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IL PROGETTO MUSES – MULTI-USO NEI MARI EUROPE

CAPITOLO VII: IL PROBLEMA DEL DECOMMISSIONING

3. IL PROGETTO MUSES – MULTI-USO NEI MARI EUROPE

Dopo circa due anni di ricerca, il 10 ottobre 2018, a Bruxelles, si è tenuta la Conferenza finale del progetto europeo MUSES - Multi-uso nei mari europei (H2020) coordinato dall’agenzia Marine Scotland (Gran Bretagna) e che vede il coinvolgimento di 12 partner in tutta Europa tra organi consultivi, accademie ed organi governativi. Ai lavori del progetto ha partecipato attivamente anche l’UNMIG al fine di cogliere spunti e condividere esperienze italiane sul tema del multi uso delle piattaforme offshore, soprattutto dopo la fase di dismissione mineraria.

Il Progetto si interessa alle opportunità applicabili a cinque bacini europei: Mar Baltico, Mar Mediterraneo, Mare del Nord, Mar Nero ed Oceano Atlantico orientale. Gli obiettivi del MUSES sono molteplici:

- Assicurare che le attività e gli usi nella stessa area marina o in aree adiacenti siano compatibili;

- Minimizzare le infrastrutture necessarie attraverso il multi uso delle installazioni e portando quindi ad un decremento dei costi e del numero di costruzioni presenti che possono avere effetti negativi sull’ambiente;

- Proteggere l’ambiente ed ottimizzare la gestione delle risorse marine;

- Promuovere uno sfruttamento efficiente degli spazi, anche in prospettiva di usi futuri;

- Utilizzare il più possibile nuove tecnologie e innovazioni che potrebbero contribuire ad un contenimento dei costi, spazi ed energie;

- Promuovere la cooperazione reciproca ed evitare antagonismi e ritardi negli investimenti ed operazioni.

Il progetto si compone da cinque moduli, tra i quali i più importanti sono: - (WP2) Analisi a scala di bacino delle potenzialità di multiuso;

- (WP3) analisi a scala locale delle potenzialità di multiuso con coinvolgimento di stakeholder locali;

- (WP4) sviluppo di un piano d’azione per identificare opportunità concrete per lo sviluppo di multiuso includendo aspetti di innovazione e Blue Growth, tramite il coinvolgimento di stakeholder.

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4. L’ENI E IL PROGETTO POSEIDON

Un’alternativa all’affondamento delle piattaforme in disuso è quella di lasciarle dove sono e farle diventare altro, sfruttando la posizione e la struttura stessa. Un ottimo esempio è rappresentato dal progetto ideato da Eni, denominato “Poseidon”, che nasce dalla collaborazione tra Eni, CNR, L’Istituto Scienze Marine e la Fondazione Cetacea.

Tale progetto infatti ha l’obiettivo, attraverso modifiche tecniche minori, di convertire le piattaforme offshore non più produttive al largo tra Bellaria e Rimini in stazioni scientifiche interconnesse ad alto contenuto tecnologico per lo studio dell’ambiente marino. Questa conversione, ripetibile e riproducibile, punta alla creazione del primo parco marino tecnologico nell’Adriatico e in Europa, che valorizza strutture offshore altrimenti destinate a essere rimosse con conseguente modifica dell’ecosistema che nel tempo si è naturalmente formato nell’area marina circostante.

Il progetto si compone di 4 moduli interconnessi. Il primo è Eni Free Wave Over the Sea (EFOS) finalizzato a fornire un servizio pubblico di comunicazione radio marittima basato sulle moderne tecnologie wireless a microonde. Il secondo è stato denominato Evaluation

Biomass Increment (EBI) perché indirizzato a studiare la fauna marina che popola il mare

Adriatico e trova il suo habitat sotto le piattaforme Eni e ad inviare i dati ai ricercatori a terra. Poi viene il progetto Controlled Tracking Cetacean (CTC) che monitora le migrazioni di cetacei e tartarughe al fine di tracciare il ciclo vitale degli animali e ricavare informazioni come indicatori della salute del mare. L’ultimo è il Pilot Fish Farm (PFF) che punta alla realizzazione di allevamenti di cozze, ostriche e altri molluschi, nei pressi delle piattaforme selezionate e controllate

