasi iniziali di questa esperienza sia per tutto l’anno di prima attuazione della misura REI. La misura ha visto, infatti una costante revisione ed evoluzione, sia nelle procedure che nella strumentazione per gli operatori (schede di rilevazione per l’assestment, progettazione e l’analisi dei casi complessi e portale INPS).

“Allora penso che come è stata gestita la cosa sia assurda. Dal mio punto di vista nel senso che forse è utopistico pensare che una cosa parta già perfetta però per come la vedo io se tu fai un progetto, perché sostanzialmente questo è un progetto, quando incominci una cosa nel momento in cui parte deve avere almeno le caratteristiche minime per funzionare adeguatamente. E non è stato assolutamente così perché è partito senza che si sapesse la parte di progettazione come doveva essere fatta è tutta una serie di funzionalità della piattaforma non si sono mai viste o alcune si sono viste dopo molto tempo e anche all'inizio la

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lavorazione delle domande da parte dell'INPS ci ha messo mesi per alcuni casi per avere gli esiti.”

(Intervista 1 A.S.).

Le Assistenti Sociali intervistate spiegano che i risultati negativi si percepiscono in

primis sul rapporto con le persone che si rivolgono ai Servizi, in quanto è risultato difficile poter consolidare relazioni di fiducia stabili, alla luce della contraddittorietà tra normativa e reale attuazione. L’intempestività nell’erogazione del beneficio economico, la sospensione dello stesso e la necessità contemporanea di definizione di una progettualità ha messo l’operatore in serie difficoltà, in quanto nei casi in cui la persona non aveva ancora percepito alcun beneficio, risultava molto difficoltoso far comprendere le finalità del progetto che si stava sottoscrivendo e le persone sentivano l’impegno preso più come un obbligo esterno che come un interesse proprio e nei casi in cui, invece vi erano beneficiari che non stavano rispettando gli impegni presi, l’operatore perdeva di credibilità nel ricordare la condizionalità del beneficio economico, in quanto purtroppo, non è ancora stato prevista la modalità di segnalazione del mancato rispetto del progetto e la conseguente sospensione dell’erogazione economica mensile.

“(…) L'idea come ti dicevo prima, per come sarebbe strutturata, potrebbe avere dei risvolti interessanti. Se però si sviluppasse in modo coerente con quello che è previsto (…) dà anche un inquadramento chiaro cioè avrebbe una struttura chiara nel rapporto con la persona, però poi tutte queste difficoltà che ci sono, anche i problemi che abbiamo nel segnalare il non rispetto dei progetti. Che io magari segnalo all'INPS che questa persona non aderisce più al progetto o non ho voluto aderire e poi questo non è niente perché INPS continua a dargli i soldi. Distrugge la relazione con la persona quindi l'operatore perde di credibilità perché gli si dice devo segnalare il non rispetto del progetto e quindi contratti in questo senso le cose e poi se la persona vede che questo non porta niente e dice “va bene, grazie, tanto quello che mi dici non conta niente” quindi per come stanno andando le cose potrebbe portare degli effetti forse più negativi che positivi.”

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“Anche la cosa che non ha aiutato l'attività professionale rendendo più faticosa la relazione era la non congruenza dei tempi dell'erogazione del beneficio con il progetto dove per progetto in quella fase il termine progetto è tanto pompato non era un progetto era un monitoraggio e rispetto a quella presa in carico che comunque facevamo uguale fino a quel momento. Quindi da subito ci siamo accorti dello scollamento tra quelli che erano i principi legislativi, anche più che validi, ritenuti utili, e la reale fattibilità ed il reale cambiamento, che in quella fase non c'erano.”

(Intervista 2 A.S.)

Ulteriori elementi critici emersi dalle interviste sono il fatto che la misura non ha visto l’immediata predisposizione della strumentazione necessaria agli operatori per la corretta valutazione delle domande, l’assestment e la progettazione individualizzata ed il fatto che la strumentazione fosse molto articolata e complessa. Ciò ha richiesto molto impegno per l’operatore, in termini di risorse temporali da dedicare allo studio della strumentazione e ad ogni singola situazione da valutare nel lavoro con i beneficiari.

“(…) Secondo me le schede non considerano il livello dell'utenza che noi gestiamo. Nel senso che le schede sono tanto tanto articolate (…) il linguaggio utilizzato la corposità la particolarità anche il numero delle domande, cioè ci sono pagine di domande con un nucleo familiare che magari si presenta con minori con anziani nuclei familiari con problemi di lingua, di comprensione cioè quella scheda diventa un ostacolo significativo sia nella relazione sia anche nella comprensione di che cos'è lo strumento Rei. La percezione che ti rimandano è “devi controllare”?”

