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Analisi dei dati

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 146-151)

4)  la  rappresentazione  sociale  del  Diritto  d’Asilo,  costituita  da  temi  (macro‐

4.3  La metodologia

4.3.6  Analisi dei dati

3) La consultazione sociale svolta dai 2 operatori dell’area sociale: N. 6 colloqui. I  colloqui  di  consultazione  comprendono:  colloqui  conoscitivi  con  l’utente,  per  raccogliere informazioni circa il suo percorso migratorio; colloqui di inquadramento  delle  sue  esperienze  lavorative  e/o  del  suo  percorso  scolastico  e  formativo  nel  Paese  di  origine;  colloqui  per  raccogliere  le  sue  aspettative  in  merito  al  progetto; 

colloqui  volti  a  stilare  il  cosiddetto  “progetto  individualizzato”,  entro  cui  vengono  decisi,  insieme  agli  operatori,  i  possibili  obiettivi  da  raggiungere  nei  6  mesi  (o  1  anno) del progetto di accoglienza, obiettivi che tengano conto delle competenze e  delle  esperienze  pregresse  del  richiedente,  nonché  dei  suoi  desideri  e  delle  sue  aspettative. 

 

4.3.6 Analisi dei dati   

Preparazione del corpus di analisi e individuazione dell’unità di analisi 

Il corpus trascritto delle audio‐registrazioni è stato suddiviso colloquio per colloquio  e inserito in una matrice Excel al fine di individuare le sequenze conversazionali su  cui applicare i sistemi di codifica che sono stati successivamente individuati. Come si  può vedere dall’esempio di seguito riportato, il corpus è stato suddiviso nei diversi  turni  numerati  in  ordine  progressivo.  Ciascun  turno  è  stato  quindi  identificato  attraverso diversi indicatori. Nello specifico: 

NS OPERATORE N.

COLLOQUIO

UNITA’ DI COSTRUZIONE DEL TURNO (TCU) SEQUENZA

CONVERSAZIONALE 1 8 1 1.U: perché è successo anche da noi così

davano dei nomi magari dei nomi russi e poi quando si è cambiato un po’ che volevano indipendenza allora ( ) han detto no nostro nome non c'è allora cambiamo una lettera due lettere che

hanno creato dei problemi alle persone 1 2 8 1 2.O:ok quindi il certificato di nascita

essendo sotto il regime sovietico è con

la E dopo invece è tutto con la O 2

3 8 1 3.U: [[dopo tutto con la O]] si 2

4 8 1 4.O: ok.. allora ehm l appuntamento no di oggi.. perché un po’ avevamo parlato però te lo avevo detto in italiano era ieri noi siamo stati in Questura ed è stato fatto il foto segnalamento no?

quindi la prima parte .. il 23 di luglio c'è un appuntamento in questura che è quello che per la legge è un po’la formalizzazione no in italiano quindi quando la domanda di asilo diventa ufficiale .. fino ad ora tu sei una richiedente asilo però la Commissione conosce la tua domanda il 23 di luglio ok? perché prende i documenti. il 23 di luglio la Questura quindi sempre lo stesso ufficio chiede di riempire un

questionario 3

5 8 1 5.ML: (traduce 8 secondi) 3

6 8 1 6.U: hm hm 3

7 8 1 7.O: che si chiama C/3 4

8 8 1 8.ML: (traduce 2 secondi) 4

9 8 1 9.U: ah! ok 4

 

 NS,  ossia  il  numero  progressivo  di  ogni  turno  riferito  a  tutti  e  tre  i  dialoghi di ciascun operatore;  

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 il  numero  identificativo  dell’operatore  a  cui  si  riferiva  il  colloquio  analizzato (in tal caso l’operatore che in questa ricerca è stato associato con  il numero 8);  

 il  numero  del  colloquio  condotto  da  ogni  operatore  (in  tal  caso  si  trattava ad esempio del primo colloquio);  

l’unità  di  costruzione  del  turno  (Turn  Construction  Unit),  definita  l’“unità‐tipo attraverso cui un interlocutore stabilisce e costruisce un turno" 

(Sacks,  Schegloff  e  Jefferson,  1974,  p.702).  In  questa  colonna  ogni  TCU  era  numerata.  “O”  indicava  il  turno  dell’operatore,  “U”  il  turno  dell’utente  e 

“ML” il turno del mediatore linguistico;  

 la  sequenza  conversazionale  che  è  stata  usata  per  la  suddivisione  dell’intero corpus trascritto e quindi come unità di analisi della codifica.  

