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Gli anni della peregrinazione

Nel 1952, con l’apertura della Corsia dei Servi, i rapporti tra padre Turoldo e l’Ordine dei Servi si complicarono150 al punto che, il 15 gennaio 1953, il frate servita fu allontanato e costretto a lasciare Milano:

Sono vicino a una partenza improvvisa che è una specie di esilio. Mi è arrivato da Roma un gentilissimo invito, che per me però è obbedienza, a lasciare per alcuni mesi Milano e, naturalmente, io che appartengo alla truppa mobile della Chiesa sono ben lieto di spostarmi verso altri fronti. Nella nostra battaglia la geografia conta poco: quello che conta è che ogni sacerdote tenga bene la sua trincea.151

Successivamente si recò per un periodo a Sant’Ilario152presso alcuni amici per poi iniziare un lungo peregrinare che lo portò in diverse Case dei Servi di Maria in Austria, Svizzera, Germania e Inghilterra. In questo arco di tempo Turoldo tornò alcune volte a Milano, poi andò in Friuli per tenere alcune conferenze e infine, il 13 febbraio, partì per raggiungere il convento dei Servi di Innsbruck.153 Dopo il suo allontanamento, un’assemblea presso il convento di San Carlo al Corso ridefinì i ruoli dell’intera comunità: padre Camillo De Piaz rimase a carico del coordinamento delle iniziative della Corsia dei Servi. Degli anni 1959-1961 saranno invece i viaggi intercontinentali

150 Cfr. D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op. cit., p. 87.

151 Lettera di Turoldo a un professore romano, in D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), nota 3, p. 114.

152 Ricordiamo i seguenti versi turoldiani: «Oh, come attendo di fuggire/ anche da Sant’Ilario!/ Restare è sentirmi/ troppo scoperto nel sole», ‘Paradiso mai a sufficienza perduto’, in UUV52, in OSM90, cit. p.

131.

153 Qui rimase dal 1953 al 1955, la sua residenza reale era però in Germania, a Schäftlarn, vicino Monaco di Baviera.

40 negli Stati Uniti, in America Latina, in Canada e Sud Africa.154 Furono trasferte che segnarono l’esperienza di Turoldo, arricchendolo culturalmente e facendolo apprezzare ad un vasto mondo. In particolare, furono i viaggi in Nord America e in America Latina (Cile) che contribuirono a formulare quello che sarebbe diventato il pensiero e il futuro

«approccio terzomondista»155 di padre Turoldo negli anni a seguire156. Nonostante la lontananza da Milano, padre Turoldo veniva continuamente informato dai suoi amici della Corsia delle attività svolte. Nel giugno del 1953 il padre servita si recò a Firenze dove venne organizzata una riunione per proseguire la discussione sulle pubblicazioni della Casa editrice Corsia dei Servi e sul progetto editoriale avviato antecedentemente dallo stesso Turoldo. In quell’occasione si parlò di come affrontare il problema del linguaggio e del messaggio da donare ai credenti, attraverso la semplicità e la verità, evitando la mera preoccupazione letteraria. In ultima analisi fu affrontata da Turoldo la questione del ruolo che avrebbero dovuto tenere in questo progetto: rendersi “nulla”:

[…] scomparire a somiglianza degli Apostoli per servire a far emergere le figure che presentiamo, per essere strumenti a far rivivere il messaggio, inserendo la testimonianza nella soprannaturalità, nel Mistero della Chiesa.157

Successivamente, padre Camillo De Piaz si trovò ad affrontare, senza l’aiuto di Turoldo, altre problematiche legate alle decisioni dell’Ordine nei confronti della Corsia: il cineforum venne sospeso. In quell’occasione De Piaz si sfogò con Turoldo:

«[…] Verrà la volta che un superiore non sarà tale solo per farti paura, per proibire?».158 Nel maggio 1954 Turoldo si trasferì a Firenze da dove intratteneva contatti con la Corsia. Decise di ritornare nel gruppo e di organizzare una riunione nel capoluogo toscano per fare il punto della situazione, non solo per discutere delle

154 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 178.

