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conoscendoti desidera lavorare con te. In ogni caso penso che se credi veramente in quello che fai, sei disposto anche ad investire totalmente sull’idea, purché ti rappresenti e comunichi la tua visione. Questo indipendentemente da chiunque tu sia, più o meno noto. Credo che solo con questa visione “romantica” si possa mantenere nel tempo inalterata la qualità del progetto.
Quali sono i vostri prossimi progetti e che tipo di evoluzione vedete per il vostro lavoro e pi in gene- rale per la scena del design?
Partiamo dalla considerazione che il design, inteso in senso classico, è un lavoro vecchio (non un vecchio mestiere). Del design mi attira il gusto dell’invenzione, non la forma. Amo l’Idea. Se per Munari il bello è la conseguenza del giusto, per me il bello è la conseguenza di una bella idea. Il pensiero JoeVelluto dunque è più vicino all’arte e alla comunicazione ed è per questo che JVLT non è un designer in senso stretto ma un Adesigner; è solo una questione di una lettera: un progettista con qualcosa in meno, però con qualcosa in più (una lettera appunto).
La libertà intellettuale di questo momento ci ha permesso di fare un’analisi introspettiva, al punto di stendere un manifesto di progettazione, da me definito “Adesign”.
“Adesign” è la progettazione di oggetti a scopo “inutile” ai fini della mera funzione pratica, ma che fanno ragionare sull’altro lato della loro funzione, quella del senso. Questo metodo progettuale si è concretizzato in una mostra, dal titolo “UseLess is More”, dove sono stati progettati secondo il meto- do dell’Adesign 8 oggetti “dis-funzione”, parzialmente inutili.
Andrea aragno direttore creativo oe elluto icenza, Ottobre
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rtista, architetto, designer e ricercatore dal nella grande area dei sistemi di comunicazione. onda nel il gruppo di pittori segnici “Il Cenobio”. el 7 sviluppa la teoria del “Sistema disequilibrante”, un contributo originale al design radicale europeo. uno dei fondatori della lobal ools nel 7 . Invitato alla riennale di ilano nel 8 7 7 8 3 e alla iennale di Ve- nezia nel 7 78 8 . Vince il premio Compasso d oro nel 7 . rt Director della ma- nifestazione bitare il empo iera di Verona dal 8 al . onda l osservatorio della
Cultura alneare a Cattolica nel 8 . Organizza pi di mostre in Italia e all estero in gallerie e musei. Sue opere si trovano in molti musei d arte, di design e di arte applicata. Insegna nelle facolt di rchitettura, negli istituti d arte e nelle accademie di elle rti dal
. Ha diretto le riviste In, Inpi , ascicolo, rea, bitare con rte, rtigianato tra arte e design. esponsabile del settore design della rivista Domus dal 7 al 8 .
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ra le interviste del libro la tua dovrebbe essere per me una delle pi facili visto il rapporto di amici- zia e di stima. Al contrario mi trovo davvero in difficoltà nel dover riassumere in poche domande un percorso professionale che comprende più di mille mostre e altrettanti oggetti, film e documentari, direzioni di importanti riviste, tantissimi libri, progetti di architettura, performance e soprattutto un grande coinvolgimento di altri autori, cosa non comune nel panorama del design italiano. Provo a farti alcune domande in ordine cronologico partendo dalla Milano dei primi anni ’60 e dalle tue ricerche con Alberto Seassaro alla Facoltà di Architettura...
