a stagione felice dell architettura radicale, la fondazione degli Archizoom, la mostra sulla uperAr- chitettura a Pistoia. Al di là dei legami con l esperienza londinese di Coo , chi diede inizio realmente alla stagione del radicale in talia e quali erano i contatti tra i vari gruppi?
La nascita del fenomeno radical deve essere inquadrata nello scenario complessivo della prima crisi della modernità classica, dei grandi sistemi politici e dalla nascita di un nuovo “realismo-pop”; noi non eravamo utopisti, come molti credono, ma realisti rispetto alle utopie razionaliste. Dentro al mo- vimento radical c’erano molte anime conflittuali, contraddittorie e concorrenziali, ma il nostro gruppo
rchizoom, ndr aveva una leadership culturale indiscussa.
ultima fase del periodo radicale coincide con l esperienza dei lobal ools ai quali parteciparono autori che da apoli a ilano convergevano sull esigenza di innovazione culturale. Qual era il ruolo e la missione di quel laboratorio culturale?
La “Global Tools” è nata all’inizio degli anni ’70, quando il movimento radical ha cominciato a declina- re; la mia idea era quella di creare una rete di laboratori indiependenti che promuovessero “la crea- tivit pubblica” senza un vero anifesto di riferimento, ma dando forma a una sorta di contro-scuola anarchica che sviluppasse la complessit del mondo degli oggetti e dei comportamenti. Si trattava di una ipotesi “situazionista” molto simile ai programmi di Constant (a noi del tutto sconosciuto) ma che non ha avuto seguito, perch i tempi erano cambiati e ogni gruppo stava prendendo la sua strada. In realt il movimento radical, disperdendosi in tanti rivoli, si è espanso e durante gli anni 7 ha dato luogo al uovo Design Italiano, da cui è nata lchimia, emphis, Domus cadem , odo e ha effet- tivamente cambiato il D del design italiano.
a grande fuga da Firenze verso ilano che voi avete iniziato, ma che poi stata seguita da altri importanti esempi e ucchi, iovannoni, enturini e altri … Firenze troppo lontana dai movimenti
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Firenze, città anti-moderna, provinciale e anche reazionaria, è stata l’incubatrice ideale di un’“idea alternativa di modernità”, ma non ha mai offerto le possibilità di sopravvivere a quegli stessi prota- gonisti. Chi è rimasto a Firenze soffre (credo) di questa marginalità. La Milano del design invece ha avuto “con l’arrivo dei fiorentini” la possibilità di iniziare una nuova fase di crescita. I vantaggi dunque non sono stati soltanto per gli esuli fiorentini, ma per Milano stessa…
Pu raccontarmi come avvenne il suo inserimento nel dibattito milanese, chi furono i suoi punti di riferimento sino alla fondazione del C e all esperienza di Alchimia?
Per quanto mi riguarda i primi punti di riferimento a Milano sono stati Ettore Sottsass, la Casabella di Mendini, la Triennale, ma in generale gran parte dell’ambiente del design milanese era interessato a questa generazione molto vitale. La nostra partecipazione alla mostra “Italy: new domestic landsca- pe” del 7 a . . dimostra che esisteva una sorta di continuit con le idee di unari o di Casti- glioni. I veri nemici sono emersi dopo, con il vetero-razionalismo di aldonado o il post-moderno alla
Portoghesi. Ma sono scomparsi presto…
i piacerebbe molto che mi parlasse appunto del suo rapporto con Alessandro endini ed ttore ottsass, che nasce credo all interno del movimento radicale e prosegue attraversando le esperienze culturali pi importanti della storia del nostro design Alchimia, emphis quali le differenze e quali i punti di maggiore affinità ideologica?
Si tratta di due storie molto diverse ho incontrato Sottsass insieme agli rchizoom nel 7 alla Poltronova e con lui abbiamo subito stabilito una intensa amicizia e una allenza strategica che ha costituito una della basi su cui il movimento radical ha preso forma; in realtà Ettore non è mai stato un vero radical, non aveva le nostre radici politiche, era un grande professionista e un grande intellet-
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tuale, da cui ho imparato molto, ma a cui credo di avere anche insegnato molto, come succede nelle vere amicizie. Ci ha insegnato a essere meno provinciali e a conoscere altri mondi, come l merica, il iappone, l India territori e culture che erano rimaste escluse dal ovimento oderno.
