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II. Questioni ecdotiche

II.5. Rapporti interni tra i testimoni di γ

II.5.a. Il ramo γ5

Sc4-Sc2-Fn12, rappresentanti del ramo più autorevole di γ2, provengono da un antigrafo comune, che si denomina γ5; a sostegno di tale ipotesi si presentano i seguenti errori congiuntivi100:

Sc4 (Sc2), 45: Ma io mi pensai, Ipolita, ostinata nel pecato, ciecha con voi insieme, io mi credo anchora ischanpare.

Fn12, 45: Ma io mi pensai, Ipolita, ostinata con voi nel peccato, io mi credo anchora ischanpare. γ6 (Vm3, 45): Ma io, misera Ipolita, ostinata nel pecchato, ciecha come voi, mi credo ancora scampare101.

Vs: om.

Sc4 (Sc2), 51: Noi moriamo tutti di fame: echo, noi aviamo infino a chalçare e ogni anemale chontro a natura.

Fn12, 51: Miserere, che noi moriamo di fame: ecco, noi abiamo tutte le cose che non sonno use da mangiare.

γ6 (Vm3, 51): Messere, noi moiamo tutti di fame: eccho, noi abbiamo manichati tutti gli chalçari et ogni animale contro natura102.

Vs: om.

Sc4, 57103: In capo di cinque dì non era arsa la quarta parte de la cità né disfata; e trovarono huomini e femine e fanciuli per le tonbe e per le caverne.

100 Poiché, come osservato, i testimoni di γ2 si allontanano molto spesso dalla fonte latina della Vindicta, non sempre il ricorso a Vs sarà possibile; si utilizza invece di norma Vm3, rappresentante di γ6, come termine di confronto con γ2. 101 Si ritiene «mi pensai» probabile travisamento di «misera»; cfr. anche γ7 (Fn2, 45): «Ma io, misera Ipolita, ostinata nel pecchato, ciecha chon esso voi insieme, mi chredo ancchora schanpare» e γ8 (Fn4, 45): «E io, misera Ipolita, ostinata nel pecchato, con esso voi insieme mi credo ancora iscanpare».

102 Cfr. anche γ7 (Fn2, 51): «Noi moriamo di fame: eccho, noi abbiamo manichato i chalçari e ogni animale chonttra natura».

103 I due esempi che seguono sono dei soli Sc4-Fn12 poiché Sc2, in corrispondenza delle pericopi corrispondenti è mutilo.

Fn12, 57: In capo di cinque dì non era arsa la quarta parte della cità né disfacta; et trovavano gli omini et donne et fançulli per le tonbe et ’ caverne.

γ6 (Vm3, 57): In chapo di cinque dì nonne aveano arso la terça parte della città; et trovarono huomeni et femine in tombe et in chaverne et per le spilonche appiattati et nascosi104.

Vs: om.

Sc4, 61: Trovarono Pilato; fu dato in guardia a dieci chavalieri che lo inchatenarono fortemente. Fn12, 61: Fu trovato Pilato et fu dato a dieci cavallieri, ché fusse ben guardato, et fu incontenente incarcerato.

γ6 (Vm3, 61): Trovarono Pilato, ma nonne Anna né Chaifas, ch’erano morti; allora diedono a guardare Pilato a dodici chavalieri, et tenevallo inchatenato strettamente105.

Vs: om.

Sc4 (Sc2), 27: Rispose Tito: «Io voglio da voi quindici miliçie di chavalieri».

Fn12, 27: Rispuose Tito a Tiberio inperadore: «Io voglio da voi quindici milia di cavallieri». γ6 (Vm3, 27): Rispuose Tito: «Messer, io voglio da voi quindici militie di chavalieri» (la militia

era sessanta due huomini). E˙llo imperadore disse: «Volentieri»106. Vs: om.

Sc4 (Sc2), 52: Ancho fe’ in quella hora i˙rre una picciola chongregazione di pocho ‹numero›, a la quale ragunati furono e appelati solamente i sacierdoti de la sinagoga, e i principi e ’ ministri e ’ dottori de la lege, e proposero quello che avessero a˙ffare.

