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Ammodernamento della disciplina contabile nazionale e avvicinamento

II. OLTRE LA IV DIRETTIVA GLI ANNI 2000 DELL’ARMONIZZAZIONE

4.3 Ammodernamento della disciplina contabile nazionale e avvicinamento

Gli ultimi quesiti della consultazione pubblica meritevoli di attenzione ai fini del presente lavoro si concentrano sulla disamina delle opportunità da cogliere con il recepimento della nuova direttiva, affinché sia innovato il quadro contabile nazionale.

In questo frangente, l’interrogazione del Ministero coinvolge il tema dell’avvicinamento dei principi nazionali al modello IAS/IFRS, al fine di ridurre le divergenze della normativa contabile per quei soggetti che operano nei medesimi segmenti di mercato. Il legislatore non manca di rilevare che la situazione attuale rende scarsamente perseguibile la comparabilità dell’informativa societaria; ancora, come ulteriore conseguenza all’utilizzo di criteri difformi, concentra l’attenzione sulle problematiche che emergono nei profili di tutela del patrimonio sociale, in particolar modo in merito alla disciplina che interessa distribuzione degli utili, riduzione del capitale per perdite, limiti all’emissione di obbligazioni.

Considerando, dunque, quanto appena esposto, è chiesto agli intervenuti di

145 Opinione espressa nei rispettivi riscontri alla consultazione pubblica in commento anche da SIDREA e Quagli; questi, in particolare, si dimostra molto critico nel ritenere che il principio, così come oggi presente nel codice civile, appare un “corpo estraneo” nel nostro sistema normativo, mancando del tutto un coordinamento con la disciplina fiscale.

argomentare le proprie opinioni in merito alle seguenti questioni:

- la convenienza a prendere ispirazione dagli schemi IAS/IFRS per innovare il quadro contabile nazionale tenuto conto delle caratteristiche prevalenti delle imprese nazionali, seppur limitatamente alle possibilità concesse dalla direttiva e con riferimento alla sola categoria delle “grandi” imprese, e il vantaggio di adottare un approccio “proporzionale” che tenga conto delle dimensioni dei soggetti interessati;

- i campi nei quali si osserva una particolare urgenza di ammodernamento, avendo sempre presente come linea guida il Framawork 146;

- l'aggiornamento della normativa nazionale attraverso l’introduzione di meccanismi opzionali improntati alla flessibilità, che favoriscano gli interessi e i bisogni informativi delle singole realtà e dei rispettivi stakeholder, piuttosto che la preferenza verso un sistema più omogeneo che dia come risultato documenti maggiormente comparabili.

Esaminando le repliche pervenute, si nota che i commentatori si dividono tra chi ritiene né necessario, né conveniente, l’avvicinarsi ai principi contabili internazionali dettati dallo IASB e chi, invece, in sede di recepimento, auspica proprio all’accoglimento di tale impostazione.

Il perno attorno al quale ruota l’argomentazione contraria all’armonizzazione dei principi del modello IAS/IFRS (seppur il legislatore non intenda attuare tale orientamento indiscriminatamente) si ravvisa nella differente funzione attribuita al

146 Nella consultazione pubblica sono individuate tre specifiche aree in cui sarebbe possibile intervenire: la valutazione degli strumenti finanziari, con riferimento in particolare ai derivati e alle operazioni di copertura; i beni di investimento; il leasing finanziario.

bilancio dall’ordinamento nazionale e la platea di stakeholder cui esso si riferisce. Prima del suo ammodernamento, avvenuto nel 2010, il Framework individuava la categoria degli investitori come primi destinatari dell’informativa societaria, mentre oggi indica esplicitamente gli investitori attuali e potenziali, i finanziatori e gli altri creditori. Nonostante questa nuova formulazione, è evidente che i capital lenders – e, dunque, i mercati e gli investitori istituzionali – restano collocati su un piano superiore rispetto agli altri portatori di interessi. Il principale effetto che ne consegue è la minore necessità di attenersi strettamente al postulato della prudenza, quale invece è nel caso del bilancio redatto ai sensi dei principi nazionali. Tra le finalità di quest’ultimo, infatti, è contemplata la redazione di quell’informativa neutrale richiesta dal sistema bancario, che richiede schemi contabili ben articolati – in ogni caso, non diretta a favorire una particolare categoria di stakeholder.

