2 ALTRI LIBERTINI: IL ROMANZO DI UNA GENERAZIONE
2.6 ALTRI LIBERTIN
E verrà ormai il Natale, anche quest’anno, già da tempo fervono i preparativi per la settimana sulle Dolomiti, a casa dell’Annacarla, e le ricerche dei pacchidono e di tutte le cianfrusaglie colorate dell’occasione, il Tolkien’s Calendar, le agende in seta di Franco Maria Ricci, i tabacchi Dunhil per la pipa e anche quel poco di Laurent Perrier che si riesce a fare su stiracchiando il prezzo dai grossisti, cioè sette carte alla bottiglia. [AL 121]
32 MANUZZI 1993.
Parte così il quinto capitolo del romanzo. Titolo omonimo dell’opera, è un racconto basato sull’ironia.
Protagonisti sono tre ragazze e due ragazzi che, tornati a casa per le
vacanze di Natale, organizzano un viaggio sulle Dolomiti.
È un racconto incentrato sulle vanità del sesso e sulla soffitta di Annacarla
che sembra l’Eden perduto33.
Tutti vogliono concedersi i favori sessuali di un giovane fotografo
milanese che alla fine sceglierà uno di loro.
Qui ritorna il tema dell’omosessualità come in tutto il romanzo.
‹‹Si conclude con un tono scanzonato e carnevalesco, nella prospettiva di un disinibito e sfrenato libertinaggio›› dice Carnero riferendosi a questo racconto [LSG 61].
Da qui infatti, il titolo Altri libertini. Si riferisce alla natura sentimentale
del libertinaggio dato che uno dei protagonisti, Miro, si innamora
perdutamente di Andrea e si lascia guidare in maniera totalizzante.
Sarà poi un tema ripreso in quasi tutta l’opera successiva di Tondelli quello dell’amore libertino totalizzante. Lo ritroveremo in PAO PAO
prima e poi in Camere separate anche se si vedrà anche, in modo più
ristretto, in Rimini.
L’affidarsi a qualcuno in modo tale da affidargli la vita era la poetica di Tondelli, ogni suo amore nasce dal desiderio di appartenersi
completamente (appartenenza che verrà rivisitata in Camere separate),
una sorta di fuga nell’altro.
Qui dunque c’è un intreccio di libertinaggio dato da una forma di vanità del sesso e il solito utilizzo di sostanze alteranti, ma c’è anche la
33 A. SPADARO 1999, p. 27.
consapevolezza di un amore visto come appartenenza completa, a cui i
protagonisti si affidano.
2.7 AUTOBAHN
Lacrime lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura, inutile dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e manda via il vischioso male, quando ti prende lei la bestia non c’è da fare proprio nulla solo stare ad aspettare un giorno appresso all’altro. E quando viene comincia ad attaccarti la bassa pancia, quindi sale su allo stomaco e lo agita in tremolio di frullatore e dopo diventa ansia che è come un sospiro trattenuto che dice vengo su eppoi non viene mai [AL 148].
Autobahn è l’ultimo racconto di Altri libertini ed è quello più significativo
perché parla Tondelli in prima persona; è lui il protagonista del racconto.
Autobahn in tedesco vuol dire autostrada e infatti è proprio di viaggi che
parla il capitolo. Ispirato tanto a On the road di Kerouac, il racconto narra
di un viaggio senza meta, totalmente a caso, verso il tanto sospirato “Mar del Nord”; un viaggio anche in se stesso, un monologo in cui l’autore butta giù tutto ciò che pensa, più che un viaggio interiore, parte
dall’analisi interiore di sé.
Questo capitolo può essere definito, quindi, la poetica dell’autore.
Si divide principalmente in tre parti: il tema del viaggio, la situazione
ontologica e l’incontro del suo alter ego in una cineasta.
Parto dalla situazione ontologica descritta nell’incipit sopra citato.
Il testo si apre con un passo di situazione ontologica di depressione.
L’autore desidera scappare dalla “scoglionatura” che prende improvvisamente. L’incipit è una sorta di monologo interiore dell’autore che descrive questo taedium vitae chiamato alle volte vischioso male, altre
la bestia. Non trova una cura a questo, l’unico mezzo di fuga è il viaggio.
descritta con un linguaggio quotidiano, un’idea resa semplice a tutti, il suo linguaggio mediato arriva direttamente al lettore.
