• Non ci sono risultati.

Analisi sociopolitico ed economico delle monarchie del Golfo

CAPITOLO IV: I Paesi “terzi del Mediterraneo”: Egitto e monarchie del

4.2 Analisi sociopolitico ed economico delle monarchie del Golfo

Figura 31 Mappa degli Stati GCC

Per quanto riguarda le monarchie del Golfo, in ambito internazionale esse sono meglio note come membri del Consiglio di cooperazione degli Stati del Golfo Persico, abbreviato con gli acronimi GCC e CCASG. 15

Nata nel 1981 su forte pressione dell’Arabia Saudita e degli Stati Uniti, essa riunisce le sei Stati del Golfo Persico, tra l’altro tra i principali produttori di petrolio nel mondo, all’incirca del 30 % della produzione mondiale.

15 GCC: Gulf cooperation council(dictionary Cambridge).

Lo scopo primario di questa Organizzazione sin dai suoi arbori è l’integrazione economica, militare, politica e sociale.

Il Consiglio attualmente è composto da sei Stati monarchici: tre monarchie costituzionali (Qatar, Kuwait e Bahrein), due monarchie assolute (Arabia Saudita e Oman), uno Stato al cui interno sono presenti monarchie assolute federali (Emirati Arabi Uniti), che raccoglie sette emirati. La sede centrale è a Riad, in Arabia Saudita.

Nello stesso anno della sua fondazione fu siglato un importante accordo che aprì le frontiere economiche tra tutti gli Stati appartenenti al GCC. Questo provvedimento lo possiamo considerare di elevata importanza, in quanto segno tangibile di un inizio per questo settore del Mediterraneo del processo di integrazione, presupposto fondamentale per abbattere le barriere tra i vari Stati e favorire lo sviluppo.

La trattazione di questi Stati, seppur collocata nella stessa zona mediterranea dell’Egitto, viene effettuata separatamente in quanto vi è una forte contrapposizione politica ed ideologica tra di essi.

Al panarabismo egiziano, infatti, vi si contrappone la scelta forte da parte del GCC di opporsi all’influenza iraniana. Quest’ultimo concetto fu tangibile nel 1990 quando l’Organizzazione si schierò a favore della guerra contro l’Iraq, guidata dagli Stati Uniti, sotto l’egida dell’ONU.

L’Egitto, invece, aderì nel 1989 al CCA, Consiglio di cooperazione araba, fondata da Saddam Hussein a favore dell’espansione verso gli altri Stati del panarabismo sia in ambito economico, politico e sociale.

La CCA, però, non fu molto duratura. A seguito della sconfitta dell’Iraq nel 1991durante la guerra contro gli USA, questa organizzazione cessò di esistere. Se l’Egitto risulta ostile nei confronti di un dialogo con organi internazionali, il GCC diventa il canale principale per le relazioni tra l’UE e gli Stati membri, con cui vengono condivise anche ideologie circa una soluzione ai problemi del Medio Oriente.

Attualmente i Paesi del Golfo sono interessati da notevoli cambiamenti politici, sociali ed economici che hanno ridisegnato notevolmente gli spazi politici nell’area. Ciò è conseguenza delle cosiddette primavere arabe, rivolte che dal 2011 caratterizzano questa zona ed hanno sovvertito la struttura preesistente dei vari Stati. I principi cardine su cui queste si basano sono l’inclusione e la democratizzazione.

I manifestati si sono riuniti sia nelle piazze fisiche che virtuali dei social media, ribadendo l’importanza della tecnologia quale strumento idoneo, a volte inattaccabile, di uno Stato per affermarne l’identità culturale e sociale, ed il pensiero politico.

Tali manifestazioni hanno avuto tematiche differenti: dalla riforma politica ed uguaglianza in Bahrein, l’occupazione ed inclusione sociale in Oman, alla lotta alla corruzione in Kuwait. Tali ideologie, differentemente da quelle evidenziate nel modello egiziano dove il conservazionismo e l’accentramento del potere in una cerchia ristretta e nobile sono sovrane, si incentrano sul tentativo di creare un ordine stabile e decentralizzato.

Gli effetti che queste manifestazioni hanno avuto sulle monarchie del Golfo sono stati attenuati tramite politiche preventive, come sovvenzioni e un aumento dell’occupazione nel settore pubblico, e da misure repressive, in particolar modo nel Bahrein, tramite la territorializzazione del potere, costruendo Stati-nazione con valori tipici del Novecento: pagamento delle tasse, coscrizione militare.

