• Non ci sono risultati.

Conclusioni: l’oratio recta e l’apoteosi di Ercole

13. Hercules Oetaeus 1618-1757

13.4 Conclusioni: l’oratio recta e l’apoteosi di Ercole

Una volta conosciuto il motivo del suo male (1259), Ercole può affrontare la morte come se fosse la sua ultima impresa, la più eroica che tutti possano ammirare e

139

ricordare (nunc mors legatur clara memoranda incluta, / me digna prorsus: nobilem hunc faciam diem, 1481-2). Per fare ciò, il personaggio ha bisogno di una grande folla (omnis turba, 1667; omne uulgus, 1745) che assista alla sua rinascita teatralizzata, e richiama a presenziare anche Giove e tutti gli dei (1694-5; 1708-9).

Così come accade per la rhesis delle altre due morti tragiche di Astianatte e Polissena, quella di Eracle viene teatralizzata: egli sale sul rogo, si guarda attorno, comunica le proprie disposizioni, riprende la madre e ammonisce la folla. Ercole sa di essere visto e si comporta come protagonista della sua morte. Ma al contrario delle morti dei due giovani di cui non sono riportati i discorsi diretti, le sue parole sono riferite dal narratore più volte.

Ercole si rivolge a Filottete la prima volta per donargli il proprio arco e per affidargli il compito di accendere la pira; successivamente lo rimprovera per l’esitazione e la paura che l’uomo mostra nel compiere il suo dovere. Il secondo interlocutore del personaggio è la madre, che prima rimprovera e a cui successivamente riconosce il valore.

Tuttavia l’oratio recta che ha l’impatto maggiore nell’economia della narrazione è quella rivolta al padre divino. Nella preghiera, infatti, sono presenti continui rimandi al legame di sangue con Giove (pater, 1696; pater, 1710; natum, 1712; genitor, 1714) che valgono come un’affermazione della sua natura divina che sarà confermata dall’esito dell’impresa, in cui sconfiggerà nuovamente la morte grazie l’apoteosi.

Le orationes rectae contribuiscono a proporre un ritratto del personaggio che sta per essere divinizzato, trionfando sul proprio corpo mortale e malato.

Inoltre, nonostante la vicenda sia narrata e non drammatizzata, attraverso lo strumento dei discorsi diretti Ercole appare un personaggio di grande impatto drammatico anche quando è assente fisicamente sul palco.

140

Conclusioni

L’analisi dei discorsi del messaggero di Seneca mette in luce l’importanza che rivestono le orationes rectae nei segmenti narrativi all’interno del dramma.

Nelle tragedie senecane, infatti, tutte le rheseis anghelikai contengono una o più orationes rectae, ad eccezione di Thy. 641-788344.

In Seneca i personaggi che svolgono la funzione dei nunzi non sono sempre i nuntii propriamente detti, anonimi e di rango umile, ma anche araldi di cui è indicato il nome e dramatis personae che hanno parte attiva nello svolgimento del dramma, o che sono riccamente connotate come personaggi del mito, come Teseo, Andromaca, Creonte, Illo e Filottete.

Dal confronto con i tragici greci emerge che non tutte le rheseis senecane hanno i loro corrispondenti narrativi attici, in quanto i tre tragediografi maggiori mostrano una tendenza a rappresentare le vicende sulla scena piuttosto che a narrarle. Così la catabasi di Ercole è narrata da Teseo (HF 658-829), mentre nell’Eracle di Euripide è solo accennata in uno scambio di battute tra il protagonista e Anfitrione; la rhesis di Andromaca sull’apparizione di Ettore (Tro. 438-60) non ha il suo parallelo euripideo; l’esito dell’oracolo di Delfi è raccontato da Creonte (Oed. 223-38), mentre in Sofocle è riferito brevemente durante il dialogo con Edipo; la scena della necromanzia di Tiresia (Oed. 530-658) è assente in Sofocle; la rhesis dell’apoteosi di Ercole (HO 1618-1757) non ha paralleli nelle Trachinie sofoclee.

Quando il raffronto con le tragedie greche è possibile, si nota sul piano della prospettiva una presa di distanza di Seneca dai modelli.