Fn12, 52: In quello mezzo fece lo re una picola congregatione di gente di picolo numero, et fuoreno solamente chiamati e’ sacerdoti della sinagoga et ’ doctori della legie, et proposero quelo che loro avesseno a fare.

γ6 (Vm3, 52): Anche fece messer lo re un’altra congregatione di piccolo numero di gente, alla quale furono solamente ’ prelati et li sacerdoti della sinaghogha, et i principi et i scribi et ’ ministri et ’ dottori della leggie, et impuose tra loro quello che avesse a fare107.

Vs: om.

104 Cfr. anche γ7 (Fn2, 57): «E ’n chapo de cinque giornni non v’era ancchora arrsse la quartta parrtte delle chase della cittade, né disfatte; e˙ttrovarono gli uomini e˙lle femmine e ’ fancciugli per le tonbbe e per le chavernne e per le

spiloncche naschosi e piatti».

105 Cfr. anche γ7 (Fn2, 61): «E andarono ciercchanddo tra ’ prigioni e˙ttrovarono Pilato, ma Chaifas ed Anna morirono,

cioè erano mortti».

106 Non si esclude tuttavia, a proposito di quest’ultimo esempio, un possibile omeoteleuto («chavalieri»; «volentieri»). 107 Vm3 riporta, in accordo con il resto della tradizione di γ2, «impuose» (il cui soggetto è il figlio di Archelao, nuovo re di Gerusalemme, in quanto a questi spetta il compito di interrogare la popolazione e decidere la condotta da tenere durante l’assedio romano); i tre testimoni in esame tramandano nello stesso punto «proposero», riferito ai sacerdoti e ai giudici della città. Si confronti, per ulteriore conferma, la pericope successiva, in cui, a fronte di una sequenza narrativa analoga scandita da una simile inchiesta del reggente, Sc4-Sc2 e Fn12 presentano, questa volta in accordo con tutti gli esemplari di γ2, il verbo al singolare: Sc4 (Sc2), 53: «E inchontanente misser lo re mandò per Pilato e Chaifas e per Anna, e’ quali furo tiranni e uficiagli magiori che chondenarono Cristo a morte e tormentaronlo; e istrinsensi insieme in segreto chonsiglio. E lo re propose loro quello che avessero a˙ffare»; Fn12, 53: «Et incontenente che tutti fuoreno mandò lo re per Pilato, Anna et Çaifas, e’ quali fuoreno tiranni et uficiali magiori che condennareno a morte quello nostro Christo; et strinsonsi insieme in luogo sagreto. Et lo re propose loro quello avessero a fare»; γ6 (Vm3, 53): «Inmantanente messer lo re mandò per Pilato et per Chaifas et per Anna, ’ tre tiranni et ufficiali maggiori che condannarono Cristo; et ristrinsesi con loro insieme a stretto consiglio. Et propuose loro quello che avesse a fare».

Diverse sono inoltre le innovazioni comuni ai tre esemplari in opposizione ai restanti testimoni della famiglia; se ne offrono di seguito alcune tra le più significative:

Vs, I: Exivit quidam homo de Iudaea nomine Nathan, filius Naum: erat enim Ismaelita, qui pergebat de terra in terram et de mari in marem et in omnibus finibus terrae [...] Voluitque Nathan ad urbem Romanam pergere.

Sc4 (Sc2), 3: Echo Anatam muovarsi per venire a Roma dal porto di Susaan. Fn12, 3: Unde che Anatam movisi per venire a Roma dal porto di Sufran. γ6 (Vm3, 3): Eccho Annatan in mare inmantanente per andare a Roma108. Vs, VI: Qui primum signum in Cana Galileae de aqua vinum fecit.

Sc4 (Sc2), 13: Sapiate, miser, che ne la cità di Gierusalem ed in Galilea si feno una volta grande noçe, a le quali fu invitato quelo Cristo; e, mangiando e’ noçatori, vene meno el vino. Fn12, 13: Io vi dicho, misia, che ‹in› tutta Jerusalem et ‹in› tutta Galilea, et io proprio in Jerusalem, fecero una volta paio di nobile noççe, a le quali noze vi fu invitato Christo; e, mangiando li nutiatori, li venne meno el vino.

