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L’ANALISI DEI RISCHI NELL’UNIONE EUROPEA

CAPITOLO IV: L’ANALISI DEI RISCH

1. L’ANALISI DEI RISCHI NELL’UNIONE EUROPEA

L’Unione europea si è occupata dell’analisi di tali rischi a partire da un evento scatenante, quello accaduto alla piattaforma Deepwater Horizon, che, seppure avvenuto al di fuori delle acque europee, ha messo in evidenza le complessità che si sono dovute affrontare nel contenere i danni all’ambiente e l’estensione delle ripercussioni, anche a lungo termine, che un simile evento può causare, soprattutto in un mare chiuso come può esserlo il Mar Mediterraneo.

A seguito di tale analisi e dopo aver riscontrato le profonde differenze presenti nelle legislazioni nazionali in materia di sicurezza e tutela dell’ambiente, l’Europa ha deciso di intervenire al fine di uniformare le legislazioni degli stati toccando una serie di punti fondamentali, quali le procedure di autorizzazione, i controlli da parte delle autorità pubbliche, la capacità di reazione ai disastri di notevoli dimensioni ma soprattutto la cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni.

Questo interesse europeo si è realizzato, il 12 giugno 2013, con l’approvazione della Direttiva 2013/30/UE, sopra richiamata nel precedente Capitolo.

E’solo con questo atto normativo che si sviluppa un concetto di sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi di carattere generale che ricomprende la sicurezza dei lavoratori, dell'ambiente, delle piattaforme e attrezzature per le operazioni in mare e delle attività economiche quali la pesca e il turismo. L’intento del legislatore europeo, è dunque quello di evitare gli incidenti gravi, ridurre il numero di incidenti e garantire che vi sia dato efficacemente seguito per mitigarne le conseguenze.

Con l’Allegato I del Regolamento n. 1112/2014 l’Unione ha, come si è visto nel Capitolo 2, messo a disposizione degli Stati membri il formato unico per la condivisione dei dati relativi agli indicatori dei grandi rischi. Questi indicatori essenziali di prestazione (key

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performance indicators, KPI) sono volti a fornire una panoramica esaustiva della sicurezza

nel settore degli idrocarburi e sono elencati esplicitamente nell’Allegato IX, punto 2 della Direttiva 2013/30/UE.

Da un’analisi del formato unico, possiamo raggruppare in macrocategorie i principali rischi identificati a livello europeo:

A. Emissione accidentale di petrolio, gas o altre sostanze pericolose, infiammate o non infiammate:

1. Ogni emissione accidentale di gas o petrolio infiammato in o da un impianto in mare;

2. Emissione accidentale in o da un impianto in mare di:

a) Gas naturale non infiammato o gas evaporato associato se la massa emessa ≥ 1 kg;

b) Idrocarburo liquido di petrolio non infiammato se la massa emessa ≥ 60 kg. 3. Emissione accidentale o fuoriuscita di qualsiasi sostanza pericolosa per cui è

stato valutato il rischio di incidente grave nella relazione sugli incidenti gravi, in o da un impianto in mare, compresi i pozzi e i ritorni additivi di perforazione. B. Perdita di controllo dei pozzi che richieda l’attivazione di apparecchiature di controllo degli stessi, o guasto della barriera di un pozzo che richieda la sua sostituzione o riparazione:

1. Qualsiasi eruzione (blowout) del pozzo petrolifero, indipendentemente dalla durata;

2. Entrata in funzione di un dispositivo antieruzione o di un divertore per controllare il flusso di fluidi nel pozzo;

3. Guasto meccanico di un componente del pozzo la cui funzione è prevenire o limitare l’effetto di un’emissione accidentale di fluidi da un pozzo o da un serbatoio alimentato da un pozzo o il cui guasto potrebbe causare o contribuire a tale emissione;

4. Adozione di misure precauzionali supplementari a quelle già contenute nel programma di trivellazione originario in cui non è stata rispettata la distanza minima tra pozzi adiacenti.

