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Altre versioni del mito

II. Le edizioni critiche principali

3. C ONSIDERAZIONI FINALI

3.3. Altre versioni del mito

La prova della fortuna del mito della creazione della lira da parte del piccolo

Hermes è ben rappresentata dalle sue numerose e antiche versioni. Risalente al

periodo arcaico è un frammento del poeta lirico Alceo (fr. 308 (b) L-P) di cui sono

sopravvissuti solamente alcuni versi di quello che sembra essere l'incipit di un inno

per l'accenno alla nobile stirpe di Hermes e al suo luogo di nascita (Paus.VII.20.4).

Non si sa se a questa sezione doveva seguirne una più ampia che trattava non solo

del furto del bestiame di Apollo ma anche dell'appropriazione, da parte di Hermes,

della sua faretra. Questo episodio sembra essere conosciuto da Orazio (Carm. I. 10.

9-12), dall'autore dell'Inno omerico che ne offre solamente un accenno (v. 515) e da

uno scolio dell'Iliade (Il. 15.256), probabilmente di età alessandrina, ma non

sappiamo, a causa della frammentarietà del P.Oxy. 1174, se anche nell'opera

sofoclea se ne facesse menzione.

Di epoca arcaica è anche un frammento delle Μεγάλαι ’Hοῖαι di Esiodo (fr. 256

M.-W.), citato in uno scolio su un testo di Antonino Liberale (Met.23) insieme alle

opere di Nicandro, Didimarco, Antigono e Apollonio Rodio che sembra, come questi

ultimi, trattare del mito della creazione della lira. Antonino Liberale focalizza il suo

racconto sulla metamorfosi di Batto, testimone oculare del furto delle vacche che

verrà trasformato in roccia da Hermes per aver rivelato a lui stesso sotto mentite

spoglie il luogo del loro nascondiglio. L'unico aspetto degno di nota è la descrizione

del viaggio che compie Apollo alla ricerca del bestiame, le cui tappe sono uguali a

quelle degli Ichneutai (vv. 30-7): dalla Tessaglia alla Beozia per poi passare al

Peloponneso, in Arcadia.

Del personaggio di Batto, assimilabile al vecchio di Onchesto dell'Inno omerico,

ma assente negli Ichneutai, se ne trova traccia anche in Ovidio (Met. II, 683-707) in

cui viene evidenziata allo stesso modo la sua punizione esemplare che lo condannerà

ad essere “durum silicem”.

Rimandano al mito di Hermes anche Arato (Phaen. 268-9) e Nicandro (Alex.

559-62), il primo in relazione alla nascita della costellazione della Lira e il secondo

in merito agli antidoti per il veleno della salamandra.

Invece Eratostene (Hermes, fr. 1, Powell, CA) pone l'attenzione sul furto degli

indumenti di Maia e delle sorelle, non altrimenti documentato, mentre lo pseudo-

Eratostene (Cat. 24) racconta di come la costruzione della lira e il rapimento del

bestiame siano eventi consequenziali.

Anche Filostrato (Im. I.26) e Igino (Astron. II. 7.358-64) sembrano conoscere le

imprese fanciullesche del dio. Particolare attenzione merita la versione di Filostrato

che, sebbene contrasti con gli Ichneutai per alcuni dettagli tra cui il luogo di nascita

di Hermes, si accosta al dramma satiresco per il dialogo tra Apollo e Maia che

riecheggia quello tra lo stesso dio e Cillene.

Una versione “non ortodossa” che ricorda il mito di Hermes e nello specifico la

costruzione della lira è attestata nell'opera “Vâmiq u 'Adhrâ” di un autore persiano di

nome 'Unsurî risalente al XI d.C. che sembra trarre spunto dalla novella ellenistica

di Metioco e Partenope datata al I d.C. Nel poema persiano ambientato nella corte di

Fuluqrâṭ (=Policrate), l'aneddoto sulla nascita della lira viene narrato da Metioco il

quale, dopo che il poeta Îfuqûs (=Ibico) inizia il suo canto accompagnato dal barbaṭ

(=βάρβιτος), racconta che il vecchio Hurmuz (=Hermes) stupito dal suono che il

vento provocava passando attraverso il guscio di una tartaruga morta, desiderò

riprodurlo senza l'ausilio di questo. I dettagli della costruzione della lira si ritrovano

simili in Luciano (D. Deor. 11) e in un commento del grammatico Servio

(V.G.4.463) in cui la costruzione dello strumento non sembra dovuta alla pura

creatività di Hermes, ma alla semplice imitazione della natura.

B

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