Alessandro Mendini è entrato molto più tardi nel pianeta radical, ormai in declino, quando noi ci siamo trasferiti a Milano nel 1973; allora dirigeva Casabella che fino a quel momento era una rivista professionale, prestigiosa ma del tutto estranea ai temi delle avanguardie l incontro con gli esuli del movimento e con le nuove tendenze sono state importanti per dare una svolta alla rivista, che da allora è diventata una pubblicazione militante che ha dato un grande contributo alla diffusione di una
nuova cultura del progetto. lessandro è poi diventato direttore di Domus e poi di odo ed è stato (insieme a Alessandro Guerriero) l’anima di Alchimia. Dunque si è formato in quegli anni una sorta di “pacchetto di mischia” costituito da molti protagonisti, non soltanto italiani, che hanno rinnovato l’immagine e la filosofia del design.
l suo rapporto ripetuto e instancabile con la didattica e con i giovani. esperienza della omus Academ di cui stato fondatore e direttore. C un limite disciplinare tra architettura e design che porta alla necessità di una specializzazione o sarebbe favorevole ad un triennio iniziale comune alle due discipline?
La storia del design, già nel XX secolo, è una storia fatta di “scuole” (dal Bauhaus a Ulm alla Domus Academy etc.). Tra architettura e design non c’è soltanto una differenza professionale, ma una pro- fonda differenza filosofica, di visione del mondo costruito e della storia.
Sono quindi assolutamente contrario a considerare il design una “specializzazione” dell’architettura, ma piuttosto una sua “alternativa”. L’idea di un triennio comune mi sembra una idea nefasta, priva di fondamento logico, che nasce dal non aver capito la differenza profonda che esiste tra queste due culture.
i pu parlare del suo approccio al progetto e delle contaminazioni presenti nei suoi progetti, tra materiali nobili e poveri, tra tecnica ed estetica, tra materiali base e alta tecnologia…
Questo modo di usare materiali e tecnologie diverse corrisponde alla realtà del mondo contempora- neo, dove non esiste più nessuna reale differenza tra queste categorie, ma una grande complessità di logiche e di progetti, che si contaminano a vicenda.
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esigenza di diversità tra globalizzazione e culture locali. Qual la sua visione in prospettiva del- l’artigianato tradizionale, quali le possibili evoluzioni nel rispetto di una specificità dei luoghi e delle tradizioni materiali?
Personalmente non sono mai stato interessato alle così dette “culture locali” se intese come “stili locali”. Ogni cultura, se è tale, tende a un valore universale e non alla semplice difesa di un territorio le minoranze etniche sono importanti quando riescono a elaborare una “visione del mondo”, quando cioè sono testimonianze di una civilt , di un sistema antropologico complesso. artigianato, come semplice categoria del “fatto a mano”, non ha molto significato; è importante capire cosa si può fare con quelle tecniche e quei materiali. L’artigianato può rappresentare la cultura più evoluta, ma può essere la testimonianza di una cultura reazionaria; dipende…
Quanto i termini industriale e seriale sono elementi connotativi del concetto di design?
Dal mio punto di vista la definizione di “industrial design” è sbagliata e anche dannosa, perché si basa sull idea che con la ivoluzione Industriale è nata una civilt oggettuale del tutto nuova, che non aveva più nessun rapporto con le radici antropologiche della storia antica. Il danno è stato duplice perch la storia, separata dall attualit , è risultata priva di senso e l attualit separata dal passato risulta incomprensibile.
Nel nuovo Design Museum della Triennale abbiamo impostato la prima mostra tematica dimostrando il persistere di categorie culturali e non stili presenti nell attuale Design Italiano, che hanno origini anche molto antiche; come l’animismo che attribuisce un’“anima” agli oggetti, o la ricerca paleo- cristiana di “semplicità” (non razionalità) che da Giotto arriva a Pasolini, a Ermanno Olmi o a Enzo
ari.
