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Gieso Cristo, figliuolo di Dio, giusto et benignio et pio, dammi força et possa ch’io possa andare

III. Criteri di edizione e di trascrizione

20.2. Gieso Cristo, figliuolo di Dio, giusto et benignio et pio, dammi força et possa ch’io possa andare

infino alla terra della cittade della tua natività, et fammi venire a mano tutti i tuoi nimici20, i quali ti dierono morte ingiustamente et sança chagione veruna. Et dammi gracia et ventura ch’io gli possa tutti prendere et leghare et mettere in charciere, et far fare di loro quello che non sia mai chapo di veruno di loro»21.

Chapitolo quarto

21Et quando Tito ebbe compiuta et fatta la sua oracione in tal maniera chome io v’ò divisato,

si chiamà22 Nathan et disse: «Vieni al fiume et batteççami al nome de Padre e del Figliuolo et dello

Spirito Santo, uno Iddio». Et Nathan il prese a batteççare chon tutta la giente sua.

22Et Nathan disse a Tito: «Credi tu nella fede chattolicha?». Et Tito disse: «Veramente io

credo in Dio onipotente et in Gieso Cristo suo figliuolo, il quale m’à diliberato dalla mia infermità. Et il suo nome sia benedetto et laudato in sechula sechulorum»23.

23Et poi disse: «Credi tu nello Ispirito Santo?». Et Tito disse: «Fermamente io credo».

18 Cfr. Fl, 18 e nota al testo.

19 Chiare espressioni bibliche, per cui cfr. in particolare Ap XIX, 16: «habet in vestimento et in femore suo scriptum rex

regum et Dominus dominantium»; cfr. inoltre Dt, X, 17; Dn II, 37; 1Tm VI, 15; Ap XVII, 14. 20 Cfr. Fl, 19 e nota corrispondente.

21 Rv1 e Fn6 tramandano una lezione ampliata in merito all’invocazione di Tito; cfr. infatti Fl, 19: «E diciendo questo, Tito inchontanente fue guarito di quella infermitade. E si˙nne renderono laude e graçie a Dio ’nepotente chon tutta la giente cho˙llui. E fecie oraçione a Dio, e disse: “Figliuolo di Dio vivo e vero, dammi gratia e força ch’io possa venire infino alla terra della tua nativitade, e fammi venire a mano tutti li tuoi nemici, li quali ti diedoro morte sança chagione. E dami graçia e ventura ch’io gli possa tutti prendere e˙llegare e mettere in charciere, e farne di loro quello che di loro non ne sia giamai chapo”». Cfr. anche VS,IX: «Exclamavit autem Titus simul cum omnibus voce magna dicens: “Rex

meus et deus meus, quia numquam te vidi et sanum me fecisti, iube me ambulare cum navigio super aquas in terram nativitatis tuae, ut faciam vindictam de inimicis tuis; et adiuva me, domine, ut possim eos delere et mortem tuam vindicare: tu domine trade eos in manu mea”».

22 Uso ricorrente nel codice, per cui cfr. anche «diriççà», 63, «chontà», 64, «apellà», 75, passim. Per la diffusione toscana della desinenza del perfetto di terza pers. sing. in –à (lat. –āvit > lat. volg. –āt > –à) cfr. ROHLFS, op. cit., § 568

e gli studi ivi citati. 23 Cfr. Fl, 20 e nota al testo.

24Et Nathan disse: «Credi tu nella sua resurexione de’ morti24, et che sia pena eterna et vita

eterna?». Et Tito disse: «Io credo et si mi rimetto nelle mani tue, ché tu m’amaestri delle cose divine poi ch’io ò ricieuto il santo battesimo. Et dimi se tu sai il termine della sapiencia». Et Nathan rispuose: «Timore Domini è ricordamento della morte»25.