Dunque il viaggio l’unico strumento che il protagonista ha per liberarsi dalla sua angoscia. Qui parte la sua euforia all’inseguimento dell’odore del Mare del Nord e parte con la sua Cinquecento bianca con la cappotta.
Correggo sta a cinque chilometri dall’inizio dell’autobrennero di Carpi, Modena che è l’autobahn più meravigliosa che c’è perché se ti metti lassù e hai i soldi e tempo in una giornata intera e anche meno esci sul Mare del Nord, diciamo Amsterdam, tutto senza fare una sola curva, entri a Carpi ed esci lassù. [AL 151]
Il Mare del Nord per Tondelli e per la generazione degli anni Settanta era
Amsterdam, il sogno proibito di ogni ragazzo. E infatti è proprio là che
vuole andare e qui, nel passo citato, descrive, a modo suo, l’autostrada che lo aspetta proprio fuori Correggio.
Questo viaggio è totalizzante per l’autore; ritrovare se stessi e fuggire da
un horror vacui che caratterizza i giovani della provincia; una fuga verso
l’ignoto seguendo il proprio personale odore.
Solo questo vi voglio dire credete a me lettori cari. Bando a isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini sulla strada. Non ha importanza alcuna se sarà di sabbia del deserto o di montagne rocciose, fossanche quello dell’incenso giù nell’India o quello un po’ più forte, tibetano o nepalese. No, sarà pure l’odore dell’arcobaleno e del pentolino pien d’ori, degli aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi verdi con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti, delle giungle, sarà l’odore delle paludi, dei canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori delle bettole del Marrakech o delle fumerie di Istanbul, ah buoni davvero buoni odori e allora via, alla faccia di tutti avanti! [AL 163]
Alla fine del romanzo, Tondelli incita ogni lettore a seguire il suo
personale odore. Indipendentemente da quale esso sia. Tondelli sta
presentato come reietti, come tossicodipendenti e prostitute, come
senzatetto o come studenti malcontenti, qui l’autore sta invitando
chiunque a prendere l’autostrada e partire per ritrovare se stessi.
È l’unico capitolo in cui da Correggio bisogna solo partire, qui, a differenza di tutti gli altri capitoli, non c’è via di ritorno, è un elogio al viaggio in quanto tale e fine a se stesso.
Il viaggiare diventa catartico, liberatorio. Qui c’è tutta la poetica di Tondelli che inserisce il viaggio, l’atto del partire ovunque, anche quando non sta parlando di un viaggio vero e proprio; l’importante per lui è mettersi in moto, sta cercando di svegliare ogni ragazzo della sua
generazione stanca e disillusa.
Prende molto ispirazione da Kerouac in questo, una spinta verso un
vagabondaggio liberatorio. In Un Weekend Postmoderno, Tondelli dice:
Anche gli eroi, prima di entrare nella leggenda, invecchiano e muoiono. Oggi Kerouac sta risalendo dagli abissi degli ultimi anni della sua vita per riemergere come il più importante scrittore del continente americano. […] Il suo messaggio ha attraversato i continenti. […] La beat leggenda continua [UWP 524].
La leggenda di Kerouac continua in lui e cerca di comunicarla in ogni
romanzo, anche ai suoi lettori.
L’ultimo punto importante del capitolo è dato dall’incontro con l’autostoppista. L’ho definito alter ego perché Tondelli, tramite lui, spiega tutta la sua poetica in un elenco di nomi, di autori, di stili di vita, di ogni
cosa. Attraverso quell’elenco, lascia perdere ogni tipo di pregiudizio sul mondo, anzi cerca di includere tutta la più vasta gamma di differenze.
Il messaggio che lascia è che non bisogna seguire il realismo ma
generazione, quella che lui chiama “drunk cinema”. Condanna quindi le famiglie snob, i potenti, i politici perché a loro sfugge il senso della realtà.
Mette a confronto gli autori di ogni generazione e confronta Werther e
Holden, sentendosi più vicino a Werther che “alle grandi firme”.