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La rappresentazione sociale del diritto d’asilo

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 133-137)

4)  la  rappresentazione  sociale  del  Diritto  d’Asilo,  costituita  da  temi  (macro‐

3.4  Risultati

3.4.4  La rappresentazione sociale del diritto d’asilo

3.4.4 La rappresentazione sociale del diritto d’asilo   

La  rappresentazione  sociale  del  diritto  d’asilo  emersa  dalle  8  interviste  è  stata  indagata  sia  attraverso  le  associazioni  libere  che  aprivano  l’intervista  (si  veda  Appendice  B)  sia  attraverso  l’intervista.  Essa  si  struttura  intorno  ad  alcuni  temi  (grafico 3.6): il dovere della società (N= 5 estratti), i diritti dei richiedenti asilo (N= 

14),  i  problemi  associati  al  Diritto  d’Asilo  (problemi  per  la  società:  10  estratti)  e,  infine, gli aspetti strutturali che connotano il Diritto d’Asilo (N = 5 estratti)46.  

 

Grafico 3.6 ‐ La rappresentazione sociale del Diritto d’Asilo con temi e rispettivi contenuti  

   

DOVERE DELLA SOCIETA’ 

La rappresentazione del Diritto d’Asilo come dovere (5) per la società, si articola in  tre  codici  che  richiamano  al  diritto  come  necessità  e  civiltà  (2),    semplicemente  come  dovere  (2)  e  come  dovere  di  accogliere  di  una  richiesta  (1).  Per  quanto  riguarda il primo aspetto, qui il diritto d’asilo sembra essere lo strumento che una  società  possiede  per  dimostrarsi  civile,  dove  per  “civile”  si  intende  saper  salvaguardare la dignità dei suoi cittadini, come specificato dalle due parole scelte  nelle libere associazioni dall’operatore 3:  

"Civiltà" e "dignità": perché credo che Paesi, realtà, servizi che riescono a garantire, a tutelare questo diritto sono realtà che in qualche modo riescono a dare espressione a quello che è un aspetto di civiltà, se intendiamo come civiltà la possibilità per tutti di vivere...di vivere, di essere rispettati e di sentire integra la propria dignità di persona. E questo a livello di Paesi ma a livello anche di servizi e di realtà, diciamo. Come altri diritti sociali d'altronde. Adesso parliamo di questo ma è chiaro che...

Ricercatrice: e pensi che da noi in Italia si possa parlare di questa garanzia? Per la tua esperienza, in generale, parlando in generale.

Operatore 3: (ride). Beh va beh dai […] Lavoriamo con la consapevolezza che il diritto d'asilo nei migliori dei casi è solo parzialmente riconosciuto e tutelato. Questo ci dà

46 Questi  ultimi  non  verranno  analizzati  in  questo  capitolo  poiché  già  descritti  e  trattati  nel  capitolo  1  e  nel  capitolo 2 di questa dissertazione. 

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poi uno spazio per il nostro lavoro: quindi come associazione di operare affinché possano cambiare delle situazioni, no.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  3,  p.  14‐17,  CODICE: 

diritto come necessità e civiltà]

La  civiltà  viene  anche  richiamata  dall’operatore  2  che  individua  nel  diritto  d’asilo  una necessità dal punto di vista umano, oltre che un dovere: 

Ho messo "necessità" e "dovere". Nel senso che vedo il Diritto d’Asilo come una necessità come prima cosa da un punto di vista umano. Nel senso che essere a contatto con queste persone, con le persone che ho visto in questi anni mi ha rafforzato l'idea che sia davvero, proprio dal punto di vista umano, sia una cosa necessaria, cioè ci deve essere un Diritto d'Asilo e infatti è anche riconosciuto a tanti livelli e da tanti anni, prima che io arrivassi.

Assolutamente è una necessità perché queste persone hanno bisogno di una cosa del genere soprattutto la nostra società ha bisogno di questo ...al diritto, ad una forma di riconoscimento della protezione per queste categorie di persone.

E' giusto che gli venga riconosciuto e soprattutto è giusto nella nostra società, in una società che si definisce civile. Queste sono un po' forse le nuove frontiere, su cui poi si può anche determinare la civiltà vera di una persona. Sono convinto anche di questo.

