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4.5 FOCUS SU UNA REGIONE ITALIANA SPECIFICA: LE MARCHE

4.5.3 L’ANALISI DI REGRESSIONE

I risultati della regressione OLS ottenuti da Oscar Domenichelli sono presentati nelle tabelle seguenti. In particolare, la tabella 4.17 si riferisce all'intero campione.

Tabella 4.17: analisi di regressione con campione ampio.

Fonte: Domenichelli O. (2012), “A review of the main determinants of capital structure of smaller firms and an empirical investigation on a sample of small Italian firms”.

132 Innanzitutto, l’autore sottolinea che, sulla base del valore del test di Durbin-Watson (2.0111), non si presume alcuna autocorrelazione residua significativa.

Passando invece ad analizzare le singole variabili si osserva che i segni dei coefficienti relativi a ETR, NDTS e DR sono quelli previsti dall’autore nelle ipotesi formulate, ma non sono statisticamente significativi.

Contrariamente all'ipotesi 4, che in accordo con la tradeoff theory prevedeva una correlazione positiva tra la dimensione e la leva finanziaria, la dimensione (FS) è correlata negativamente alla leva finanziaria (D/E) ed è significativa al livello del 5%. Questi risultati, tuttavia, sono in linea con quelli di altri studi che concludono che le imprese più grandi possono avere più utili interni accumulati rispetto a quelle più piccole e quindi possono fare meno affidamento sul debito. Come già asserito nel capitolo secondo, questa interpretazione può indicare un comportamento finanziario gerarchico, dando quindi supporto alla pecking order theory.

Il rapporto tra GO e D/E è positivo, anche se non statisticamente significativo, mentre ci si aspettava un rapporto negativo tra le due variabili. Come osservato da Oscar Domenichelli, se un rapporto positivo e significativo è stato confermato, ad esempio attraverso ricerche in altre regioni d'Italia o in altri paesi, potrebbe significare che le imprese con maggiori opportunità di crescita hanno una maggiore capacità di indebitamento, oppure, secondo la pecking order theory, che gli investimenti crescenti in immobilizzazioni immateriali inducono le imprese ad utilizzare in primo luogo il debito per finanziarle, prima di ricorrere al capitale proprio, quando hanno bisogno di risorse finanziarie esterne.

I risultati della regressione mostrano anche una correlazione negativa tra le attività tangibili (RTFA) e D/E, mentre era stata formulata un'ipotesi contraria. È interessante notare che il rapporto negativo di cui sopra non è in contrasto con la pecking order theory, secondo cui una bassa asimmetria informativa, associata alle attività materiali, potrebbe rendere meno costose le emissioni di azioni, per cui i rapporti di indebitamento dovrebbero essere più bassi quando le imprese hanno attività materiali più elevate. Questo ragionamento però è poco coerente con il fatto che le piccole imprese, come già discusso, tendono a non emettere azioni sul mercato. In ogni caso, essendo la correlazione non statisticamente significativa non è opportuno trarre delle conclusioni a riguardo.

Si riscontra invece un rapporto negativo tra ROA e D/E, che è statisticamente significativo al livello del 5%: come ipotizzato, a supporto chiaramente della pecking order theory, le imprese più redditizie impiegano meno debito, poiché hanno una maggiore disponibilità di fondi interni. È importante sottolineare il fatto che questo risultato è comune a tutti i modelli ed è sempre significativo sia per le grandi che per le piccole imprese, rivelando effettivamente che gli utili reinvestiti sono la fonte preferita dalle imprese, in quanto sono la fonte meno costosa, come sostenuto dalla pecking order theory.

Come previsto, anche l'età è correlata negativamente alla leva finanziaria ed è statisticamente significativa a livello del 10 %. Ciò implica una riduzione dell'importanza del debito nella fase di maturità di un'impresa, in quanto ha accumulato utili non distribuiti nel tempo, e può dunque mostrare una preferenza per la finanza interna rispetto a quella esterna, cioè un comportamento finanziario basato sulla pecking order theory. Inoltre questa correlazione suggerisce che le imprese più giovani mostrano un maggior livello di leva finanziaria e dunque tendono ad avere rapporti di indebitamento più elevati, probabilmente perché sono ancora in crescita e non sono ancora in grado di generare utili sufficienti per l'autofinanziamento. Questi risultati, che erano stati ottenuti anche da Susan Coleman (“Capital structure in small manufacturing firms: Evidence from the data”, 2006) per le PMI statunitensi, sono anche coerenti con la teoria del ciclo di vita di Berger e Udell (“The economics of small business finance: The roles of private equity and debt markets in the financial growth cycle”, 1998).

133 La successiva tabella 4.18 riporta invece i risultati della regressione ottenuti da Oscar Domenichelli per le imprese del sottocampione manifatturiero, mentre la tabella 4.19 riguarda le imprese del sottocampione commerciale. La successiva analisi simultanea delle tabelle 4.17, 4.18 e 4.19 consentirà un importante confronto tra tutte le imprese di ciascun settore e tra le imprese dei due settori.

Tabella 4.18: analisi di regressione del sottocampione di imprese manifatturiere.

Fonte: Domenichelli O. (2012), “A review of the main determinants of capital structure of smaller firms and an empirical investigation on a sample of small Italian firms”.

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Tabella 4.19: analisi di regressione del sottocampione di imprese commerciali.

Fonte: Domenichelli O. (2012), “A review of the main determinants of capital structure of smaller firms and an empirical investigation on a sample of small Italian firms”.

