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Allora giunsero a questa chasa, e, quando la donna li sentia, si fugì quello ch’avea a

III. Criteri di edizione e di trascrizione

30.4. Allora giunsero a questa chasa, e, quando la donna li sentia, si fugì quello ch’avea a

fuocho e nolle richordò di disfare l’orma della ciennere58; allora s’achorsono questi famigliari de’ re e dissero: «Qui à da mangiare». Ed ella, nollo sapendo neghare, si chominciò fortemente a piangiere, e disse loro il suo chonvenente59. Quelli, tostamente, ritornarono allo re e dissogli questo fatto60.

31E udendo questo, lo re e ’ principi [79r] de’ sacierdoti si si turbarono molto intra loro.

Allora, questo udendo, Archilaio re si disse: «Perché noi uccidemo Christo sança cholpa neuna, si˙cci sono venuti questi nostri nimici adosso per distrugierci e per distruggiere questo reame».

32Allora chiamò il re il figliuolo e disseli: «Tolgli lo rengnio mio e sie singniore; e abbi

chonsiglio cho˙ gli altri Giudei, sì che˙ttue possi campare delle mani de’ veri61 nemici».

33Allora lo re tolse la spada sua e puose lo pome in terra e poi disse: «Ançi ch’io vengnia a

mano de’ nimici miei, si voglio morire di mia propria volontade». E gittossi chol corpo in sulla punta della spada e morio.

34E allora lo figliuolo e gli altri, quando videro questo, si dissero: «Melglio è che˙nnoi

vengniamo a mano de’ nostri nemici che noi moriamo di fame e di séte». E tostamente tolsero le

55 La descrizione dell’assedio di Gerusalemme tràdito dalla pericope 28, così come l’episodio della donna antropofaga che segue, assenti nelle redazioni latine della Vindicta Salvatoris provengono, come rilevato, da Bellum Jud. V, 1 sgg. e VI, 3, 4.

56 Cfr. Fl, 0 e nota al testo.

57 Si tratta dei soldati del re, per cui cfr. anche infra «questi famigliari de’ re».

58 La lezione «nolle richordò di disfare l’orma della ciennere», assente in Bellum Jud. (e in Leg. Aurea e Hist. Eccl. che, sulla base dello scritto di Giuseppe Flavio, tramandano la vicenda della donna qui narrata), è tratto innovativo presente, tra i testimoni di γ esaminati, nel solo Fl.

59 Vale ‘avvenimento, fatto, evento’.

60 A proposito delle pericopi 30.1-30.4. cfr. supra il paragrafo II.4.b. «Il ramo γ3» del capitolo «Questioni ecdotiche». 61 Lezione individuale di Fl, probabilmente per errata lettura; cfr. infatti Me, 32: «sì che tu possi schanparre dele mane deli nostri nemici», Vm1, 32: «sì che tu possi scampare dale mane di nostri inimisi» e γ4 (Rv1, 50): «sì che tu possi chanpare delle mani de’ nostri nimici». Cfr. anche γ2 (Sc4, 48): «io voglio morire per le mie mani stese inançi che morire per le mani de li nimici nostri».

chiavi ed apersono la città, e diedono le chiavi della città a Tito ed a Vaspasiano. E quelli, colla loro giente, si˙lla pre/sero ed arsella tutta62, e si presero tutta questa giente che viva era.

35E63 nel miluogho64 di questa cittade si v’avea una bella torre, molto fortissima e grossa, la

quale era fondata sopra Gioseppo di Bramançia. Allora disse Tito e Vaspasiano: «Che è ciò che questa torre è così forte? Non puote essere che grande tesoro non ci sia dentro sotterrato e naschoso».

36Allora si˙lla feciero cadere infino al fondamento, e trovarono questo Gioseppo con uno

vasello in mano, che Christo gli avea dato acciò ch’egli avesse, in questo luogho dove fue messo da’ Giudei, ciò che volesse adomandare65.