25Allora disse Tito: «Dimmi che chosa è il mondo». Et Nathan disse: «Dolci26 sono le parole

del mondo, ma ’l mondo si è amaro a coloro che ’l seguitano non dirittamente. Ché, se noi fossimo del mondo, il mondo ci amerebbe chome la sua chosa; ma, perché noi non siamo del mondo, il mondo ci ae in odio27. Ma altro è il disiderio dell’anima, ché ’l mondo è chosì grande battaglia insieme28, perciò che˙ll’huomo non può sirvire29 a due signiori, cioè a˙dDio o al diavolo».

26Et questo parllava Nathan: «Nella mente della sapiençia30 .iij. chose, cioè forteçça della

fede, et giusticia, et chastitade; nella sinistra parte si è sua sensione31, saturitade, et [110v] libidine, ebrietade, nigligencia, achusaçione, detraçione32 et altre chose simiglianti a questi viçii. Nella potencia che˙ssi fa chon alegreçça, prudençia, onestà, umiltà, oraçione, digiuno, elimosina et altri molti beni a questi simiglianti; questi beni et questa virtudi ne menano ad via di salute33. 27Et

sappiate questo per lo fermo: che tutti risuciteremo nelle chorpora nostre, altri suciteranno a vita eterna, altri a suplicio etterno, a molto obrobio et disinore senpiternale, sì chome ci ammaestrano i santi profeti Isaia34, Gieremia35, Eçechiele36, David37, Daniel38 et santo Paulo apostolo39, diciendo tutti quanti: “Noi si doviamo istare alla sedia dell’altissimo giudice, et tutti quanti renderemo ragione del bene et del male che noi aremo fatto, et ricieverà ciaschuno ’ suo merito”»40.

28Allora rispuose Tito et disse: «O Nathan, chonoscitore del sommo bene, a˙tte sieno molte

gracie di ciò che tu m’ài amaestrato. Et priego Iddio che me ’l dia a osservare in tale modo che˙ssia

24 Ms.: segue e vita eterna, per errato anticipo.

25 Cfr. Pr XIV, 26-27; XV, 16; XVI, 6; XXIII, 17; Ps CXI, 9.

26 La lezione di Fn6 inserita a testo si giustifica sulla base del dettato biblico; cfr. infatti Ps XIX, 11; CXIX, 103; CXLI, 6.

27 Cfr. Io, XV, 18 sgg.

28 Non si esclude un possibile errato anticipo di «insieme»; in tal caso la parte finale della pericope dovrebbe essere: «ché ’l mondo è chosì grande battaglia, perciò che˙ll’huomo non può sirvire a due signiori insieme».

29 Ms.: sivire; emendamento sulla base di Mt VI, 24: «non potestis Deo servire et mamonae», da cui con certezza il passo dipende. Non è tuttavia inaccettabile, sebbene decisamente meno persuasiva, la lettura «sivire» ‘seguire’.

30 Segue probabile lacuna congiuntiva; si rileva infatti nei due testimoni l’assenza del verbo. 31 Da intendere ‘sede dei sensi’.

32 Vale ‘calunnia, diffamazione’.

33 La seconda parte della pericope 26 è, tanto in Rv1 quanto in Fn6, assai complessa; alla base è probabilmente ipotizzabile un dettato lacunoso di γ4.

34 Cfr. Is, XXIV, 1 sgg.; XXX, 18 sgg., ecc. 35 Cfr. soprattutto Ger XXVI, 1 sgg. 36 Cfr. almeno Ez. IX, 1 sgg. 37 Cfr. 1Rg, VI, 1 sgg.

38 Cfr. Dn III, 8 sgg.; VII, 15 sgg.; VIII, 1 sgg., ecc.

39 Cfr. almeno 1Ts, IV, 13 sgg.; 1Cor XV; 2Cor XII, 1-4; Rm V, 1-11, ecc. 40 Cfr. almeno Ger XXXII, 19 e Dn IV, 14.

salute dell’anima et del chorpo mio; et non solamente ad me, ma a tutti choloro che credono nel nostro Signiore Iddio giusto et benignio»41.