La  sequenza  conversazionale  corrisponde  in  letteratura  ad  unità  logiche  che  possono  durare  per  più  turni  (Duranti,  2005).  Adattando  questa  definizione  al  corpus di dati a disposizione, sono stati scelti e discussi da due giudici alcuni criteri  per  stabilire  dove  finisse  una  sequenza  conversazionale  e  dove  iniziasse  la  successiva.  Nello  specifico  i  criteri  utilizzati  in  questo  studio  per  la  definizione  di  ogni singola sequenza conversazionale sono stati i seguenti:  

1. ogni  sequenza  conversazionale  doveva  comprendere  l’intervento  di  un  interlocutore  (operatore  o  utente)  e  la  reazione  dell’altro  (operatore  o  utente). 

2. Ogni sequenza doveva contenere un unico atto comunicativo (dell’operatore  o  dell’utente)  codificabile.  Per  atto  comunicativo  si  intendeva  un  comportamento  comunicativo  che  fosse  chiaramente  identificabile  e  codificabile all’interno di uno dei codici previsti dal sistema di codifica.   

Nello  specifico,  una  nuova  sequenza  conversazionale  veniva  identificata  quando  l’utente  o  l’operatore  interveniva  interrompendo  l’intervento  che  era  in  atto. 

Poiché nel caso delle traduzioni fatte dai mediatori linguistici durante il colloquio il  mediatore spesso interrompeva l’eloquio dell’operatore o dell’utente per tradurre,  in  quelle  situazioni  si  è  deciso  di  contare  la  sequenza  come  unica,  senza  interromperla  (come  è  possibile  osservare  nella  tabella  sopra  riportata,  in  cui  ad  esempio la sequenza conversazionale 4 comprende al suo interno la traduzione del  mediatore linguistico). Quando invece il mediatore si limitava ad esplicitare quanto  detto  dall’utente,  quell’azione  veniva  considerata  come  atto  comunicativo,  come  fosse quello messo in atto dall’utente.  

Questi criteri sono stati applicati da due giudici indipendenti ad un colloquio al fine  di verificarne la fattibilità. Una volta raggiunto l’accordo sui criteri di applicazione,  solo uno dei due giudici li ha poi applicati al resto del corpus in analisi. La codifica è  stata  effettuata  unicamente  in  termini  di  “accadimento  di  eventi”  (Gnisci  e  Bakeman,  2000).  Complessivamente  le  sequenze  interattive  sottoposte  a  codifica  sono state 2130 su un totale di 5186 turni di parola. 

Il sistema di codifica delle interazioni 

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Non  essendoci  esempi  in  letteratura  che  potessero  fornire  spunti  per  la  codifica  delle interazioni tra utenti migranti forzati e operatori, il sistema di codifica è stato  costruito  ad  hoc.  Per  esso  si  è  preso  spunto  dal  modello  di  analisi  dei  comportamenti comunicativi nel setting dei colloqui psicologici creato da Grasso e  collaboratori  (2004).  Si  tratta  di  un  modello  appartenente  all’ambito  clinico‐

terapeutico  realizzato  a  partire  dall’analisi  dei  colloqui  in  ambito  psicologico.  Tale  modello  classifica  i  comportamenti  comunicativi  dello  psicologo  e  del  paziente,  permettendo la codifica di un’interazione secondo criteri e parametri “espliciti” ed  osservabili  ad  un  terzo  attore‐osservatore.  I  criteri  o  parametri  sono  costituiti  da  elementi  singoli  (ad  esempio:  la  domanda  dello  psicologo  e  il  suo  contenuto),  che  vengono organizzati fra loro in funzione di ciò che, dal punto di vista comunicativo,  psicologo  e  paziente  stanno  facendo  in  quel  dato  momento.  Nel  caso  dello  psicologo,  nel  modello  di  analisi  degli  autori  i  singoli  elementi  prevedono  che  le  domande che il clinico pone al paziente siano divise per: tipologia (domande aperte  o  chiuse,  correlate  o  non  correlate  in  funzione  del  fatto  che  riguardino  o  meno  l’argomento di cui il paziente sta parlando); contenuto della domanda (classificato in  aspetti concreti, episodi relazionali, emozioni ed affetti); tecniche usate (classificate  in  tecniche  espressive,  supportive,  nell’uso  del  silenzio  e  in  aspetti  relazionali  che  rendano  conto  dei  segni  di  comportamento  verbale  e  non  verbale  del  clinico); 