Sebbene le procedure contenitive da parte di questi Stati, il Bahrein non è riuscito a evitare gli effetti delle primavere, a causa di una situazione interna fortemente segnata dalle profonde divisioni tra l’élite sunnita dominante e la maggioranza sciita della popolazione, in buona parte esclusa dal potere e dai benefici ad esso associati.

Tutto ciò avviene senza perder di vista il processo di ammodernamento e di apertura verso lo scenario “al di là” del mediterraneo orientale.

I leader che guidano tale processo sono sempre più giovani anagraficamente, per visione e strategie di comunicazione, rendendo autoritarie le linee programmatiche in quanto provenienti dall’alto.

Ma sebbene i membri della GCC siano meno ancorati alle tradizioni e sono alla ricerca di un equilibrio quanto più condiviso dalla popolazione, il contributo dei cittadini per attuare tale cambiamento non è consentito in tutti i settori, ma solo su temi negli spazi e nei tempi autorizzati.

Nello scenario geopolitico del Medio Oriente, dunque, la GCC ha da sempre avuto una posizione centrale ed attivo i cui continui dissensi al suo interno, però, hanno causato una vera e propria crisi diplomatica tra i membri dell’organizzazione stessa.

In particolare, è in corso un contenzioso tra il Qatar e tale Consiglio in quanto i secondi accusano lo Stato qatariano di sostenere gruppi terroristici e sette, tra cui i fratelli musulmani, di finanziare i gruppi associati all’Iran e di violare la sovranità dei Paesi vicini, fomentandone il dissenso politico.

Così come nel caso dell’Egitto, sebbene l’Unione Europea voglia fondare i propri accordi su una condivisione dei diritti umani e della struttura politica, essa cerca comunque di creare legami economici e commerciali solidi.

A tal scopo nel 1998 venne firmato un accordo di cooperazione tra l’UE e la GCC al fine di rafforzare la stabilità in una regione così strategica, facilitare rapporti politici ed economici, ampliare la cooperazione economica, tecnica e nei vari ambiti produttivi.

Bisogna comunque considerare che tra i fattori scatenanti di questa crisi all’interno del GCC è rappresentato dall’insieme di scelte in materia di politica estera, assumendo i connotati per una vera e propria crisi dell’istituzione di tale organizzazione, considerata da molti ormai già in frantumi.

Infatti, se nel 1981 le monarchie del Golfo avevano reagito alla percezione della “minaccia Iran” dando vita al GCC, le monarchie di oggi rispondono all’ascesa transnazionale dell’Iran coniugando assertività geopolitica e ricorso allo strumento militare.

Proprio la crescita delle ambizioni regionali delle monarchie del Golfo, in Medio Oriente, Nord Africa e nel Corno d’Africa, produce competizione e conflittualità all’interno dello spazio politico-sociale del GCC.

Per quanto riguarda l’aspetto geoeconomico, in questa zona risulta preponderante la ideologia islamica, realtà di importanti dimensioni nel panorama internazionale, ma incomprensibile per la maggior parte del mondo occidentale.

I presupposti di tale economia si fondano su principi etico-religiosi che la pone in netto contrasto alla finanza occidentale, dove la laicità ed il libero mercato ne costituiscono pilastri e linee guida.

Le attività e le transazioni economico-finanziarie, infatti, sono influenzate dalle fonti giuridiche dell’Islam rappresentati dal Corano e la Sunna, testi sacri che nel mondo orientale assumono in tutto e per tutto i riferimenti su cui si sono sviluppate le strutture e le istituzioni necessarie per costruire un modello economico e finanziario.

La religione islamica, infatti, stabilisce una chiara distinzione tra ciò che è consentito (halal) e ciò che è vietato (haram), proibendo ogni attività che comporti la riba, ovvero l’usura. Quest’ultimo concetto assume un’accezione più ampia, includendo anche il pagamento di interessi, come l’attività bancaria convenzionale, l’assicurazione e riassicurazione convenzionale.

Sono vietate, inoltre anche attività più ordinarie come la produzione e la vendita di bevande alcoliche, l’allevamento, la lavorazione e la vendita di carne di maiale, le armi, il tabacco ed infine i casinò.

