144 pag., ili., 32 tavole a colori, € 25,oo -
ISBN 88-902317-6-9).
Immaginate di trovare un’antica carta geografica del Regno di Napoli, del periodo aragonese (seconda metà del Quattrocento), precisa e dettagliata come le moderne tavole dellTGM. Con la rappresentazione delle terre, dei monti, dei boschi, dei fiumi, dei ponti, dei laghi, delle strade, delle taverne, delle coste, dei porti, delle isole, dei casali, dei paesi, delle rocche, dei castelli, delle fortezze, dei centri distrutti o in rovina, dei monasteri, dei santuari, dei mercati, delle miniere, delle saline, delle cave di tufo. E tutto questo indicato non solo con scritte e toponimi, ma anche con disegni degli edifici, e viste a volo d’uccello delle città. Quante preziose informazioni essa potrebbe offrire agli studiosi di tutte le discipline, dall’architetto allo storico, dall’archeologo al geografo, e così via!
Ma, direte, carte del genere non esistono! Nel Quattrocento si comincia appena a delineare l’Italia nel suo insieme, seguendo le carte annesse alla riscoperta Geografìa di Tolomeo; comunque il disegno è fortemente deformato, quasi una caricatura, e bisognerà aspettare il Magini, agli inizi del Seicento, per avere una rappresentazione decente dell’Italia e delle sue regioni, anche se non in dettaglio.
Eppure, queste carte esistono! Furono realizzate alla fine del Quattrocento, per le necessità del Regno di Napoli, forse sotto la direzione di Giovanni Gioviano Pontano, umanista e primo ministro del re Ferdinando d’Aragona. I tecnici aragonesi ripresero, primi fra tutti, le tecniche cartografiche utilizzate dagli antichi agrimensori romani, integrate con i calcoli astronomici tolemaici, con l’utilizzo di
Mario Serra
un valore corretto del meridiano terrestre, e associando l’antica strumentazione alle nuove possibilità offerte dalla bussola. Non è escluso che siano state consultate ed in parte ricopiate carte ancora più antiche, di tradizione romana, nella frenetica ricerca, tipica dell’epoca, di manoscritti greci e latini, per riutilizzare le conoscenze scientifiche antiche nella società moderna. Se è così, le carte aragonesi hanno un’importanza enorme, e si possono affiancare alla famosa Tabula Peutingeriana, per fornire argomenti di studio sull’antica cartografìa greco-romana del periodo imperiale.
Come spiegare questo improvviso fiorire della cartografìa, presso la corte aragonese di Napoli, molto in anticipo sui tempi? In effetti, la storiografìa corrente ha un po’ trascurato il Regno di Napoli sotto i sovrani d’Aragona, e tuttavia gli studi esistenti delineano uno stato moderno, organizzato, promotore della cultura, della scienza, degli studi umanistici. Simbolo di tutto ciò è certamente Giovanni Gioviano Pontano, umanista, poeta, cosmografo, interessato alla letteratura ed alle scienze, ma anche uomo di stato e primo ministro.
Queste carte, disegnate su pergamena, comprendevano ciascuna una piccola porzione di territorio, in dettaglio, ma coprivano nell’insieme tutto il Regno; soltanto mettendole una accanto all’altra si poteva avere una visione complessiva. E’ possibile che fossero raccolte in un codice rilegato, non più alto di 50 cm. Scompaginando le carte, ed isolandole, uno straniero, una persona che non conosceva le zone raffigurate, probabilmente non avrebbe saputo né identificarle né ricostruire l’aspetto del territorio. Questa caratteristica era forse dovuta alla deliberata segretezza con la quale vennero realizzate e conservate le carte, soprattutto per ragioni militari di sicurezza dello stato. Ma corrispondeva anche alla tradizione romana dei gromatici, degli agrimensori, che tracciavano mappe parziali del territorio di ciascuna città, in due copie, una destinata all’amministrazione locale e l’altra agli archivi di Roma.
La fine della monarchia aragonese e dell’autonomia del Regno di Napoli, nel caos dei conflitti interni con i baroni, ed esterni con Francesi e Spagnoli, portò alla dispersione di queste carte manoscritte: furono fatte delle copie, probabilmente aggiornando i toponimi, ed anche queste furono gelosamente conservate. Mostrano di conoscerle il cartografo Bernardo Silvano da Eboli, e Ambrogio Leone medico ed autore di un volume erudito su Nola; altre copie, non si sa come, finirono a Parigi. Qui le carte, praticamente inutilizzabili per chi non conosceva il territorio, furono relegate in un archivio.