155 Ivi, p. 97.

156 Per un approfondimento sui viaggi di Turoldo in America si suggerisce M. De Giuseppe ‘L’America di Turoldo’, in AA.VV., Laicità e profezia. La vicenda di David Maria Turoldo, op. cit., pp. 151 – 280.

157 Appunti della riunione tenutasi a Firenze il 7 e 8 giugno 1953, in Archivio dei Servi di Maria, Convento di San Carlo, scatola UC3S, in D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op. cit., p. 120.

158 Lettera di De Piaz a Turoldo, Milano, 13 Novembre 1953, in Archivio Turoldo, Sotto il Monte, UAT2, 1950-1959, in D. Saresella, Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-196), op. cit., p. 127.

41 questioni programmatiche ma per un ritrovo e un rinnovo spirituale. Nel settembre del 1954 moriva l’arcivescovo Shuster: Giovanni Battista Montini prese il suo posto.159 I rapporti non furono facili neanche tra quest’ultimo e la Corsia: secondo i dati raccolti dalla studiosa Saresella, ne è la prova la documentazione custodita nell’Archivio Diocesano di Milano e che palesa la sfiducia, da parte dell’Arcivescovo, nei confronti di tutta l’attività di San Carlo al Corso e, in particolar modo, sfiducia verso Camillo De Piaz e David Turoldo.160 Tuttavia, il legame tra Turoldo e Montini migliorò nel tempo, e fu improntato su una profonda stima dell’Arcivescovo per il servita, sia come persona che come religioso dotato di grande ingegno e sentimenti sinceramente buoni. La Corsia nel frattempo affrontava le sue difficoltà insieme a Camillo De Piaz, il quale dovette subire notevoli pressioni e far fronte a nuove richieste da parte dei padri superiori, come la sostituzione del direttore responsabile della Libreria della Corsia, ovvero lo stesso De Piaz, con altro religioso di più evidente prudenza, in quanto la libreria esponeva per la vendita opere non degne di essere definite cattoliche. Fu nel 1955 che Turoldo venne assegnato al convento dell’Annunziata di Firenze, città che in quel momento godeva di una certa vivacità culturale e religiosa e dove intrecciò una serie di incontri di grande qualità:

Una città, soprattutto, dove in quegli anni si stava dispiegando la straordinaria azione di Giorgio La Pira, amministratore e visionario in grado di connotare a lungo la scena culturale fiorentina grazie ai convegni e ai colloqui internazionali, e dove, grazie alla prudente azione del cardinale Elia Dalla Costa, la Chiesa cittadina era stata in grado di mantenere un certo livello di autonomia rispetto alle chiusure romane.161

In quegli anni fu anche docente di filosofia per i giovani frati del collegio nazionale dei Sette Santi.162 Gli anni in cui Turoldo subì il fascino degli stimoli culturali, politici e

159 Fu Montini a decidere dell’allontanamento di padre Turoldo da Milano, suggerendo i viaggi in Canada e Nord America.

160 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op.

cit., p. 143.

161 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., pp. 98-99.

162Cfr. P. Zovatto, Il fenomeno Turoldo (Trieste: Edizioni Parnaso, 2003).