C. Guasto di un elemento critico per la sicurezza e l’ambiente (SECE): perdita o indisponibilità di un SECE che richiede un’azione correttiva immediata.

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D. Significativa perdita di integrità strutturale, o perdita di protezione contro gli effetti di un incendio o un’esplosione, o perdita della stazionarietà in relazione ad un impianto mobile: qualsiasi condizione identificata che riduce l’integrità strutturale dell’impianto progettata, in particolare la stabilità, il galleggiamento e la stazionarietà, in misura tale da richiedere un’azione correttiva immediata.

E. Imbarcazioni in rotta di collisione e collisioni effettive di navi con un impianto in mare: qualsiasi collisione o potenziale collisione fra una nave ed un impianto in mare che ha o potrebbe avere energia sufficiente per causare un danno all’impianto e/o alla nave tale da comprometterne la struttura nel suo complesso e l’integrità dei processi.

F. Incidenti che coinvolgono elicotteri, sull’impianto in mare o nelle sue vicinanze: collisione o potenziale collisione fra un elicottero e un impianto in mare.

G. Qualsiasi incidente mortale da comunicare ai sensi della Direttiva 92/91/CEE. H. Tutte le lesioni gravi a cinque o più persone nello stesso incidente da comunicare ai

sensi della Direttiva 92/91/CEE.

I. Evacuazioni di personale: qualsiasi evacuazione di emergenza imprevista di parte o tutto il personale a seguito o in caso di rischio significativo di incidente grave. J. Incidente ambientale grave: qualsiasi incidente ambientale grave quale definito

all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e all’articolo 2, paragrafo 37, della Direttiva 2013/30/UE.

L’operatore o il proprietario una volta individuate una o più voci tra le precedenti che possano descrivere l’evento, procede alla compilazione delle Sezioni pertinenti all’interno del formato unico62, in modo tale da tenere aggiornato lo Stato di appartenenza e l’Unione europea di tutte le informazioni del caso.

A partire dal 2016 l’Unione ha cominciato a redigere una serie di relazioni annuali (“sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi nell’Unione europea”) attraverso la Commissione europea. Scopo di tali relazioni annuali è di fornire dati sul numero e sul tipo di impianti nell’UE e di fornire informazioni sugli incidenti che interessano le operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e sulle prestazioni di

62 L’operatore presenta tale documento entro dieci giorni all’autorità competente, allegando le ulteriori

informazioni disponibili in quel momento. Per ogni voce è assegnata una apposita sezione contenente, in un formato facilmente compilabile, gli spazi per inserire ogni dettaglio relativo all’incidente avvenuto.

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sicurezza di dette operazioni, al fine di perseguire l’obiettivo primario della condivisione delle informazioni e della cooperazione internazionale.

Dalle suddette relazioni ciò che si evince è che la maggior parte degli impianti in Europa è situata nel Mare del Nord e nell'oceano Atlantico (378 impianti), mentre se ne contano 166 nel Mediterraneo, 8 nel Mar Nero e 2 nel Mar Baltico.

La grande maggioranza degli impianti in mare nelle acque dell'UE si trova nel Mare del Nord, in particolare nelle zone economiche esclusive del Regno Unito e dei Paesi Bassi (rispettivamente circa il 34 % e il 28 % degli impianti in mare nelle acque dell'UE). Nel Mediterraneo l'Italia è lo Stato membro più attivo (25 % di tutti gli impianti nelle acque dell'UE), seguito dalla Croazia. Per quanto riguarda la regione del Mar Nero, in Romania sono presenti operatori consolidati, mentre la Bulgaria ha avviato attività di esplorazione di idrocarburi in mare ma ha una produzione assai limitata. Secondo le relazioni pervenute dagli Stati membri che si affacciano sul Mar Baltico, solo la Polonia possiede impianti in mare nella regione. In base alle informazioni comunicate, nel 2017 erano complessivamente presenti nelle acque dell'UE 554 impianti, destinati o non destinati alla produzione63.

