• Non ci sono risultati.

GLI INQUINAMENTI IN MARE DA IDROCARBURI E LE TECNICHE ANTINQUINAMENTO

CAPITOLO V: GARANTIRE LA SICUREZZA

5. GLI INQUINAMENTI IN MARE DA IDROCARBURI E LE TECNICHE ANTINQUINAMENTO

Il Piano di pronto intervento nazionale che abbiamo visto nei Capitoli precedenti, dedica un intero capitolo agli inquinamenti da idrocarburi. Si ritiene infatti che questi, laddove abbiano originato la dichiarazione dell’emergenza nazionale, vadano affrontati tenendo conto della particolare gravità dei rischi che possono causare. Gli interventi devono quindi essere caratterizzati dalla massima rapidità nella scelta della strategia da adottare e di intervento.

Secondo il D.lgs. 145/2015 è definito incidente ambientale grave un incidente che provoca, o rischia verosimilmente di provocare, un danno ambientale. Nonostante la generale gravità dei disastri ambientali derivanti da inquinamenti da idrocarburi, si può stabilire una sorta di gradualità casistica ipotizzando tre stadi operativi di gravità crescente.

Il primo, definito di media gravità o di primo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che interessi esclusivamente il mare senza rappresentare diretta, immediata minaccia per le zone costiere. Il secondo, definito grave o di secondo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che rappresenti seria minaccia per la costa, anche di isole minori. Il terzo, definito gravissimo o di terzo stadio, si ha in presenza di un inquinamento che interessi anche aree costiere.

89

Le modalità operative di intervento nell’ambito dell’emergenza nazionale variano a seconda del tipo di situazione operativa che si deve affrontare e possono essere fortemente condizionate dal tempo trascorso in mare dall’idrocarburo e dalle condizioni meteo- marine. Ma elementi determinanti in fase di rimozione dell’inquinante sono le proprietà fisico-chimiche dello stesso90, che ne condizionano anche il comportamento una volta che l’idrocarburo è stato sversato in mare.

Le principali proprietà fisiche che influenzano il comportamento e la persistenza dell’idrocarburo in mare sono: la gravità specifica (densità relativa)91, la tendenza all’evaporazione92, la viscosità93 e il pour point (punto di scorrimento)94. Queste proprietà dipendono dalla composizione chimica della miscela di idrocarburi e quindi dalla proporzione dei composti volatili o dal contenuto di alcune sostanze quali asfalteni, resine e cere.

90 Le caratteristiche chimico-fisiche degli idrocarburi, sono sintetizzate nelle relative schede di sicurezza, che

i produttori e trasportatori devono possedere e conservare negli impianti di produzione e a bordo della nave che li trasporta.

91 La densità relativa (o gravità specifica) è la densità in relazione all’acqua distillata, quest’ultima pari a 1

g/ml. La maggior parte degli idrocarburi è meno densa e più leggera dell’acqua di mare, che tipicamente ha una densità relativa di circa 1.025

92 La tendenza alla evaporazione descrive la volatilità degli idrocarburi. Gli idrocarburi che contengono

elevate quantità di prodotti bituminosi, cere o residui asfaltenici mostrano una bassa tendenza alla evaporazione, anche a elevate temperature. Minore è la tendenza alla evaporazione, maggiore è la capacità degli idrocarburi a permanere nell’ambiente marino.

93 La viscosità cinematica degli idrocarburi è una grandezza fisica che esprime la sua resistenza allo

scorrimento. Tutti gli idrocarburi diventano più viscosi al diminuire della temperatura, alcuni più velocemente di altri a seconda della loro composizione. Dalla viscosità degli idrocarburi dipende la loro attitudine a disperdersi nella colonna d’acqua e a formare emulsioni. Minore è la viscosità maggiore è la tendenza a disperdersi, mentre è minore la tendenza a formare emulsioni.