42 religiosi – e di un’aria internazionale innovatrice –di Firenze,163 dei quali il sindaco La Pira fu il massimo promotore, furono molto importanti per il servita. Pur se rimangono poche tracce del suo operato a Firenze, sappiamo che prese parte, per esempio, al miglioramento del bollettino mensile164 del convento di Santa Annunziata che vide Giovanni Vannucci tra i vari amici e collaboratori, figura importante per la formazione del pensiero turoldiano. Nell’estate del 1960 (10-15 agosto) venne rappresentata per la prima volta nella Piazza del Duomo di San Miniato (Firenze) la sua opera teatrale La passione di San Lorenzo165 che fu al centro dell’attenzione della critica di allora.166 Nell’autunno del 1961, pochi mesi prima dell’apertura del Concilio, Turoldo venne assegnato al convento di Santa Maria delle Grazie a Udine, santuario dove andava pellegrino nella sua infanzia con la famiglia. Anche a Udine fu protagonista di attività culturali dando vita, come a Milano, ad un cineforum. Sono gli anni preconciliari di Papa Giovanni XXIII e l’atmosfera di rinnovamento della Chiesa è fortemente sentita da tutta la società laica e dal mondo cattolico. Dopo gli anni di peregrinazione che videro Turoldo attraversare i continenti e dopo aver assimilato, grazie a queste esperienze, una nuova visione della cristianità e del pacifismo aperto a tutto il mondo, il suo voler stare dalla parte dei poveri contrastando una Chiesa troppo spesso abbracciata ai potenti si fece ancora più radicale. È in questo contesto e grazie al riavvicinamento col Friuli, dopo tanto peregrinare, che nel 1962 (anno di inizio del Concilio Vaticano II) si inserisce il film Gli Ultimi, realizzato con il regista e critico teatrale Vito Pandolfi. Il film fu ben accolto dalla critica e poveramente preso in considerazione dal mondo cattolico che piuttosto verteva verso una diffidenza nei confronti del comunismo:

163 Anni, quelli del periodo fiorentino, in cui vanno ricordati i primi incontri importanti con figure quali Don Milani e con padre Ernesto Balducci: «La stagione di preparazione all’evento conciliare Turoldo la visse infatti in quel contesto particolarmente vivo e fecondo che fu la Firenze di La Pira, che, come il sacerdote ricordò in seguito, lo aveva chiamato nel capoluogo toscano per fare un poco di ‘con-fusione evangelica’ insieme, il che avvenne con Meucci, Balducci e altri amici coinvolti in quell’impresa», M.

De Giusppe, ‘L’America di Turoldo’, in AA.VV., Laicità e profezia. La vicenda di David Maria Turoldo, Saggi storici, a cura delle ACLI di Milano e del Priorato di S. Egidio (Sotto il Monte: Servitium, 2003), cit. p. 161.

164 Per un approfondimento su questi fatti rimandiamo a P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 100 e nota 14.

165 D. M. Turoldo,La passione di San Lorenzo (Brescia: Morcelliana, 1961).

166 Cfr. ‘Scheda critica’, in David Maria Turoldo. Teatro (Sotto il Monte: Servitium, 1999), pp. 244-250.

43 Gli ultimi fu l’opera che forse Turoldo amava di più. Quando uscì provocò,

soprattutto in Friuli, un vero subbuglio di costernazione, di critiche acide e cieche.

Gli intellettuali cattolici,poiché nel film non si pregava abbastanza, lo giudicarono comunista; i comunisti, non sapendone cogliere il sostrato simbolico, tardo decadente e biecamente neorealistico.167

Fu anche la reazione del pubblico a non essere entusiasmante come quella della critica poiché la pellicola si inseriva in un più ampio contesto di ripresa economica italiana e questo appariva in evidente contraddizione con la povera e umile realtà locale, ma di molti, che Turoldo e Pandolfi raccontarono ne Gli ultimi. Il neorealismo del film fu apprezzato anche dall’amico Pier Paolo Pasolini168 che non esitò a far sentire la sua voce a riguardo:

Una nostalgia in quanto peccato, e quindi dominata da un severo, quasi squallido senso di rinuncia, è l’ideologia di questo film. Esso vi è coerente dal principio alla fine, e finisce quindi col presentarsi come un sistema stilistico, chiuso e senza un cedimento o un compromesso. Non si sfugge né alla monotonia della nostalgia, né al grigiore della morale. Gli ultimi è un film monotono e grigio, ma carico di una esasperata coerenza col proprio assunto stilistico, e quindi profondamente poetico.169

167 A. Giacomini, ‘Padre Turoldo, Gli ultimi, il Fiuli …’, in AA.VV, Testimonianza e poesia. David Maria Turoldo (Camposampiero: Edizioni Del Noce, 1993), pp. 200-201.