29Et poi si finirono in loro maniera tale parllamento, et inchontanente chiamò due messi et

disse loro: «Andate tostamente a Vespasiano et dite che vengha tostamente ad me chon grandissima chavalleria et chon fortissimi huomini eletti tutti quanti, et sieno bene armati etd aparechiati sì chome fossono in una fortissima battaglia». Et gli messaggi dissono che quella anbasciata faranno bene et volentieri42.

Chapitolo .v.

30E intanto43 si partirono i messaggi di Tito; et prenderono il più diritto chamino et

chavalcharono tanto per loro giornate che giunsono et furono dinançi a Vespasiano. Et inginochioronsi dinançi da˙llui et salutarollo molto chortesemente, et poi gli chontarono a passo a passo ciò che Tito avea loro inposto.

31Et quando Vespasiano intese questo, si maravigliò molto et per tanto rispuose et disse:

«Beglli, dolci amici, sapete voi per che chagione e’ vuole ch’io vengha chosì isforçatamente?».

32Et cho[111r]loro dissono: «Messer, noi non sappiamo la chagione, il perché, ma sappiamo

per verità ch’eglli è guarito della sua infermitade ed è batteçato et chomunichato44 alla fede cristiana

chon tutta sua giente. Onde però, messer, vi preghiamo per sua parte che, rimossa ogni chagione, vegniate a˙llui sì chome v’abiamo divisato».

33Quando Vespasiano intese questo, si raghunò dieci milia chavalieri et cinquanta migliaia

di pedoni buoni et forti, et venne inchontanente a Tito; et domandollo la chagione di ciò, perché questa chosa fosse et per che chosa l’avesse fatto venire chosì tostamente.

34Et Tito rispuose et disse: «Sappi per veritade che Cristo venne in questo mondo et nacque

in Betlem di Giudea, et fu tradito da’ Giudei, et fragellato, battuto et leghato, crocifisso sotto il pontifichato di Pilato45 et fu soppellito. Et risucitò da morte. Et vidolo i discepoli suoi in quella medesima charne chon che eglli naque; et aparve a’ discepoli suoi, et istette co˙lloro, et in chapo di

41 Le pericopi 23-28 contengono un’estesa inserzione tràdita dai soli Rv1-Fn6, per cui cfr. anche supra il paragrafo II.3.b. «La sottofamiglia γ1» del capitolo «Questioni ecdotiche».

42 Tratto ricorrente nei due testimoni, per cui cfr. infra «Et Vespasiano disse che n’era allegro», 34, «Et quando Velosiano intese il chomandamento di Tiberio inperadore si disse che quella anbasciata farà allegramente et volentieri», 86, «Et i chavalieri dissono che quella anbasciata faranno molto volontieri», 105.

43 La lezione «Andando» di Rv1 si può spiegare per attrazione di «Et andando», 36, o, più verosimilmente, per errata trascrizione di atanto ‘attanto; intanto, frattanto’, frequente nel codice.

44 La lezione «et chomunichato», comune a Rv1-Fn6, è assente in γ ed è hapax tra i testimoni volgari della Vindicta esaminati.

45 Inserzione comune a Rv1-Fn6, per probabile reminiscenza dell’espressione «crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato» trasmessa dal Credo niceno-costantinopolitano.

quaranta giorni se n’andò in cielo. Et me à guarito et libero dalla mia infermitade, onde io voglio andare a vendichare la morte sua». Et Vespasiano disse che n’era allegro.

Capitolo .vj.

35Al mattino si mosse Tito et Vespasiano chon tutta loro hoste ch’egli aveano raghunata et

entrarono in nave. Et le navi furono preste et aparechiate; et non dimorarono et si ebono molto buono tenpo, et giunsono a Gierusalem sì chome piacque a˙dDio. Et sì chome eglino uccisono Padre et Figliuolo, così fossono morti da padre et da figliuolo.