Mentre nelle rheseis attiche corrispondenti è prediletta la focalizzazione interna, i nunzi senecani ricorrono quasi sempre alla focalizzazione zero, dando vita a un racconto impersonale, dove il narratore, anche nei casi in cui esso è un personaggio comprimario, perde la sua fisionomia drammatica e diviene pura voce narrante345.

Attraverso tale tecnica l’azione drammatica principale si arresta e l’attenzione dello spettatore è dirottata su un’altra scena, in cui il messaggero, adottando il ruolo del

344 Non vengono prese in considerazione Phoen. 320-7 e Med. 879-90, in quanto i nunzi anonimi

non pronunciano alcuna rhesis.

345 L’unica eccezione è rappresentata dalla rhesis di Andromaca (Tro. 438-60) che ricorre alla

141

rapsodo, introduce i personaggi della narrazione che si muovono all’interno di un ambiente e di un’atmosfera definiti dall’ecphrasis topou.

Lo stile epico che permette di associare il nunzio al rapsodo non si limita all’impersonalità del narratore.

È presente, infatti, nelle rheseis senecane una ripresa delle immagini tradizionali dell’epica, sia omerica che virgiliana e ovidiana, quali le descrizioni dei nostoi, ad esempio quello della nave di Agamennone narrato da Euribate; le aristie eroiche, come quella che caratterizza lo scontro tra Ippolito e il toro mostruoso; le catabasi, come la discesa negli inferi intrapresa da Ercole e narrata da Teseo; le evocazioni dei morti, come la necromanzia di Tiresia riferita da Creonte; le preparazioni degli onori funebri, come la descrizione della pira costruita per Ercole346.

I messaggeri senecani adottano, inoltre, anche alcune caratteristiche retoriche tipicamente epiche, come le ecphraseis topou estese con cui si aprono quasi tutte le narrazioni dei nunzi; le lunghe similitudini, come quelle che hanno per oggetto un leone, o un toro, animali connotati dalla forza; i cataloghi, come la descrizione della folla che assiste alle morti di Astianatte e Polissena; le descrizioni dettagliate dei personaggi attraverso segnali psicosomatici; infine il ricorso ai discorsi diretti riportati, ad esempio, il lamento dei marinai della flotta di Agamennone, che si ritrovano in balìa delle onde, è tipico delle descrizioni epiche delle tempeste. Infatti nelle narrazioni epiche i discorsi diretti, insieme all’impiego del racconto simultaneo, contribuiscono a rendere il senso d’immediatezza recuperando la dimensione drammatica347.

Appare dunque evidente che Seneca ricorre allo stile epico nelle sue rheseis anghelikai, sfruttando le tecniche retoriche tipiche del genere e servendosi, in particolar modo, delle orationes rectae.

I segmenti narrativi più o meno estesi, pronunciati dai messaggeri tragici, vengono così controbilanciati dagli interventi drammatici: i nunzi senecani, affidando la parola direttamente ai personaggi presenti nel racconto, danno vita a una vera e propria drammatizzazione di secondo grado.

346 Cfr. Harrison 2015: 181-2.

347 Tra le rheseis esaminate, solo in tre il messaggero ricorre al tempo passato con il racconto

ulteriore: nella narrazione dell’epifania del fantasma di Achille pronunciata da Taltibio (Tro. 168-202), e dell’apparizione in sogno di Ettore riferita da Andromaca (Tro. 438-60); nel racconto di Creonte sull’oracolo di Delfi (Oed. 223.38).

142

La dimensione metateatrale, inoltre, è accresciuta in quei casi in cui sono presenti elementi di teatralità che provocano una spettacolarizzazione della narrazione. Tale è il caso, ad esempio, della descrizione nelle Troades della folla che “assiste” alla morte di Polissena (spectator, 1087; spectat, 1129) in una spiaggia che ricorda la struttura di un teatro (theatri more, 1125), e nell’Hercules Oetaeus in cui il protagonista vuole che Giove e tutti gli dei siano spettatori della sua apoteosi (despiceret, 1695; spectet, 1709) e sono descritte ampiamente le reazioni della folla presente, che riveste il ruolo di pubblico interno alla narrazione.