168 Ricordiamo che tra i due poeti vi era una preziosa stima reciproca. Fonti interessanti che documentano il legame tra Turoldo e Pasolini sono raccolte dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia (http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it) dove, inoltre, è possibile consultare il Fondo Pier Paolo Pasolini. Inoltre, è di fondamentale importanza ricordare che Turoldo scrisse e predicò l’omelia per il funerale di Pasolini il 6 novembre 1975 nella chiesa di Santa Croce di Casarsa. L’omelia, parte della quale è dedicata alla madre di Pier Paolo Pasolini, è stata poi pubblicata, con il titolo

‘Chiediamo scusa di esistere’, nel volume Pasolini in Friuli, curata dalle Edizioni del Corriere della Sera in collaborazione con il Comune di Casarsa: AA.VV, Pasolini in Friuli: 1943-1949, Corriere del Friuli in collaborazione con il Comune di Casarsa della Delizia, (Udine : Arti Grafiche Friulane, 1976). Parte dell’omelia si può trovare sul sito internet del Centro Studi Pier Paolo

Pasolini:http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/itinerario-pasoliniano/chiesa-di-santa-croce/lultimo-saluto/.

169 P. P. Pasolini, ‘Gli ultimi: «Assoluta severità estetica»‘, in Per il cinema (Milano: Mondadori, 2001), p. 2393.

44 Il film turoldiano non poteva lasciare indifferente Pasolini. Infatti, è esattamente nel contesto friulano dell’infanzia, povero e contadino, che va inserito il rapporto di amicizia e stima tra Pier Paolo Pasolini e David Maria Turoldo:

Turoldo, come Pasolini, vive questo distacco da tempo mitico dell’infanzia nel trauma di un passaggio da un’Italia contadina, che era durata mill’anni e oltre, a un’Italia dal volto industrializzato. Passaggio che si compie nel breve arco di un quindicennio circa, al prezzo di sconvolgimenti sociali e di una caduta di valori e sacralità.170

Il mito friulano dell’essenzialità presente nel film turoldiano Gli ultimi, che accumuna Turoldo e Pasolini, è stato altresì portato alla luce da Andrea Zanzotto nella ‘Nota introduttiva’ all’antologia turoldiana O sensi miei … (1990):

È qui necessario, e si direbbe quasi misteriosamente significativo, rilevare che Paolini e Turoldo partono dallo stesso paesaggio umano e visuale anche se da condizioni sociali molto diverse. […] Pasolini e Turoldo hanno molte consonanze e convergenze originarie anche in quello che è il movimento della loro parola, il loro itinerario espressivo, sebbene la parlata friulana sia rara nei testi turoldiani.

Ma basterebbe soffermarsi sulla lettera straordinaria che Davide indirizzò alla madre di Pier Paolo quando questi venne assassinato, per capire quanto grande fosse questa connaturalità tra loro.171

Fonti che attestano l’amicizia, l’affinità culturale, intellettuale e la stima tra Turoldo e Pasolini sono conservate nell’Archivio Turoldo da me consultato. In particolare, voglio qui riportare alcuni passi di una lettera inedita e rivelativa del loro legame, che ho trovato tra le carte dell’archivio, che Turoldo scrisse a Pasolini il 5 dicembre 1969 in cui il servita, con toni amichevoli e gioiosi, esprime la sua voglia ‘friulana’ di rivedere l’amico:

170 G. De Santi, ‘Apocalisse e destino in Turoldo e Pasolini’, in AA.VV, Testimonianza e poesia. David Maria Turoldo, op. cit. p. 49.

