CASISTICA DELL’AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CAREGGI RELATIVA AL PERIODO 2010-
4.1 ANALISI DEI DAT
Dal 1 Gennaio 2010 al 31 Dicembre 2015 sono giunte alla U.O. Medicina Legale della AOUC 55 richieste di risarcimento da parte di pazienti o dei loro supersititi (generalmente tramite il proprio avvocato) che lamentavano l’insorgenza di un processo infettivo conseguito al ricovero presso la nostra struttura.
Di seguito una tabella in cui si riportano i vari reparti coinvolti ed il numero rispettivo delle richieste di risarcimento.
Dalla tabella soprastante emerge una netta rilevanza di casi di infezioni nosocomiali nei reparti ortopedici (17 casi) e di Chirurgia Generale (12 casi); a seguire la Ginecologia con 5 richieste di risarcimento, la Neurochirurgia con 4 richieste, la Cardiochirurgia con 3
REPARTI COINVOLTI NUMERO DI CASI
ORTOPEDIA 17 CHIRURGIA GENERALE 12 GINECOLOGIA 5 NEUROCHIRURGIA 4 CARDIOCHIRURGIA 3 MEDICINA INTERNA 2 UROLOGIA 2 CHIRURGIA TORACICA 2 CHIRURGIA VASCOLARE 1
casi, la Medicina Interna, l’Urologia e la Chirurgia Toracica con due casi, la Chirurgia Vascolare con una richiesta di risarcimento. Si segnala inoltre che sette richieste di risarcimento hanno riguardato infezioni contratte in altri nosocomi. Nella tabella seguente vengono inseriti invece i casi di infezioni nosocomiali risarcite (22), suddivisi per reparti.
Di seguito una tabella in cui vengono riportati i microrganismi responsabili delle infezioni nosocomiali nei vari reparti.
ORTOPEDIA 13
CHIRURGIA GENERALE 4
GINECOLOGIA 3
CHIRURGIA TORACICA 1
MEDICINA INTERNA 1
MICRORGANISMO NUMERO DI CASI
ORTOPEDIA 13 TOTALI (due dei quali con infezione doppia)
Staphilococcus Epidermidis 4
Staphilococcus Aureus 3
Streptococco Alpha Emolitico 2
Corynebacterium Spp 2
Clostridium difficile 1
Enterococcus Faecium 1
Mycobacterium Scabiae 1
Colture non effettuate 1
CHIRURGIA GENERALE 4 TOTALI (uno dei quali con infezione doppia)
Staphilococcus Aureus 2
Pseudomonas Aeruginosa 1
Acinetobacter Baumanii 1
Colture non effettuate 1
GINECOLOGIA 3 TOTALI
Dalla tabella soprastante emerge come i patogeni a più alta incidenza tra i casi di infezioni nosocomiali riconosciute siano gli Staphilococchi Epidermidis ed Aureus, nonché il Corynebacterium Spp.
Si ritiene inoltre da segnalare che l’infezione da HCV contratta nel corso di un ricovero per neoplasia polmonare - durante quale il paziente è stato sottoposto, quali procedure “a rischio”, ad intervento di exeresi chirurgica e a procedura broncoscopia - non è stata liquidata in sede aziendale (dunque da parte del Comitato Gestione Sinistri) ma a seguito di una C.T.U. di I grado ove la A.O.U. Careggi è stata condannata per il mancato monitoraggio durante la procedura della disinfezione del broncoscopio.
A proposito di questo particolare caso si segnala che dalle Linee Guida (redatte dalla Associazione italiana Pneumologi Ospedalieri e Associazione Nazionale Operatori tecniche Endoscopiche) in materia la disinfezione del broncoscopio è possibile effettuarla sia a mezzo di macchina lavaendoscopi che manualmente. Nel primo caso viene usato un particolare tipo di lavatrice (ETD2) di cui molti modelli in commercio, diversamente dalla autoclave, non emettono alcun documento atto a provare l’avvenuta procedura di disinfezione; nel secondo si disinfetta lo strumento a mezzo di immersione in Gluteraldeide (per 30’ - 60’) o Acido Peracetico (per 10’) tra un esame e l’altro, mentre per la sterilizzazione completa lo strumento viene immerso per 10 ore in Gluteraldeide. La finalità di tale precisazione discende dalla necessità di mettere in evidenza come in entrambi i casi la mancata emissione di qualunque forma di documentazione atta a
Staphilococcus Epidermidis 1
Colture non complete 1
MEDICINA INTERNA 1 TOTALE (con infezione doppia)
Legionella Pneumophila 1
Enterobaceter Cloacae 1
CHIRURGIA TORACICA 1 TOTALE
comprovare la corretta esecuzione della procedura, abbia poi comportato la soccombenza (alla luce dell’orientamento giuridico e giurisprudenziale precedentemente esposto) in sede di causa. A seguito di tale evento è stato disposto che il dispositivo in uso alla AOUC predisposto alla sterilizzazione degli strumenti endoscopici emetta, dopo ogni procedura, una attestazione scritta (a tipo “scontrino”) a comprovarne l’avvenuta esecuzione.