94 Il pour point è quel valore di temperatura al di sotto della quale l’idrocarburo non scorre più ed assume lo

stato semisolido. A differenza delle sostanze pure, il passaggio allo stato solido degli idrocarburi, non avviene ad una temperatura precisa. Infatti, a partire da una miscela completamente liquida, mano a mano che si abbassa la temperatura, le cere iniziano a formare una struttura cristallina; la formazione dei cristalli ostacola lo scorrimento della miscela. La temperatura alla quale inizia a formarsi la struttura cristallina prende il nome di cloud point. Vi è quindi un intervallo di temperatura tra il cloud point e il pour point nel quale la miscela oleosa passa da uno stato completamente liquido a uno semisolido o solido.

90

[nell’immagine, i principali processi di weathering.]

Quando questo accade, complici gli elementi che abbiamo appena visto la miscela di idrocarburi può andare incontro a differenti fenomeni di alterazione, denominati weathering.

Primo tra questi è la tendenza allo spandimento che hanno gli idrocarburi a contatto con il mare, ovvero la tendenza a formare chiazze sempre più ampie e sottili sulla superficie dello stesso. Lo spandimento ha una velocità inversamente proporzionale alla viscosità del prodotto e dipende fortemente dalle condizioni metereologiche. L’evaporazione è una caratteristica propria dei composti più volatili ed aumenta all’aumentare della temperatura, dell’intensità del vento, dello stato del mare e dello spandimento della chiazza. La dispersione degli idrocarburi in gocce è fortemente favorita dal moto ondoso e può velocizzare i processi di solubilizzazione e biodegradazione. La prima coinvolge tutte le componenti solubili del composto oleoso, il secondo avviene laddove vi siano dei microorganismi in grado di metabolizzare gli idrocarburi (quali batteri, muffe, lieviti,

91

funghi e alghe unicellulari)95 utilizzandoli come fonti di energia. Ma la forza delle onde può anche portare alla formazione di emulsioni di acqua in olio (chocolate mousse), dove piccole goccie d’acqua rimangono intrappolate nel greggio. In questo caso il volume della massa inquinante aumenterà, insieme alla persistenza del prodotto, e la sua rimozione sarà particolarmente difficoltosa. Quando la densità intrinseca dei composti sversati è superiore a quella dell’acqua di mare, questi affondano appena sversati. In questi casi l’idrocarburo affonda depositandosi sul fondo marino (sunken oil). Il fenomeno dell’affondamento può verificarsi inoltre nel caso in cui gli idrocarburi prendano fuoco. Ultimo processo preso in considerazione è la fotoreazione, ovvero un insieme di differenti reazioni chimiche (ossidazione, decomposizione e polimerizzazione) innescate dalle radiazioni solari sulle chiazze di idrocarburi. Il processo di foto-ossidazione può portare alla formazione di una “crosta” esterna alla massa d’olio, impedendo alla parte interna di subire ulteriori processi di weathering.

Nel tempo, i processi di weathering producono una riduzione delle quantità di idrocarburi presenti sulla superficie del mare grazie soprattutto ai processi di evaporazione, dissoluzione e dispersione. Contemporaneamente, proprio perché le molecole più leggere evaporano o si dissolvono, la miscela residua tende a diventare più densa, viscosa e persistente.

Ma come possiamo ben immaginare, se alcuni di questi processi appena analizzati possono favorire il ripristino dello stato dei luoghi a seguito dell’evento inquinante, altri possono invece rendere maggiormente difficoltosa la rimozione degli idrocarburi dal mare. Infatti, a seconda della forma che questi assumono a seguito di questi processi di weathering, sarà necessario attuare differenti tecniche disinquinanti.

Il metodo più immediato è quello di confinare e raccogliere gli idrocarburi mediante panne trainate da due imbarcazioni formando una U o una J e poi usare dei dispositivi di raccolta, per separare l’olio dall’acqua e stoccare il prodotto in serbatoi o unità navali apposite (tanker).