Da ciò deriva un’espansione del dramma all’interno dei discorsi del messaggero che permette di superare i limiti del genere. Tale dilatazione scenica può avvenire attraverso la creazione di una scena drammatica parallela, come quella rappresentata dalla catabasi di Ercole durante lo scontro tra l’eroe e Lico, oppure di una scena che permette di far avanzare l’azione tragica, come accade, ad esempio, per gli ordini delle ombre di Achille ed Ettore, o per la necromanzia di Tiresia.

Nelle tragedie di Seneca, dunque, l’azione drammatica non si sviluppa solo nello spazio scenico concreto, ma anche in quello evocato dalla parola.

In tal modo i personaggi della tragedia, che ascoltano il messaggero, diventano essi stessi spettatori (interni al dramma), ponendosi sullo stesso piano degli spettatori a teatro (esterni al dramma): Edipo ascolta le parole dell’oracolo e dell’ombra di Laio; al coro sembra quasi di assistere ai ragionamenti che portano Edipo ad accecarsi; il coro delle Troiane ascolta, suo malgrado, l’ordine del fantasma di Achille.

Infine, dallo studio è emerso che il messaggero senecano si serve delle orationes rectae per tre scopi comunicativi principali:

˗ Il primo coincide con quello etopoietico, in quanto è possibile, tramite i discorsi diretti, caratterizzare un personaggio offrendone un ritratto da una diversa angolazione. L’oratio recta permette così di rendere la figura, seppure non presente sulla scena, un personaggio di forte impatto drammatico.

Tale è il caso di quelle dramatis personae, protagonisti della narrazione, di cui sono riportate le battute: Ippolito nello scontro contro il toro mostruoso (Phae. 1000-1114) afferma la propria dimensione di eroe epico in procinto a compiere l’aristia; Edipo (Oed. 915-79), diviso tra ira e ratio, mostra il proprio struggimento interiore che lo porta a scegliere l’accecamento come castigo adatto alle sue colpe; Aiace Oileo (Ag. 421-578), nella sezione a lui dedicata,

143

mostra la sua tracotanza sfidando gli dei; Ercole (HO 775-841) è rappresentato sia nel momento che precede gli effetti del filtro di Nesso, che durante l’agonia, e successivamente (HO 1618-1757) appare come personaggio prossimo alla divinizzazione comunicando le proprie disposizioni, ammonendo la madre e rivolgendo una preghiera a Giove.

La caratterizzazione del protagonista della storia narrata può avvenire anche indirettamente, attraverso l’oratio recta pronunciata da un altro personaggio del racconto. Ciò accade in HF 658-829, dove le parole riportate sono quelle di Caronte, i cui ordini non vengono ascoltati da Eracle che si mostra al pubblico come personaggio connotato principalmente dalla forza e dalla hybris che lo portano a infrangere le leggi divine.

˗ L’oratio recta è impiegata anche per comunicare gli ordini che il messaggero riferisce testualmente, senza porsi come intermediario, al fine di dare autorevolezza alla rhesis. Nelle Troades (168-202), infatti, è comunicato l’ordine dell’ombra di Achille che esige il sacrificio di Polissena; nello stesso dramma (438-60) è riferito anche il comando del fantasma di Ettore che esorta Andromaca a nascondere il figlio per metterlo in salvo; nell’Oedipus prima (223-38) è riportato l’oracolo di Delfi, in cui viene dato l’ordine di punire il l’assassino di Laio in termini ambigui, e successivamente (530-658) sono comunicate le parole del fantasma di Laio che accusa il colpevole e intima ai Tebani di esiliare il re incestuoso.

˗ L’uso dell’oratio recta che riporta la protesta di un gruppo di persone nei confronti di una sventura è funzionale ad accrescere la carica patetica del passo, controbilanciando l’assenza di reazioni emotive del nunzio che narra gli eventi in maniera impersonale. Tale scelta, aumentando l’atmosfera di terrore del passo, influenza la reazione del pubblico, sia interno che esterno al dramma, e rende oggettivo un aspetto saliente del racconto, come la disperazione dei vinti in Tro. 1068-1164 e dei marinai della flotta di Agamennone in Ag. 421-578.

Seneca, dunque, impiega il discorso del messaggero contenente l’oratio recta come una struttura che concorre con quella drammatica principale innovando e quindi rivoluzionando gli schemi fissati dalla tradizione tragica classica.