Lei ha definito l’artigianato un possibile laboratorio di ricerca per l’industria. Lì dove l’industria tende sempre pi a de-localizzare la produzione, spetterà all artigianato assumere un nuovo ruolo primario quale referente di una nuova generazione di progettisti?
e nuove generazioni di progettisti non nascono in rapporto alla presenza dell artigianato, ma al mu- tare della sensibilit , della creativit e anche della visione del mondo. artigianato è una delle tante pratiche produttive che convivono nel mondo post-industriale e globalizzato. Oggi ciò che si chiama “artigianato” è il settore dove c’è il più alto indice d’uso di tecnologie avanzate.
e proteste del mondo della formazione che uniscono in questi giorni buona parte del nostro paese hanno messo a nudo, per chi ancora non se ne fosse reso conto, lo stato della ricerca nelle nostre università. ei ha sempre sostenuto la necessità di innovazione, non solo formale come stata sto- ricamente quella italiana, bensì legata alla tecnologia e alla sperimentazione sui materiali che possa essere complementare alla nostra cultura del progetto. A suo parere, in questa fase di grande diffu- sione della didattica legata al disegno industriale, stiamo perdendo una grande occasione?
Il design è un sistema molto complesso, che in Italia si alimenta di molte fonti di energia; fino a oggi i governi non ne hanno capito il valore strategico e devo dire che anche l industria spesso lo ha in- terpretato come una semplice funzione aziendale. In questo senso il design non sempre è il risultato di una ricerca programmata o degli investimenti statali per le niversit del progetto, ma spesso è il risultato di una energia politica autonoma che opera spontaneamente, constatando la bruttezza del mondo e cercando di migliorarlo a partire dalle piccole dimensioni.
Andrea ranzi
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rchitetto e designer, nasce a Schio Vicenza nel . el 77 si trasferisce a ilano per lavorare con ttore Sottsass, di cui diventa socio nel 8 . el 8 nasce la collezione emphis di cui Cibic è uno dei designer e fondatori.
el 8 decide di cominciare il suo percorso fondando lo studio Cibic Partners e dando via all attivit di ricerca con le scuole.Oggi le attivit principali si svolgono a ilano, con Cibic Partners per i progetti di architettura e i grandi interni, e a Vicenza con Cibic or shop per il design e l attivit di ricerca, rivolta allo sviluppo di nuove tipologie progettuali. Svolge inoltre attivit di insegnamento alla Domus cadem , al Corso di aurea in Disegno Industriale della acolt di rchitettura del Politecnico di ilano e al Corso di aurea in Dise-
gno Industriale della acolt di Design dell Istituto niversitario di rchitettura di Venezia. Professore Onorario alla ong i niversit di Shanghai.
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1983
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a vita fatta di episodi e di incontri che talvolta si trasformano in occasioni. Puoi raccontarmi ancora una volta come avviene il tuo incontro con ttore ottsass?
ventidue anni casualmente, tramite mio fratello e mia cognata, conobbi la nipote di arbara adice che abitava nello stesso palazzo della zia. razie a lei riuscii ad avere un appuntamento per cono- scere ttore e arbara. n mese dopo, nel 77,cominciavo a lavorare da Sottsass.
Con quale formazione arrivavi a quell incontro?
u sai che sono un autodidatta. Dopo il iceo ho frequentato l Istituto Politecnico di Design, un isti- tuto privato dove insegnavano unari, ari e arcolli. Contemporaneamente avevo cominciato a lavorare a Vicenza in un negozio d arredamento che si chiamava anaro e che era a quei tempi uno dei pi bei negozi d Italia con marchi prestigiosi come noll, rtemide, Cassina, Herman iller, etc. Il proprietario era uno dei primi imprenditori illuminati, pioniere del design contemporaneo in Italia che, insieme al marito della De Padova, negli anni si recava in Danimarca per comprare il design scandinavo. Attorno a questo negozio transitavano personaggi come Carlo Scarpa, suo figlio Tobia, Vistosi, Gismondi, la De Padova e tanti altri. Era un rivenditore ma anche un progettista sofisticato. Dopo questa esperienza cominciai per qualche anno una mia attivit , aprendo uno studio a Vicenza e occupandomi prevalentemente di arredamento la mia esperienza sul design nasce lavorando accanto ad ttore.
orniamo alla tua esperienza nello studio di via anzoni...
ell aprile dell 8 fondammo la Sottsass ssociati. Sottsass, credo unico nella storia del design, fon- dò una societ con dei giovani scapestrati facendoci
tutti soci alla pari. Oltre a me c erano arco anini, atteo hun e arco arabelli ichele De ucchi aveva un proprio studio nei nostri stessi locali ed è stato per anni il mio fratello maggiore al quale devo tantissimo. arco anini e atteo hun avevano una formazione comune fiorentina con Remo Butti e dolfo atalini, io ero l autodidatta capitato l per caso.