Tenuto conto, inoltre, che l’adeguamento delle norme nazionali alle disposizioni comunitarie andrebbe perseguita solo in caso di un concreto miglioramento dell’informativa prodotta, per questo gruppo di commentatori un intervento di questa portata sarebbe anche incoerente con il tessuto economico italiano, nel quale la maggioranza delle imprese non ha rapporti con i mercati finanziari. Anzi, è osservato come gli oneri derivanti dall’adempimento nuovi obblighi informativi sarebbero spropositati rispetto ai risultati attesi147, né un nuovo

147 Tra tutti è riportato come esempio il caso del fair value, che implica processi valutativi complessi e onerosi, del quale si critica, per altro, l’aleatorietà dei risultati.

impianto normativo assicurerebbe un maggior grado di comparabilità dei bilanci148.

Per di più, si sostiene che un’impostazione IAS oriented darebbe vita a ulteriori problematiche di correlazione tra risultato d’esercizio e base imponibile, già oggi resa complessa dalla differente definizione dei valori scaturenti da normativa contabile e fiscale.

Per altro, alcune delle risposte pongono l’attenzione su come la possibilità di adoperare il modello di redazione IAS/IFRS sia stata già estesa con il d.l. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con la l. 11 agosto 2014, n. 116, che ha eliminato il divieto di utilizzo di tali principi per le società di capitali che non sono quotate nei mercati regolamentati, né facenti parte di gruppi aziendali. Secondo le osservazioni contrarie all’implementazione dei criteri internazionali, le previsioni di nuova introduzione non hanno avuto un grande seguito, e per questo motivo un altro intervento in questa direzione è ritenuto superfluo149.

Le argomentazioni favorevoli in merito alla questione sinora trattata si riscontrano per motivi diametralmente opposti150.

La convergenza dei principi nazionali verso il modello IAS/IFRS è ben vista proprio in ragione della maggiore comparabilità che si otterrebbe quale beneficio

148 SIDREA ricorda che, ad oggi, la comparabilità a livello comunitario è garantita solo sul piano dei bilanci consolidati, dato che non tutti i Paesi membri hanno previsto l’opzione di estendere l’adozione degli IAS/IFRS anche in sede di bilancio d’esercizio.

149 In questo senso, le risposte di SIDREA, dott.ssa De Angelis, ADC (che critica con forza la possibilità avanzata, ritenendo profondamente incompatibili il modello IAS/IFRS con la tradizione contabile nazionale; per di più, non condivide l’apertura avvenuta con il decreto menzionato, proponendo di vietare la facoltà di passare ai principi internazionali se non nel caso di grandi imprese e grandi gruppi), CNDCEC, Assilea, Confindustria (secondo la quale “l’utilizzo dei principi internazionali non sembrerebbe costituire un fattore di sviluppo e di sostegno alla competitività per le imprese italiane”, ma anzi, “genera ingenti costi di gestione e non è così scontato che determini una maggiore confrontabilità tra i bilanci”).

primario derivante dall’eliminazione di differenze sostanziali tra i due sistemi contabili, di cui potrebbero sicuramente approfittare le imprese di dimensioni maggiori operanti nei medesimi segmenti di mercato dei concorrenti comunitari.

Predisponendo un quadro legislativo più moderno, la maggioranza degli intervenuti che aderisce a questo orientamento concorda con la necessità di adeguare l’impianto normativo attraverso un criterio proporzionale151, senza inutilmente appesantire di oneri aggiuntivi le imprese minori.

In particolar modo, ANDAF suggerisce di affrontare un percorso di avvicinamento graduale e progressivo per le PMI; Assirevi, d’altra parte, ritiene che il nuovo assetto potrebbe essere reso obbligatorio per i grandi players nazionali e facoltativo per tutti gli altri. Ad ogni modo, tutti sono concordi nel ritenere che spetterà al legislatore, in fase di attuazione della direttiva, ponderare il trade-off tra costi e benefici scaturente dalla differente impostazione contabile per le diverse categorie di impresa, curando – come raccomanda Assonime – la coerenza tra le regole di nuova introduzione e le funzioni specifiche del bilancio.

Potrebbe risultare ancora più interessante esaminare le risposte riguardanti gli ambiti che si ritengono avere maggiore necessità di un aggiornamento in merito al loro specifico trattamento contabile.