queste tecniche sono a loro volta suddivise in differenti tipologie che rendono conto  di  ciò  che  lo  psicologo  sta  chiedendo  di  esprimere  al  paziente  o  sta  egli  stesso  facendo  nell’interazione  terapeutica  (come  ad  esempio,  chiarire  o  riformulare  quanto  detto  dal  paziente,  elaborarne  o  interpretarne  il  pensiero,  identificare  dei  nessi  in  ciò  che  il  paziente  dichiara,  fare  commenti  empatici,  dare  consigli,  informazioni  o  spiegazioni,  riproporre  qualcosa  che  il  paziente  sta  abbandonando  nel  suo  eloquio).  Nel  caso  del  paziente,  i  singoli  elementi  del  comportamento  comunicativo  prevedono  nello  schema  di  codifica  la  classificazione  dell’intervento  in:  racconto  di  fatti,  racconto  di  emozioni,  esplicitazione  di  dati  anamnestici,  domande  poste  al  clinico,  uso  del  silenzio  e  aspetti  inerenti  la  dimensione  relazionale (segni di comportamento verbale/non verbale del paziente).  

Il modello di analisi dei comportamenti comunicativi psicologo‐paziente proposto da  questi autori è stato riadattato al colloquio tra operatore e utente migrante forzato,  abbandonando  alcuni  elementi  troppo  caratteristici  dell’interazione  terapeutica  e  adattandone  altri  alla  specificità  dell’interazione  oggetto  di  questa  ricerca.  Tali  specificità  sono  emerse  attraverso  una  codifica  in  vivo  del  materiale  analizzato. 

Nella  definizione  dei  sistemi  di  codifica  dell’operatore  si  è  cercato  di  individuare  comportamenti  comunicativi  che  potessero  rendere  conto  di  un  agire  dell’operatore in termini di presenza propositiva o impositiva. Nella definizione dei  sistemi  di  codifica  dell’utente  si  è  cercato  di  individuare  comportamenti  comunicativi che potessero invece richiamare all’agire dell’utente come “passivo” o 

“attivo” (Colic‐Peisker e Tilbury, 2003).  

Di  seguito  viene  riportato  lo  schema  di  codifica  che  è  stato  costruito  per  l’atto  comunicativo dell’operatore (tabella 4.1): 

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Tabella 4.1 ‐ Schema di codifica dell’operatore  A. TIPO 

DOMANDA/ 

INTERVENTO  DELL’OPERATORE 

B. CONTENUTO  INTERVENTO  DELL’OPERATORE 

C. PRATICA CHE  DESCRIVE  L'INTERVENTO  DELL'OPERATORE 

D. TIPOLOGIE SPECIFICHE DI  PRATICHE 

     

     

149 = DOMANDA  APERTA 

CORRELATA   

2 = DOMANDA  APERTA NON  CORRELATA   

3 = DOMANDA  CHIUSA  CORRELATA   

4 = DOMANDA  CHIUSA NON  CORRELATA   

5 = 

L’INTERVENTO  NON E’ 

COMPRENSIBILE    

0 = PER TUTTI LE  SEQUENZE IN CUI  L’OPERATORE  NON PONE UNA  DOMANDA, MA  FA COMUNQUE  UN INTERVENTO 

             

1 = ASPETTI  CONCRETI    

 

2 = EPISODI  RELAZIONALI    

 

3 = EMOZIONI E  AFFETTI  

       

1 = MANDATO  ISTITUZIONALE,  AGIRE 

STRATEGICO   

1 = 

chiarimento/informazione   2 = chiede conferme   3 = riformula e dà 

spiegazioni/ orienta l’utente  4 = esprime /chiede 

un’opinione, un punto di  vista personale  

5 = identifica nessi    

 

2 = MANDATO  RELAZIONALE,  AGIRE 

ESPRESSIVO   

 

1 = fa commenti empatici   2 = rassicura l’utente   3 = ripropone e conferma  quanto detto dall’utente,  rinforza la conversazione   4 = si sostituisce all’utente   5 = sembra mettere in  dubbio quanto detto  dall’utente  

3 = L’INTERVENTO  NON E’ 

COMPRENSIBILE   

0 = LA SEQUENZA  NON PRESENTA  UN INTERVENTO  DELL’OPERATORE,  MA SOLO UN  INTERVENTO  DELL’UTENTE 

Come  è  possibile  osservare  dalla  tabella  4.1,  l’intervento  dell’operatore  viene  codificato  attraverso  diversi  elementi  (colonne  A,  B,  C,  D),  in  parte  riadattati  dal  modello di Grasso e collaboratori (2004), in parte costruiti ex‐novo per questo tipo  di colloqui, che vanno a costituire i comportamenti comunicativi dell’operatore: 

 

A)  TIPO  DI  DOMANDA/INTERVENTO  DELL'OPERATORE  NELL'INTERAZIONE,  distinto  in: 

Domanda  aperta  correlata,  in  cui  l’operatore  pone  una  domande  aperta, permettendo la più ampia libertà di risposta all’utente. La domanda  riguarda  l’argomento  di  cui  si  sta  parlando  in  quella  o  nella  precedente 

49 I numeri sono i codici con cui questi elementi sono stati digitati nella matrice Excel. 

150

sequenza conversazionale (ad es: “O: l’intervista che ti farà la commissione  hai capito che cos'è, di che cosa si tratta?”).  

