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3. Troades 1068-1164

3.2 Analisi narratologica

Seneca, a differenza di Euripide, affida a un nunzio anonimo la narrazione dei due eventi che risultano uniti all’interno dello stesso episodio, dove le due morti sono collegate grazie al ritardo della flotta66.

Il ricorso a un nunzio anonimo appare inaspettato, dal momento che Taltibio, presente nei modelli euripidei, compare anche nelle Troades senecane, nella prima rhesis del dramma (168-202). Secondo Fantham, la scelta di far pronunciare la narrazione a un nunzio anonimo deriverebbe dalla volontà di Seneca di affidare il compito a una figura neutrale che possa condannare le uccisioni (scelus, 1057; nefas, 1119; facinus, 1120), e non all’araldo greco Taltibio67.

La presenza del messaggero anonimo ha chiare ripercussioni anche sul piano narratologico. Il nunzio senecano, al contrario di quello euripideo, porta avanti una narrazione del tutto impersonale e condotta con focalizzazione zero. Il messaggero rimane un personaggio non sviluppato, in quanto è del tutto assente qualsiasi riferimento a reazioni emotive o al suo punto di vista, e non vengono fornite informazioni sulla sua posizione nei confronti degli eventi che racconta, diversamente da quanto accade nell’Ecuba in cui Taltibio afferma di essere vicino a Polissena e Pirro (πέλας δ᾽ ἐγώ, Eur. Hec. 524)68. Il messaggero senecano, dunque, sembra quasi

annullarsi come personaggio drammatico, divenendo una semplice voce narrante. Infatti l’esclamazione iniziale (o dura fata, saeua miseranda horrida!, 1056) è da

65 Boyle 2006: 228.

66 Schetter (1965) ricerca le modalità attraverso cui Seneca abbia creato il nesso tra i due episodi.

Lo studioso mette in dubbio che la scelta di unire i due eventi derivi dall’Andromaca di Ennio, poiché non è possibile valutare quanto l’opera abbia influito sul testo senecano a causa del suo stato estremamente frammentario.

67 1982: 366-7. Boyle aggiunge: “His very anonymity deflects attention from messenger to

message.” (1994:224-5).

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ricollegare al carattere formulare dei dialoghi che introducono la rhesis, e non all’espressione di emozioni personali del personaggio69.

Per quanto riguarda il tempo del racconto, il messaggero fa ricorso al racconto simultaneo, riconoscibile dal frequente uso di presenti che rendono l’idea dell’immediatezza (cingitur… coit, 1077; praebet, 1079; gerit, 1089; pergit, 1091; cingit, 1123; odit… spectat, 1129; uident, 1131; stupet, 1143; antecedit, 1147, ecc.)70.

L’impressione di contemporaneità tra atto narrativo e tempo della storia è rinforzata da avverbi (nunc, 1076), e dall’uso di aggettivi e pronomi dimostrativi (turre in hac, 1071; haec nota quondam turris, 1075; his, 1078; his, 1080; hunc… illum… hunc, 1082; hi, 1126; hi, 1127; hos, 1144; hos, 1145).

L’uso del perfetto è confinato in contesti in cui si fa riferimento ad azioni repentine (cecidit, 1158; fleuit, 1160; non stetit fusus cruor / humoue summa fluxit: abduxit statim / saeuusque totum sanguinem tumulus bibit, 1162-4). Questo tempo verbale è utilizzato anche in unione ad ut per esprimere anteriorità rispetto alla proposizione reggente (Praeceps ut altis cecidit e muris puer / fleuitque Achiuum turba quod fecit nefas, / idem ille populus aliud ad facinus redit / tumulumque Achillis, 1118-21), o per dare l’idea di una rapida successione tra due azioni (ut summa stetit / pro turre, uultus huc et huc acres tulit / intrepidus animo, 1091-93; Ut primum ardui / sublime montis tetigit, atque alte editus / iuuenis paterni uertice in busti stetit, / audax uirago non tulit retro gradum, 1148-51; ut dextra ferrum penitus exacta abdidit, / subitus recepta morte prorupit cruor / per uulnus ingens, 1155-8).

Nella prima parte della narrazione, dedicata ad Astianatte, il messaggero non riporta alcuna oractio recta, seguendo il modello euripideo e quello ovidiano. Al contrario, nella parte relativa al sacrificio di Polissena, sono riportate le parole di sdegno della folla di Frigi (1134-6), ma non quelle pronunciate dalla principessa, presenti invece nei due modelli (Hec. 547-52 e 563-5, Met. XIII.457-73).