171 A. Zanzotto, ‘Nota introduttiva’, in OSM90, p. XI.

45 Caro Pasolini, che voglia di vederti! Una voglia friulana! Ma in compenso ti

ricordo spesso, e molti amici mi dicono un gran bene dei tuoi ultimi film (che io purtroppo non ho ancora visto: vergogna!)172

Il legame tra i due, come già rilevato da Zanzotto, è chiaramente da ricercarsi alla luce del film turoldiano e di molti altri suoi racconti minori, più specificatamente nell’immaginario friulano. Casarsa e Coderno rappresentano un mondo di miseria:

Turoldo ne elogia il potere rivelatore di valori legati a una chiave di lettura innovatrice della storia e del futuro della Chiesa , Pasolini – invece – come un mondo fatto di gente che vi abita, vi opera e resiste a quella borghesia generatrice del fascismo.173 Con Gli ultimi, pertanto, si concludeva un ciclo importante della vita e del pensiero di David Maria Turoldo fatta di Resistenza, lotta al potere, innovazione e sfida, peregrinazione, e si apriva una seconda tappa che vedevano protagonisti il rinnovamento liturgico del Concilio Vaticano II e il trasferimento all’Abazia di Sant’Egidio a Fontanella Sotto il Monte, paese natale di Papa Giovanni XXIII (il Papa del Concilio), dove rimarrà fino alla morte nel 1992.

I. 7. ‘Iniziai con i salmi’: verso la riforma liturgica del Concilio Vaticano II

Per comprendere la natura dei Salmi e le motivazioni che spinsero Turoldo ad assumerli come modello nell’evoluzione della sua scrittura poetica si deve capire il suo ‘amore per la liturgia.174 Questo, era legato anche al grande coinvolgimento che il servita ebbe verso l’innovazione liturgica portata dal Concilio Vaticano II, così forte che si può parlare, secondo lo storico Paolo Zanini, di un’ecumenismo turoldiano’.175 La Liturgia

172 D. M. Turoldo,in Archivio Turoldo, lettere dattiloscritte (copie) inviate nel 1969, 2. Corrispondenza inviata, 1947 – 1992, busta 53, 1969, Armadio 1 Colonna A Scaffale 6.

173 A. Giacomini, ‘Padre Turoldo, Gli ultimi, il Friuli…’, in AA.VV, Testimonianza e poesia. David Maria Turoldo, op. cit. pp. 199-200.

174 G. Ravasi, ‘Introduzione’, in D. M. Turoldo,Salmodia della speranza, cit. p. 9.

175 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 120.

46 delle ore,176 dalla quale attinge padre Turoldo, è fondamentale per indagare le modalità dell’usus scribendi turoldiano. Per comprenderne la vera essenza, soprattutto se relazionata alla storia dei Salmi, è bene entrare in ciò che Matias Augé chiama ‘natura della liturgia cristiana’177 partendo dalla storia della parola liturgia. Questa, derivante dalla composizione di laós (popolo) ed ergon (opera), se tradotta letteralmente significa

‘servizio reso al popolo’178 per il bene comune. Turoldo è fedele all’accezione originale della parola ‘liturgia’ poiché la sua vita sacerdotale e, dunque, umana è, per appartenenza all’Ordine dei Servi di Maria, segnata dal servitium. La storia della sua vita aderisce perfettamente a questa visione di ‘servizio reso al popolo’. Difatti, l’esperienza della guerra e le grandi difficoltà che affliggevano la popolazione crearono una profonda riflessione in padre David Maria Turoldo a proposito dello stato della liturgia all’interno della Chiesa e, quindi, all’interno di ogni parrocchia che vedeva raccogliere moltissimi fedeli. Si è visto come, in una situazione così drammatica come quella del periodo della Resistenza, padre Turoldo e i frati serviti del San Carlo si adoperarono per offrire il loro servizio spirituale e materiale alla popolazione. Il clima cattolico era tutto proteso in questa direzione. Tuttavia padre Turoldo iniziò a sviluppare un profondo senso critico nei confronti della liturgia in uso. Questa, a suo parere, non si avvicinava alle esigenze dell’animo dei fedeli ma, anzi, essendo in lingua