95 Tali organismi hanno una distribuzione ubiquitaria e appaiono più abbondanti nelle aree in cui gli

idrocarburi sono già presenti, quali le aree costiere inquinate. I principali fattori che influenzano il tasso e l’estensione del processo di biodegradazione sono: le caratteristiche degli idrocarburi; la disponibilità di ossigeno e nutrienti; la temperatura.

92

A tal fine, sarà necessario utilizzare delle panne di contenimento, così da contenere la macchia oleosa entro un determinato confine e facilitare le operazioni di recupero con

skimmer e unità navali adeguate. Le panne consistono in una barriera galleggiante che

impedisce il movimento della massa di idrocarburi sulla superficie del mare e quindi la sua espansione. Esse sono composte generalmente da un bordo libero che impedisce il passaggio del materiale al di sopra, una gonna che impedisce il passaggio sotto il livello dell’acqua, una riserva di galleggiamento che sostiene l’attrezzo, zavorre per piombare la gonna e tenerla in posizione verticale, sistemi di accoppiamento per connettere diverse sezioni.

93

[nell’immagine, schema della struttura delle panne.]

È possibile trovare diverse tipologie di panne di contenimento, a seconda dell’ambiente all’interno del quale dovranno essere applicate e delle condizioni meteo marine:

- Panne rigide portuali e per ambiente confinato (porti, bacini ecc.) o Fence boom. Sono costituite da una striscia di materiale rigido o semi-rigido che funziona da barriera verticale che confina gli idrocarburi galleggianti. Sono facili da installare, resistenti ai danni, e facilmente stoccabili;

- Panne a cortina (mare aperto, elevato idrodinamismo) o Curtain boom. Queste panne sono provviste di gonna flessibile libera di muoversi indipendentemente dai galleggianti. Hanno galleggiabilità dovuta ad una camera gonfiata ad aria o gas inerte, o cilindri di schiuma che può essere flessibile, solida o granulare. Esiste un ulteriore tipo dotato di camera d’aria auto espandente e che quindi si gonfia autonomamente;

- Panne per ambienti intertidali (acque basse soggette ad escursione di marea). Sono le panne necessarie quando lo schema di posizionamento prevede il loro punto di inizio dalla costa, dove l’onda e l’escursione di marea renderebbero inefficace l’applicazione delle altre panne.

94

Le panne sono però fortemente limitate dalla presenza di una corrente marina superiore ad 1 nodo. Un altro aspetto da valutare è l’eventualità che esse debbano sopportare e trattenere anche detriti che possono danneggiarle. Ciò richiede caratteristiche di resistenza alla foratura e allo strappo. Anche l’aspetto operativo va tenuto presente: bisogna prevedere se le panne dovranno essere atte ad essere trainate. Altri aspetti sono la velocità di disposizione in mare e il personale richiesto, nonché l’ingombro delle panne in assetto non operativo.

95

Le panne possono essere utilizzate con differenti tecniche di contenimento. La più comune consiste nel circondare la fonte della perdita (accerchiamento), così da confinare il composto oleoso. Qualora, per i più svariati motivi, non si sia in possesso di un numero sufficiente di panne in grado di contenere l’intera fonte inquinante, è possibile disporre quelle disponibili sotto corrente (waylaying), così da intercettare il prodotto. Se invece la chiazza rischia di raggiungere zone particolarmente sensibili, quali le aree marine protette, le panne possono essere disposte in modo tale da deviare il movimento della stessa dovuto alla corrente. Infine, volendo accumulare gli oli dispersi sulla superficie del mare in una chiazza più spessa e più facile da asportare, le panne possono essere trainate da due imbarcazioni che procedono appaiate.

Una volta che l’inquinante è stato isolato, si può quindi procedere al suo recupero tramite dispositivi denominati skimmers. Questi esistono di diverse tipologie, ognuna applicabile a differenti situazioni operative.