36Et andando questa hoste grandissima verso la città di Gierusalem, le schiere de’ pedoni

istetono fermi per loro chontro a’ nimici, et per sé istettono i chavalieri. Et fatto questo, Tito et Vespasiano mandarono per Pilato che venisse a parllare a˙lloro.

37Et46 quando Pilato vide ch’eglino avevano menato sì grande hoste, si ebbe paura et parllò a

Vespasiano et disse: «Sire, io sono a vostro chomandamento: fatemi a˙ssapere quello che voi volete fare». Et Vespasiano disse: «Noi siamo venuti a vendichare la morte Gieso Cristo, lo santo profeta, lo quale m’à guardato dalla più laida in[111v]fermità che mai fosse».

38Et quando Pilato udì questo, dubitoe et ebbe paura; pertanto rispuose et disse: «Sire, volete

voi sapere chi à torto o diri‹tto›47?». Disse Tito et Vespasiano48: «Noi il vorremo bene sapere, però

che noi gli vorremo tutti prendere et leghare et mettere in prigione». «Dite che voi m’abiate messo in prigione perch’io non volli giudichare il profeta, et fate grande guardia et minaccie di mo[...]49».

39Chosì chome Pilato disse, fecie Tito et Vespasiano, et feciesi venire tutti i Giudei; et

quando furono tutti insieme si domandò et disse lo‹ro›50: «Signiori, che novelle mi sapete voi divisare di quello profeta che˙ssi fecie signiore di voi et del mio padre? Et voi avete fatto chome traditori quando voi tanto il soferisti51».

46 Le pericopi 37-43, come già osservato (cfr. supra il paragrafo II.3.b. «La sottofamiglia γ1» del capitolo «Questioni ecdotiche»), dipendono direttamente da Jos. d’Arim. 2, 705-747, e costituiscono, assieme ad altri passi dei due testimoni, analogamente riconducibili allo scritto di Robert de Boron, per cui cfr. infra, un aspetto ecdoticamente fondamentale per postulare γ4.

47 Si integra sulla base di Jos. d’Arim. 2, 716: «Sire, volez les vous touz prandre et bien savoir qui a to[r]t ne droit?». 48 Anche nelle sezioni di Rv1 dipendenti dall’opera di Robert de Boron gli agenti della campagna di Gerusalemme sono, in accordo con la Vindicta Salvatoris, Tito e Vespasiano; in Jos. d’Arim. 2, cui di norma si accorda Fn6, per cui cfr. l’apparato, compare invece sempre il solo Vespasiano.

49 Lezione di ardua lettura per guasto materiale di Rv1, probabilmente «mo[rte]»; Fn6 om. Cfr. Jos. d’Arim. 2, 719-720: «dites que ce est pur ce que je nel vouloie jugier, et fetes grant sanblant de moi haïr».

50 La seconda parte della lezione è illeggibile per guasto materiale; si integra su Jos. d’Arim. 2, 722-723: «si lor demanda noveles de cele profete qui plus estoit seis sires que ses peres, si lor dist...».

40Et gli Giudei rispuosono et dissono che tanto quanto Pilato avea fatto loro chonducitore

che˙ssi tenea che fosse loro re52, et «chosì volea che fosse sopra voi, et dicieva che53 non avea servito niente di morte. E noi diciemo che sì aveva, che noi non soferremo54 d’avere altro signiore che voi, et non volevamo né volemo ch’alchuno fosse sopra noi. Et queglli voleva essere et dicieva ch’era re de’ re et signiori de’ signiori».

41Et Tito rispuose55 et disse: «Et però io ò messo Pilato in prigione, ché ciò io aveva bene

udito dire chom’egli avea fatto. Ma ora io il voglio sapere da voi: mostratimi quali furono choloro a chui più n’è peso56 di cholui che˙ssi facieva ‹re›57 fra di noi, et queglli che più gliel fecie chonperare58, et chome voi adoperasti inverso lui dal primo giorno che voi l’avesti in odio, et i qual erano in vostro consiglio59, et tutto il fatto com’è istato».