Nel 1957 avevo maturato le mie convinzioni e alla fine del lungo e faticoso percorso didattico dei cin- que anni di Liceo Scientifico decisi di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti. Ma mio padre, che aveva sempre sofferto di non aver potuto frequentare l’università e diventare dottore, impose a tutti i tre figli di perseguire l obiettivo della “ aurea”. Cos , tra pianti e disperazioni, cercai la strada meno lonta- na dalle mie aspirazioni e non fu troppo difficile capire
che l unica laurea possibile era quella in rchitettura. i piaceva disegnare, forse avrei almeno trovato l oc- casione di sviluppare questo mio interesse. i iscrissi nel 7- 8 alla acolt di rchitettura del Politecnico di Milano e fu così che in quegli anni incontrai tutti i figli dei grandi architetti (Belgiojoso, Banfi, Ponti, Albini, Gardel- la cosa ci facevo io in quell ambiente esclusivo dove i miei compagni erano o figli di architetti o di imprenditori? orse potevo coltivare la mia passione per il disegno Imparai cos a disegnare guardando come disegnavano i miei professori, copiando e ricopiando in poco tempo ero diventato bravissimo. i divertivo a disegnare come Canaletto, Steinberg, e Corbusier, cambiando il tratto, mettendomi alla prova cercavo di capire i miei limiti.
are lo studente di rchitettura era molto faticoso a alleviavo le fatiche vestendomi con un completo di vel- luto a coste come quello che odigliani portava nei pri- mi anni del a Parigi , disegnavo continuamente su
ogni superficie (i banchi del Poli erano pieni dei miei personaggi) e andavo spesso nel quartiere di rera. Cominciavo a frequentare il iamaica il bar degli artisti e gi nel facevo mostre con Castellani, anzoni, il gruppo del Cenobio, onalumi. a acolt di rchitettura nei primi anni ’60 come quasi tutta la cultura milanese era governata da ogers Casabella , ma io preferivo il mondo pi libero di io Ponti, la sua apertura verso la realt internazionale che dimostrava soprattutto attra- verso Domus. Ma ancor di più debbo dire che in quegli anni ero fortemente influenzato dal “segno” di
ontana e dal rutalismo di Vittoriano Viganò. el frattempo preparavo la tesi con lberto Seassaro, una proposta per “fare ricerca” all interno della acolt di rchitettura e che, guarda caso, si occupa- va dei rapporti tra arte e architettura erano i primi evidenti segnali anticipatori della lunga stagione in cui si sviluppò in tutta uropa il movimento dell rchitettura adicale.
Intanto era morto Piero anzoni e io cominciavo a frequentare sempre di pi anda Vigo mi ricor- dava fisionomicamente Milly, che era stata per alcuni anni la mia ragazza e compagna di università, tragicamente morta di tumore al fegato. Con Milly Cappellaro, Alberto Seassaro e Renzo Piano come studenti di rchitettura per alcuni anni sviluppai diverse ricerche tra cui quella sulle “cascine lombarde”, un’esplorazione all’interno di un mondo che conoscevo bene (fino ai tredici anni avevo vissuto a elegnano in un paese fatto soprattutto di cascine e cultura contadina . Durante i cinque lunghi e faticosi anni di universit frequentai lo studio di ardella ma soprattutto di Vittoriano Viganò. Seassaro (che veniva dal Liceo Artistico) subiva la mia influenza in quanto partecipavo attivamente al “mondo dell’arte”; Piano era più autonomo e solitario, passava le sue giornate in una stanza in affitto a costruire modellini tridimensionali di strutture modulari prefabbricate suo padre aveva un impresa di costruzioni a enova . Poi arrivò la laurea, da molti anni non si era pi visto un e lode io e Seassaro fummo baciati dal preside Dodi con complimenti e apprezzamenti per la nostra tesi che in modo spettacolare presentammo in una mostra: foto, disegni, pannelli, modellini: la “sinestesia tra le
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Con lberto Seassaro aprii uno studio e ci facemmo subito conoscere come una coppia di giovani architetti d avanguardia. Io portavo tutta la mia esperienza d artista pittore e lui una certa capacit di teorizzare le nostre esperienze. Poi l esperienza di coppia diventò, soprattutto per me, faticosa e decisi che avevo bisogno di vivere la mia stagione creativa in piena libert : cos nel 7 lasciai lo studio ben avviato con diversi soci oltre a Seassaro c era elgio oso, eretta, Stevan , lasciai la carriera universitaria, mi allontanai dalla acolt di rchitettura e mi separai da mia moglie.