Quando, verso la fine del Cinquecento, il governo vicereale ebbe necessità di carte moderne del Regno di Napoli, la conoscenza delle antiche carte aragonesi si era persa del tutto, e fu necessario commissionare un nuovo lavoro di rilevamento. Videro allora la luce le carte facenti parte del cosiddetto “Atlante” di Mario Cartaro e Cola Antonio Sfigliola, ma queste carte non hanno neanche lontanamente il dettaglio di quelle aragonesi.
Un'avvincente iniziativa culturale del Centro di Promozione Culturale per il Cilento
d’Italia, e, a quanto sembra, per le regioni del Regno di Napoli, ebbe sottomano qualche copia delle carte risalenti al periodo aragonese. Ciò sembra evidenziarsi dal profilo complessivo del territorio e da alcuni toponimi.
Le nostre carte aragonesi ricompaiono in seguito solo nel Settecento. Probabilmente le conosceva in parte il barone Giuseppe Antonini, che nella sua opera La Lucania sembra averle sott’occhio mentre descrive i territori, senza mai citarle, ma ricordando luoghi e toponimi presenti solo in queste carte. Come è possibile? Suo fratello, Annibaie Antonini, era abate a Parigi, ed esperto conoscitore delle biblioteche e degli archivi parigini, per i quali scrisse anche una guida a benefìcio dei forestieri. Forse fu Annibaie Antonini a procurare al fratello Giuseppe alcune copie delle carte aragonesi conservate a Parigi. Poiché con Giuseppe Antonini collaborava l’architetto Berardo Galiani, fratello del più noto abate Ferdinando Galiani, ambasciatore a Parigi, è probabile che la notizia dell’esistenza delle carte aragonesi negli archivi parigini sia pervenuta per tale via infine a Ferdinando.
Fu infatti Ferdinando Galiani a riscoprire a Parigi le carte aragonesi negli archivi della Marina, e a fame delle copie inviandole a Napoli. Come racconta il Galiani stesso nelle sue lettere al marchese Tanucci, la vicenda ha qualcosa di rocambolesco, in quanto non gli fu possibile avere le carte per le vie ufficiali, e dovette acquistarle da impiegati dell’archivio corrotti. Gli originali furono distrutti o danneggiati irreparabilmente, ma il Galiani assicura l’assoluta fedeltà delle copie, realizzate mettendo insieme più carte singole. Alcuni originali tuttavia furono messi in salvo ed inviati a Napoli.
Lo scopo di queste ricerche era, per il Galiani, la realizzazione di una moderna carta geografica del Regno di Napoli, affidata al cartografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni. L’abate si sforzò di raccogliere tutte le carte esistenti, ma dovette constatare che le migliori, sul piano della cartografìa fisica, erano proprio le più antiche e le più dettagliate, quelle carte aragonesi fortunosamente ritrovate negli archivi, a spezzoni, e rese quasi illegibili dal tempo. Così, senza muoversi da Parigi, e prendendo come base fìsica le carte aragonesi, il Rizzi Zannoni realizzò nel 1769 i quattro fogli della “Carta Geografica della Sicilia Prima”, che fu salutata subito come il primo lavoro cartografico veramente moderno del Regno, ricopiato in numerose carte successive. In realtà, non si era fatto altro che lavorare sulle carte aragonesi, aggiornando le località ed i toponimi del Regno, facendo sparire i centri minori e quelli scomparsi, aggiungendo i nuovi, ma lasciando invariati monti, fiumi, pianure, e comunque senza raggiungere il dettaglio delle antiche mappe.
Dopo questa storica impresa, al Rizzi Zannoni fu affidato l’incarico di realizzare un nuovo atlante geografico del Regno, e allora il cartografo si trasferì a Napoli, creò un’officina topografica, cominciò con i suoi collaboratori a rilevare sistematicamente il territorio. Ma questa è un’altra storia. Intanto, le antiche carte aragonesi andarono di nuovo disperse; di esse restava solo la memoria negli scritti
Mario Serra
del Galiani, e invano furono cercate agli inizi del Novecento dal Blessich e dall’Almagià.
