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1. Tradizione

La tradizione manoscritta della Ambrosius saga biskups consta di quattro testimoni, che coprono un arco di tempo che va dalla metà del XIII alla prima metà del secolo XVI1.

A) AM 655 4to XXVIIIa (1240-1300)

Codice pergamenaceo, conservato alla Arnamagnæanske Samling di Copenaghen. Del testo, composto nella seconda metà del XIII secolo (1240-1300), rimangono due frammenti: (1r-1v) Clements saga; (2r-2v) Ambrosius saga (rec]kja buin i lokhvilo nockuri… fylgð ef er).

B) AM 238 X fol. (1300-1350)

Codice pergamenaceo conservato alla Arnamagnæanske Samling di Copenaghen. Composto nella prima metà del XIV secolo, del testo non rimangono che due fogli manoscritti, scritti su due colonne: (f. 1) Ambrosius saga (þeira. hon verðr hrædd… ok diakn hans), (2ra-va) Mathias saga postola, (2vb) Gregorius saga. La provenienza del codice è ricavata da nota apposta sul foglio di guardia, dove Árni Magnússon afferma di averlo ottenuto da “Monsr Gudmundi Steinssyni, Skolameistara ä Holum 1721”.

C) Stock. Perg. Fol. 2 (1425-1445)

Codice pergamenaceo conservato alla Kungliga biblioteket di Stoccolma. Del codice, completato nella prima metà del XV secolo, sono conservati 86 fogli su un totale stimato di 110-112. Il manoscritto contiene ventisei vite di santi tra complete e frammentarie e rappresenta la più ampia raccolta agiografica del medioevo norreno.

D) Stock. Perg. Fol. 3 (ca. 1530-40)

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Il codice pergamenaceo è conservato alla Kungliga biblioteket di Stoccolma. Composto nella prima metà del XVI secolo, il testo, disposto su due colonne, è quasi del tutto completo: dei 168 fogli che lo componevano in origine, sono andati perduti alcuni fogli ad inizio e fine. Il codice, noto come Reykjahólabók, dal nome della proprietà del suo unico compilatore, Björn Þorleifsson: esso contiene venticinque agiografie, collezionate e tradotte in volgare, per la maggior parte da fonti basso tedesche2.

1.1 Note alla tradizione

I codici C e D presentano una serie di note marginali che coprono un arco di tempo che dal periodo della composizione giunge fino al XVII secolo, a dimostrazione di un interesse ancora vivo nei confronti della letteratura cattolica anche nel periodo successivo alla Riforma.

Per quanto riguarda la datazione del codice C, infatti, essa non fa fede solamente a valutazioni paleografiche, ma tiene conto proprio di alcuni marginalia, nei quali sono ravvisabili nomi di membri della famiglia del Skarðverjar del Breiðafjörður, non lontano dal monastero di Helgafell, nel nord-ovest dell’isola. Ai membri di questa famiglia possono essere ricondotti diciannove manoscritti, composti tra 1420 e 1560, tra i quali i tre più importanti testimoni di testi agiografici del Medioevo norreno. Primo di essi è il codice SÁM 1 fol., meglio noto come Skarðsbók o Codex Scardensis, dall’area di una chiesa (Skarð) del nord ovest dell’Islanda, alla quale fu donato dal suo possessore, il lögsmaður e hirðstjóri Ormur Snorrason (ca.1320-1402). Il codice, confezionato a partire da tre manoscritti più antichi, contiene un’ampia collezione di vite degli apostoli, nota come Postulasögur. Un nipote di Ormur Snorrason, Ormur Loptsson (ca.1407- 1446), è esplicitamente nominato tra le note marginali di Stock Perg. Fol. 2 (codice C) come uno dei tre suoi copisti. Sorellastra di quest’ultimo è Ólöf Loptsdóttir, che si sposa nel 1435 con Björn Þorleifsson, il cui omonimo nipote (†1548/54) è il responsabile della compilazione del Rykjahólabok (codice D).