Prima di “Abitare il Tempo” hai “Abitato le città”; partendo da una citazione del Movimento Situazio- nista della fine degli anni ’50 “Abitare è essere ovunque a casa propria”…
Posso dire che i miei anni ’60 furono segnati da una serie di esperienze che anticiparono di molto tutto il ovimento adicale europeo. Dalle prime teorie sulla “ inestesia tra le Arti” del , alla te- oria del “Sistema Disequilibrante” del ’ 7, le mie ricerche si collocavano al di fuori del sistema
artistico-architettonico che andava per la maggiore a ilano. ilano in architettura tutto ruotava intorno a Casabella e all’architettura neoliberty, Sottsass era un bravo designer che lavorava per l Olivetti, e quindi il mio lavoro era solitario. Solo verso la seconda met degli anni ’60 si affacciaro- no le prime esperienze, anche se diverse dalle mie, dei gruppi radicali fiorentini che non mi fecero sentire più tanto solo. I miei argomenti e i miei progetti erano lontani dalle utopie fiorentine, ma già marcatamente orientati al progetto, capace di svelare, decodificare, denunciare la realtà abitativa e urbana della nostra società di quegli anni. Fortemente influenzato dalla teoria internazionalista davo risposte reali oggetti, ambienti, interventi, performance su come poter rompere l equilibrio “ istema
disequilibrante” e le false certezze della societ di allora.
“Abitare è essere ovunque a casa propria”: con questo slogan cercavo sempre di rompere attraverso film, installazioni, ambienti) la barriera che esisteva e che ancora esiste tra spazio pubblico e spazio privato. Ho sempre avuto la convinzione che un essere umano garantisce la propria sopravvivenza attraverso la modificazione dell’ambiente in cui vive ed opera. Sulla base di questa considerazione per molti anni ho rivolto la mia attenzione a quell aspetto della realt in cui viviamo che viene comu-
196 l ruppo del enobio Da sinistra in piedi Agostino errari Angelo erga la gallerista ina aioli n basso Arturo ermi e go a Pietra n primo piano un’opera di Piero anzoni 1967
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Parliamo della tua partecipazione ai movimenti radicali tra Vienna e Firenze, delle diversità e di ciò che vi univa sino alla breve esperienza dei Global Tools…
Vorrei ricordare, a tutte quelle persone che si sono interessate al movimento di rchitettura adica- le, alcune cose che spesso non appaiono nelle recenti ricognizioni “storiche” sic sul movimento. Come prima cosa occorre fare una grande distinzione tra i movimenti fiorentini e simili della seconda met degli anni , tendenzialmente segnati da una forte componente utopica, e gli atteggiamenti progettuali che io fin dai primi anni ’60 ho sviluppato sotto la Teoria del “Sistema Disequilibrante”. ra quest ultima una teoria applicabile a qualsiasi scala di intervento che prevedeva progetti realistici che avevano la finalità di svelare la realtà profonda del nostro sistema culturale e sociale, rompere con gli equilibri acquisiti, non essere coerenti con la logica di una societ che andava rinnovata, e cos via. Quindi un atteggiamento che va senz’altro definito attivo, capace di rimuovere certezze e modelli di una societ da rinnovare. na posizione che trovava i riferimenti a livello europeo con l Internaziona- le Situazionista, gli Haus u er e la Cooperativa Himmelblau di Vienna.
ltra caratteristica che spesso viene dimenticata è che l rchitettura adicale venne giustamente de- finita come area disciplinare assimilabile all’architettura e non al design perché era di fatto costituita soprattutto da architetti e artisti che parlavano, progettavano, si muovevano alla scala urbana e poco avevano a che fare con il design, anche e soprattutto perché uno degli atteggiamenti più importanti dei radicali era il rifiuto della “società dei consumi” e quindi la “non partecipazione” alla crescita e proliferazione della progettazione-produzione di oggetti d uso.