144

Bibliografia

Albini, U. (1995), “La storia di Edipo in Seneca”, RFIC 123, 428-432

– (1998), Testo e Palcoscenico. Divagazioni sul Teatro Antico, Bari: Levante Editori

Allan, R.J. (2009) “Towards a Typology of the Narrative Modes in Ancient Greek: Text Types and Narrative Structure in Euripidean Messenger Speeches”, in S.J. Bakker and G. Wakker (edd.), Discourse Cohesion in Ancient Greek, Leiden: Brill, 171–203

Amoroso, F. (1981), “Annunzi e scene d’annunzio nel teatro di L. Anneo Seneca”, Dioniso 52, 307–38

Averna, D. (2002), Hercules Oetaeus. L.A. Seneca, Roma: Carocci

Baertschi, A.M. (2010), “Drama and Epic Narrative: The Test Case of Messenger Speech in Seneca’s Agamemnon”, in I. Gildenhard and M. Revermann (edd.), Beyond the Fifth Century. Interactions with Greek Tragedy from the Fourth Century BCE to the middle ages, Berlin: Walter de Gruyter, 249–68

Balula, J.P.R. (2015), “Contributos para a leitura das Troianas de Séneca”, Ágora: estudos clássicos em debate 17, 299-322

Baron, J.B. (1972), Nature imagery in Seneca's tragedies, Ann Arbor: UMI

Barrett, J. (2002), Staged Narrative: Poetics and the Messenger in Greek Tragedy, Berkeley: University of California Press

Bers, V. (1997), Speech in Speech: Studies in Incorporated Oratio Recta in Attic Drama and Oratory, Lanham: Rowman

Billerbeck, M. (1999), Hercules Furens. Seneca, Leiden- Boston- Köln: Brill

Bonelli, G. (1978), “Il carattere retorico delle tragedie di Seneca”, Latomus 37, 395- 418

Boyle, A.J. (1983 ed.), Seneca Tragicus: Ramus Essays on Senecan Drama, Victoria: Aureal Publications

(1987) Seneca’s Phaedra, Liverpool: Cairns (1994), Seneca's Troades, Leeds: Cairns

(1997), Tragic Seneca. An essay in the theatrical tradition, London, New York: Routledge

(2006), An Introduction to Roman Tragedy, London: Routledge (2010), Oedipus. Seneca, New York: Oxford University Press

145

Ruijgh (edd.), Miscellanea tragica in honorem J. C. Kamerbeek, Amsterdam: A.M. Hakkert, 29-49

Canter, H.V. (1925), Rhetorical elements in the tragedies of Seneca, Urbana: University of Illinois

Carena, C. (1971), Opere di Publio Virgilio Marone, Torino: Utet Casamento, A. (2011), Fedra. Seneca, Roma: Carocci

Caviglia, F. (1979), L.A. Seneca. Il Furore di Ercole, Roma: Edizioni dell'Ateneo (1981), L.A. Seneca. Le Troiane, Roma: Edizioni dell'Ateneo

(1986), “L’Oedipus di Seneca”, in B. Gentili e R. Pretagostini, Edipo. Il teatro greco e la cultura europea, 255-274

(1987), “Elementi di tradizione epica nell'Agamemnon di Seneca”, QCTC 4- 5, 145-65

(1990) “La morte di Ippolito nella Fedra di Seneca”, QCTC 8, 119-33 Coffey, M e R. Mayer (1990) Seneca. Phaedra, Cambridge: Cambridge

University Press

Damschen, G. e A. Heil (2014 edd.), Brill's companion to Seneca. Philosopher and Dramatist, Leiden, Boston: Brill

Davis, P.J. (1989), “Death and Emotion in Seneca's Trojan Women”, in C. Deroux (ed.), Studies in Latin Literature and Roman History, vol. V, 305-316 De Meo, C. (1990), Phaedra. L.A. Seneca, Bologna: Patròn

Di Benedetto, V. e E. Medda (1996), La Tragedia sulla Scena, Torino: Einaudi Di Marco, M. (2000), La tragedia greca: forma, gioco scenico, tecniche drammatiche,

Roma: Carocci

Fantham, E. (1982), Seneca's Troades, Princeton: Princeton University Press Fitch, J.G. (1987), Seneca's Hercules Furens, Ithaca: Cornell University Press