Per quanto riguarda il modulo di consenso informato si segnala che è risultato presente in tutte le cartelle cliniche relative a ricoveri nel corso dei quali sono state messe in atto procedure invasive, con l’eccezione di un caso avvenuto nel 2007 (affrontato in sede di Comitato Gestione Sinistri nel 2010) di sepsi su medicazione chirurgica resa necessaria per il trattamento di un decubito calcaneare destro. Si segnala tuttavia che, con l’eccezione del consenso informato cardiochirurgico, i moduli di consenso esaminati abbiano meramente fatto riferimento al rischio infettivo senza quantificarne con precisione i rischi o spiegare con precisione la problematica della possibile insorgenza di infezione in ambito ospedaliero.
Relativamente ai casi di infezioni nosocomiali riconosciute si ritiene inoltre di precisare che il danno biologico riconosciuto è oscillato tra un minimo del 2% in una paziente sottoposta ad exeresi di un papilloma intraduttale del capezzolo destro complicata da processo infettivo di cui non si conosce il patogeno (colture non effettuate) ad un massimo del 25% valutato per una paziente che a seguito di taglio cesareo ha riportato peritonite infettiva da S. Aureo meticillino-resistente complicatasi poi in shock settico (si precisa che la quantificazione discende inoltre dalla procedura di isterectomia d’urgenza cui è stata sottoposta la paziente a seguito di breccia chirurgica uterina riportata nel corso del cesareo stesso). La valutazione media è risultata del 9,6%.Vi è stato inoltre un caso mortale (ricanalizzazione intestinale post colectomia effettuata per il trattamento di diverticolite, complicata da deiscenza infettiva dell’anastomosi, peritonite e poi sepsi da Pseudomonas Aeruginosa ed Acinetobacter Baumani) liquidato come perdita di chance di sopravvivenza in misura del 50%.
Il quantum monetario del risarcimento, comprensivo non solo della quantificazione del danno biologico ma anche del periodo di inabilità temporanea e del danno emergente, a fronte di un importo medio di 70282,87 euro, ha trovato un minimo di 6852 euro (relativi al caso sopracitato liquidato in misura del 2%) ed un massimo di 250000 euro per il caso del decesso post ricanalizzazione intestinale. Relativamente all’andamento delle richieste di risarcimento e dei casi riconosciuti, nel corso degli anni si è osservato quanto di seguito schematizzato in tabella.
Ad abundantiam si riporta infine il numero delle richieste di risarcimento per infezioni nosocomiali alla AOU Careggi suddivise per l’anno in cui sono pervenute.
Epoca del fatto Richieste di risarcimento Casi di IO riconosciuti % Riconoscimento 2005 1 1 100% 2006 2 0 0% 2007 9 4 44% 2008 8 3 37% 2009 10 4 40% 2010 6 3 50% 2011 7 3 42% 2012 5 2 40% 2013 3 1 33% 2014 2 0 0% 2015 2 1 50%
Anno della richiesta Numero di richieste
2010 4 2011 13 2012 12 2013 10 2014 9 2015 7
CONCLUSIONI
Le IO costituiscono una grande sfida per i sistemi di sanità pubblica; in base ai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in Europa, ogni anno, sono 4,1 milioni i pazienti che contraggono una infezione in ospedale e la stima del Centro Europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ecdc) sale fino a 4,5 milioni di casi, se si considera che i pazienti possono essere colpiti anche da più di una infezione durante lo stesso ricovero. In conseguenza di ciò sono 16 milioni i giorni di ulteriore degenza in ospedale, 37.000 i decessi e 7 miliardi di Euro i costi all’anno.
