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Leiðarvís

3. Livello morfologico

3.2 Livello sintattico

3.2.1 Resa di un concetto

3.2.2.2 Ampliamenti narrat

Si presentano di seguito alcuni episodi che sono stati rielaborati dal testo norreno attraverso modifiche di contenuto o ampliamenti di dettagli presenti nel testo. Lo scopo evidente di tali operazioni è di nuovo la necessità di una maggiore chiarezza nella narrazione, accompagnata questa volta in modo particolare da un certo qual gusto per la narrazione. I dettagli aggiunti, infatti, rendono dinamiche delle situazioni utilizzate nelle fonti di riferimento solo per il loro contenuto informativo, relativo all’operato del santo o relativo a fatti, luoghi e persone della sintesi storica.

- L’assassinio di Graziano (AS10)

L’episodio dell’assassinio dell’imperatore Graziano, solo constatato in Paolino (Vita 19), è con più precisione descritto in HET IX 21. La saga sviluppa le informazioni contenute in quest’ultima fonte, chiarendo innanzitutto il ruolo di Magno Massimo e Andragazio (Inter haec nuntiatur, quia Gratianus dolo tyranni Maximi fuisse occisus. Andragathius enim dux Maximi in lectica portatus, ut occideret Gratianum, huiusmodi opinionem misit in vulgus):

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Þar var Maximus kominn ok hans menn, ok bera þeir þegar jarn a Gracianum keisara ok drepa hann. Jarlinn Androgacius var i þessum vælum ok svikum med Maximo. [Era là giunto Massimo con i suoi uomini, che subito portarono tormenti per l’imperatore Graziano e lo uccidono. In quelle macchinazioni e tradimenti insieme a Massimo c’era anche lo jarl Andragazio.]

Successivamente, l’episodio dell’assassinio viene sviluppato prendendo le mosse da alcuni dettagli contenuti nella sua fonte, come suggerirebbe l’espressione utilizzata dalla saga per esprimere l’impreparazione di Graziano andando incontro alla moglie (non praecavit eius insidias et, veluti caecus in foveam, in manus hostis incurrit):

Keisarinn geck i mot drottningunni fiölmennr ok þo betr vidbuenn þa kossum en vöpnum. [L’imperatore le va incontro con molti uomini, benché meglio equipaggiato con tenerezze che con armi.]

La descrizione dell’atto dell’assassinio sembra invece ampliata a partire da quanto suggerito dalla fonte (HET IX 21):

Andragathius enim dux Maximi in lectica portatus, ut occideret Gratianum, huiusmodi opinionem misit in vulgus, quia uxor Gratiani suo vito festinaret occurere in Lugduno Galliae civitate fluvium transeunti. Gratianus autem credens coniugem re vera venire, quam nuper acceperat, non praecavit eius insidias et, veluti caecus in foveam, in manus hostis incurrit. Dum ergo venisset Gratianus quasi ad uxoris vehiculum, ex improviso exiliens Andragathius Gratianum callidus interemit.

Il testo norreno elabora la scena, descrivendo in modo più dettagliato l’imboscata:

Vögnum var þar ekit tiölldudum. Keisarenn hverfr at vagni þeim, er virduligast var tialldadr, ok lypti tialldinu ok villdi hverfatil drottningar, þa spretta menn or vagninum ok verpa af ser qvennfötum, en undir voru bryniur ok brugdin sverd.

[Là venivano guidati dei carri attendati. L’imperatore va verso quel carro che era il più magnificamente attendato, alza la tenda e vuole andare dalla regina. In quel momento

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escono dal carro degli uomini, che si tolgono le vesti femminili, sotto le quali appaiono cotte di maglia e spade sguainate.]

- Il fanciullo riportato in vita (Vita 28-AS18)

Rispetto alla stringatezza del racconto di Paolino, la saga aggiunge dettagli narrativi che rendono la scena dinamica, dando spessore ad un episodio che altrimenti sarebbe solo parte del lungo elenco di miracoli che costituiscono la testimonianza della santità del vescovo. Di seguito si procede ad un confronto dei testi, segnalando in corsivo quanto non è utilizzato della fonte da parte della saga, mentre le aggiunte autonome di quest’ultima vengono sottolineate.