176 Fu grazie al consolidamento del monachesimo che venne sviluppata la preghiera delle ore, pratica che si consoliderà definitivamente nella Liturgia delle ore. Sotto il dominio di Carlo Magno e dei suoi successori, l’uso della liturgia romana fu incoraggiata nei territori del Sacro Romano Impero. Dal 1085 il rito romano si diffuse anche in Spagna sotto l’influenza del papato che spinse per l’abbandono del rito mozarabico di Toledo. Il Concilio di Trento (1545- 1563) fu il momento chiave per la canonizzazione del rito romano che diventa la forma ufficiale ed autorizzata del culto della Chiesa Cattolica Romana. Dopo il Concilio di Trento, alcune forme vernacolari ed individuali di culto si fissarono anche nella Chiesa Protestante che nel XVI secolo si divise dall’autorità romana formando realtà quali la Chiesa Luterana e quella Anglicana. Con il Concilio Vaticano II (1962-1965) si assiste alla definitiva canonizzazione e revisione del culto cattolico, adottato dalle principali Chiese, comprese quelle protestanti, e che si può definire come movimento liturgico moderno. Cfr. J. Harper, The Forms and Orders of Western Liturgy.

From the Tenth to the Eighteenth Century, op. cit., pp. 11- 12; E. Earle Ellis, ‘The Old Testament Canon in the early Church’, in M. J. Mulder, H. Sysling, Mikra. Text, Translation, Reading & Interpretation of the Hebrew Bible in Ancient Judaism & Early Christianity (Peabody: Hendrickson Publisher, 2004), pp.

653- 689; ID, ‘Biblical Iterpretationin the New Testament Church’, in Mikra, op. cit., pp- 691- 724; W.

Horbury, ‘Old Testament Interpretation in the Writings of the Church Fathers’, in Mikra, op. cit., pp.

727- 787; O. Cullmann, Early Christian Worship, Studies in Biblical Theology (Bloomsbury Street London: SCM Press Ltd, 1953); M. Augé, Liturgia (Cinisello Balsamo: Edizioni San Paolo, 1992).

177 M. Augé, Liturgia, op. cit., p. 11.

178 Ivi, p. 12.

47 latina, spesso ‘recitata’ monotonamente, dunque inaccessibile ai più, risultava incapace di coinvolgere i fedeli nella comunità:

Prima cosa: abbattere tutti i muri della «separazione», cominciando precisamente dalla liturgia. Il primo muro era l’isolamento del prete […] che gesticolava come uno spastico sull’altare: uno che parlava una lingua ignota a un’assemblea distratta e impaziente […] Cominciammo da qui: con imporre la messa in italiano. Con stile e misura naturalmente, mentre il celebrante continuava nel suo latino.179

Anni prima del Concilio II, Turoldo aveva individuato alcuni nodi problematici importanti riguardanti la liturgia che furono poi discussi dalla Costituzione conciliare Sacrosanctum concilium sulla sacra liturgia del 4 dicembre del 1963 e che lui stesso integrò prima di tutto nel suo pensiero, poi nella sua produzione letteraria come mezzo fondamentale per esprimere la sua poetica, in particolar modo quella riguardante l’universo dei Salmi. La liturgia pre-conciliare, austera, priva di creatività e impoverita180 era vista da Turoldo come una mancanza nei confronti dei fedeli e di Dio stesso:

Una brutta preghiera è una offesa a Dio. Ora è risaputo da tutti che il nostro è un

Una brutta preghiera è una offesa a Dio. Ora è risaputo da tutti che il nostro è un