37E vegiendo questo Gioseppo, Tito e Vaspasiano si si maravigliavano molto di lui e

domandarono chi e’ fosse e per che chagione egli fosse messo in quella charciere. E quegli disse che era Gioseppo di Bramançia, il quale chiese il corpo di Christo a Pilato, «e missilo nel sipolcro mio nuovo66; dapoi ch’io il v’ebbi messo dentro, [79v] si aparve a me e disse: “Imperò che tue fosti dolente della mia morte, la quale mi feciero fare i Giudei, e serviami di naschoso a Pilato, imperciò si sono io venuto a˙tte in questo luogho”. 38E diedemi questo vasello acciò ch’io avessi in questa

carciere ongni mio bisongnio. Dicovi per veritade ch’io abbo67 avuto sempre maggiore lucie di sole sotterra che non n’è questo di sopra terra68, e nonne oe avuto difetto neuno. E fucci messo da questi Giudei pessimi acciò ch’io non diciessi alle giente quello che feciero di Christo».

39E Tito rispuose e disse: «Dunque sa’ tu bene che questi pessimi Giudei feciero di Christo,

il quale è salvatore del mondo?». E Gioseppo disse: «Ben soe questo in veritade».

40Inchontanente Tito e Vespiaciano feciero lettere a˙tTiberio imperadore a Roma della

grande vettoria ch’eglino avieno avuta, e chom’eglino avieno presa la città, e69 di choloro ch’aveano70 presi.

41E ’nchontanente furono giunti i detti mes/si a Tiberio imperadore cholle lettere; e Tiberio

chiamò un suo chavaliere, il più nobile e ’l maggiore barone che fosse nella sua chorte, e disse: «Tolgli chonpangni sì chome tue vuoli71, e tolgli tanto avere quant’è mestiere. E va’ tostamente in

62 Ms.: tuttuta.

63 L’episodio che segue, il ritrovamento di Giuseppe di Arimatea all’interno di una torre, proviene, come già rilevato, dallo scritto di Robert de Boron.

64 Vale ‘nella parte centrale’.

65 Ms.: in questo luogho dove fue messo ciò che volesse da’ Giudei adomandare; cfr. a tale proposito supra il paragrafo II.3.b. «La sottofamiglia γ1» del capitolo «Questioni ecdotiche».

66 Cfr. Me, 37: «Ello respoxe: “Io som Ioxep da Baramatia, el qualle chiessi el corpo de Christo a Pilato e misello nel sepolcro mio nuovo...”.

67 Per il tipo «abbo», attestato in quest’unica circostanza nel testimone, cfr. ROHLFS, op. cit., § 541. 68 Cfr. Vm1, 38: «E si ve digo in veritade che io ho abudo mazor luxe che non fa el sole sopra la terra». 69 Ms.: e inserito nell’interlinea.

70 Ms.: dittografia di ch’aveano. 71 Cfr. ROHLFS, op. cit., § 548.

Giudea a Tito e a Vaspasiano, e sappi per veritade se questo che dicono questi messi è72.

42Domanda diligientemente se v’avesse neuno disciepolo di Christo; e menalmi qua, acciò che nel

suo nome e’ mi guarisse, ed io potesse avere sanitade nella mia persona. E di’ a Tito e Vaspasiano che facciano di choloro ch’egli ànno presi quello che feciero di Christo».

43E ’chontanente, quando Velosiano ebbe inteso il chomandamento il quale gli avea fatto e

chomandato Tiberio imperadore, si andò ed entrò in nave, e fue giunto a Tito e a Vaspasiano; e inchontanente domandò se neuna persona fue alla morte di Christo ch’eglino avessono73.

44E quegli si mandoe [80r] per Gioseppo, il quale trovarono nella torre sotterra;

e ’nchominciarono a dimandare lui e d’un altro, ch’avea nome Niccodemo, i quali amendue ischiavellaro Christo della crocie, e disse: «Diteci, per veritade, quello che ’ Giudei feciero di Christo».

45E quellino rispuosero e dissero: «Questo diciamo per ferma veritade: che questi Giuderi

chomperarono Christo .xxx. danari d’argiento da Giuda traditore; e preserlo e legarolo e batterolo bene duramente, e misserlo in crocie e dierolli morte crudele».