Perché adesso noi siamo arrivati ad uno stato tutto sommato di benessere non indifferente e il fatto che ci siano anche persone che questo stato non ce l'hanno e noi non ce ne rendiamo conto fondamentalmente... se queste persone arrivano e noi ci mettiamo nell'ottica che è giusto ed è doveroso il diritto appunto, che vengano date le stesse nostre condizioni ad altre persone, credo che faccia bene proprio a livello di società nostra e non solo a livello culturale. Sarebbe un cambio culturale molto molto bello e credo che piano piano, anche se in maniera molto piccola, ma piano piano ci sono le possibilità che ciò avvenga veramente.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  2,  p.  13‐15,  CODICE: 

diritto come necessità e civiltà]

In  questi  due  ampi  estratti  il  Diritto  d’Asilo  diviene  Diritto  Umano,  rappresentato  dalle dimensioni di necessità e dovere “da un punto di vista umano”, dimensioni che  permetterebbero  ad  una  società  di  cambiare  culturalmente,  di  innalzarsi  in  senso  civico  e  culturale  (“credo  che  faccia  bene  proprio  a  livello  di  società  nostra  e  non  solo a livello culturale”). L’operatore 2, in particolare, porta il discorso sul piano di  ciò  che  è  giusto  e  doveroso  per  una  società:  fornire  le  stesse  condizioni  offerte  ai  cittadini  italiani,  aspetto  questo  che  si  collega  tra  l’altro  alla  rappresentazione  sociale di richiedente asilo e rifugiato di cui egli stesso ero portatore (“Il richiedente  asilo e il rifugiato politico sono equiparati in tutto e per tutto al cittadino, per cui le  stesse  cose  che  tu  puoi  fornire  ad  un  cittadino,  le  dovresti  fornire  anche  al  richiedente asilo e al rifugiato”).  Ancora in termini di diritto umano e dovere civico,  egli continua sottolineando proprio l’aspetto del “dovere”: 

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E’ un dovere nostro, perché non è un dovere dello Stato, cioè è un dovere mio, è un dovere delle persone e della società di farsi carico di queste persone, ma come delle altre, adesso qua stiamo parlando dell'immigrazione, ma si può anche allargare il discorso anche a tutto il resto dei servizi in generale, quelli dedicati alla persona per lo meno. […] E’ molto complesso il fenomeno dell'immigrazione, non può essere uno Stato, una regione, un governo che se ne occupa, deve essere una cosa capillare, perché appunto si parte dalle leggi e si arriva anche ai singoli territori, appunto alle singole associazioni, ai singoli enti di tutela.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  1,  p.  24‐28,  CODICE: 

diritto come dovere]

DIRITTI DEI RICHIEDENTI ASILO 

Il  dovere,  diventa  anche  per  l’operatore  8,  dovere  di  accogliere  una  richiesta,  perché “senza il bisogno non si accede al diritto”. Si sottolinea pertanto la necessità  di  un  movimento  di  diffusione  totale  della  concezione  del  Diritto  all’asilo  come  Diritto  Umano  (quello  del  “farsi  carico  delle  persone”),  che  a  partire  dalla  legge  scritta passi attraverso i vari nodi della rete dedicata all’accoglienza, fino ai singoli  territori e ai singoli enti e associazioni che possono fornire l’aiuto.  

Da questi estratti emergono dunque anche i contenuti dei diritti dei richiedenti asilo  e, tra questi, il concetto della Tutela e della protezione identificato in ben 5 estratti  su 14.  

“Protezione” l’ho scelta come prima parola perché il Diritto d’asilo si basa sul fatto che ci sia una persona che ha bisogno di protezione e che viene da un luogo in cui la protezione non gli è garantita.

[ESTRATTO DALL’INTERVISTA ALL’OPERATORE 7, p. 7, CODICE: concetto  della tutela]

Se io penso Diritto d'Asilo, la prima cosa che mi viene in mente è il diritto alla protezione di una persona che ti sta chiedendo asilo.