(Intervista 2 A.S.)

Solo a Giugno 2018, ed ancora oggi in bozza, gli operatori sociali hanno ricevuto dal Ministero alcuni strumenti per la progettazione: scheda di analisi preliminare, scheda di valutazione dei bisogni complessi (da utilizzare nei casi in cui è necessaria l’attivazione dell’equipe multidisciplinare) e schema di progetto individualizzato.

“Dicendola un po’ con termini non tecnici, penso che si sia fatto un passo più lungo della gamba, nel senso che si è dato avvio ad una misura senza avere dietro tutto già predisposto per poter effettivamente dare compimento a questa misura e quindi si è partiti con la raccolta delle domande,

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riconoscimento del contributo economico, senza aver dietro tutta quella parte che riguardava proprio l’attivazione delle persone che in realtà si sta costruendo solamente adesso, dopo un anno di avvio del contributo. Quindi sì trovo che si è voluto dare una risposta ad una necessità che è prettamente economica e che per carità assolutamente c’è ma tutto il resto forse è stato messo in secondo piano (…)sono stati forniti degli strumenti da parte del Ministero per quanto riguarda analisi preliminare, il quadro di analisi successivo, il progetto personalizzato, ma non ci sono ancora delle linee guida per quanto riguarda le equipe multidisciplinari, non c’è ancora l’impostazione del portale INPS per segnalare il mancato raggiungimento degli obiettivi, le motivazioni, le sanzioni, manca totalmente ancora questa parte, quindi magari cercare di prevedere in anticipo queste cose avrebbe sicuramente agevolato anche gli operatori che poi sono effettivamente sul campo.”

(Intervista 5 A.S.) “(..) Sembra quasi che noi operatori, noi professionisti veniamo considerate delle App da implementare, ma noi siamo persone, non siamo App da implementare. Ho la fortuna di avere un’esperienza professionale ormi più che decennale e in questo arco temporale ho potuto vedere come all’inizio, quindi ancora nei primi anni 2000 si lavorava in modalità diversa, quindi c’era prima un periodo, (…) di studio da parte dei professionisti che poi avrebbero dovuto attuarlo per creare una, come dire un bagaglio di know- how, di conoscenze, di strumentazioni necessarie al fine che nel momento in cui veniva adottato era funzionante. (…) Per quanto riguarda il REI ritengo che sia un’assurdità il fatto di aver avuto l’adozione del regolamento per le la convocazione delle EEMM soltanto qui tra fine dicembre ed inizio gennaio, quindi quasi ad un ano dall’entrata in vigore di questo strumento, senza parlare poi del caos in cui ti ritrovi ogni volta che devi verificare qualcosa, perché hai sempre timore di dare un’indicazione che ormai è superata perché è subentrato qualcos’altro. Ritengo assurdo che una misura entrata in vigore da un anno o poco più abbia già un faldone di FAQ spesso quasi un centimetro. Sì, non ritengo che questo sia d’aiuto anche agli operatori perché in questo modo il proprio bagaglio di conoscenze non è mai certo e la mia incertezza purtroppo è dilagante anche nei confronti dell’utenza.”

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(Intervista 6 A.S.)

Le schede hanno rappresentato per gli operatori, lo strumento attraverso cui garantire uni standard omogeneo nella progettazione e un livello approfondito di conoscenza delle situazioni. E’ emerso che il fatto di utilizzare la scheda come strumento da compilare insieme alle persone beneficiarie, ha ridato voce alle persone, che pertanto hanno ritrovato il proprio ruolo di protagonisti sia della fase di definizione delle risorse e delle criticità attraverso un’autolettura della situazione, sia della fase di stesura del progetto, nella scelta insieme con l’operatore, delle azioni ritenute più adeguate per produrre un cambiamento.