46E questi rispuosero e dissero: «Noi così facciamo di chostoro: eglino comperarono

Christo .xxx. danari d’ariento, e noi ne diamo di loro .xxx. per uno danaio; eglino il presero e˙llegarolo, e noi tolgliamo li più belli giovani e menialli presi e˙llegati nella terra nostra».

47E di’ questo74 Tito: «E’ fragiellaro Christo, e noi fragielliamo loro. E questi che sono qui

rimasi si missero Christo in crocie, e noi impicchiamo chostoro. E questi che sono rimasi qui, / si ardiamo le chorpora loro. E gli altri uccidiamo a ghiado e talgliamo loro le chapita, e mettiagli ne’ fossi della città».

48E Gioseppo disse: «E’ feciero della vestimenta di Christo quatro parti». E Tito disse: «E

noi di chostoro che sono qui rimasi facciamo quatro parti; e dividiangli infra noi: la prima parte sia di Tiberio imperadore, e˙lla sechonda sia mia, e˙lla terça sia di Velosiano, e˙lla quarta sia di Vaspasiano»75.

72 Probabile lacuna nel testo di Fl provocata forse da «veritade» che precede a breve distanza; cfr. infatti Vm1, 41: «sapi

per verità se questo che me ha scrito Tito e Vespexian è vero como dise questi messi» e γ4 (Rv1, 85): «et sappi per

verità se quello che dichono questi messaggi è chosì veritade chom’eglino dichono»; cfr. anche Me, 41: «E sappi se l’è

verità de quello che ’sti missi dichono».

73 Lezione individuale di Fl; cfr. Me 43: «de subito domandò se li fosse niuno lo qualle fosse stato ala morte de Christo», Vm1, 43: «subito zonto el domandà se ’l ge fosse alguna persona che fosse sta’ ala morte de miser Jhesu Christo» e γ4 (Rv1, 87): «inchontanente domandò se veruna persona fu alla morte di Cristo».

74 Ms.: questi a.

75 Lezione individuale di Fl (inversione di «Velosiano» e «Vespasiano»); cfr. infatti Me, 48: «La prima parte sia de Tiberio inperradorre, la sechonda sia mia, la terça sia de Vespesiano, la quarta sia de Velociano», Vm1, 48: «La prima parte sia de Tiberio imperador de Roma, la segonda sia mia, la terça de Vespesian, la quarta sia de Velosiano»; γ4 (Rv1, 91): «La prima parte sia di Tiberio inperadore, la sechonda parte sia mia, la terza parte sia di Vespasiano, la quarta

49E fatta questa divisione si trovaro Pilato in una ispiloncha ch’egli avea fatta sotterra76. E

chostoro il presono e menarollo leghato, e misserlo in prigione, e diederlo in guardia a due chavalieri che ’l guardassero bene.

50E, fatto questo, e Velosiano volle adempiere il comandamento che Tiberio imperadore gli

avea comandato; si dissero a Gioseppo: «Sapresti tu niuno disciepolo di Christo il quale guarisse della sua infermitade nel nome di Christo, figliuolo di Dio vi’ e vero, od alchuno huomo il quale avesse di Christo alquna chosa, od unguento, che noi po[80v]tiamo77 po‹r›tare allo imperadore acciò che potesse guarire?».

51E Gioseppo rispuose e disse: «Io non so niuna persona ch’abbia niuna cosa di Christo

se˙nno˙ una femmina, la quale à nome Veronicha, che tocchò delle vestimenta di Christo: inchontanente fue guarita della sua infermitade, la quale gli era durata più di .xij. anni. E cholei so per veritade ch’ella ae la forma del volto suo, il quale le diede Christo passando per la chontrada, e involselo in uno panno dorato, ed àllo nella chassa sua, e semp‹r›e l’adora»78.

52E Velosiano chomandò ch’ella fusse trovata e menata dinançi da lui; ed ella fu trovata e

menata a˙llui. Ed elgli le disse: «‹Tu›79 si à’ il80 volto di Christo nella chassa tua: va’ e si˙llo ci recha inançi da me ed a Tito ed a Vaspasiano, ché noi il possiamo vedere cholli nostri occhi». E questa il neghò e disse che noll’avea.