Domanda  aperta  non  correlata,  in  cui  l’operatore  pone  una  domanda,  permettendo  la  più  ampia  risposta  all’utente.  La  domanda  non  riguarda  tuttavia  l’argomento  di  cui  si  sta  parlando  in  quella  o  nella  precedente  sequenza  conversazionale  (ad  esempio  nella  precedente  sequenza  l’operatore  diceva  “sei  arrivato  dal  mare,  in  spiaggia  e  nella  successiva chiede Però il servizio militare inizia a 18 anni, giusto?” senza che  vi sia un nesso di correlazione tra l’argomento della sequenza precedente e  quello della sequenza successiva). 

Domanda chiusa correlata, in cui l’operatore pone una domanda che  prevede  un’unica  possibilità  di  risposta  o  un’alternativa  dicotomica  (es: 

sì/no, una risposta o un’altra). La domanda  riguarda l’argomento di cui si sta  parlando in quella o nella precedente sequenza conversazionale (ad es. “O: 

con la famiglia sei in contatto adesso?”) 

Domanda chiusa non correlata, in cui l’operatore pone una domanda  che prevede un’unica possibilità di risposta o un’alternativa dicotomica (es: 

sì/no,  una  risposta  o  un’altra).  La  domanda    non  riguarda  tuttavia  l’argomento  di  cui  si  sta  parlando  in  quella  o  nella  precedente  sequenza  conversazionale  (ad  esempio  l’operatore  chiede  all’utente  “speravi  che  facessero  dolci  in  quel  panificio?”  e  senza  che  questo  abbia  il  tempo  di  rispondere, nella successiva sequenza chiede “scusa ma dove si trova questo  posto?” Intendendo il panificio e spostando il focus da una sequenza in cui si  stava esplorando l’opinione e la speranza disillusa dell’utente ad una in cui si  chiede qualcosa di concreto e di non correlato) 

 In alcuni casi la registrazione è incomprensibile a causa di forti rumori  o per la voce troppo bassa dell’utente e dell’operatore, o a causa del fatto  che alcuni colloqui sono stati raccolti nell’ufficio dell’associazione mentre ne  stavano  avvenendo  contemporaneamente  altri.  Queste  sequenze  conversazionali sono identificate con il numero 5 e successivamente escluse  dalle analisi.  

Sequenze in cui l’operatore non pone una domanda, ma ad esempio  fa un commento, da’ una spiegazione, chiarifica, fa un’interpretazione, ecc.,  comprendente anche quei casi in cui vi è assenza totale di una domanda da  parte  dell’operatore,  anche  se  la  forma  della  frase  è  interrogativa  (es. 

domande retoriche). 

 

B) CONTENUTO DELL’INTERVENTO DELL’OPERATORE, distinto in: 

Aspetti concreti: domande o ambiti di conversazione inerenti aspetti  pratici  del  progetto,  della  quotidianità,  dell’organizzazione  della  vita  del  migrante  (ad  es.  “O:  Allora,  innanzitutto  ti  chiedo,  tu  hai  un  tesserino  sanitario e il codice fiscale?”).  

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Episodi  relazionali:  domande  o  ambiti  di  conversazione  inerenti  le  relazioni  dell’utente  o  il  fare  qualcosa  insieme  all’operatore.  Comprende  anche tutti gli interventi e le domande in cui l’operatore chiede il punto di  vista,  le  aspettative  e  i  desideri  dell’utente  in  merito  ad  aspetti  relazionali. 

(ad es. “O: cosa pensi di quella persona con cui farai lo stage?”). 

Emozioni  e  affetti:  domande  o  ambiti  di  conversazione  inerenti  le  emozioni  e  gli  aspetti  affettivi  legati  alla  quotidianità  dell’utente,  i  suoi  vissuti  emotivi,  i  riferimenti  ai  suoi  sentimenti,  ai  suoi  desideri,  alle  sue  aspettative.  Comprende  anche  tutti  gli  interventi  e  le  domande  in  cui  l’operatore chiede il punto di vista dell’utente in merito ad emozioni, affetti  (ad es. “O: comunque mi dicevi che questo corso ti sta piacendo?”). 

 

C) PRATICA CHE DESCRIVE L'INTERVENTO DELL'OPERATORE E  

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 146-151)