[ESTRATTO DALL’INTERVISTA ALL’OPERATORE 8, p. 41, CODICE: concetto  della tutela]

  

La  protezione  richiesta  dal  migrante  forzato  è  alla  base  della  tutela  che  uno  Stato  (civile) può (e deve) fornire. Il diritto all’asilo è diritto alla protezione agli occhi degli  operatori  e dunque  diritto  alla  tutela  della  vita  e  della  dignità  umana e  dovere  da  parte di una società e di uno Stato ospitante di farsi carico di chi non può più essere  tutelato dal proprio Paese di origine.

La tutela sembra non essere solo accettazione di una richiesta di protezione da chi  protezione  non  ne  riceve  più  dal  proprio  Paese  di  origine,  ma  sembra  essere  percepita  come  un  insieme  di  doveri  che  comprendono  non  solo  il  permettere  di  restare  entro  i  confini  del  Stato  di  arrivo,  ma  anche  la  necessità  di  occuparsi  del  migrante forzato, (“Ti permetto di stare in Italia e mi occupo io di te”), di non farlo  sentire solo e abbandonato anche nell’altrove. Il riferimento rappresentato da uno  Stato è pertanto un rapporto che sembra dover andare oltre, un rapporto definito  in un altro estratto inerente la rappresentazione sociale del sistema di accoglienza 

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portata  da  questo  operatore  quasi  materno  (“Allora  garantisciglieli  quei  diritti.  Te  ne  prendi  la  responsabilità,  la  fai  tua  quella  persona  quindi,  non  so,  è  un  po’  alla  mamma”).  Certamente  un  rapporto  percepito  come  sostitutivo  di  qualcosa  che  è  venuto meno (la protezione di un altro Paese). 

 

PROBLEMI ASSOCIATI AL DIRITTO D’ASILO 

Per  quanto  tuttavia  lo  Stato  dovrebbe  prendersi  in  carico  chi  necessita  di  aiuto  e  protezione, gli operatori sembrano percepire un gap tra questo dovere e l’effettiva  possibilità  di  metterlo  in  atto,  definito  nel  tema  (problematico)  dell’esigibilità  del  diritto (6):

Credo perché come accade spesso su temi, su situazioni sancite da diritti, importanti e forti, riscontriamo l'assenza di un'effettiva possibilità di fruirne, del fatto che comunque non, nella realtà, finora non è un diritto garantito, o è garantito solo parzialmente.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  3,  p.  11‐14,  CODICE: 

esigibilità]

Ci sono le leggi, cioè il diritto c'è, non sono cose generali, nel senso ci sono leggi, direttive nazionali, locali, internazionali, ci sono accordi e quindi da un certo punto di vista c'è un riconoscimento di queste cose.

Il problema è poi l'esigibilità di questi diritti fondamentalmente. Il fatto che dopo nel concreto, nel quotidiano, tutti questi diritti non vengano poi riconosciuti alle persone e quindi abbiamo ad esempio la situazione dei CARA, delle persone che stanno in strada per mesi, con connazionali e tutto. Quindi credo che la cosa su cui bisogna lavorare sia quella: cioè i diritti ci sono, i diritti e anche i doveri, perché bisogna sempre metterli insieme in effetti, perché comunque sono anche persone che hanno dei doveri, come tutti noi. Ci sono, bisogna solo fare un grosso sforzo affinché questi diritti diventino poi esigibili.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  2,  p.  19,  CODICE: 

esigibilità]

Tra le parole chiave delle libere associazioni codificate con il codice dell’esigibilità vi  sono infine: 

"Iniquità" e "disuguaglianze" perché non tutti hanno la possibilità, per quello che vedo, soprattutto allo sportello, non tutti hanno la possibilità di una protezione piena, che non è solo una protezione di riconoscimento di uno status giuridico, ma è anche la protezione sociale: il poter vivere serenamente e dignitosamente in questo Paese e non c'è, perché solo una piccola parte riesce ad ottenere questo perché l'accoglienza in Italia è insufficiente, copre solo un quarto delle richieste.

[ESTRATTO  DALL’INTERVISTA  ALL’OPERATORE  1,  p.  14,  CODICE: 

esigibilità]

 

Quest’ultimo estratto riconduce al contenitore dei Diritti Umani, poiché l’operatore  sottolinea quanto il diritto alla protezione vada ben oltre il semplice diritto d’asilo. 

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA (pagine 133-137)