• Non ci sono risultati.

AL MUSEO DIOCESANO DI VALLO DELLA LUCANIA

4. Analisi tipologica

Le forme ricorrenti nella produzione di cofanetti, sono sostanzialmente tre: a. Alcuni cofanetti, di dimensioni maggiori (30/40 cm sia in altezza che in

larghezza), hanno pianta ottagonale e coperchio piramidale: la qualità

dell’intaglio in tutta questa serie è molto elevata (fig. 2).

b. Un altro gruppo di cofanetti, più esiguo, presenta una pianta esagonale e coperchio piramidale (fig. 3); stilisticamente, i rilievi sono molto vicini a quelli dei cofanetti ottagonali.

c. La maggior parte della produzione embriachesca presenta forma rettangolare, con dimensioni comprese dai dieci cm fino ad una lunghezza di circa 50 cm: essendo questo il gruppo più cospicuo, le differenze di stile e di qualità sono enormi.

Fig. 2: Bottega degli Embriachi, cofanetto, Milano, Ambrosiana

Fig. 3: Bottega degli Embriachi, cofanetto, Roma, Palazzo Venezia

Per tutte le tipologie elencate il rapporto strutturale con la corrispondente produzione nordica e il confronto con oggetti con uguale destinazione d’uso di produzione francese rivela come negli esempi italiani la struttura sia più complessa, con forme architettoniche molto più articolate, con rapporti più

Maria Lucia Mautone

elaborati tra il corpo dell’oggetto e il coperchio, con continue alternanze di pieni e di vuoti, almeno per la produzione di qualità maggiore.

Al primo gruppo appartengono i cofanetti che presentano grandi affinità con il trittico pavese (fìg. 1) e con i frammenti dei due cofani ora al Metropolitan Museum, e che si continuano ad indicare per convenzione con il nome di Bottega degli Embriachi. La tarsia lignea è di qualità molto alta, con tessere lignee ed eburnee di piccolissime dimensioni, dalla delicata policromia giocata sulle tonalità del bianco, marrone, verde, nero e accostate in modo da formare motivi geometrici a volte anche molto complessi, attinte dal bagaglio figurativo del disegno toscano­ giottesco19. Le figure mostrano una grazia di un goticismo misurato adattato ad una certa staticità voluta dalla consistenza del materiale e della tecnica usata, in quanto i sottili listelli eburnei non consentono alle fìgurette di disporsi con troppo agio. Altri elementi comuni a questo gruppo e al trittico di Pavia sono la presenza costante sullo sfondo di un paesaggio che serve ad ambientare la scena in uno spazio quanto meno abitabile. Inoltre la scansione del racconto in scene distinte e mai affollate rimanda ad una esigenza di chiarezza narrativa, comune anche alla tradizione pittorica trecentesca toscana. E’ qui stemperato il carattere puramente decorativo della produzione francese20, con un’attenzione maggiore rivolta al racconto della storia illustrata. Questo è possibile anche per le dimensioni dei cofanetti appartenenti a tale gruppo, vale a dire tutti quelli ottagonali ed esagonali, e i più imponenti tra quelli rettangolari (fig. 4).

Fig. 4: Bottega degli Embriachi, cofanetto, Parigi, Museo di Cluny

19 G. A. DELL’ACQUA, Embriachi. Il trittico di Pavia, Op. cit.

20 O. BEIGBEDER, Le Chateau d ’Amour dans l ’ivoirerie et sons symbolisme, in Gazette des Beaux Arts, 1951, pp. 65-76

Un cofanetto nuziale della Bottega degli Imbriachi al Museo Diocesano di Vallo della Lucania

Già Schlosser, nel suo studio del 1899, aveva individuato le storie raffigurate su questi cofanetti; i soggetti sono rappresentati in modo sempre uguale, come se si attingesse ad un modulo prestabilito per la loro rappresentazione: si tratta per lo più di storie della vita di Paride, Piramo e Tisbe, Giasone, Griselda, il Cavaliere del Cigno21. Quando i coperchi sono figurati presentano due sole varianti: la prima prevede la rappresentazione delle virtù; la seconda, più rara, presenta una serie di figure completamente nude (fig. 5).

L’analisi dei soggetti e dei temi affrontati riporta ad un sostrato culturale in cui elementi classici e tradizione medioevale si confondono. Tale atteggiamento sfocerà durante il Rinascimento dando vita a quella vasta e importantissima produzione di cassoni nuziali. Tutte queste considerazioni inducono a far ritenere plausibile che la morte di Giovanni di Jacopo, avvenuta tra il 1401 e il 1406, segni la fine di questa alta e raffinatissima produzione.

Rivelano, inoltre, legami con la produzione della Bottega degli Embriachi alcuni cofanetti di dimensioni minori, come quello di Berlino (fig. 6), e quello di Vienna (fig. 7), o quello del Museo Correr a Venezia (fig. 8): qui la qualità si fa più dozzinale e l’esecuzione molto più meccanica; ci si limita a presentare coppie di figure accostate in atto di colloquiare, mentre l’intento narrativo viene del tutto abbandonato.

Fig. 5: Bottega degli Em briachi, cofanetto, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Fig. 6: Bottega degli Embriachi (?), cofanetto, Berlino-Dahlem, Staatliches

Museum

Maria Lucia Mautone

Fig. 7: Bottega degli Embriachi (?), cofanetto, Vienna, Kunsthistoriches Museum

Un cofanetto nuziale della Bottega degli Imbriachi al Museo Diocesano di Vallo della Lucania

Questi caratteri sono di sostegno all’ipotesi di una produzione in serie, quasi industriale, per la Bottega degli Embriachi, già presentata da Semper nel 1896 e più di recente ribadita da Paola Giusti22. Da una parte, quindi, si realizzavano oggetti di grande pregio e alta qualità dove, nonostante la ripetitività del registro figurativo, venivano presentate composizioni più o meno complesse con grande cura nell’intaglio; dall’altro lato si eseguivano lavori “commerciali”, a basso costo, e di qualità così bassa da non riuscire a distinguere la mano del capo bottega23. Dall’analisi di quest’ultima produzione, si può tentare l’ipotesi secondo la quale l’attività della bottega si fosse protratta fino a qualche anno dopo la morte di Giovanni di Jacopo, anche se la datazione non si può spingere oltre il primo decennio del XV secolo. A sostegno di tale datazione ai primissimi anni del Quattrocento, è un confronto con le vesti presenti negli affreschi vicentini di Michelino da Besozzo e datati tra il 1404 e il 1410 (chiesa di Santa Corona) oppure nella miniatura dello stesso Michelino dell’elogio funebre di Gian Galeazzo Visconti, eseguita nel 140324.