Alla proibizione della riba si lega il concetto di espropriazione di capitale in favore della sua accumulazione, in contrasto con l’idea di redistribuzione delle risorse in nome della massimizzazione del benessere della società.

Inoltre, il legame fra transazioni finanziarie e attività economica reale risulta inscindibile. Assumono, infatti, vitale importanza anche il divieto dell’incertezza (ghàrar) e della speculazione (maysìr).

Il rendimento di un investimento è lecito, infatti, solo se il capitale assume la forma di un’attività reale, non monetaria, e se ad essa si associa all’assunzione di un rischio imprenditoriale.

Tutti i prodotti islamici, sia nel mercato di capitali che nella gestione dei fondi destinati allo sviluppo delle attività commerciali, si strutturano sulla base di due metodi principali che garantiscono anche la conformità̀ alla norma religiosa del divieto di interesse:

• PLS (Profit – Loss Sharing), che consiste nella condivisione dei rischi e degli investimenti.

• Mark-up o trade-based, ovvero l’acquisto e la rivendita con pagamento del servizio offerto.

La quota di mark-up viene definita in anticipo alla stipula del contratto in modo che non possa essere confusa con un interesse.

Sebbene questa netta differenziazione ideologica su cui si basa la loro economia, i sei Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo sono strategicamente più importanti del loro peso economico a livello internazionale, inferiore al 2% del PIL mondiale.

I pozzi petroliferi in queste regioni forniscono approssimativamente: • 20% di petrolio (16,6 milioni di barili al giorno in media nel 2013)

• 10% della quantità di gas naturale estratto nel mondo (una media di 6,4 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno nel 2013).

Inoltre, a causa della grande quantità di capacità mineraria inutilizzata, soprattutto in Arabia Saudita, svolgono un ruolo fondamentale nella regolamentazione del mercato degli idrocarburi durante i periodi di tensione.

Essi, nel corso degli anni, hanno accantonato le maggiori entrate petrolifere in fondi sovrani, che attualmente hanno una capitalizzazione pari a un terzo del totale mondiale in questa categoria e detengono quote significative di società ed obbligazioni estere, in particolare dei Paesi sviluppati.

Infine, per la loro posizione geografica, sono un punto di transito fondamentale per il commercio internazionale, in particolare tra Asia, Europa e Africa, ospitando importanti hub internazionali per i servizi finanziari, commerciali e di trasporto.

La partnership commerciale tra Paesi del GCC e Asia è cresciuta stabilmente negli ultimi anni, arrivando a sostituire Stati Uniti e Unione europea nella scala d’importanza del commercio estero. Giappone, Cina, Corea del Sud e India costituiscono assieme il 72% dell’interscambio complessivo del Gcc con l’Asia, che in totale ammonta a più del 60% dell’interscambio totale del Golfo, passato dai 480 miliardi di dollari agli 814 miliardi. Sul piano delle relazioni commerciali con la Ue, invece, a partire dal 2001 si è registrata una crescita degli scambi.

Parallelamente al rilancio dell’unione doganale da parte del Gcc, l’Ue ha approvato un nuovo mandato negoziale che non è più incentrato sul solo interscambio commerciale, ma riguarda anche la liberalizzazione del commercio di servizi, la concorrenza, gli appalti pubblici, la cooperazione doganale e le barriere non tariffarie al commercio.

Se il Gcc ambisce soprattutto alla riduzione delle tariffe europee sulle sue esportazioni di prodotti petrolchimici, l’Ue è interessata a un abbattimento tariffario sulle sue esportazioni industriali. Quest’ultimo obiettivo in realtà è stato già in parte ottenuto grazie al basso livello della tariffa esterna concordata dal Gcc per l’unione doganale.

Per quanto riguarda la dinamica del Pil nei Paesi Gcc, essa è stata particolarmente sostenuta nel quinquennio 2004-08 (8,3% il tasso medio di crescita).

Figura 32 Evoluzione prezzi del petrolio

In questo periodo le economie del Golfo hanno beneficiato del sensibile rialzo del prezzo del petrolio, della favorevole congiuntura mondiale e di consistenti investimenti in infrastrutture e nella diversificazione del sistema produttivo finalizzata a ridurre la dipendenza dagli idrocarburi.