Gli elementi discorsivi della Polissena euripidea e di quella ovidiana, entrambe caratterizzate dall’irrequietezza, sono assenti in quella senecana71. Di norma le

69 Il nunzio con le parole ferus spectator (1087) e et saeuos ciet/ ad sacra superos (1101-2) non

adotta un punto di vista solidale con i Troiani (cfr. Fantham 1982:373), ma mira a creare un maggiore effetto patetico nel descrivere la sorte dei due prìncipi. Lo stesso interesse per l’elemento patetico è rintracciabile anche nelle descrizioni della reazione emotive della folla.

Per la struttura tradizionale dei discorsi del messaggero e il topos del nunzio, testimone suo malgrado di fatti terribili, cfr.§2.

70 Cfr. §1.3.

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protagoniste euripidee, infatti, giungono all’accettazione della morte dopo una patetica fase di rifiuto: così la Polissena di Euripide, dopo l’iniziale inerzia, rivendica a gran voce la volontà di morire (ἑκοῦσα θνῄσκω, 548) 72.

Al contrario, il silenzio che contraddistingue la Polissena senecana è compensato dalla descrizione delle azioni e dagli aggettivi che inquadrano il personaggio come figura ferma nella sua sfida e nella sua lotta contro il nemico greco, simboleggiato dalla tomba di Achille (audax uirago, 1151; truci uultu ferox, 1152; fortis animus, 1153; irato impetu, 1159)73.

Nelle tragedie di Seneca il discorso del nunzio viene portato a termine senza interruzioni soltanto in quattro drammi: Tro. 168-202, 438-60, Phae. 1000-114, Oed. 530-658 e 915-79, e Ag. 421-578. In questo caso, la rhesis è interrotta dalla reazione di Andromaca che divide la narrazione in due parti: la prima riguardante la morte di Astianatte (1068-1103), la seconda che descrive il sacrificio di Polissena (1118-64).

È possibile notare una struttura chiastica tra il dialogo introduttivo, in cui la notizia delle morti dei due prìncipi è data con la successione Polissena-Astianatte (mactata uirgo est, missus e muris puer, 1063), e la rhesis del messaggero pronunciata secondo successione Astianatte-Polissena. In tale struttura, la vicenda di Polissena occupa le sedi polari che acquisiscono un’importanza patetica maggiore74.

Le due parti in cui si divide la rhesis riproducono uno schema quasi del tutto identico, composto ciascuno di cinque sezioni75. Le prime cinque relative alla vicenda

di Astianatte:

1) Ecphrasis topou d’apertura sulla torre di Troia (1068-74);

2) Descrizione della distribuzione della folla di spettatori che assistono alla morte di Astianatte (1075-87);

3) Descrizione della morte di Astianatte (1088-1103) contenente una similitudine (1093-6);

4) Descrizione del corpo del principe dopo la caduta dalla torre (1110-17); 5) Descrizione delle reazioni della folla di Troiani e Greci per la morte di

Astianatte (1118-21);

72 In modo analogo, nell’Ifigenia in Aulide sono riportate le parole dell’omonima protagonista che

si offre al sacrificio: βρέφος τε τοὐμὸν σῷ προσούδισας πάλῳ (Eur. IA 1551). Cfr. Caviglia 1981: 101-2.

73 Pettine 1974:613-7. 74 Caviglia 1981: 94-6. 75 Zanobi 2014: 178-9.

40 Le sezioni dedicate a Polissena:

1) Ecphrasis topou della tomba di Achille (1121-5);

2) Descrizione della folla di spettatori che assistono alla morte di Polissena (1125- 31);

3) Descrizione della morte di Polissena (1132-59), contenente una similitudine (1140-2);

4) Descrizione delle reazioni della folla di Troiani e Greci per la morte di Polissena (1160-1);

5) Descrizione del sangue di Polissena che viene assorbito dalla tomba di Achille (1162-4).

Le cinque sezioni sono quasi perfettamente simmetriche, ad eccezione delle ultime due che nella parte su Polissena risultano invertite.

Di norma la narrazione senecana inizia con una ecphrasis topou che fornisce indicazioni sulla scena in cui si svolge l’evento. In Seneca la descriptio loci, introdotta solitamente dal topico est (Tro. 1068, cfr. Thy. 641), serve non soltanto a definire il luogo, ma anche l’atmosfera che accompagna l’azione narrata (cfr. Thy 641-81; Oed. 530-47; Ag. 558-66; Phae. 1057-9). Tale uso senecano delle descriptiones risente in particolare dell’influsso dell’oratoria declamatoria e dell’epica augustea caratterizzata da descrizioni lunghe e dettagliate76.

Le descrizioni della folla si configurano come reminiscenza dei cataloghi epici, presente ad esempio Verg. Aen. 12.131-3, dove gli spettatori sono descritti più brevemente.

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