Nei sottocampioni manifatturiero e commerciale, i fattori determinanti della struttura del capitale hanno la stessa influenza sulla leva finanziaria in termini di segni, tranne che per le immobilizzazioni materiali (RTFA), che risultano negativamente correlate al leverage per le imprese appartenenti al campione manifatturiero e positivamente correlate per le imprese del campione commerciale; tuttavia in entrambi i casi le attività tangibili non sono un fattore statisticamente significativo.

È curioso osservare che nessuna delle correlazioni è statisticamente significativa per le imprese del settore commerciale. Al contrario, per il settore manifatturiero le relazioni tra D/E e alcune variabili indipendenti sono statisticamente significative con ETR significativa a livello dell’1% e DR, FS e ROA a livello del 5%, confermando e supportando sostanzialmente i risultati per le piccole imprese studiate nel loro complesso.

In particolare l’aliquota fiscale ETR è positivamente correlata alla leva finanziaria, come previsto dall’autore nell’ipotesi 1: poiché gli oneri finanziari sono deducibili dal reddito societario, le piccole imprese redditizie cercano di aumentare il livello del debito per ridurre l'imposta sulle società e aumentare il loro valore.

Il rischio di insolvenza (DR), secondo l’ipotesi 3 è correlato negativamente alla leva finanziaria poiché, secondo la teoria del tradeoff, l'aumento dei costi diretti e indiretti di difficoltà finanziarie impedisce alle imprese di assumere un livello considerevole di indebitamento e tali costi sono più

135 elevati quando l'utile operativo di un'impresa è più volatile, essendo le possibilità di fallimento maggiori. I risultati della regressione confermano questa ipotesi.

Per quanto concerne le altre due variabili statisticamente significative, ossia dimensione (FS) e redditività (ROA), sono entrambe negativamente correlate alla leva finanziaria come nei risultati del campione complessivo e le considerazioni sono dunque le medesime.

Anche in questo caso il test di Durbin-Watson (2.1478) non mostra una significativa autocorrelazione tra i residui.

Per quanto riguarda lo studio comparato delle tre tabelle, va notato che i segni delle correlazioni nei due sottocampioni sono sostanzialmente gli stessi di quelli del campione più grande, ad eccezione della RTFA nel sottocampione commerciale che mostra una correlazione positiva con D/E.

Tuttavia, mentre i valori dei coefficienti sono in molti casi simili se si confrontano l'intero campione e il sottocampione manufatturiero (NDTS, DR, FS, ROA e AGE), vi è meno somiglianza tra l'intero campione e il sottocampione commerciale (DR e ROA).

I risultati complessivi mostrano chiaramente l'importanza della pecking order theory nel determinare il comportamento finanziario delle piccole imprese analizzate. Inoltre, non suggeriscono la presenza di costi di agenzia del debito e questo può essere dovuto, almeno in parte, all'uso di beni personali come garanzia del debito d'impresa. Infine, i risultati non indicano un forte sostegno alla teoria del tradeoff, anche se i segni delle correlazioni tra leva finanziaria e aliquota d’imposta effettiva, scudi fiscali non debitori, rischio di insolvenza, insieme all'importanza dell'onere fiscale e degli scudi fiscali non debitori delle imprese osservate, non escludono un livello di indebitamento ottimale a lungo termine, verso il quale le imprese convergono per compensare i costi di bancarotta con i benefici fiscali associati al finanziamento del debito.

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CAPITOLO QUINTO: SISTEMI

FINANZIARI ORIENTATI AI MERCATI E ORIENTATI ALLE BANCHE

Da un punto di vista macroeconomico i dati aggregati mostrano che le strutture finanziarie sono diverse da nazione a nazione: la leva finanziaria delle imprese americane e inglesi è più bassa di quella delle imprese italiane, francesi, tedesche, giapponesi. Nei primi paesi, più orientati ai mercati, i sistemi finanziari vengono generalmente chiamati market based mentre nei secondi, più orientati al finanziamento bancario i sistemi finanziari sono conosciuti con il nome di bank based.

Questo capitolo si propone di approfondire entrambi questi sistemi. A tal fine, si farà maggiormente riferimento all’analisi condotta da Rajan e Zingales nel loro articolo del 2003 “Banks and Markets:

The Changing Character of European Finance”. Nel loro documento, loro preferiscono distinguere i sistemi finanziari in arm’s length quando le imprese devono spesso raccogliere denaro e restituire denaro a mercati di libera concorrenza e relationship based quando il capitale circola essenzialmente all'interno di un insieme di società e istituzioni collegate. Spesso si tende a far coincidere i primi con i sistemi market based e i secondi con i sistemi bank based ma in realtà ci sono delle differenze, seppur sottili che saranno messe in luce nel corso del capitolo.

Obiettivo dell’analisi sarà cercare di capire quali fattori hanno determinato la creazione di questi sistemi di finanziamento opposti e se esiste un sistema preferibile e in quali condizioni. Come si evincerà dalla lettura di questo capitolo, sia i sistemi arm’s length che i sistemi relationship based hanno i loro costi e benefici ma questi dipendono sia da caratteristiche specifiche dell’impresa sia da condizioni macroeconomiche.

Questo studio percorrerà il periodo antecedente alla crisi del 2008. Tuttavia come emergerà nel paragrafo conclusivo, la crisi finanziaria ha messo fortemente in discussione ampie porzioni della teoria economica fino ad allora indiscusse.