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Università degli Studi di Messina

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Negli ultimi decenni gli studi sull’empatia hanno vissuto una straordinaria escalation soprattutto nell’ambito della psicologia dello sviluppo e della psicologia cognitiva (Feschabach, Hoffman, Eisenberg, Strayer, Bischof-Kholer) delle neuroscienze con la scoperta dei neuroni specchio, dell’etologia (De Waal), della filosofia teoretica e morale che già nei secoli precedenti avevano ragionato sul ruolo della empatia nell’edificazione delle relazioni umane, morali e sociali e che nel primo Novecento hanno analizzato l’empatia come un tipo peculiare di conoscenza e di apertura verso l’altro soggetto (Hume, Smith, Stein, Scheler; cfr. Boella 2006; Lecaldano 2013) in qualche modo legata ad una capacità di lettura della mente sottostante che sottolinea l’importanza delle risorse della psicologia ingenua o del senso comune (Perconti 2003, 2015).

Il tema dell’empatia è uno dei più privilegiati per esprimere la fecondità dell’approccio interdisciplinare dell’esagono cognitivo, pur soffrendo di qualche sbilanciamento speculativo a favore delle neuroscienze che esercitano un riduzionismo che sembra fornire a tutto la spiegazione migliore e indicare la sede ultima dei processi accompagando le scoperte con versioni forti sulla presunte capacità cognitive di aree subpersonali del cervello (Iacoboni 2009, 2011).

Per esempio lo sviluppo dei modelli multidimensionali dell’empatia prodotti all’interno della psicologia ha permesso di differenziare le principali componenti dell’empatia e le principali fasi del suo sviluppo e del suo processo. Tra questi: contagio emotivo, riconoscimento e decodifica delle emozioni, condivisione vicaria delle emozioni altrui, role taking e perspective taing di tipo cognitivo e/o affettivo. Questi modelli necessitano di una integrazione con gli studi recenti sulla teoria della mente, sulla psicologia del senso comune e con le scoperte riguardanti il sistema mirror e con la secolare discussione presente in filosofia sulla dimensione motivazionale

dell’empatia e sulle diverse forme di immedesimazione.

L’intervento vuole mostrare quali sono gli snodi problematici della tematica che possono beneficiare di una analisi interdisciplinare. Soprattutto verranno discusse quattro prospettive:

La distinzione tra empatia, simpatia e prosocialità che è stata molto tematizzata in psicologia, ma soffre ancora di confusione terminologica nell’ambito della filosofia morale, dell’etologia e delle neuroscienze.

La complessità del processo empatico e la sua non riducibilità al sistema mirror sia per quello che riguarda la natura dell’empatia sia la sua base motivazionale che non è adeguatamente spiegata dalla coimplicazione tra agente e osservatore interna al rispecchiamento neurale, né dalla ipotesi della molteplicità condivisa di Gallese (2001, 2003a, 2003b, 2005), né dal circuito neurale dell’empatia per il dolore (Singer et al. 2004; Bernhard, B. C. & Singer, T. 2012)

la relazione tra dimensione cognitiva e dimensione emotivo- affettiva che permette di distinguere la cold cognition e l’intelligenza sociale presente nel comportamento machiavellico dalla immedesimazione emotiva pressochè assente (Scheler 1923, Sutton et al. 1999) e che è stata studiata in relazione ai processi cognitivi semplici o avanzati che vanno dalla associazione diretta fino alla mediazione del linguaggio e alla dimensione interpersonale- simbolica oltrepassando i limiti della semplice simulazione incarnata del sistema mirror.

la dimensione motivazionale dell’empatia e la necessità di individuare quali siano i motivi che ci spingono a empatizzare.

In relazione alla quarta prospettiva si perverrà ad una problematizzazione della tesi di una innatezza forte dell’empatia propugnata dalla etologia, spesso incline a scambiare il contagio emotivo per empatia, dalla psicologia di Hoffman e da alcune filosofie morali e si mostreranno i limiti dell’empatia in relazione agli ormai noti contesti di indifferenza e crudeltà studiati in psicologia sociale e in relazione al conflitto tra principio della cura e principio della giustizia richiamato da Hoffman (2000) ma presente già nelle dispute filosofiche che opponeva il Kant della seconda Critica allo Hume del Trattato sulla Natura Umana.

La discussione delle quattro prospettive è molto utile per potere gettare le basi di un modello dell’empatia unitario all’interno delle scienze cognitive, le cui basi naturalistiche siano solide ma che non soffra di riduzionismi eccessivi i quali, molto spesso, si sposano a versioni inflazionate delle capacità cognitive di circoscritte reti cerebrali o di singole componenti psichiche.

Bibliografia

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