Cuius mater valde religiosa, et plena fide ac timore Dei, ablato illo de superiore parte domus, ad inferiora descendit, ac in lecto Sacerdotis, ipso absente, composuit. Quem cum revertens Sacerdos in lectulo invenisset, erat enim illo in tempore extra domum positus, miseratus matrem et fidem ipsius contemplatus, Elisaeo similis supra corpus infantis se ipse composuit, atque orando meruit ut vivum redderet52 matri, quem

mortuum invenerat

en modir sveinsins kann illa dauda hans, hon hittir prest einn byskups ok rædir vid hann, hversu at hon skylldi med fara, qvez bidia mundu byskup, at hann gæfi lif syni hennar. Prestr leggr þat rad til, at hon skylldi leggia lik sveinsins i reckiu byskups, medan hann væri geinginn til nattsIngs, ok vita hvat hann tæki þa til, er hann kæmi aptr. Sva gerir hon, sem hann gaf rad til. Byskup kemr til reckiunnar ok ser lik sveinsins, bidr hann bæn sinni blidliga yfvir sveininum ok tekr a honum ok knyr hann sva sem til voknunar, ok segir þetta þrysvar: «Ris upp þu.» En vid þetta akall hans sez sveinninn upp heill ok lifandi, sva sem hann vaknadi or svefni.53

52 Ok tekr a honum ok kynr hann sva sem til voknunar, ok segir þetta þrysvar: “Ris upp þu. En við þetta

akall hans sez sveinninn upp heill ok lifandi, sva sem hann vaknadi or svefni.

53 [Quando la madre venne a sapere della tremenda dipartita del figlio, ella va da un prete del vescovo e discute di come agire, dice di chiedere l’aiuto del vescovo, perché egli desse al vita a suo figlio. Il prete le consiglia di sdraiare il corpo del bambino sul letto del vescovo mentre questi si fosse recato ai vespri e vedere a che lo toccasse una volta tornato. Così ella fa come egli le ha consigliato. Il vescovo va verso il letto e vede il corpo del bambino, prega per un po’ di tempo con devozione sul bambino, lo prende e lo scuote come per svegliarlo e gli dice per tre volte: “Alzati!”. A questo richiamo il bambino si alza, vivo ed in salute, così come si fosse svegliato da un sonno.]

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- Ambrogio e Teodosio (AS12-14)

Alla luce della già citata possibilità che la saga sia stata commissionata in modo da avere un exemplum che mettesse affermasse l’autorità del vescovo sulle pretese dei potenti, è risultato utile proporre tra gli esempi in analisi la serie di elaborazioni approntate dal compilatore per alcuni episodi che vedono protagonisti il Ambrogio e l’imperatore Teodosio.

Alla conclusione della funzione, nel corso della quale il vescovo aveva rimproverato pubblicamente l’imperatore a seguito dell’episodio di Callinico, Ambrogio e Teodosio si professano vicendevole fedeltà, in nome di una armoniosa cooperazione (AS12):

Cui Episcopus: Ergo ago fide tua. Respondit imperator: Age fide mea. Qua sponsione iterata, iam securus peregit Sacerdos divina mysteria

Il testo norreno ribalta completamente il contenuto di questa professione, con il risultato di affermare l’esplicita sottomissione dell’imperatore al volere del vescovo:

«Ok legdu nu a valld mitt» sagdi byskup til konungs. Hann svaradi þa: «Lat vera nu sem þu vill».

[«Ed inchinati ora alla mia autorità”, disse il vescovo al re. Egli disse allora: “Sia ora come tu vuoi».]

L’approvazione di un tale assunto viene confermata due volte da Teodosio (tysvar varð hann at jata hans umdœmi) e dall’acclamazione popolare, aggiunta, questa, del compilatore norreno (ok eru allir fegnir þeira sætt).

I passaggi dell’Historia Tripartita utilizzati come fonte di AS13-14 sono profondamente rielaborati dal punto di vista contenutistico e, conseguentemente, strutturale. In AS13 il testo norreno sottolinea continuamente la severità del vescovo nei confronti dell’imperatore all’indomani dei fatti di Tessalonica, espressa innanzitutto dalla esplicita minaccia di scomunica (nu fyrir þessa sök fyrurbyd ek þer kirkjugöngu). La penitenza comminata a Teodosio si accompagna a una penitenza la cui gravità è sottolineata più volte, prima di tutto con l’aggiunta della già citata “glossa” relativa ai termini della penitenza stessa (at fasta XI natta ok daga vid vatn ok braud, skalltu þessa stund hafa harklædi næst þer ok hvila a berri jördu ok sitja a golfi,