– e S. McEiduff (2002), “Construction of the Self in Senecan Drama”, Mnemosyne 55, 18-40

Fo, A. e F. Giannotti (2012), Eneide. Publio Virgilio Marone, Torino: Einaudi Garelli-François, M-H. (1998), “Tradition littéraire et creation dramatique dans les tragedies de Sénèque: L’exemple des récits de messagers”, Latomus 57, 15–32 Genette, G. (1976), Figure III: Discorso del racconto [trad. it. L. Zecchi], Torino:

Einaudi

Gerber, D.E. (1971), “Seneca, Hercules Oetaeus 1697-8”, RhM 114, 91-2

146 Alighieri

Giardina, G. (1987), Tragedie di Lucio Anneo Seneca, Torino: Utet Giomini, R. (1955), Saggio sulla Fedra di Seneca, Roma: Signorelli

Gregorio, L. di (1967), Le scene d'annuncio nella tragedia greca, Milano: Vita e Pensiero

Hanford, T. (2014), Senecan Tragedy and Virgil’s Aeneid: Repetition and Reversal, New York: ProQuest LLC

Harrison, G.W.M. (2000 ed.), Seneca in performance, London: Duckworth (2015 ed.), Brill's companion to Roman tragedy, Leiden: Brill

Henry, D. e B. Walker (1963), “Seneca and the Agamemnon: some thoughts on tragic doom”, CP 58 vol.1, 1-10

(1965), “The Futility of Action: a study of Seneca's Hercules Furens”, CPh 60, 11-22

Herington, C.J. (1966), “Senecan Tragedy”, Arion 5, 422-71

Jong, I.J.F. de (1991), Narrative in Drama: the art of the euripidean messenger- speech, Leiden: Brill

R. Nünlist e A. Bowie (2004), Narrators, Narratees, and Narratives in Ancient Greek Literature. Studies in Ancient Greek Narrative, vol I, Boston: Brill

(2014), Narratology and Classics: A Practical Guide, Oxford: Oxford University Press

Keulen, A.J. (2001), L.A. Seneca. Troades, Leiden: Brill

Kingery, M.H. (1966), Three tragedies of Seneca: Hercules Furens, Troades, Medea, Norman: University of Oklaoma Press

Kohn, T.D. (2007), “Oratio Recta in Senecan Tragedy”, Prudentia 39, 51-76

– (2012) The dramaturgy of Senecan tragedy, Ann Arbor: University of Michigan Press

Lanza, D. (1981), “Lo Spettacolo della Parola”, Dioniso 52, 463-76 Lausberg, H. (1998), Handbook of literary rhetoric, Leiden: Brill

Lefèvre, E. (1981), “L’Edipo di Seneca. Problemi di drammaturgia greca e latina”, Dioniso 52, 243-59

Littlewood, C.A.J. (2004), Self-representation and Illusion in Senecan Tragedy, Oxford: Oxford University Press

147

aesthetics of the Fitting Punishment in Seneca's Oedipus”, Hermes 123, 303- 319

Manieri, A. (1998), L'immagine poetica nella teoria degli antichi: phantasia ed enargeia, Pisa-Roma: IEPI

Marcucci, S. (1996), Modelli “tragici” e modelli “epici” nell'Agamemnon di L.A. Seneca, Milano: Prometheus

(1997), Analisi e interpretazione dell’Hercules Oetaeus, Pisa-Roma: IEPI Marruzzino, S. (1981), “Seneca, Hercules Oetaeus, vv. 201ss.; 757; 806ss.”, Vichiana

10, 182-95

(1985), “Seneca, Hercules Oetaeus, vv. 26ss.; 836ss.”, Vichiana 14, 343-50 (1993), “Seneca, Hercules Oetaeus 817-22: il supplizio di Lica”, Orpheus 14,

1-17

Mendell, W. (1968), Our Seneca, Hamden: Archon Books

Michelon, F. (2015), La scena dell’inganno. Finzioni tragiche nel teatro di Seneca, Turnhout: Brepols

Mugellesi, R. (1973), “Il senso della natura in Seneca tragico”, in Argentea Aetas: in memoriam Entii V. Marmorale, 29-66