Considerato il numero esiguo di coloro che reputano superfluo un provvedimento in tal senso152, si registra che la maggioranza degli intervenuti

151 Tuttavia, si discostano da tale impostazione i prof. Quagli e Sottoriva, i quali non ritengono auspicabile l’approccio proporzionale considerato dalla consultazione pubblica, sostenendo che si tratti di un problema sopravvalutato. Sottoriva, in particolare, propone di coinvolgere la totalità delle imprese nell’adozione dei principi nazionali IAS oriented.

approva le aree di intervento suggerite dallo stesso legislatore nella consultazione pubblica, ma sono prodotte anche numerose altre e diverse proposte – chiaro sintomo che la materia contabile è ben lungi dall’essere percepita come un argomento esaurito.

Leasing finanziario. Nonostante l’evoluzione della dottrina e della prassi degli ultimi anni potrebbero far credere nell’esistenza di un pensiero oramai unanime sul tema della locazione finanziaria, tale aspettativa è disattesa dalla presenza di alcune opinioni di senso opposto.

Sicuramente, coloro che auspicano a una rivisitazione dei metodi contabili per questa particolare fattispecie sono in numero maggiore, e le motivazioni che argomentano tale presa di posizione sono tutte condivisibili.

Tutte le opinioni sono attraversate dall’idea che per questo caso è sentita profondamente la necessità di rendere veramente operativo il principio della prevalenza sulla forma.

SIDREA, in particolare, osserva che la nuova impostazione favorirebbe anche la riduzione dei costi per la produzione delle informazioni, dal momento che la disciplina vigente richiede una doppia rilevazione: per la contabilizzazione della locazione finanziaria negli schemi di conto economico e stato patrimoniale si fa uso del metodo patrimoniale, mentre in nota integrativa sono annotati i valori originati dall’applicazione del metodo finanziario. Per di più, tale previsione è valida anche per le imprese di minori dimensioni, poiché l’art. 2435-bis c.c., nel disciplinare la materia, non considera alcun caso di semplificazione.

Ad ogni modo, è auspicabile anche un appropriato coordinamento con la normativa tributaria153.

Potrebbe sembrare curioso scoprire che, invece, l’opinione di Assilea in merito è controcorrente rispetto a ciò che è stato appena illustrato. Facendo perno sulla corrente rivisitazione (da parte degli standard setter internazionali) della rappresentazione in bilancio del leasing finanziario154,l’associazione degli operatori di leasing critica la possibilità di introdurre il criterio del passaggio dei rischi e benefici anche nel nostro ordinamento – soprattutto perché ritenuto imprudente accogliere orientamenti la cui natura è in divenire.

Secondo l’associazione, ancora, è priva di fondamento la corrente di pensiero che ritiene ascrivibile tale fattispecie al novero dei contratti da rilevare seguendo il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Argomenta rilevando che, principalmente, il locatario non ha la facoltà di disporre del bene, e che gli sarebbe possibile, al più, cedere la locazione a un terzo – un’operazione qualificabile come cessione di un contratto piuttosto che di un cespite. Adduce, infine, alle proprie motivazioni che l’elevato indice di default contrattuale che si registra nel mercato immobiliare dimostra che gli obiettivi di verità e correttezza in realtà non sono perseguibili se si sceglie di contabilizzare seguendo il metodo finanziario.

Sembrano essere, in realtà, argomentazioni vagamente pretestuose; sarebbe insensato non cogliere l’occasione offerta dal recepimento della direttiva per regolare nel nostro ordinamento, una volta per tutte, la questione della locazione

153 Della medesima opinione, Confindustria.

154 Difatti, lo IASB nel 2010 ha aperto un tavolo di discussione tutt’ora in corso in ordine all’aggiornamento dello IAS 17– Leases.

finanziaria, tenuto conto del considerevole contributo offerto da dottrina e prassi in merito.

Beni di investimento. Coloro che ritengono utile un intervento sulle regole di contabilizzazione di questa specifica voce richiamano tra i provvedimenti auspicati l’introduzione del metodo del fair value155.

In quanto investimenti patrimoniali che non contribuiscono alla formazione del reddito operativo, la misurazione al “valore equo” di detti beni potrebbe essere adeguata per dare una rappresentazione più fedele della situazione patrimoniale dell’impresa, senza andare ad intaccare i valori della gestione caratteristica. I maggiori valori risultanti dall’applicazione del criterio appena menzionato, naturalmente, dovrebbero sempre essere frutto di stime prudenti e attendibili, senza transitare dal conto economico. L’impairment test, aggiungono alcuni, darebbe una garanzia aggiuntiva ai valori iscritti156.

