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L’opera di Geoffrey di Monmouth (1095-1155), composta negli anni 1130-38, è il resoconto della storia della Britannia attraverso i suoi sovrani, dall’insediamento del troiano Bruto fino alla morte di Cadwaladr re del Galles, nel VII secolo. La narrazione ebbe larga circolazione in Europa, tanto che alcuni suoi episodi, notoriamente quelli legati alla figura di king Arthur, divennero il germe di una tradizione cavalleresca in pressoché ogni cultura letteraria del continente. Come introdotto nel Capitolo I, anche il mondo scandinavo fu attento lettore dell’opera di Geoffrey e da questi elaborò un proprio adattamento in quella tipologia narrativa che la critica ha etichettato con il temine di riddarasögur20. Oltre ai meriti letterari, l’Historia regum Britanniae fornì per prima alle case reali di Scandinavia il modello di legittimazione storica attraverso il concetto di translatio imperii21.

L’opera venne infatti presto tradotta in norreno e di essa la tradizione manoscritta testimonia l’esistenza di due versioni, differenti per lunghezza, che fanno capo a due codici del XIV secolo. La Brutus saga o Breta sögur è infatti conservata in una versione lunga, testimoniata dal codice AM 573 4to, (ff.24r-63v) e da una versione breve, AM 544 (ff.36r-59r), conservata in un codice composito chiamato Hausbók. In mancanza di una edizione sinottica dei due testi, uno studio recente ha dimostrato che le due versioni norrene cui i testimoni manoscritti fanno capo sarebbe il frutto di un diverso utilizzo di una e una sola traduzione dal latino22.

Come è stato segnalato nella griglia delle fonti, Ambrósíuss saga biskups 9 non è una traduzione da Paolino, ma fa parte di quel numero di inserti di carattere storiografico introdotti dal copista nel tessuto della sua traduzione. Infatti, nel racconto di Paolino (Vita 19; 21) Massimo è presentato solamente in occasione delle ambascerie compiute presso di lui da Ambrogio, nella prima delle quali il vescovo ha il compito di farsi consegnare il corpo dell’imperatore Graziano, che l’usurpatore aveva fatto assassinare. Nel tentativo di chiarire quanto sotteso da Paolino, il quale, come si visto sopra, non presentava nemmeno i termini dell’usurpazione né della morte di

20 Cfr. Kristjánsson (1997:332). Il carattere più storico che romanzesco di alcuni di questi testi (Rómverja

saga, Trójumanna saga, Breta sögur, Gyðinga saga e Alexanders saga) ha spinto alcuni critici a

raggruppare questi testi nella categoria a parte degli Antikenroman, cfr. Würt (2005:163-172) 21 Cfr. Rikharsdóttir (2017).

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Graziano, il copista trova materiale relativo l’ascesa di Massimo in Geoffrey, che alla figura dell’usurpatore dedica buona parte del libro V. In particolare, il compilatore sfrutta quel passo (HRB V, 11-12), relativo alla calata sul continente dell’usurpatore Magno Massimo dalla Britannia, all’assedio di Colonia e al relativo martirio di sant’Orsola e le undicimila vergini. L’episodio è scelto in virtù dell’esplicita menzione del dettaglio secondo il quale Graziano avrebbe assoldato i sovrani delle popolazioni di Unni e Pitti per contrastare Massimo. Visto il carattere infruttuoso dell’intervento di questi ultimi, il martirio di Orsola a Colonia per mano dei sovrani barbari viene mantenuto dalla Ambrósíuss saga come una sorta di cosa, in virtù della coerenza narrativa alla loro introduzione.

Da un primo confronto con il testo norreno delle Breta sögur, sono affiorati dei problemi tanto dal punto di vista linguistico che contenutistico. Per quanto generalmente il dettato della trasposizione sia simile nelle due versioni norrene, già Axelsdóttir (2005: 343-346) notava che, in relazione a quello della Historia regum Britanniae, la saga non presenta quegli errori di resa che sono invece presenti nelle Breta sögur, in particolare:

- la resa di rex con konungr in Ambrósíuss saga, con jarl in Breta sögur;

- la traduzione di Pictorum con Picta in Ambrósíuss saga, con frá Peitu in Breta sögur.

Questa resa differente23 avrebbe portato la studiosa a concludere che la Ambrósíuss saga si sarebbe servita del testo latino dell’opera di Geoffrey, conclusione che la presente analisi avvalora alla luce dello studio di una variante di tipo contenutistico di non poca importanza.