Nenci, F. (2004), Euripide. Ippolito, Milano: Signorelli Editore

Neri, A. (1992), “Per una lettura antropologica dell'Alcesti”, Lexis 9-10, 93-114 Paduano, G. (1993), Edipo. L.A. Seneca, Milano: BUR

(1988), “Sofocle, Seneca e la colpa di Edipo”, RFIC 116, 298-317

Paratore, E. (1955), “Note critiche ed esegetiche al testo dell’Hercules Oetaeus”, in Ut pictura poesis, Leiden: Brill

(1957), Storia del teatro latino, Milano: F. Vallardi (2011), Seneca Tragico, Urbino: Edizioni Quattro Venti

Pasiani, P. (1967), “Attonitus nelle tragedie di Seneca”, in A. Traina (a cura di), Studi sulla lingua poetica latina, Roma: Edizioni dell’Ateneo

Pavese, C.O. (2001), “Origine e formazione dell’esametro”, SPFB 6-7, 201-6 Perutelli, A. (2011), Agamennone. Seneca, Milano: BUR

G. Paduano e A. Russo (2013), Studi sul teatro latino, Pisa: ETS

Petrone, G. (1986), “Paesaggio dei morti e paesaggio del male: il modello dell’oltretomba virgiliano nelle tragedie di Seneca”, QCTC 4-5, 131-42

Pettine, E. (1974), Studio dei caratteri e poesia nelle Tragedie di Seneca. Le Troiane, Salerno: Kibotion

148

Pratt, N.T. (1939), Dramatic suspense in Seneca and in his greek precursors, Princeton: Princeton University Press

(1983), Seneca’s Drama, Chapel Hill: The University of North Carolina Press Pypɫacz, J. (2010), The Aesthetics of Senecan Tragedy, Cracovia: Księgarnia

Akademicka

Rijksbaron, A. (1976) “How does a messenger begin his speech?”, in J. M. Bremer, S. Radt e C. J. Ruijgh (edd.), Miscellanea tragica in honorem J. C. Kamerbeek, 293-308

Roisman, H. (2003) “Teiresias, the seer of Oedipus the King: Sophocles’ and Seneca’s versions”, LICS 2.5

Rossi, E. (1999), La follia di Ercole. L.A. Seneca, Milano: Rizzoli (2000) Ercole sul monte Eta. L.A. Seneca, Milano: BUR

Rossignoli, C. (1999), “Seneca e Virgilio”, in Scholia: rivista quadrimestrale di letteratura latina e greca 1(1), 25-35

Runchina, G. (1960), “Tecnica drammatica e retorica nelle Tragedie di Seneca”, Annali delle Facoltà di Lettere Filosofia e Magistero dell'Università di Cagliari XXVIII, 163-324

Schetter, W. (1965), “Sulla struttura delle Troiane di Seneca”, RFIC 93, 396‐429 Scivoletto, N. (2000), Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone, Torino: Utet

Segal, C. (1984), “Senecan Baroque: the death of Hippolytus in Seneca, Ovid, and Euripides”, TAPhA 114, 311-25

(1986), Language and desire in Seneca’s Phaedra, Princeton: Princeton University Press

Segurado, J.A. e A. Campos (1973), “A Narração de Eurìbates”, Euphrosyne VI, 49- 70

Solimano, G. (1991), La prepotenza dell’occhio. Riflessioni sull’opera di Seneca, Genova: D.AR.FI.CL.ET.

Sutton, D.F. (1986), Seneca on the stage, Leiden: Brill Stok, F. (1999), Seneca. Le Troiane, Milano: BUR

Tarrant, R.J. (1976), Seneca. Agamemnon, Cambridge: Cambridge University Press (1985), Seneca's Thyestes, Atlanta: Scholars Press

Tietze, V.S. (1989), “Seneca's Epic Theatre”, in C. Deroux (ed.), Studies in Latin Literature and Roman History, vol. V, 279-304

149 University

(2014), Senecan Tragedy and the Reception of Augustan Poetry, Oxford Scholarship Online

Vegetti, M. (2014), La Repubblica. Platone, Milano: BUR

Wills, J. (1996), Repetition in Latin Poetry: figures of allusion, Oxford: Clarendon Press

Zanobi, A. (2014), Seneca's Tragedies and the Aesthetics of Pantomime, London: Bloomsbury

Documenti correlati