63 Tutti i dati qui indicati provengono dalla Relazione annuale della Commissione sulla sicurezza delle

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[Numero di impianti presenti nelle acque dell’UE, per decennio di entrata in esercizio e per regione.]

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[I nuovi impianti fissi per decennio e per regione.]

[Tabella che riporta il numero di controlli in mare per regione e per Stato membro nel 2017. I valori normalizzati considerano il numero totale di impianti (ossia fissi e mobili) operativi in una giurisdizione. I dati per regione e i totali tengono conto del fatto che nel 2017 quattro impianti mobili erano operativi in più giurisdizioni (regione Mare del Nord).]

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Per quanto attiene i controlli posti in essere a livello europeo, secondo quanto disciplinato all’articolo 8 della Direttiva 2013/30/UE, le autorità competenti degli Stati membri hanno effettuato periodiche ispezioni degli impianti in mare, nelle rispettive giurisdizioni.

L'articolo 18 della direttiva Sicurezza nelle operazioni in mare conferisce alle autorità competenti degli Stati membri determinati diritti e poteri in relazione alle operazioni e agli impianti nelle rispettive giurisdizioni. Tali diritti e poteri comprendono il diritto di vietare operazioni e il diritto di imporre l'adozione di misure atte a garantire il rispetto dei principi generali di gestione del rischio e la sicurezza delle operazioni.

La Commissione dell’Unione europea, sulla base delle relazioni informative proveniente dai singoli Stati, nella sua relazione sulla sicurezza delle operazioni in mare, redige il seguente prospetto:

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[Incidenti per categoria, secondo quanto riportato all’allegato IX della Direttiva]

Dal 2001, in caso di incidente, quando le dimensioni della catastrofe superano le capacità di reazione nazionale, il paese in cui ha avuto luogo l’incidente può fare appello al meccanismo di protezione civile e al centro di monitoraggio e informazione (Monitoring and Information Centre – MIC).

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La Commissione europea ha istituito un sistema H24 in grado di fornire assistenza nelle operazioni di protezione civile, incluso l’inquinamento marino, entro ed al di fuori delle acque europee e intervenire in maniera specifica sul tema dell’inquinamento marino attraverso l’EMSA (European Maritime Safety Agency) il cui personale, mezzi e servizi sono attivabili mediante richieste degli Stati membri formulate attraverso il MIC. Oltre ad informare la Commissione europea dell’evento, il MIC rende nota la situazione anche a tutti gli Stati membri, che potranno quindi decidere individualmente di intervenire con i mezzi a loro disposizione.

In tempi più recenti il sistema si è evoluto nell’odierno Centro di coordinamento di risposta alle emergenze (Emergency Response Coordinator Centre – ERCC), fulcro del meccanismo di protezione civile dell’Unione. Il suo ruolo resta quello di coordinare la fornitura di assistenza ai paesi colpiti da catastrofi, ad esempio sotto forma di soccorsi, competenze, squadre di protezione civile e attrezzature specializzate. Può anche mettersi direttamente in contatto con le autorità nazionali di protezione civile del Paese colpito e sostenere finanziariamente l’invio di personale e beni necessari a contrastare l’incidente. Il Centro è in grado di fornire supporto a qualsiasi paese all’interno e all’esterno dell’UE colpito da una catastrofe grave, su richiesta delle autorità nazionali o di un organo delle Nazioni Unite. Infatti il Centro gestisce una riserva di aiuti preimpegnati dagli Stati membri che possono essere inviati immediatamente.

In quanto evoluzione del MIC, l’ERCC resta disponibile 24 ore su 24 e garantisce il monitoraggio in tempo reale sia di giorno che di notte.