“(…) Uniformare la lettura e scrivere nero su bianco una fotografia delle abilità/competenze/criticità delle situazioni sulle quali lavorare, da rimandare all'utente quindi come dire una fotografia che illumina un pochino noi su tanti aspetti che magari non conosciamo ma nel contempo aiuta anche l'utente, a rendersi conto delle proprie difficoltà delle proprie opportunità. Un po' il modello P.I.P.P.I. che è stato usato con le famiglie grigie dove c'erano delle situazioni di minori da salvaguardare. No cioè il considerare che anche sin nella fase valutativa ci fosse il coinvolgimento della famiglia, come dire, non una lettura che cala dall’alto da parte del professionista ma sentire anche da parte della persona che cosa pensano cosa secondo loro possiedono come abilità e come criticità è già un buon modo per cominciare insieme.”

(Intervista 2 A.S.) “Trovo che sia molto positivo il fatto di avere delle domande chiare nella fase di analisi e anche il fatto che la normativa preveda che la fase di analisi sia svolta in presenza della famiglia e della persona e quindi sia condivisa, in modo da valutare insieme quelli che sono i punti di forza, di debolezza di ogni situazione familiare (…).”

(Intervista 5 A.S.)

E’ emerso anche che lavorare attraverso questa modalità condivisa utilizzando la stessa strumentazione con la persona, cambia la percezione che questa ha del professionista, in quanto avvicina i due attori durante tutto il processo e permette alla persona beneficiaria di comprendere il ruolo di aiuto dell’operatore, ben diverso da quello di “detentore del sapere” o di sostituto.

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“(…) La persona si sente, l’utente comprende che mi metto al suo fianco, lo affianco e insieme proprio in massima trasparenza leggiamo insieme cosa prevede e insieme anche parliamo di quello che magari pensa lui e di quello che penso io nel momenti in cui magari non abbiamo la stessa idea. E questo è un aspetto positivo perché appunto rispetto alla nostra anche immagine sociale di A.S. brutte e cattive, che “portano via i bambini” invece ci fa percepire maggiormente come un operatore dell’aiuto, un operatore che appunto è lì per cercare di attuare appunto quel cambiamento positivo.”

(Intervista 6 A.S.)

Perché, però queste potenzialità si esprimano al meglio, gli operatori sottolineano la necessità di avere il tempo per la riflessione su ciò che si sta facendo, perché il rischio è di portare avanti delle pratiche in modo meccanico senza interrogarsi sulla loro efficacia.

“Innanzitutto bisognerebbe implementare il personale. Cioè si riesce a fare un lavoro accurato con la persona se si ha il tempo e l’attenzione da dedicargli. Spesso il nostro lavoro siamo presi dalla frenesia dalle scadenze, dalla mancanza di organizzazione, quindi spesso il progetto avviene ma anche con un occhio multidimensionale ma spesso frettolosamente, non c’è il tempo del pensiero, della riflessione.”

(Intervista 7 A.S.)

Per fare questo un altro punto fondamentale non ancora affrontato in modo concreto riguarda i percorsi di formazione per gli operatori. Solo ad un anno dall’avvio della misura, infatti, è stato previsto delle sessioni di formazione per alcuni referenti di ciascun Ambito territoriale nelle annualità 2019-2020 e 2021. Il fatto, però che questo sia stato organizzato così tardivamente, a qualche mese dall’avvio delle nuove misure di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale (Reddito di Cittadinanza), che hanno contenuti e procedimenti nettamente diversi da quelli per i quali sono stati ideati i percorsi di formazione, lascia gli operatori ancora una volta in una profonda incertezza su ciò che li aspetta.

Diciamo che tutta questa situazione di continua modifica della misura non permette alla misura di consolidarsi, di sedimentarsi, non permette di sedimentare neanche le buone prassi operative tra i diversi attori del territorio e richiede una

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continua ridefinizione appunto degli obiettivi strategici e delle attività da andare a realizzare. (…) Che anche l’Ordine degli Assistenti Sociali sostenga molto questo percorso che non ho ancora sentito una presenza così attiva sulla questione del REI, del Piano Povertà, di queste misure di contrasto, (…) ci sono sempre molte iniziative formative su altri temi, questo non lo sento così caldo ancorché sia un tema che interessa tantissimi cittadini e che ripeto costituisce un punto di svolta all’interno delle politiche sociali, (…). Il fatto che il Ministero finalmente insomma abbia e che lo Stato italiano abbia riconosciuto cosa provocano le situazioni di povertà, che ci sono situazioni di povertà che sono tante, che vanno sostenute, che vanno aiutate, che il Servizio Sociale venga individuato come attore di questo cambiamento richiederebbe, secondo me anche un attività di supporto anche della parte dell’ordine degli Assistenti Sociali negli eventi formativi.

(Intervista 4 RESP.)