Racconta Paolo Carnevale, responsabile del progetto: “L’ispirazione è nata da una visita di routine in piattaforma. Già durante il viaggio di avvicinamento la nostra attenzione è stata catturata da un branco di delfini che ci inseguivano giocando nella scia dei motori.” E non solo delfini: tartarughe, branchi di pesci. E da qui l’idea di riconvertire le piattaforme per farle diventare dei veri e propri parchi scientifici aperti agli specialisti ma anche alla gente comune.

116 Conclusioni

Al termine di questa trattazione, che vuole abbracciare la vita delle piattaforme offshore per l’estrazione di idrocarburi a tuttotondo, possiamo delineare alcuni elementi essenziali necessari a descrivere la realtà del tutto peculiare nella quale ci troviamo ad operare in quanto Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, e nella moltitudine di compiti nei quali possiamo essere coinvolti. Infatti una simile attività, svolta nelle acque marine di giurisdizione italiana, non poteva che coinvolgere coloro che per primi indirizzano i loro compiti istituzionali non solo alla libera e sicura fruizione del mare, ma anche alla sicurezza dei lavoratori impegnati in queste acque ed alla tutela dell’ambiente marino e costiero.

Vista l’importanza che ricopre l’indipendenza nazionale dal punto di vista del rifornimento energetico, è necessario garantire l’efficienza delle operazioni insieme ad una idonea messa in sicurezza dell’ambiente lavorativo, e questo può essere garantito solo grazie ad una adeguata rete di prescrizioni e controlli, individuati ed attuati grazie ad una continua cooperazione tra tutti quei soggetti, pubblici e privati, che sono in grado di fornire il proprio contributo al settore. Tra questi, come abbiamo visto, oltre al Corpo è di fondamentale rilevanza il Ministero dello sviluppo economico con le sue articolazioni specializzate, quali l’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse e la Direzione generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, che si occupano rispettivamente dell’attività ispettiva e di controllo delle operazioni e del rilascio dei titoli minerari. Parallelamente la Capitaneria competente per territorio si avvale del personale addetto al controllo ed alla gestione del demanio marittimo per rilasciare il necessario titolo autorizzatorio a colui che ne fa richiesta affinché possa procedere con le operazioni in mare.

Il Corpo, nella sua versatilità, deve inoltre essere in grado di verificare la sicurezza sul luogo di lavoro al pari che in una qualsiasi unità navale regolarmente sottoposta a controllo, in particolare per quanto riguarda la preparazione del personale impiegato ed il corretto funzionamento dei necessari sistemi e dotazioni di sicurezza. Ma considerati i peculiari rischi che tali attività possono comportare non possono che essere coinvolti ulteriori enti, capaci ognuno di applicare le proprie conoscenze al caso concreto, quali possono essere i Vigili del fuoco per quanto riguarda le capacità di risposta in caso di incendi ed esplosioni, e le Agenzie regionali per l’ambiente, per i controlli scientifici per

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un adeguato trattamento delle sostanze inquinanti o sulle acque minacciate da queste. Il Corpo delle Capitanerie di Porto si avvale di questi soggetti proprio perché capaci di completare, con le loro conoscenze, l’azione ispettiva prima o correttiva poi, a seguito di un avvenuto evento inquinante originato dalle attività offshore.

La tutela dell’ambiente in particolare è una tematica che in questi ultimi anni sta acquistando sempre maggiore importanza, a livello nazionale e non, e con essa il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare cresce e si evolve al fine di essere in grado di reagire con prontezza ed efficacia agli inquinamenti in mare causati dallo sversamento di idrocarburi con tutti i mezzi a disposizione. Questo implica un coinvolgimento attivo del Corpo, sempre pronto in prima linea in caso di necessità, ma anche il supporto di ulteriori enti coordinati dal Ministero stesso, come abbiamo visto le ARPA presenti in loco, ed i mezzi privati individuati a priori in quanto facenti parte di una più ampia organizzazione, quali i rimorchiatori portuali (quando riconosciuti come dotati delle necessarie capacità) ed i mezzi della società consortile Castalia.