γ6 (Vm3, 13): Sappiate, messer lo re, che nella città di Gerusalem si feciono in una stagione grandi noççe, alle quali egli vi fue invitato; et quello Cristo, mangiando quelli ch’erano alle

noççe, venne loro meno il vino109.

Sc4, 67: Rispose Giosepo: «Qua non cie n’è veruno, inperò che Jesu Cristo gli à mandati

predicando per tuto l’universo mondo de la fede chatolicha, la quale deba bastare infino a la fine del mondo». Rispose Velosiano e dise: «Saprestemi voi insegniare alchuna de le chose di Cristo [...]?».

Fn12, 67: «Singniore mio», rispuose Josep, «qua non è nisuno, inperò che Christo gli à

mandati predicando per tuto l’oniverso mondo della catolica fede, la quale bastare debba insino a la fine del mondo». Disse Velociano: «Saperestimi insingniare alcuna cosa di questo Christo [...]?».

γ6 (Sc3, 67)110: Risspose Joseph: «E non ci è niuno apposstolo né disciepolo di Cristo». Risspose Valosiano: «Sapresstimi insegnare niuna de le cose di Cristo che diliberasse lo imperadore della sua infermità?»111.

108 I codici in esame risultano gli unici a fornire tale precisazione toponomastica: Susaan / Sufran è l’antica Susan, città biblica, oggi Shūsh, situata nella regione iraniana di Khūzestān, per cui cfr. Sc4, 3 e nota al testo. La lezione, assente in Vs, non è contemplata in alcun ramo della tradizione rappresentata da γ2.

109 La lezione noçatori / nutiatori ‘sposi’, assente tanto in Vs quanto nei rimanenti testimoni di γ2, non è direttamente riconducibile al dettato evangelico (cfr. Io II, 1-11) fonte ultima dell’episodio; si suppone pertanto anche in questo caso un’origine monogenetica.

110 Si utilizza Sc3 come testimone di γ6 perché latore qui di una lezione migliore rispetto a Vm3.

111 L’ampia lezione è nei soli Sc4-Fn12 (Sc2 è infatti mutilo a partire dalla pericope 55); si tratta di un’inserzione di origine neotestamentaria da Mt XXVIII, 16-20: «Undecim autem discipuli abierunt in Galilaeam in montem ubi constituerat illis Iesus. Et videntes eum adoraverunt; quidam autem dubitaverunt. Et accedens Iesus locutus est eis dicens: “Data est mihi omnis potestas in caelo; et in terra euntes ergo docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis. Et ecce vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem seculi» e Mr XVI, 15: «Et dixit eis: “Euntes in mundum universum praedicate evangelium omni creaturae”» (di quest’ultimo è, in particolare, «mundum universum» da cui «universo mondo» / «oniverso mondo»).

Vs: om.

Sc4, 72: Echo Veronicha si mise in chamino chon Velosiano, e muovesi per andare a Roma; e misono questa santa figura in una chaseta d’oro. E, fato questo, si ferono pigliare Pilato e facielo

legare e inchatenare chon chatene di fero, e dielo in guardia a dieci chavalieri che lo guardasino, e fecierlo chon secho a Roma. E poi presono chomiato da Tito e Vespasiano.

Fn12, 72.1-72.2: Et lei disse esere contenta per andare a Roma et portare la santa figura allo inperadare Tiberio; posta in una cassetta gentile et bene adornata di tutte gentilezze che a così facta figura se richiedeva. Poi feceno pigliare Pilato et legare et incatenare in catene di ferro, e

dierllo in guardia a dieci cavallieri che lui guardassono, e feciorlo venire a Roma. Et pigliando chomiato a Tito ‹e› Vespasiano...

γ6 (Vm3, 72): Ed ella si misse tantosto in chamino con Velosiano, et andaronne a Roma; et missono questa figura et imagine in una chassetta d’avorio. Et presono chomiato da Tito et Vespasiano112.