uest ultimo atteggiamento caratterizzò anche il mio modo di lavorare di quegli anni: di fatto, pur avendo avuto molte offerte in proposito da parte di diverse aziende ricordo che agli inizi degli anni ’70 ero un giovane designer affermato, vedi la mia partecipazione alla Triennale e alla mostra “Italy. The New Domestic Landscape” a New York del 1972), rifiutavo di progettare per la produzione. Solo nel 1975 ci fu la prima ricognizione di ciò che verrà più avanti definito “Design Radicale”: la sola e unica mostra storicamente accertata “Gli abiti dell’Imperatore”. a mostra che organizzai alla alleria
lu di ilano era una rassegna che conteneva opere dei fondatori del movimento “ lobal ools” 73 ma anche dei cos detti “Post- adicali” come endini, e fu poi presentata alla alleria agre- ba di agabria e al useum oannemum di raz.
Altra cosa che molti non ricordano o non vogliono ricordare è che il movimento radicale, verso la fine degli anni ’60, si era sempre di più caratterizzato per il superamento del suo “specifico disciplinare”: l’architettura non era quindi da far coincidere con il “costruito”, architettura poteva essere un film, una foto, un disegno, una performance, proprio come negli stessi anni andava dicendo e facendo l arte che aveva anch’essa superato il suo specifico (la tela!).
on solo, ma l rchitettura adicale sempre negli stessi anni coltivava, proprio come l arte, la “con- cettualit ” a discapito della spettacolarit . Cos per la prima volta nella storia, per alcuni anni le due discipline si trovarono ad operare con gli stessi mezzi espressivi e con la stessa attitudine mentale. Di fatto basterebbe ricordare come tante mie opere (installazioni, montaggi grafo-fotografici, filmati) fu- rono per diversi anni presentate indifferentemente nel mondo dell arte e nel mondo dell architettura. proprio per questa ragione che nelle recenti mostre sull rchitettura adicale i curatori, incapaci di cogliere e presentare le innumerevoli opere concettuali, preferiscono, falsando tutto il movimento radicale, rifugiarsi dietro i disegni spettacolari di Superstudio o la poltrona di endini. rchitettura adicale, se sar un giorno storicizzata, si scoprir essere stata un movimento culturale “concettua- le” che come quasi tutta la cultura visiva del momento non dava nessuna concessione alla spetta- colarit . on a caso la lobal ools era composta da architetti e da artisti concettuali ranco Vaccari e uciano abro Il gruppo nacque anche grazie a tutto il lavoro di confronto e di collegamento di cui mi feci promotore all inizio degli anni 7 con la rivista In e con la rivista Inpi , due testate che proprio per la loro particolare impostazione (erano entrambe monografiche!) obbligavano i vari autori da me invitati a confrontarsi su argomenti scelti la citt , la comunicazione, la moda, etc. . Poi trovai il nostro
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sponsor, il gallerista Castelli di ilano, che ci diede l uso di alcuni locali in via rera e un budget men- sile di . lire. Con quei soldi realizzai due bollettini della lobal ools con il contributo di tutti i componenti. Questi soldi furono poi oggetto di discordia tra di noi: i fiorentini volevano utilizzarli come rimborso spese per le loro trasferte in occasione delle riunioni del ruppo. Io ero, e mi sento ancora, un rchitetto adicale per l attenzione che ho sempre avuto nei confronti dell ambiente urbano senza aver mai costruito nulla e per le operazioni non ultima quella di aver portato la cultura del progetto tra gli artigiani e le aziende del mobile classico che mi hanno portato a realizzare centinaia di oggetti mai di fatto entrati in pro- duzione
Tutto quello che hai fatto, soprattutto nella prima parte della tua carriera professionale, passa attraverso tue proposte ad enti, amministrazioni e aziende o hai seguito altri canali per concretiz- zare i tuoi progetti? Che idea hai dell’etica pro- fessionale, e dei giusti passi da percorrere per intraprendere un proprio percorso lavorativo?
Sarebbe troppo compli- cato tracciare il percorso relativo alla mia attivit professionale, bastereb- be pensare che ho iniziato facendo il pittore nel con un gruppo di artisti fondando il mio primo gruppo di tendenza, il ruppo del Cenobio, a cui poi seguirono tanti altri “movimenti” alla ricerca