53E vedendo questo, Velosiano e Tito si chomandarono ch’ella fosse battuta duramente

infino a tanto ch’ella li mostrasse il / volto del Salvatore. E quella, tremando, si disse: «Singnior mio, olo in chasa mia in uno panno dorato e cotidianamente si˙llo adoro».

54E Velosiano disse: «Veronicha, va’ e rechalo, acciò che˙nnoi adoriamo lui, e che˙nnoi il

portiamo a vedere a Tiberio imperadore, acciò che possa avere sanitade e ch’elli possa mondare81 della sua maliçia, e che creda veracemente che sia Christo, figliuolo di Dio vivo e vero, e che nel suo nome ricieva lo battesimo, e possiamo essere suoi disciepoli».

76 Cfr. supra il paragrafo II.3.b. «La sottofamiglia γ1» del capitolo «Questioni ecdotiche».

77 Ms.: portiamo, per probabile anticipo della lezione che segue; per la forma «potiamo» cfr. ROHLFS, op. cit., § 547. 78 Passo importante per l’avvaloramento dell’esistenza delle due sottofamiglie γ1 e γ2: secondo quanto tràdito dai testimoni del primo gruppo, infatti, Veronica riceve da Cristo un’immagine che lo raffigura, senza ulteriori specificazioni; in tutti gli esponenti di γ2 viene invece precisato che la donna porge un panno al Nazareno sul quale, grazie al sudore, rimane impressa la forma del suo volto. Cfr. γ2 (Sc4, 68): «Miser, una fiata, andando Cristo per la via, e molto era sudato, vene una femina, che avia nome Veronicha, e arecholi uno pano di lino ché si rasciugase e forbise il volto; e dichovi in verità che vi rimase la forma de la imagine a somigliança di Cristo, cioè del suo viso». Cfr. però Vm1, 51, qui come altrove latore di una lezione indipendente rispetto ai restanti esemplari di γ1: «E si so per veritade che lei à la forma del volto de miser Jhesu Christo, ché quando el vegneva menà a crucificare la ge sugà el volto cum un fazuolo, ch’ela ’l vete sudar d’angosa, e romasege el so volto proprio in quello fazuolo, ch’el pare verasamente de carne; e si lo tien involto in un panno indorado, e àlo in caxa sua, e sempre lei lo adora». Sul personaggio di Veronica, e in particolare sull’episodio dell’“immagine” di Cristo cfr. supra il paragrafo I.3. «Fonti e struttura narrativa» dell’«Introduzione».

79 Integrazione sulla base di Me, 52 e Vm1, 52. 80 Ms.: iil.

55Allora si andò questa Veronicha a chasa sua, nella quale era involto il volto di Christo; e

gitossi in terra ed adoralo. E poi ch’ello l’ebbe adorato, si tolse chon grande tremore e chom puro quore e chon diritta fede, e si˙llo recò dinançi a Velosiano serrato in una chassetta di vivorio e suggiellato collo anello ch’ella portava in dito.

56Quando Tito e Vespasiano e Velosiano il videro, incontanente si gittarono in terra ed

adoravano [81r] quella figura di Christo, e vollelo torre a questa Veronicha. Ed ella disse: «Per tutto il mondo io no˙llascierei questo volto del Salvadore». E dicendo questo la Veronicha, si dissero intra˙lloro: «Meniamo questa femmina chon noi infino a Tiberio imperadore».

57Et chonfermato il detto loro, si chomandò Tito et Vaspasiano a quelli chavalieri che

guardavano Pilato in prigione che˙llo dovessono menare loro dinançi Pilato. Vegiendo Velosiano il detto Pilato, dissero a˙llui: «Empio e crudele, per che cagione faciesti uccidere Christo, il salvatore del mondo?». E Pilato disse: «La giente sua e Chaifasso82 si ’l mi diero a me».