Sidrea, comunque favorevole all’implementazione del criterio alternativo al costo, osserva che il rischio maggiore proveniente dall’utilizzo del fair value deriva dall’inesistenza di un mercato continuamente determinabile per questo tipo di attività, per cui, soprattutto in periodi di crisi economica dall’orizzonte indefinito, l’incertezza legata alla realizzazione degli utili sperati è molto più marcata.

Trattandosi pur sempre di valutazioni onerose, se le realtà medio-piccole (il più delle volte dotate di un patrimonio sociale non adeguato rispetto alle proprie

155 Contemplato perlomeno quale facoltà per le grandi imprese, precisa Assonime.

156 Si ricorda che l’impairiment test, previsto dal principio contabile internazionale IAS 36 – Impairment of

Assets – è rivolto all’accertamento di possibili perdite di valore subite da determinate attività in

conseguenza a eventi o situazioni particolari, da eseguire mediante specifiche procedure di controllo con frequenza tendenzialmente coincidente alla chiusura di ciascun esercizio amministrativo; nel caso si realizzassero tali perdite, ne andrebbe definito l’ammontare.

reali esigenze) dovessero limitare i controlli destinati alla fondatezza dei valori rettificati, si potrebbero facilmente creare distorsioni tali da dissimulare stati di crisi.

Proprio per queste ragioni, tuttavia, il CNDCEC ritiene inopportuno un avvicinamento agli schemi internazionali, manifestando la necessità di un atteggiamento più prudenziale da parte del legislatore in questo particolare ambito, sostenendo la scelta di rimanere fedeli al criterio del costo storico.

Strumenti finanziari. Nella consultazione pubblica, il legislatore fa specifico riferimento all’eventualità di introdurre migliorie alla disciplina di strumenti di copertura e operazioni in derivati. Tale previsione è accolta con favore da buona parte dei commentatori; alcuni di essi si dimostrano favorevoli all’introduzione del criterio del fair value con particolare riguardo alla categoria degli strumenti derivati, prospettando per questi l’implementazione di un regime obbligatorio157.

I vantaggi scaturenti dall’impiego di tale impostazione, secondo il CNDCEC, si potrebbero apprezzare giacché sarebbe più agevole far emergere criticità finanziarie latenti o sottovalutate. In ogni caso, ritiene controindicata l’adozione dei criteri IAS/IFRS per le altre categorie di strumenti finanziari.

Tra le risposte esaminate e con riguardo alla nozione in senso lato di strumento finanziario, qualcuno formula altre ipotesi di intervento ampliando il dibattito, senza però spingersi ad illustrare dettagliatamente le motivazioni a fondamento delle proprie proposte. A titolo informativo, i suggerimenti pervenuti individuano:

- l’attualizzazione per crediti, debiti e fondi, perlomeno quelli di durata ultra-

157 E’ questa l’opinione di Assonime; nella prospettiva della semplificazione e dello snellimento degli oneri informativi, per quanto non specificato, è chiaro che in questo caso l’obbligatorietà non si estende almeno a micro e piccole imprese.

annuale (ANDAF);

- stock option, partecipazioni in controllate, collegate e joint venture per l’estensione del metodo del patrimonio netto (Quagli);

- crediti, partecipazioni, titoli di debito e altri strumenti finanziari così come definiti nel modello IAS/IFRS (CNCDEC)158.

Infine, per riportare le ultime considerazioni in merito agli interventi specifici che si ritengono essenziali, Confindustria propone alcune specifiche aree che il legislatore potrebbe ammodernare prendendo ispirazione dai principi emanati dallo IASB, riferendosi in particolare a:

- costi di impianto e ampliamento, per i quali suggerisce l’abrogazione dell’art. 2426, comma 1, n. 5 c.c.159;

- costi di ricerca e sviluppo, per cui nel nostro Paese è concessa la facoltà di iscrizione in bilancio, mentre i principi internazionali distinguono l’obbligo di contabilizzazione delle spese di sviluppo e l’esclusione per quelle di ricerca160;

- azioni proprie, per le quali ravvisa la necessità di portare in diminuzione il

158 E’ necessaria una precisazione: il CNDCEC, nel sostenere le proprie valutazioni in merito a quanto chiarito poco sopra sul tema del fair value, intendeva riferirsi proprio a questo novero di strumenti finanziari.

159 Più precisamente, la norma menzionata precisa che i costi di impianto e ampliamento sono iscrivibili nell’attivo e ammortizzabili in un periodo non superiore a cinque anni. Inoltre – finché l’ammortamento non è completato – è preclusa la distribuzione di dividendi, a meno che non siano presenti riserve disponibili di importo almeno pari all’ammontare dei costi ancora da ammortizzare.