Vs: om.

A confermare l’ipotesi della derivazione dei manoscritti da un unico antigrafo è infine la presenza, nella sezione conclusiva dei soli Sc4 e Fn12 (Sc2 è, come rilevato, mutilo dalla pericope 55), di una breve narrazione, denominata in Sc4 «Quelo che adivenne di Pilato», riguardante la morte del console romano.

Questa, in sintesi, la vicenda: Tiberio, guarito dalla sua infermità, decreta la carcerazione di Pilato presso una città denominata Rimino (Rimini in Fn12). Successivamente, Nerone, su invito di Pietro e Paolo, lo richiama a Roma al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni di un samaritano, Simone Mago, che si proclama Cristo. Pilato, interrogato, confuta quest’ultimo ma non viene creduto; rimesso in carcere, si toglie la vita con un coltello.

Nessun altro rappresentante di γ2 riporta l’episodio, che non appartiene a Vs. L’origine dell’inserzione va infatti individuata, come è stato anticipato in sede introduttiva113, nella Cura sanit. Tib., che con probabilità a sua volta risente, per l’episodio analizzato, degli Acta Petri et Pauli114.

Le divergenze di γ5 rispetto alla Cura, significative in quanto scrupolosamente condivise dai due esemplari italiani, riguardano l’ultima parte della vicenda: oltre alla lezione «Rimino» / «Rimini», forse travisamento di «Ameria»115, in Sc4 e Fn12 è infatti assente il riferimento all’epistola che Pilato scrisse al predecessore di Nerone, Claudio, in cui vengono riportate, sulla base di una trafila comune al “Ciclo di Pilato”, le vicende legate alla passione e alla morte di Cristo,

112 L’inciso relativo a Pilato, sconosciuto ai testimoni di γ6, γ7 e γ8 e non contemplato nella Vindicta latina, in cui, come già rilevato, il console è condotto prigioniero a Damasco, va connesso a quanto esposto nell’appendice inserita in Sc4 e Fn12 al termine della narrazione (si vedano le pericopi 1*-9*), per le quali cfr. infra.

113 Cfr. supra il paragrafo I.3. «Fonti e struttura narrativa» nell’«Introduzione». 114 Cfr. ibid.

115 Cfr. ibid. Si tende a considerare «Rimino» / «Rimini» lezioni errate comuni di Sc4-Fn12 per «Ameria», dovute a verosimile confusione, in quanto forme non registrate tra le varianti antiche del toponimo, per cui si rinvia a AA.VV.,

mentre viene introdotto il particolare finale relativo al giudizio negativo dell’imperatore sul resoconto del procuratore116.

II.5.a1. Il ramo γ9

All’interno di γ5 si congettura un subarchetipo γ9 che raggruppa Sc4-Sc2. La dimostrazione di tale ulteriore rapporto è confermata dal reperimento di diversi errori comuni ai due testimoni; tra essi si segnalano i seguenti:

Sc4 (Sc2), 10: Perché ne fusti de la morte sua?

Fn12, 10: Perché adonqua ne fosti dolente della morte sua? γ6 (Vm3, 10): Et tu perché ne fosti dolente della sua morte?117 Vs: om.

Sc4 (Sc2), 52: Ancho fe’ in quella hora i˙rre una picciola chongregazione di pocho. Fn12, 52: In quello mezzo fece lo re una picola congregatione di gente di picolo numero. γ6 (Vm3, 52): Anche fece messer lo re un’altra congregatione di piccolo numero di gente. Vs: om.

Sc4 (Sc2), 36: La quale mostra mandarono, poi che fu fata, a Tito e Vespasiano che imantanente si doveseno partire.

Fn12, 36: La qual mostra facta, mandareno a dire a Tito et Vespasiano che inmantenente si dovessero partire.

γ6 (Vm3, 36): Et fatta la mostra mandarono a dire a Tito e a Vespasiano che incontanente si dovessono levare da l’assedio.

Vs: om.