58E dissino: «O empio e crudele Pilato, tu˙sse’ dengnio di morire e di pessima e vituperiosa

morte». E comandoe che fosse leghato chon catene di ferro nelle braccia e nelle ghambe, e chonfitto a uno lengnio della prigione, e fossegli dato male da mangiare e male da bere, e fosse guardato sempre infino alla sua morte.

59Allora / si entrò in nave Tito e Vaspasiano e Velosiano chon tutta l’oste loro e chon

Veronicha, la quale avea il volto del Salvatore, e dicendo83 a˙llei: «Perché duri questa faticha di

venire allo imperadore?». E quella rispuose e disse: «Ben sa il Singniore mio ch’io non lascierei il volto suo per veruna persona che˙ssia nel mondo infino a tanto che ’l veggia il mio singniore Tiberio imperadore cholli suoi occhi; e vedutolo lo ’mperadore, s’il me ne recherò in Giudeia».

60E Velosiano disse a Tito e a Vaspasiano: «Venite voi colla Veronica e chol volto santo del

Salvatore, e venite soavemente; e io ne vo’ innançi chon questa giente a dire le novelle allo ’mperadore Tiberio».

61E quando Velosiano fu giunto a porto, e Velosiano84 si mandò due messi allo imperadore e

disse: «Messer, Velosiano, vostro ambasciadore, si torna di Giudea; chon esso lui si à gram parte de’ cavalieri dell’oste di Tito e di Vaspasiano».

62E vegiendo questi messi lo ’mperadore, udendo che [81v] Velosiano tornava, fue molto

allegro e mandò a˙llui due chavalieri, lo quale gli menassero a˙llui al palagio del Latenaresi85. E

82 Lezione congiuntiva (lacuna) di γ3, per cui anche Me, 57 «La çente soa e Chaifas lo dedeno a mi» e Vm1, 57 «La zente soa e Caiphas si me ’l dè in le mane»; cfr. Vs, XXIII: «Pilatus autem respondit: “Gens sua et pontifices Annas et Cayphas illum tradiderunt mihi”».

83 Cfr. Me, 59: «e diçevano a lei» e Vm1, 59: «i quali diseva a lei». 84 Ms.: l’ultima o della scrizione è aggiunta nell’interlinea.

85 Cfr. Vs, XXVII: «Misit nuntium suum ad dominum suum Lateranensem Tiberium imperatorem de adventu suo felici». L’individuazione del Laterano quale residenza di Tiberio costituisce un’inesattezza storica; il palazzo divenne infatti proprietà dell’impero solo nel 66 d.C. (cfr. per maggiori informazioni, GEOLTRAIN –KAESTLI, op. cit., p. 377.

incontanente si e’ andarono a Valosiano e dissero che dovesse venire a˙llui nel palagio de’ Latenaresi.

63E giunto Valosiano allo imperadore, si si inginocchioe dinançi da˙llui, e˙llo imperadore si

domandò che novelle avesse. E Velosiano rispuose con molta allegreçça e chiara faccia e disse86 a˙llui: «Messer, io vi dicho in verità le migliori novelle q’unque mai fossero dette per neuna persona: e dichovi ch’io trovai Tito e Vaspasiano sani e salvi e liberati d’ongni loro infermitadi87. 64E dichovi

che quelli Giudei comperarono Christo .xxx. danari d’ariento, e Tito si˙nne diede .xxx. per uno danaio. E dichovi che quelli Giuderi pigliarono88 Christo e si˙llo menarono preso ad Anna ed a Chaifasso per principi de’ Giudei89; e Tito si gli prese e feciegli legare e mandogli alla città no/stra.