Si ricorda che, secondo quanto previsto dalla Direttiva 2013/34/UE, è lasciata quale opzione destinata agli Stati membri la possibilità di capitalizzare tali spese.

160 Come visto nel capitolo precedente, anche la nuova direttiva si muove nella stessa direzione per quanto concerne gli obblighi di rilevazione di tali voci tra le attività di stato patrimoniale.

patrimonio netto contemporaneamente al loro acquisto, senza imputare gli stessi valori a specifica riserva a seguito della loro iscrizione nello stato patrimoniale161;

- affitto d’azienda.

Per ultimo, ANDAF ricorda un’altra importante area in cui sarebbe opportuno un intervento in sede di recepimento della direttiva, accennata dallo stesso Ministero nell’introduzione al documento sinora esaminato.

Nel dettaglio, è accolta con favore l’ipotesi di adeguare l’impianto normativo che comprende gli istituti civilistici relativi al patrimonio sociale, per cui raccomanda anche una rivisitazione del regime delle riserve; in particolare, per queste sarà necessario un riordino della disciplina sul loro utilizzo e sulla distribuzione degli utili, in conseguenza alle novità derivanti dall’applicazione di quei criteri che farebbero emergere plusvalenze e minusvalenze derivanti da valutazioni tendenzialmente soggettive.

161 E’ opinione di chi scrive ritenere non condivisibile tout court la motivazione che sta dietro tale scelta: per quanto l’acquisto di azioni proprie si riveli il più delle volte delicata e rischiosa, tale tipo intervento può essere giustificato da strategie volte a salvaguardare la composizione dell’assetto proprietario per bloccare la scalata di soggetti estranei, o a sostenere la quotazione dei propri titoli nel caso in cui vi siano riduzioni sensibili di valore o, ancora, essere finalizzato a generare vantaggi economici tramite operazioni speculative. La disciplina civilistica attuale (artt. 2357 ss.) sembra delineare già in senso piuttosto restrittivo i vincoli per tali tipi di operazione, salvaguardando a sufficienza gli interessi dei terzi.

Eventualmente, se il fine sotteso da una modifica della disciplina fosse diretto al perseguimento di una maggiore tutela dell’integrità del patrimonio sociale, sarebbe forse preferibile passare per una restrizione ulteriore delle condizioni di accesso all’acquisto delle azioni proprie, piuttosto che cercare di raggiungere tale obiettivo modificandone la rilevazione nei conti.

Sarebbe, invece, certamente auspicabile una riduzione diretta del patrimonio netto nel caso in cui la finalità sottesa all’acquisto di azioni proprie riguardasse puramente il rimborso del capitale sociale, a seguito della liquidazione del socio.

In conclusione, volendo modificare quanto previsto per questa particolare area del bilancio, si dovrebbe intervenire distinguendo le singole fattispecie che giustificano l’operazione di acquisto in commento.

L’ultima questione che sarà affrontata in questa sede, e per la quale è stata richiesta la collaborazione dei soggetti interessati, ruota attorno all’impostazione di fondo di cui dotare il rinnovato assetto normativo contabile italiano: se prevedendo meccanismi opzionali all’interno delle singole fattispecie, assicurando un giusto grado di flessibilità alle imprese e alle loro necessità ma accettando, al contempo, un livello maggiore di eterogeneità nei documenti contabili, o se porre l’omogeneità dell’informativa un obiettivo primario.

Si può da subito anticipare che il tema appena presentato è l’unico in cui si ravvisa un’omogeneità nelle opinioni di tutti gli intervenuti, i quali argomentano sostanzialmente con le stesse motivazioni.

Le risposte pervenute, infatti, si schierano a favore di un regime contabile che non contempla opzioni alternative. L’obiettivo di ottenere uno schema normativo elastico e adattabile alle necessità degli operatori economici, infatti, è visto più come un’eventualità che darebbe risultati controproducenti e inefficienti, più che come un reale vantaggio.

Se, infatti, è la comparabilità dell’informativa societaria la meta fondamentale da raggiungere, evidentemente il rischio a cui ci si espone è un inesorabile allontanamento da questo fine, causato dall’eccessiva discrezionalità offerta ai redattori del bilancio (soprattutto tenendo a mente che i nuovi orientamenti contabili introdotti con l’ammodernamento della normativa sarebbero indirizzati principalmente ai maggiori player nazionali162).

Ancora, molti concordano sul fatto che fare spazio a un sistema eterogeneo