Chapitolo .vij.

42Quando i Giudei intesone che non volevano sapere la verità60, si furono molti allegri, però

che credevano che ’l volessono sapere per loro pro et per danno di Pilato. Si richontarono tutto il fatto chom’era istato, et chome si facieva re sopra a˙lloro, et perciò l’odiavano; et chome Giuda l’avea tradito et venduto. Et mostrarongli cholui ch’avea paghati i danari et queglli che gli prestò; et chosì ciaschuno si vantava dell’onta che gli aveva fatta. 43Et chome lo misono in mano di Pilato, et

chome eglli nollo61 volea giudichare, et chome a mal suo grado l’avea ucciso; «chonvenne che62, inprima ch’eglli cie ’l volesse rendere, che noi piglliassimo la morte e ’l sangue suo sopra a noi et sopra i nostri figliuoli63, altrimenti no˙ lo ci volea dare; anchora se ne lavò le mani64 perciò ch’eglli non se ne volle inframetere».

52 Passo di complessa comprensione; cfr. Jos. d’Arim. 2, 725-727: «Et il respondent: “Ce nous faisoit Pilates, vostre baillistres, qui ce tenoit devers lui; et si vouloit qu’i fust roi sor nos”».

53 Per la perdita di una carta il testo di Fn6 è privo di un ampio passaggio di testo compreso tra «dicieva che» e «Et quando venne in sullo», 52.

54 Cfr. Jos. d’Arim. 2, 728: «Et nos deïmes que si avoit, que nous nel souferrions...». 55 Cfr. Jos. d’Arim. 2, 730: «Vaspasiens maintenant respont».

56 Cfr. Jos. d’Arim. 2, 733: «cui plus pesa de celui qu’i se fasoit sires».

57 Lacuna nel testo, si integra sulla base di Rv1, 42 (Fn6 om.); cfr. anche Jos. d’Arim. 2, 733: «sires». 58 Cfr. Jos. d’Arim. 2, 733-734: «Et li quex li fist plus conparer».

59 Cfr. Jos. d’Arim. 2, 735-736: «Et li quel estoient en vostre consel».

60 Probabile lezione errata («non») di Rv1 (Fn6 om.); cfr. infatti Jos. d’Arim. 2, 737: «Et quant il oïrent qu’i voloit enquerre verité...».

61 Ms.: lla.

62 Nel passaggio repentino dal discorso indiretto a quello diretto si scorge il riflesso di Jos. d’Arim. 2, 743-745: «et que maugré sien l’ocitrent; “et covint, ainçios qu’i le nous vousist ballier, que nous...”».

63 Cfr. Mt XXVII, 25. 64 Cfr. Mt XXVII, 24.

[112r] 44Quando65 Tito et Vespasiano ebono inteso le loro disliatadi et loro maliçie, feciono

chonsiglio et dissono intra˙lloro: «Segnianci al nome di Dio padre et del Figliuolo et dello Spirito Santo, et pigliamo il segnio della santa croce et fediamo intra˙lloro, et ischacciaglli et uccidiaglli tutti chol segnio della santa croce». Allora tolse Tito et Vespasiano il ghonfalone della santa crocie et fedirono intra˙lloro, et tutti quanti gli schonfissono, et molti sança numero n’uccisono66.

45Tito et Vespasiano andavano fedendo a destra et a sinistra et da monte et da valle,

uccidendo i Giudei chome se fossero pechore. Et que’ che rimasono fuggirono nella cittade di Gierusalem et chiusono tutte le porti della città. Et Tito et Vespasiano andavano ardendo et disbrugiando ciò ch’era intorno alla città di Gierusalem.