65E choloro che uccisero Christo nella crocie, sicchome furono tutti li principi de’ Giudei e de’

singniori del populo, si gli giudichò d’impicchare; e gli altri si fecie talgliare le teste, e gli altri fecie uccidere a ghiado, e gli altri fecie lapidare. 66E fatto questo si trovammo Pilato, il quale sentençiò

Christo, ch’era naschoso in una ispiloncha sotterra; e si˙llo presono e fecielo mettere in charciere molto ischura, e feciegli mettere chatene di ferro in collo e nelle mani e ne’ piedi, e diederlo in guardia a due chavalieri e che˙lli dessoro male da manichare e male da bere90. 67E dichovi che la91

città di Gierusalem, nella quale erano raunati tutti i Giuderi, si è distrutta e disfatta infino al fondamento, e non v’è rimaso pietra92. E disfeciono una torre, la quale era nel mieluogho della cittade, ed era la maggiore torre e˙lla più forte di tutta la cittade, e si trovammo nel fondamento uno cavaliere [82r] di Pilato, il quale avea nome Gioseppo di Bramaçia. 68E questi non avea chonsentito

alla morte di Christo; questi lo dispuose della crocie e misselo in uno suo monimento nuovo, il quale era talgliato in una pietra93. E questo Gioseppo era istato in questa charciere d’allora in qua che Christo risucitoe da morte. 69E questi disse a˙nnoi d’una femmina, la quale à nome Veronicha,

ch’avea il volto del Salvatore: e˙nnoi, chon grandissima diligiençia, dimandamo questa femmina e

86 Ms.: segue dittografia di e disse.

87 Cfr. Vs, XXIX: «Titum et Vespasianum in Iudaea timentes dominum, et mundati sunt ab omnibus ulceribus et

passionibus suis».

88 Ms.: ispogliarono; correzione sulla base di γ4 (Rv1, 110).

89 Segue, in Vs, il resoconto della risurrezione di Cristo, accompagnato dal ricordo della sequenza di alcuni dei miracoli da questi compiuti in vita, sulla base del precedente rapporto di Natan a Tito (cfr. Vs, XXIX: «Tertia autem die certissime resurrexit a mortuis, et manifestavit se discipulis suis in eadem carne in qua natus fuerat. Demum post quadraginta dies viderunt ascendentem in coelum. Multa quidem et alia signa fecit Iesus ante passionem suam et post. Primum de aqua vinum fecit, mortuos suscitavit, le prosos mundavit, caecos illuminavit, paralyticos curavit, daemones fugavit, surdos audire fecit, mutos loqui; Lazarum quadriduanum de monumento suscitavit; mulierem Veronicam quae fluxum sanguinis patiebatur duodecim annis et tetigit fimbriam vestimenti eius sanam fecit»). In Fl e in tutti i testimoni di γ1 il passo risulta significativamente assente.

90 A proposito della narrazione delle ultime vicende della vita di Ponzio Pilato cfr. supra il paragrafo II.4.a. «Rapporti interni tra i testimoni di γ1» del capitolo «Questioni ecdotiche».

91 Ms.: nella, per probabile errato anticipo; intervento sulla base di Me, 67, Vm1, 67 e γ4 (Rv1, 112).

92 Probabile lacuna di Fl; cfr. infatti Me, 67: «el non è romaxo petra sopra petra», Vm1, 67: «si non g’è romaso piera

sovra piera» e γ4 (Rv1, 112): «non v’è rimasa pietra sopra pietra».

93 La lezione «il quale era talgliato in una pietra», congiuntiva di γ1, posticipa quanto tràdito da Vs nel passo riguardante il ritrovamento di Giuseppe d’Arimatea; cfr. infatti Vs, XXI: «Et ego deposui eum de cruce et posui eum in monumento novo, quod erat excisum de petra».

si˙lle diciemo ch’ella il ci dovesse mostrare a˙nnoi il volto del Salvatore. 70E quella lo neghava e

diciea che nollo avea. E noi chomandamo ch’ella fosse battuta di diversi tormenti infino a tanto ch’ella il ci mostrasse il volto di Christo, el quale, con grande tremore, si ’l ci rechò in una chassetta di vivorio; e vedemolo e adoramolo94. Questo ti dicho, messer, per veritade, c’ongni cosa che˙ffue detto di lui si fue ferma veri/tade. 71E Tito e Vaspasiano ‹vengono›95 chon tutto l’esercito96 suo e

con questa Veronicha, la quale ae il volto di Christo nostro salvatore».

72E incontanente che Velosiano ebbe dette queste novelle, e Tiberio imperadore si rallegrò