Lo sviluppo delle attività no-oil (non petrolifere), inoltre, ha registrato un tasso di crescita medio a doppia cifra (10,9%), coinvolgendo principalmente trasporti e comunicazioni, finanza, servizi turistici e congressuali, immobiliari, residenziale-turistico e uffici.

Gli investimenti nella produzione sono concentrati principalmente nelle industrie ad alta intensità energetica (petrolchimico, lavorazione dei metalli) e negli impianti di liquefazione del gas naturale, per consentirne il trasporto marittimo, la generazione di energia e il trattamento delle acque.

Questi sforzi hanno portato, però, ad una riduzione del peso degli idrocarburi nell'economia, dal 35,5% del valore effettivo al 26,7%, ma la dipendenza dei Paesi del GCC dagli

Beneficiando della domanda internazionale di energia e materie prime, le transazioni commerciali nella regione del Golfo sono notevolmente aumentate. Basti pensare che nel 2012 essa aveva raggiunto 1.365 miliardi di dollari, circa 30% in più rispetto all’anno precedente.

Inoltre, informazioni dettagliate sulle materie prime di esportazione mostrano l'importanza assoluta di energia e minerali, che costituiscono l’83% dell’esportazione complessiva, seguite da varie materie prime, pietra, vetro e ceramica (4%) ed infine dalla gomma e dalla plastica (3%).

In particolare:

• In Bahrain la seconda categoria dell’export sono i metalli, che rappresentano circa il 22% delle merci esportate.

• Essi sono rappresentati da minerali quali il ferro e l’acciaio nei primi stadi della lavorazione, oltre ad alluminio e suoi lavorati.In Oman anche mezzi di trasporto diventano fattori importanti di esportazione (24%), seguiti da prodotti chimici (13%) e metalli (11%).

• In Kuwait si trovano i prodotti chimici (4%), come in Qatar (4%), dove si evidenziano anche prodotti in gomma e plastica (4%).

• in Arabia Saudita assumono un peso relativo i prodotti chimici (6%) e i lavorati in gomma e plastica (5%).

• per l’export degli Eau sono rilevanti anche le pietre, vetro e ceramica (14%), in particolare oro e diamanti nei primi stadi della lavorazione.

Per quanto concerne le importazioni, risultano rilevanti i macchinari, con una percentuale complessiva di circa il 24%, i mezzi di trasporto (17%), le pietre, vetro e ceramica (11%), i prodotti dell’agro-alimentare (10%), i minerali (9%), i metalli (8%).

I macchinari importati sono in prevalenza meccanici (13%) ed elettrici (9%): tra i meccanici sono importati macchinari ad impiego generale e speciale, mentre tra gli elettrici si segnalano apparecchi per la telefonia, cavi isolati, generatori, pannelli solari.

Nel dettaglio dei vari Paesi si evince che la componente dei macchinari riveste ovunque un ruolo predominante nell’importazione, con quote che vanno da circa il 28% in Qatar, al 17% in Oman.

Questo è il segno tangibile di come sono presenti materie prime in questa zona ma il mancato sviluppo tecnologico, causato a volte anche da un background culturale conservazionista, impediscono un pieno sviluppo di tutte le risorse.

Nell’ambito dello sviluppo dei mezzi di trasporto, sia per quanto riguarda la produzione destinata al mercato interno che esterno al proprio Paese, i veicoli e gli aerei costituiscono i principali prodotti destinati alla vendita.

Per quanto concerne i prodotti minerari,i più importanti sono costituiti in prevalenza da petrolio raffinato e minerale di ferro.

L’industria mettarlurgica, invece, tramite la produzione prevalentemente di articoli in ferro e acciaio, vede nel ferro e acciaio stesso le principali voci che compongono questa categoria. Il quadro che si evince tramite questa analisi economica sembra non far trasparire una situazione complessiva di progressione, in quanto gli alti tassi di esportazioni vengono annullati da altrettante importazioni.

È necessario, dunque, affinché si possa raggiungere una situazione di benessere che diventi stabile nel tempo, effettuare un vero e proprio sviluppo tecnologico, facendo accrescere sempre maggiormente il valore delle esportazioni ma riducendo drasticamente quello delle importazioni.

Solo così si potrà raggiungere la giusta concorrenzialità all’interno dello scacchiere geopolitico internazionale.

4.3 Come possono cambiare gli equilibri del Medioriente? In che modo

Documenti correlati