Un ulteriore esempio che connette Sc4-Sc2 è il seguente, in cui si riscontra la lezione «e non tornava mai in sanità», assente in tutti i restanti testimoni di γ2:

Vs, I: In diebus illis, erat Titus regulus, sub Tiberio, in regione Equitaniae, in civitate Libiae quae dicitur Burgidalla. Titus namque vulnus habebat in nare dextra, propter cancrum, et habebat faciem dilaceratam usque ad oculum.

116 Ulteriori esempi di lezioni congiuntive dei testimoni di γ5 verranno presentati nelle note ai testi, cui si rinvia.

117 Cfr. inoltre la pericope 8, in cui entrambi i testimoni riportano la lezione «dolente»: Sc4 (Sc2), 8: «Noi di Gierusalem e di Giudea crediamo veramente che fuse Cristo, figliuolo di Dio vivo e vero, salvatore del mondo. Ma io ne fui molto dolente de la morte sua» (Fn12, 8: «Noi de Jerusalem et Judea crediamo veramente che lui fosse Christo, figliolo di Dio vivo et vero, salvadore del mondo. Et voglio voi sapiate che io ne fuoi molto dolente della sua morte»).

Fn12 3: Era uno re che aveva nome Tito, et regniava in alquante parti della provincia per li Romani. E questo re aveva una infermità che senpre, di dì et di nocte, gli usciva vespe del naso. γ6 (Vm3, 3): Era uno re ch’aveva nome Tito, che regnava in quella provincia di ’Quintania per li Romani. Et aveva questo re Tito una infermità che sempre mai, dì et notte, gli uscivano vespe per le naso.

Sc4 (Sc2), 3: Era uno re che avia nome Tito, e regieva in alquante parti di quela provincia di ’Quintania per li Romani. E avia questo re una infermità che sempre, di dì e di note, gli uscivano vespe del naso e non tornava mai in sanità.

In nessuna circostanza sono stati reperiti errori comuni di Sc4-Fn12 contro Sc2 né di Sc2- Fn12 contro Sc4.

Tra i due testimoni di γ9 si individua in Sc4 il testo base poiché complessivamente più corretto. Sc2 presenta in primo luogo due evidenti mutilazioni, la prima compresa tra le pericopi 19- 28, la seconda, dalla pericope 55 alla conclusione. Inoltre, differisce da Sc4 per una serie di inesattezze; tra esse si segnalano almeno i seguenti errori separativi118:

Sc4, 34: Ora si muove lo padre e lo figliuolo chon grande oste. γ6 (Vm3, 34): Et mossono l’oste el padre e ’l figliuolo.

Sc2, 34: Ora si vuole cho˙ l’oste.

Sc4, 10: Rispose Anatam e dise: «Io gli volia molto bene e molte volte l’andai a udire

predicare; asai volte lo seguitai due o tre miglia solamente per udirlo parlare».

γ6 (Vm3, 10): Rispondé Annatan: «Io gli voleva molto bene et molte volte l’andava a udire

predichare; e assai volte lo seguitava due o tre miglia solamente per udirlo predichare».

Sc2, 10: Rispose Anatam: «Io gli voleva molto bene et molte volte lo seguitai .ii. e .iii. miglia solamente per udire parlare».

Sc4, 51: Io mangiarò e tosto vi rispondarò, e˙ffarò quello ‹che› sarà da fare intorno a tale

materia e chondiçione.

γ6 (Vm3, 51): Io m’imaginerò et tosto vi risponderò, et faremo quello che˙ssi conviene intorno a tal materia et conditione

Sc2, 51: Io mangiarò e tosto vi rispondarò, e˙ffarò quello che sarà da fare intorno a tal maniera e chondizione.

Non si ritiene Sc2 copia di Sc4; in un discreto numero di circostanze, infatti, la sua lezione è preferibile a quella del testo base. Si riportano di seguito due esempi significativi:

Sc2, 44: E’ Romani non ci fano questo, ançi ciel fa cholui il quale voi avette diservito.

γ6 (Vm3, 44): I Romani non ci fanno questa ingiuria, ançi cie la fa colui chui voi avete diservito.