L’unica testimonianza o residuo di tali mappe era costituito dalle quattro carte dei confini del Regno di Napoli con lo Stato della Chiesa, menzionate anche queste dal Galiani, in seguito sempre note e conservate nella Società Napoletana di Storia Patria. Sono carte importanti, perché derivate dalle aragonesi, fatte con gli stessi criteri cartografici, e soprattutto perché nella loro dicitura compare l’autore o il curatore, Giovanni Gioviano Pontano, e il committente, re Ferdinando o Ferrante. Il contenuto di queste carte, selezionato appositamente per definire i confini, testimonia 1’esistenza di carte più ampie dell’intero territorio.
Soltanto una ventina di anni fa alcune copie delle antiche carte aragonesi sono state riscoperte da Vladimiro Valerio nell’Archivio di Stato di Napoli e nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi. Esse sono state oggetto di importanti pubblicazioni e segnalazioni in volumi e riviste, nazionali ed intemazionali, ma la loro conoscenza non ha ancora arricchito l’orizzonte scientifico e culturale contemporaneo. Molteplici possono essere state le cause di questa “amnesia”: diffidenza verso il “nuovo”, paura di sconvolgere ricostruzioni storiche che sembrano consolidate, disattenzione, difficoltà di aggiornamento (nell’era dell’informazione!), disinteresse verso aree geografiche che appaiono “minori” e subalterne.
Comunque, il nuovo studio di Vladimiro Valerio e di Fernando La Greca punta decisamente sulle carte e sulla loro consultazione diretta, dettagliata, in modo che non si possa più dire di non averle viste. Il portato innovativo di queste mappe può essere così apprezzato sfogliando le tavole a colori in appendice, dedicate al Principato Citra, con il territorio campano da Castellammare di Stabia a Maratea. L’area geografica scelta costituisce un vero e proprio campo di sperimentazione, ma ulteriori studi potrebbero essere estesi anche alla Basilicata, alla Puglia, al Salento, alla Calabria, tutte zone delle quali esistono ugualmente mappe del periodo aragonese: le carte sono là, in attesa di qualcuno che le voglia far parlare, e quei documenti straordinari ne hanno di storie da raccontare. Nel volume possiamo trovare inoltre la descrizione delle mappe, le loro caratteristiche, la loro storia, i riferimenti bibliografici, e dettagliati indici dei toponimi relativi al Principato Citra.
Giustamente quindi il volume è stato inserito in una collana di “fonti”:
l’incredibile concretezza delle carte merita sicuramente ulteriori studi ed
approfondimenti da parte di ricercatori di varie discipline. Esse sono importanti, ad esempio, anche per l’archeologia, in quanto, oltre a raffigurare un territorio in parte diverso da quello attuale (per quanto riguarda il corso dei fiumi, le sorgenti, i laghi, le coste, le isole), riportano toponimi antichi e città scomparse, segnalando ruderi, centri disabitati, strutture.
Il volume comprende due saggi, riccamente illustrati: il primo, di VLADIMIRO VALERIO, Astronomia, misurazioni geodetiche e disegno del
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territorio alla corte aragonese di Napoli, il secondo, di FERNANDO LA GRECA, Antichità classiche e paesaggio medioevale nelle carte geografiche del Principato Citra curate da Giovanni Gioviano Pontano. L ’eredità della cartografia romana. In appendice, una trentina di tavole a colori praticamente inedite, in formato A4, con le carte studiate, sia nell’insieme sia nei dettagli. Segue l’indice dei nomi, simile a quello degli atlanti geografici, con le coordinate della tavola di riferimento; l’indice è diviso in generale, per tavole e per categorie.
Fernando La Greca è ricercatore di Storia Romana presso il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università degli Studi di Salerno; ha a suo attivo il volume Fonti letterarie greche e latine per la storia della Lucania tirrenica, oltre a numerosi articoli sul periodo dei Gracchi e sulla storia del territorio salernitano nell’antichità, in particolare su Poseidonia-Paestum.
Vladimiro Valerio è professore straordinario di Geometria Descrittiva presso la Facoltà di Architettura dell’Università IUAV di Venezia; si occupa da circa trenta anni di questioni relative alla rappresentazione dello spazio e alla cartografìa storica; ha pubblicato oltre cento articoli e saggi su riviste italiane e straniere nonché numerose monografie; è autore per la History o f Cartography pubblicata dalla University of Chicago Press.
Il volume è pubblicato dalle Edizioni del Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Via N. Bixio 59, Acciaroli (SA), tei. e fax: 0974 904183.
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A nnali Storici di Principato Citra VI, 2, 2008, pp. 188-190
Grazia De Vita