In conclusione possiamo riconoscere come il Corpo delle Capitanerie di Porto, nelle sue articolazioni territoriali, qualora interessate dalle attività offshore nel settore degli idrocarburi, sia attivamente impiegato per la gestione di un settore che porta allo Stato italiano circa il 10% ed il 7% del fabbisogno energetico nazionale, rispettivamente di gas ed olio. Si tratta quindi di un settore rilevante per l’economia del paese ma che allo stesso tempo, se si osservano i dati provenienti dal mondo, è in grado di portare con sé grossi rischi per i lavoratori, per l’ambiente e per tutti i cittadini, e per questo deve essere sottoposto ad una rigorosa disciplina, che sia in grado di trarne il massimo dei benefici senza andare a discapito della sicurezza di tutti.

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Bibliografia

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rischi alla gestione delle emergenze, Roma, Edizioni Themis 2019

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- Eni, Eni For 2017, Rapporto di sostenibilità, Milano, Tipografia Facciotti.

- Associazione georisorse e ambiente, GEAM. Geoingegneria ambientale e

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- Andrea Berlingieri, Lorenzo Fabbro, Italian legislation on offshore activities, Il diritto del mare, Vol. 1, 2018.

- Giacchetta G., Macini P., Mesini E., La sicurezza delle operazioni in mare nel

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- Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego Bay, Giamaica, 10 dicembre 1982.

- Direttiva 92/91/CEE del Consiglio, relativa a prescrizioni minime intese al

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- Direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle condizioni

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- Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla responsabilità

ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, 21 aprile

2004.

- Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio,

Affrontare la sfida della sicurezza delle attività offshore nel settore degli idrocarburi (COM 2010 560 def.), 30 maggio 2011

- Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 26 ottobre 2012.

- Direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli

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- Regolamento di esecuzione (UE) n. 1112/2014, che stabilisce un formato comune

per la condivisione di informazioni relative agli indicatori di incidenti gravi da parte degli operatori e dei proprietari degli impianti in mare nel settore degli idrocarburi nonché un formato comune per la pubblicazione delle informazioni relative agli indicatori di incidenti gravi da parte degli Stati membri, del 13 ottobre

2014.

- Commissione europea, Relazione annuale sulla sicurezza delle operazioni in mare

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2019.

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Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione.

- Legge 10 febbraio 1953, n. 136, Istituzione dell’Ente Nazionale Idrocarburi

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- Legge 11 gennaio 1957, n.6, Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e

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- Legge 21 luglio 1967, n. 613, Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e

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- Legge 31 dicembre 1982, n. 979, Disposizioni sulla difesa del mare.

- Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, Attuazione della Direttiva

92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della Direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto e sotterranee, Gazzetta ufficiale

del 14 dicembre 1996, n.293, supplemento ordinario n. 219

- Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale.

- Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 4 novembre 2010, Piano di

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- Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 145, Attuazione della Direttiva 2013/30/UE

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- Decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201, Attuazione della Direttiva 2014/89/UE

che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo, Gazzetta

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- Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 dicembre 2016, Disciplinare

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- Comitato per la sicurezza delle operazioni in mare, Relazione sulla sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi, 2018.

- ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), Quaderni delle

emergenze ambientali in mare. Sversamento di idrocarburi in mare: stima delle conseguenze ambientali e valutazione delle tipologie di intervento, 2014.

Sitografia

- Ministero dello sviluppo economico: https://unmig.mise.gov.it - Eni scuola: https://www.eniscuola.net

- European civil protection: https://ec.europa.eu

- Assomineraria: https://assomineraria.org/settori/ambiente-e-sicurezza - Rina: https://rina.org/it/fixed-platforms-certification

- Offshore technology: https://offshore-technology.com - Muses project: https://muses-project.com