46Et chosì chome io vi conto, ischonfissono tutti queglli di Gierusalem, et arse et disbruciò

tutto ciò ch’era intorno a Gierusalem; et poi assediarono la cittade sì che niuno ne poteva uscire. Et istando loro ad assedio intorno alla cittade di Gierusalem, non potevano avere i Giudei ch’erano dentro né che bere né che mangiare, et tutti quanti morivano di maladetta fame.

47Et tutti furono morti sechondo che noi troviamo nelle Storie67, ché vi morirono dentro alla

città di fame che quasi erano raghuaglliate le mura della città di chorpi morti. Et tutti quanti, huomini et femmine, i quali erano dentro alla cittade, si piangievano et lamentavasi di quella grande opressione ch’era sopra a˙lloro. Et molto n’aveano dolore, sì che alchuno nollo potrebbe divisare68.

Chapitolo .viij.

48Avenne uno giorno che una femmina, la quale aveva uno suo figliuolo piccholo che˙llo si

teneva a petto, ch’ella fu da tanta fame opressa ch’ella tolse il suo detto picholo figliuolo et si˙llo chosse, et si˙llo mangioe solamente di naschoso, acciò che nolle fosse tolto et arappato da’ Giudei.

49Et veggiendo questo, i principi de’ Giudei si si turbarono infra˙lloro. Allora disse uno di

loro, il quale era re et signiore degli altri, il quale avea nome Archilao: «Deh, signiori, perché noi uccidemo Cristo, però sono venuti i nimici nostri sopra noi et vogliono disfare et distruggiere tutto questo regnio».

65 Dalla pericope 44 il testo torna a dipendere dalla Vindicta. 66 Cfr. Fl, 27 e nota al testo.

67 Si tratta, come già rilevato (cfr. Fl, 29 e nota al testo), del Bellum Jud., fonte dell’episodio dell’assedio di Gerusalemme.

68 Per la tendenza di γ4 all’ampliamento cfr. le pericopi 45-47 con la lezione corrispondente di γ3 (Fl, 29): «E istando ellino all’asedio intorno alla cittade, non poteano avere che manichare né che bere quelli dentro, e tutti quanti moriano di mala fame; e ragualgliavano le mura della cittade. E tutti quanti gli uomini e˙lle femmine, li quali erano dentro della cittade, si piangieano e lamentavano fortemente di quella grande opressione ch’era tra˙lloro».

[112v] 50Et Archelaio chiamò questo suo figliuolo et disse: «Figliuolo mio, toglli il regnio

mio et sia signiore; et abi chonsiglio chogli altri prencipi, re de’ Giudei, sì che tu possi chanpare delle mani de’ nostri nimici».

51Allora tolse il coltello et ficchollo sotto terra il suo medesimo et disse: «Innançi ch’io

vegnia a mano de’ nostri nimici, si voglio morire di mia propria morte». Et gittossi bocchone sopra la punta del choltello, il quale aveva fitto sotto terra. Et, fatto questo, si furono tutti quanti isbighottiti et dissono: «Meglio è che noi vegniamo alle mani de’ nostri nimici che noi moriamo chosì malamente di fame et di séte».

52In tale maniera chom’io v’ò chontato, morirono di fame queglli della città di Gierusalem.

Et quando venne in sullo istremo punto69, si tolsono le chiavi della cittade et apersone le porti della cittade a Tito et a Vespasiano. Et intrarono nella cittade, et presono tutti choloro della cittade et misogli in una magione.

53Et70 poi fecie mandare per Pilato; et quando fu venuto dinanci a˙llui si disse: «Sire, or sa’

tu bene s’io ò torto nella morte del profeta». Et Tito rispuose et disse: «Tu non ài sì gran cholpa chome io credeva, ma io vogllio tutti queglli dispergiere, ch’egli ànno molto bene detto quello donde egllino debbino morire». Et si glli fecie tutti venire dinanci a˙llui, et fecie venire molti chavalieri, et fecie molti di loro leghare a quatro chavaglli, et tutti gli facieva chosì isbranare71.

54Quando gli altri Giudei vidono questo, si si ’magharono72 et chonturbarono molto