Un fenomeno sempre più preoccupante anche in Italia, dove le infezioni nosocomiali sono tra le 450.000 e le 700.000 l’anno; l’allarme riguarda in particolare i “super-batteri” resistenti agli antibiotici, responsabili del 16% circa delle IO sempre alla luce dei dati della Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nonostante l’elevato impatto, sia sociale che economico, dovuto alle IO, i sistemi di sorveglianza e controllo e le azioni per ridurne gli effetti sono invece ancora piuttosto disomogenei da paese a paese, come pure a livello nazionale, anche se negli ultimi anni sono stati messi a punto ed implementati numerosi programmi. Gli studi effettuati indicano che è possibile prevenire il 30% delle IO, con conseguente abbassamento dei costi e miglioramento del servizio sanitario.
La responsabilità del medico in materia di IO ricalca molto bene l’attuale orientamento giurisprudenziale che - in ambito civile - sta introducendo elementi di responsabilità oggettiva superando, di fatto, la vecchia distinzione giuridica tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultato, con conseguente inversione dell’onere probatorio e svilimento dell’accertamento del nesso di causa.
Soprattutto quest’ultimo aspetto assume nel nostro caso particolare rilievo perché, come dimostrato dall’analisi della giurisprudenza precedentemente riportata, l’accertamento del nesso causale riveste un ruolo del tutto marginale, addirittura ben lontano dal criterio ormai condiviso del “più probabile che non” e molto più vicino al concetto di
“responsabilità oggettiva”. Tale tendenza è particolarmente preoccupante poiché favorisce il dilagare di risarcimenti elevati, senza un accertamento effettivo e concreto del presupposto della condotta colposa da parte dei sanitari e della struttura.
L’eccessiva tutela del soggetto considerato più debole, ovvero il paziente, ha spinto la magistratura a introdurre sistemi di “overcompensation”, che da un lato stanno favorendo il diffondersi della medicina difensiva e dall’altro la crisi del mercato assicurativo.
D’altro canto, l’approccio alla responsabilità medica appare sempre più rivolto, con “animus adiuvandi” (talvolta espressamente dichiarato) nei confronti dell’istante (la parte lesa), ad una “buona disposizione” che finisce con l’alimentare le richieste risarcitorie. E ciò non tenendo in considerazione il fatto che, talvolta, gli eventi avversi che si verificano in sanità possono non essere riconducibili alla categoria dell’errore, esistendo in medicina circostanze impreviste ed imprevedibili, come anche il naturale decorso della patologia. Tuttavia, questo contesto favorisce sempre più atteggiamenti di medicina difensiva, volti non più ad assicurare il “bene-salute” del paziente, quanto piuttosto a tutelare l’operato del medico. Quest’ultimo, infatti, pur di evitare la possibilità di un contenzioso medico- legale, adotta o evita determinate misure e decisioni diagnostiche e/o terapeutiche attuando, rispettivamente, una medicina difensiva “positiva” (assurance behaviour) oppure “negativa” (avoidance behaviour).
Tale fenomeno cagiona ricadute economiche gravi, considerando che è stato stimato incidente per oltre il 10% sulla spesa sanitaria alla luce di quanto rilevato dall’Istituto Superiore di Sanità.
In alcuni paesi dell’Unione Europea, come la Francia, si è giunti ad una soluzione del problema mediante il sistema del “no fault” per la gestione dell’errore medico, secondo il quale non sono i sanitari ma è la struttura ad assumere la responsabilità diretta dell’errore, il cui accertamento è a carico del paziente.
Nello scenario italiano, invece, non sono state introdotte forme di “assicurazione sociale” di tipo obbligatorio per le strutture pubbliche, per ridurre il carico di responsabilità nei confronti del sanitario.
Sarebbe, quindi, auspicabile anche in Italia l’utilizzo di nuovi strumenti legislativi ispirati all’esperienza europea: non solo la definizione di nuovi e rigidi principi in tema di formazione dell’albo dei consulenti tecnici ma anche mezzi deflattivi del contenzioso. Purtroppo, la mediazione/conciliazione nel nostro paese si è dimostrata fallimentare e ancora è troppo presto per valutare gli effetti della recente legge Balduzzi.
Servirebbero, inoltre, nuovi strumenti culturali per leggere ed interpretare una realtà complessa come quella sanitaria: ottenere il riconoscimento dell’innegabile peculiarità della professione medica (per la sua specificità nonché per il suo interesse sociale), accanto a nuove forme di tutela legale ed assicurativa alla luce del contesto di sempre crescenti istanze risarcitorie in cui la professione medica stessa oggi si realizza.
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