Per quanto infatti concerne l’episodio del martirio di sant’Orsola, si presenta di seguito un raffronto tra Breta sögur 24 e Historia regum Britanniae:

Þá rèð Kanoníus fyri Armonicaþessa stund. Díonótus rèð þá Bretlandi, hann átti eina fríða dóttur er Úrsúla hèt, hennar bað Kanóníus, ok var honum játtað hon; fór hon síðan suðr um sjó í Saxland með xj þúsundrað meyja, ok er þær komu í Kolni, þá var þar fyri Attila, konúngr Húnalands, með her mikinn, ok vildu þröngva þeim til samvistu við þá;

23 In entrambi i casi non parleremmo di errori (villur), ma piuttosto di due varianti interpretative del traduttore in relazione al contesto della vicenda. Nel primo caso il termine jarl può far riferimento alla funzione subordinata che i due sovrani sono chiamati a ricoprire alle dipendenze di Graziano, principale

konungr della situazione. La sostituzione della provenienza della popolazione rimane, sì, un errore de facto,

ma può essere giustificato come il referente più immediato all’esperienza del copista, di fronte ad ignoranza o incomprensione; ovvero al contesto continentale entro cui la vicenda si snoda, donde la lettura di una provenienza franca (Pictavia-Poitou) piuttosto che scozzese.

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en af því at þær voru kristnar, þá vildu þær eigi samþykkjast við heiðna menn. Þá lèt Attila konúngr hálshöggva þær alla, okeru þær kallaðar Kolnismeyjar.

Mentre in HRB 12:

Erat iste Dionotus totius regni custos, dum Maximianus aberat et principatum Britanniae sub eo regebat, dum Maximianus maioribus negotiis intenderet. Habebat ipse filiam mirae pulchritudinis, quam Conanus sibi in uxorem delegerat, cui nomen erat Ursula. Dionotus igitur, auditis Conani legationibus. paruit libens collectisque per diversas provincias filiabus nobilium numero undecim milia […].Periclitatae sunt ergo quaedam, in maiori parte submersae; sed quae periculum evaserunt, applicuerunt in barbaras insulas et ab ignota et nefanda gente sive trucidatae sive carceri sunt mancipatae. Inciderant siquidem in dirum exercitum Gwanii et Melgae, quorum Gwanius rex Hunnorum, Melga Pictorum rex fuerat, qui, mittente Gratiano, maritima Germaniae dira clade vexabant. Hi itaque, obviantes navigio praedictarum puellarum, rapuerant eas ad se, lascivire cum eis cupientes. Sed cum abhorrerent puellae eorum immundam dementiam, quaedam ab eis absque ulla pietate trucidatae sunt, quaedam ad externas nationes venumdatae […]. Praefati itaque tyranni, Gwanius et Melga, postquam grassati sunt pro voluntate sua super vulgus inerme, urbes et munitiones sibi subdentes, totam Britanniam suo dominio subiugaverunt.

Innanzitutto, l’entrata in scena dei sovrani barbari manca in Breta sögur di ogni apparente spiegazione, tralasciando il testo norreno di menzionare quanto esplicitato in Geoffrey, cioè l’alleanza tra questi e Graziano allo scopo di contrastare l’operato dell’usurpatore (mittente Gratiano). Inoltre, l’introduzione di Attila quale uccisore delle vergini a Colonia non solo risulta problematica a confronto con il contenuto della Ambrósíuss saga ed incoerente in relazione alle sue istanze metodologiche, ma appare un’aggiunta autonoma del testo norreno.

Il confronto dimostra che il compilatore sembra attingere proprio alla stesura latina dell’opera, adattando il materiale secondo la modalità solita di intervenento sull’ordinamento della materia, che è invece mantenuta pressoché invariata a livello contenutistico. L’unica anomalia sarebbe il dettaglio, assente in Geoffrey, della genealogia di Massimo, che è indicato quale figlio dell’imperatore Massimiano (hann var kominn fra Maximiano enum versta keisara). Il dettaglio non presenta tuttavia gli stessi problemi dell’introduzione di Attila, in quanto si tratterebbe di un ampliamento volto a perseguire, pur nella sua inaffidabilità storica, quel bisogno di chiarezza della saga che è stato fin qui più volte messo in luce.

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Ulteriore supporto a queste conclusioni verrebbe dalla cronologia del codice A, che, pur nel suo stato frammentario, presenta chiaramente l’episodio in questione. La datazione alta del codice permetterebbe di non escludere che la trasposizione del passo sia stata effettuata al momento della presenza in Islanda di quel testimone dell’Historia da cui sarebbero state tratte le successive traduzioni. A questo proposito, è interessante notare infine che in questa occasione il testo latino di Geoffrey sarebbe stato utilizzato da Gunnlaugr Leifsson per la sua traduzione della Propheatia Merlini, anche alla luce delle riflessioni già fatte riguardo il potenziale legame della Ambrósíuss saga con il monaco.