Sc4, 44: E’ Romani non ci fano questa ingiuria, ançi cie la fa cholui il quale noi avemo diservito.

Vs, VI: et remanserunt de fragmentis duodecim scophini119.

Sc2, 15: E sapiate che io vi fui in persona e mangiai di quelo pane e di quelo pescie; soperchione dodici sporte piene di minuçame.

γ6 (Vm3, 15): Et sappiate ch’io in persona fui di quella gente et manichai di quello pane et di quello pesce; et soperchionne dodici corbe piene di minuççame.

Sc4, 15: E sapiate che io vi fui in persona e mangiai di quelo pane e di quelo pescie; e oltre al mangiare si ne superchiò e avançone dodici sporte piene da muniçione120.

II.5.b. Il ramo γ6

I testimoni Vm3-Rc e Sc3 tramandano una narrazione della leggenda che procede in modo affine, tanto da consentire la certa asserzione, come altrove congetturato121, della provenienza da un unico antigrafo, γ6; dati di partenza sicuri sono costituiti dai molteplici tratti comuni ai tre testimoni in rapporto alla sequenza dei miracoli di Cristo presentata da Natan122, all’episodio di Ippolita123 e al suicidio di Archelao124.

Si aggiungerà in questa sede che sono reperibili in buon numero lezioni congiuntive di Vm3-Rc-Sc3 in opposizione ai restanti esemplari appartenenti a γ2; tra queste si segnalano diverse lacune125:

Vm3 (Rc), 19: Et quando transì si fece del dì notte, et tutti i monimenti mughiarono, e ’l tempio di Gerusalem si fendé per meço.

Sc3, 19: E quando transì si fecie del dì notte, e tutti i munimenti mughiaro, e ’l tempio di Jerusalem si fesse126.

119 Cfr. Mt XIV, 20: «Et tulerunt reliquias duodecim cofinos fragmentorum plenos».

120 Fn12, pur dipendendo chiaramente da γ5, si allontana in un buon numero di circostanze da Sc4-Sc2: semplici varianti, ma anche errori e lacune. La marca più evidente del testimone è l’attitudine all’ampliamento: in linea generale, sebbene la parte maggiormente soggetta al fenomeno sia quella finale, si osserva quasi ovunque il ricorso sistematico a un’aggettivazione più ricca rispetto a quella di Sc4-Sc2 e una maggiore larghezza di particolari, non sempre riconducibili a fonti scritturali o apocrife, tanto nelle sezioni narrative quanto in quelle descrittive; per gli esempi si rinvia alle note al testo.

121 Cfr. BELLONE, op. cit., pp. 77 sgg. 122 Cfr. ibid., pp. 79-82.

123 Cfr. ibid., pp. 82-83. 124 Cfr. ibid., pp. 83-84.

125

Quando la lezione dei tre esemplari si differenzia da tutta la restante tradizione di γ2 si riporta quale termine di confronto il solo Sc4, rimandando alle note e ai commenti degli altri esemplari per ulteriori approfondimenti; il testo di Vs viene invece unicamente utilizzato, come di consueto, laddove il dettato dei volgarizzamenti sia riconducibile a quello latino. Si presentano talvolta, se utili, lezioni di testimoni italiani appartenenti ad altre famiglie, soprattutto γ1. 126 Si offrono di norma congiunti i testi dei codici Vm3 e Rc poiché, come verrà dimostrato, sono raggruppabili in un’ulteriore sottofamiglia.

γ2 (Sc4, 19): Quando transì si fe’ del dì note, e tuti li munimenti s’apersero, e tute l’aque si

ristetero di corire, e tuti li monti mughiarono, e ’l velo del tempio di Gierusalem si divise per meço127.

Vs: om.

È probabile che alla base dei tre testimoni vada riconosciuta una lacuna di origine monogenetica, sebbene non si possa escludere un omeoteleuto imperfetto («monimenti»; «monti»); mugghiare è infatti verbo che, per estensione semantica, vale ‘produrre un frastuono sordo e prolungato che incute spavento’ e che, nella tradizione letteraria medievale, risulta attestato, in