I dispositivi a stramazzo (weir skimmers) sono dotati di galleggianti che tengono la bocca (ingresso) del dispositivo esattamente poco sotto la superficie dell’acqua, in modo da far cadere il prodotto che poi verrà convogliato attraverso pompe in un serbatoio. Il serbatoio funzionerà da separatore per decantazione e l’acqua che si stratificherà al di sotto potrà essere fatta uscire tramite rubinetto.

I dispositivi ad adesione, come intuibile, lavorano sul principio dell’adesione degli idrocarburi su superfici oleofiliche. Queste superfici sono costituite da dischi, tamburi, spazzole o corde. La superficie adesiva si muove attraverso lo strato laminale tra acqua e olio e solleva quest’ultimo, dopodiché passa attraverso sistemi tipo tergicristallo o di strizzamento che rimuovono gli idrocarburi e li raccolgono.

96

I sistemi di separazione meccanici invece sfruttano il movimento del flusso dell’acqua che scorre attraverso un dispositivo per separare il prodotto più leggero e galleggiante.

[nell’immagine, due sistemi di separazione meccanica, il primo ad ala sommersa inclinata, il secondo con sollevamento a nastro.]

Quando l’utilizzo dei metodi meccanici non è sufficiente a risolvere l’inquinamento, questi vengono combinati o sostituiti con prodotti ad azione assorbente96, ovvero capaci di assorbire gli idrocarburi una volta immessi in acqua, o con prodotti disperdenti. Questi ultimi sono sostanze chimiche che, dispersi in mare, favoriscono la disgregazione e la dispersione nella colonna d’acqua dello strato di idrocarburi, accelerando il naturale processo di degradazione. I prodotti che possono essere eventualmente impiegati devono sempre essere preventivamente autorizzati dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Direzione Generale Protezione della Natura e del Mare – Divisione VII. Non vi sono limitazioni di alcun genere per quanto attiene le condizioni meteo-marine ma lo spargimento del disperdente può avvenire solo a mezzo velivolo o natante dotato di apparecchiatura idonea alle operazioni di dispersione.

96 I prodotti assorbenti si possono a loro volta suddividere in due categorie: la prima rappresenta quei

prodotti costituiti da materiali inerti dal punto di vista chimico e biologico e possono avere origine sintetica, minerale, animale o vegetale, mentre i secondi sono costituiti da sostanze non inerti e possono quindi interagire negativamente con gli organismi marini.

97

[nell’immagine, prodotti disperdenti erogati da nave.]

La scelta della tipologia di prodotto da utilizzare dipende dalle caratteristiche dei prodotti sversati, dalle condizioni meteo marine e dalla vicinanza ad aree sensibili, ma va in ogni caso ricordato che, viste le peculiari caratteristiche del Mar Mediterraneo, in Italia i prodotti disperdenti vengono utilizzati solo come extrema ratio. Inoltre, per via del difficile smaltimento dei prodotti assorbenti impregnati di idrocarburi, l’utilizzo di questi ultimi deve essere limitato piccole chiazze di inquinanti e solo laddove l’utilizzo di mezzi meccanici non sia praticabile.

98

[nell’immagine, l’utilizzo di panne assorbenti. I prodotti assorbenti si possono trovare in varie forme, quali fogli, cuscini, rotoli e bulk, ma le panne sono le più utilizzate.]

In ogni caso le varie tecniche di rimozione, pur combinate tra loro e nelle condizioni ideali di luce e di mare, consentono di recuperare al massimo non più del 30% dell’idrocarburo sversato. Tale percentuale tende rapidamente a zero con il peggioramento delle condizioni meteo-marine. Impossibile operare la rimozione in assenza di luce.

Altri metodi, oggi poco utilizzati, sono la combustione e l’abbattimento. La prima infatti nel ridurre l’idrocarburo produce un forte inquinamento atmosferico e un residuo carbonioso in mare difficilmente degradabile. Il secondo appesantisce a tal punto il petrolio da farlo depositare per intero sul fondale marino.

99