ttore prima di allora lavorava all Olivetti e paral- lelamente aveva un suo studio privato. Il primo ad arrivare fu Marco Zanini. Lui era un po’ il figlio di ttore, con cui aveva intrapreso una corrisponden- za epistolare g dagli anni dell universit , poi sia- mo arrivati io e atteo. n anno dopo si fondava
emphis con il supporto di rnesto ismondi, pro- prietario dell rtemide, di ario e runella odani, galleristi, di enzo rugola, che si occupava della falegnameria, e di Cesati, che sino ad allora si era occupato della carpenteria dell rtemide. Oltre a noi dello studio parteciparono al progetto emphis, n- drea ranzi, ichele De ucchi, eorge So den,
athalie Du Pasquier e artine edin. quel punto Sottsass ssociati e emphis erano due avventu- re che marciavano parallelamente. emphis era un attivit che occupava le serate a casa di ttore e c era sempre un atmosfera di grande trasporto e intensit . idea di Sottsass era un po una reazio- ne all orientamento che aveva preso in quella fase
lchimia di endini, pi concettuale rispetto al suo di intendere il design. ttore ha fatto emphis per continuare quello che avrebbe fatto con lchimia.
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Come si sviluppava il lavoro di ottsass Associati?
bbiamo cominciato dai lavori pi modesti. i ricordo che c era stato un momento in cui doveva ve- nire a ilano ichael raves e l unico lavoro che potevamo mostrargli erano i frollini per la Parmalat. ra i primi lavori che ho seguito ci furono i mobili di ttore e ranzi per la Croff e quelli di ttore per lchimia, poi a seguire sono arrivate le macchine utensili per andelli, i negozi per iorucci, i primi lavori di grafica (avevamo fatto la grafica per il Domus di Mendini), gli allestimenti. Pian piano sono arrivati lavori sempre pi importanti come ad esempio quelli per sprit, con cui abbiamo fatto negozi e sho -room in tutto il mondo. Il regalo pi bello che ci ha fatto Sottsass in quegli anni è stato quello di farci capire che il progetto è tutto e può spaziare dalla grafica all’architettura, al design e che quello che è importante è l approccio culturale alle diverse discipline.
orno indietro a un particolare. Come funzionava l aspetto economico nella prima fase, avevate su- bito delle prospettive di guadagno?
on esattamente, tanto che all inizio io lavoravo met tempo a ilano e met a Vicenza, a Vicenza guadagnavo e a Milano lavoravo più o meno gratis. Alla fine del ’79 ricordo che feci un viaggio con atteo hun in merica. atteo, che era un po pi sveglio di me, mi portò a visitare diversi studi di architetti e designer americani, e rimasi molto colpito dalla qualit dei lavori e dall energia che si per- cepiva. l ritorno decisi che avrei abbandonato Vicenza, ancora non sapevo che da l a breve avrem- mo fondato la societ , ma decisi ugualmente di puntare tutto sul lavoro a ilano. In realt siamo stati noi a occuparci del business, ttore era una persona eccezionale e non si occupava minimamente dell aspetto economico, i contatti erano quasi sempre suoi e lo studio lo mandavamo avanti noi.
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Parliamo della formazione del tuo linguaggio e del tuo distacco da ottsass...
Io di fatto non ero un cultore del segno, ho sempre cercato una maggiore armonia tra le cose e non ho mai avuto un atteggiamento radicale. Secondo me il motivo per cui ttore per dieci anni dopo il mio distacco non volle pi saperne di me, era dovuto in gran parte al fatto che avevo cominciato a fare delle cose che erano quasi all opposto del modo in cui lui intendeva il design. Se agli inizi di emphis ci si era trovati tutti pi o meno con un linguaggio comune, con il passare del tempo ognuno da questo periodo ne usciva in modo diverso. Io avevo cominciato un operazione che si chiamava
tandard e che era di fatto una dichiarazione sul rapporto tra il progetto e la vita che il progetto gene-
rava, sulla qualit della vita di tutti i giorni, sulle relazioni e le contaminazioni tra gli oggetti, un este- tica della quotidianità che era in totale contrapposizione con l’iconografia iconoclasta dei progetti di Sottsass. a mia era pi una ricerca sulla gioia della funzione, sulla forza della semplicit , sul cercare