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richiamata in AS14 fatsa…vid vatn ok braud, skalltu þessa stund hafa harklædi næst þer ok hvila a berri jördu ok sitja a golfi), quindi con la specifica della presenza di una cella entro il palazzo (i kofa einn undir föstu ok skript) nella quale l’imperatore avrebbe trascorso il periodo di lontananza dal consorzio cristiano. In AS14, gli effetti di questa severità cambiano la disposizione dell’imperatore, come testimonia il suo discorso: rispetto al testo latino, laddove Teodosio continua a lamentare la sua sorte e l’impossibilità di sottostare alla penitenza, il personaggio della saga si dimostra più rassegnato, conscio della giustezza dell’operare di Ambrogio:

Konungr sagdi: «Hans bod skal ek hallda þo, þviat hann er öllum ydr merkiligri ok einn hardari ok helgari, ok þo at mer se þungbær, þa skal ek þo eigi þvi bregda, er hann baud.»

[Il re disse: «Eppure io sosterrò la sua prescrizione, perché egli è un uomo distinto, più severo e santo di tutti voi, e benché duro per me, ebbene io non disattenderò ciò che ha comandato».]

Tale atteggiamento è ancora più evidente se confrontato con quello di Rufino, rappresentante del partito avverso al vescovo, posizione che il testo norreno esplicita:

«Ofsamadr mikill er byskup sia, er hann vill fyrir sia, hvat konungr ma bera; nu mun ek fara ok skelfa hann til, at hann aptri ummælum sinum, ok get ek, at eigi se mikit fyrir þvi.»

[«Un grande arrogante è questo vescovo, che vuole vedere che cosa il re è disposto a sopportare; ora andrò da lui e lo spaventerò affinché ritratti la sua affermazione e farò in modo che non sia di gran peso per lui»].

La narrazione prosegue con la descrizione dell’incontro tra Rufino e Ambrogio, episodio costruito dal compilatore a partire dalla breve allusione di HET IX 30 (Cumque Rufinus verbis plurimis utereturet promitteret Ambrosium esse flectendum). Dopo il suo arrivo in chiesa (hann ferr til kirkju ok lætr byskup kalla útar ór kor, ok ganga þeir a einmæli), Rufino mette in discussione il diritto del vescovo di trattare l’imperatore come fosse un comune peccatore, arrivando a minacciare Ambrogio di fronte al suo rifiuto di cambiare linea di condotta. La sua arroganza si infrange quindi nella sententia lapidaria di Ambrogio e presente anche in HET, che chiude il discorso senza ulteriori giri di frase (höfþingjanum varð ecki á munni ok geck á brott):

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«Þu fær mer ecki meira gert en gelldingr einn, en ek skal þat standaz sem byskup.» [«Tu non mi persuadi che come un eunuco, ma qui devo sopportare da vescovo».]

La riconciliazione tra Ambrogio e Teodosio avviene infine in una atmosfera più conciliante e meno inflessibile rispetto a HET:

«Ja, ia, sagdi byskup, ek skal likna þer ok leggia annat til med þer, ef þu matt eigi þetta bera.

[«Sì, sì», disse il vescovo, «io avrò pietà di te e te ne imporrò un’altra, se tu non puoi sopportare questa».]

3.2.3 Impersonalità

Altra importante modifica al dettato del testo latino è la preferenza della cultura norrena verso l’anonimato della narrazione, così come evidente dall’intero patrimonio della sögur. La tavola che segue rende conto di tutte le sostituzioni con le quali il compilatore ovvia in modo sistematico all’ingresso della prima persona dell’autore all’interno della narrazione.

Vita Saga

de qua pauca de multis ponenda duxi AS16 er fyrir pví sagt, at…

sequeremur AS21 byskup ok hans menn

nos illum consolari niteremur AS24 ok er klerkar hans undruðuz þat.

nobiscum AS24 fyrir sínum mönnum

me et excipiente et vidente AS24 (eliminato)

sumus AS25 þeim er við vöru staddir

vigilavimus AS28

doceamus AS29

In AS29, accingendosi alla chiusura della narrazione, la saga rende infine debito a Paolino introducendone la figura in un episodio che non lo vede presente nel referente latino:

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Ok Paulinus fostri Ambrosius byskups, er sogu þessa hefir saman setta ok siðan var heilagr.

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Ambrósíuss saga biskups

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