Quest’ultimo codice, studiato recentemente da Kalinke3, rappresenta l’ultimo grande collettore di vite dei santi in lingua norrena: esso contiene una serie di vitae inedite in Islanda, che Björn si perita di tradurre dal basso-tedesco medio, collezionate insieme ad alcune agiografie che già erano state tradotte dal latino. Queste ultime sono con ogni probabilità note al copista tramite il familiare Stock Perg. Fol. 2, il cui materiale rielabora su due livelli. Innanzitutto egli opera un adattamento dei testi, che contenutisticamente vengono seguiti nell’ordine degli originali, alla luce di uno stile più elaborato, caratterizzato da un ampliamento sintattico e una ricercatezza lessicale maggiore

2 Kalinke (1996:49-50). 3 Kalinke (1996).

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rispetto a quello delle versioni più antiche. Secondo ordine di rielaborazione è costituito dall’introduzione di nuovo materiale, a lui probabilmente noto dai repositori di Skálholt e Viðey. Nonostante le informazioni riguardo la sua vita siano scarse, la documentazione che traccia i suoi spostamenti è sufficientemente dettaglia da permette di collocarlo nei pressi della diocesi intorno agli anni Venti del Cinquecento, impegnato a dare validità legale al matrimonio dei propri genitori, in modo da poter ereditarne le proprietà. Insieme ad offerte alla diocesi, egli si impegnava formalmente in una lettera datata 6 settembre 1524 a fare tutto quanto fosse in suo potere per supportare l’arcivescovado, anche, interpreta Kalinke, a livello intellettuale4. Per quanto concerne la parrocchia di Viðey, che doveva essere provvista di un buon numero di testi, il materiale potrebbe essere stato messo a disposizione di Björn da Ögmundur Palsson (1475- 1541), il quale non solo era con lui imparentato, ma a lui era stato d’aiuto nelle questioni di eredità una volta promosso dalla sua posizione di abate a Viðey al soglio vescovile di Skálholt, del quale sarebbe stato l’ultimo rappresentate (1521-1540).

Il panorama di produzione e il contenuto dei codici CD permette quindi di esemplificare quel già accennato passaggio di interesse nei confronti del materiale agiografico dei secoli XIII-XIV. Le prime agiografie, infatti, a cui potrebbero ricondursi le prime testimonianze frammentarie, devono essere state prodotti di centri di copia istituzionali e devono aver certamente risposto ad una domanda di tipo parrocchiale-monastica, interessata al contenuto piuttosto che alla forma5. Alla luce del contesto di copia e trasmissione, strettamente familiare, e del contenuto, certo religioso, ma non legato ad alcuna funzione celebrativa, Stock Perg. Fol. 2 testimonia un interesse del laicato per questa tipologia testuale6, che si fa ancora più evidente in Stock. Perg. Fol. 3, non solo per la nuova veste formale, ma anche per il contesto cronologico di produzione, che travalica il periodo cattolico della nazione.

2. Nota al testo

Il testo è conservato per intero dai codici C e D, mentre dei codici più antichi non rimangono che alcuni fogli. Il presente lavoro ha tenuto conto dei codici A, C e D, mentre per il contenuto di B

4 Kalinke (1996:32-33). 5 Óskarsdóttir (2017:191).

6 Nell’impossibilità di fare confronti contenutistici ampi con i codici AB, non è possibile valutare con certezza la cronologia delle aggiunte apportate nel testo della Ambrosius saga byskups a partire dalla Vita

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si sono seguite le indicazioni di Unger7, il quale segnala una coincidenza di contenuto per un porzione di testo indicata in C. Rimane tuttavia la volontà di verificare la portata di tale coincidenza soprattutto in virtù del dettato del testo, che già dalle indicazioni di incipit ed explicit sembra presentare scollamenti lievi, ma che si ritiene opportuno segnalare soprattutto in riguardo all’importanza data alla modifica del dettato nei termini di riscrittura.

L’analisi dei codici considerati ha permesso di delineare una sola versione del testo, che viene variato da ciascun testimone a livello principalmente stilistico, mentre il contenuto rimane sostanzialmente invariato, fatta eccezione per l’aggiunta di un breve episodio in D8. La maggior vicinanza stilistica dei frammenti AB con il dettato di C, che rappresenta inoltre il testo più antico e completo, giustifica la scelta di operare su quest’ultimo nell’identificazione delle fonti, nell’analisi della costruzione del testo e delle scelte traduttive. Il grado di elaborazione stilistica presentato da D, infatti, è sembrato costituire un ostacolo maggiore alla prospettiva di studio interculturale del presente lavoro, prestandosi eventualmente a una comparazione di tipo intra- culturale, in relazione ai cambiamenti nel dettato dal norreno della metà del XV (C) a quello della metà del XVI (D), cui data un fioritura e un gusto per l’amplificazione forse modellati sul latino barocco del continente.

7 Unger (1877: I, 28-51).

8 Si tratta di AS30 (Reykjahólabók II, p.88), che tratta della maledizione della casa del ricco romano, episodio contenuto in Legenda aurea LV 77 (pp.430-433).

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III