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L’esperienza de L’Uomo: prima e dopo la guerra

I. 4. Turoldo nella Milano cattolica della Resistenza

I. 4.1. L’esperienza de L’Uomo: prima e dopo la guerra

Con la caduta del fascismo (1943) e in seguito alla condivisione di molte esperienze,

98 D. M. Turoldo., ‘Spirito cristiano della Resistenza’, in Salmodia della speranza, op. cit., pp. 41-43.

99 D. M. Turoldo,’Come e perché ricordare (appunti sulla Resistenza a Milano)’, in Terra ambrosiana, 1-2 (1984), p.47, in G. Vecchio, ‘Padre Maria Turoldo e la memoria della guerra e della Resistenza’, op.

cit. p. 43.

100 G. Vecchio, ‘Padre Maria Turoldo e la memoria della guerra e della Resistenza’, op. cit. p. 28.

101 A. I. Shuster., ‘Tutto è stato salvato’, Rivista Diocesana Milanese, 6 (1945), p. 89, in D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano(1943-1963, op. cit., p. 36.

102 Ibid.

103 Ibid.

30 padre Turoldo e padre Camillo De Piaz, all’epoca entrambi studenti dell’Università Cattolica, ebbero occasione di rafforzare la loro amicizia e di entrare nella scena pubblica dopo aver capito “da che parte stare”.104 Dopo questa data, come abbiamo già ricordato, Milano fu preda di bombardamenti devastanti e, proprio in questa tragica occasione, i due amici del San Carlo si adoperarono tra le macerie per portare il loro aiuto ai bisognosi: “Almeno la tua casa/sia salva e libera:/ in essa almeno/ trovi scampo questa/ disperazione”.105 Grazie alla loro presenza ostinata sul campo e nell’università, entrambe iniziarono a farsi conoscere e a mettersi in vista, adoperandosi per una grande assistenza disinteressata sulle orme dello spirito della parola di Cristo. Lo stesso Turoldo si adoperò in quel periodo viaggiando anche in numerosi paesi lombardi, ottenendo caritatevolmente delle somme di denaro da distribuire alla sua gente. Fu in questo contesto, tra l’Università Cattolica e il San Carlo al Corso, con Angelo Romanò (coordinamento redazionale), Luigi Santucci, Gustavo Bontadini, Dino del Bo e Mario Apollonio, che nacque L’Uomo, foglio clandestino dal titolo emblematico che uscì per la prima volta nel 1943. Solamente dopo la Liberazione, precisamente l’8 settembre 1945, la rivista assunse una struttura e iniziò a uscire regolarmente a cadenza settimanale, successivamente quindicinale. Chiuse definitivamente l’1 settembre del 1946.106 Purtroppo rimangono pochissime tracce di ciò che è stato L’Uomo, anche

«nella stessa memoria dei protagonisti rimasti».107 Inoltre, per la stesura degli articoli si ricorreva all’anonimato e veniva a mancare una linea argomentativa chiara e costante.108 Grazie alla realtà de L’Uomo e all’operato di Turoldo e De Piaz si creò una base della resistenza cittadina milanese, un luogo d’incontro aperto al dialogo, non solo di matrice cattolica ma anche laica, connubio di culture politiche diverse, predisposizione all’ascolto e al dialogo con il mondo comunista, cosa che faceva

104 Cronaca del convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo, Archivio Servi di Maria Convento San Carlo, Milano, in D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano(1943-1963, op.cit., p.55.

105 D. M. Turoldo,’Tu navighi sul fiume’, in Il sesto Angelo. Poesie scelte (prima e dopo il 1968). Da ora in poi ISA76, in OSM90, cit., p. 348. Cfr. ‘Scheda delle abbreviazioni’.

106 S. Crespi, ‘Turoldo animatore de ‘L’Uomo’: cultura, poesia, una stagione dell’amicizia’, in AA.VV, Testimonianza e poesia. David Maria Turoldo, a cura di A.Fiscon e E. Grandesso (Camposampiero:

Edizioni del noce, 1993), p. 186.

107 Ivi, p. 185.

108 Ibid.

31 sussultare la maggioranza dell’episcopato.109 In quegli anni, fu proprio Camillo De Piaz a seguire da vicino le vicende della sinistra cristiana, avvalendosi anche del significativo rapporto personale con Elio Vittorini e dando attenzione all’esperienza de

«Il Politecnico».110 L’esperienza de L’Uomo segnò un punto d’incontro e di scambio alla quale parteciparono insieme cattolici, laici, comunisti, socialisti e cattolici comunisti: era una rivista che univa spiritualità, filosofia, politica e letteratura, testimonianza della scelta dell’umano contro il disumano. Sin da subito il nome stesso della rivista volle sottolineare una chiara propensione verso la centralità dell’essere umano, per denunciare l’eccessivo protagonismo dello Stato nella vita politica e sociale e a rivendicare ‘uno Stato al servizio delle persone’.111 Il messaggio era chiaramente direzionato a far cambiare la prospettiva della condizione dell’uomo. Sulle pagine de L’Uomo, Turoldo sperimenterà ‘una circolarità che intreccia simultaneamente pensiero e poesia, azione e preghiera, accoramento e amicizia’.112 Negli articoli scritti da Turoldo, di taglio filosofico,113 fu di grande rilevanza il percorso di studi nel quale era impegnato proprio in quel periodo. Il servita, infatti, frequentava la Facoltà di Filosofia all’Università Cattolica di Milano. Nel 1946 Turoldo fu insignito da Agostino Gemelli – rettore dell’Università Cattolica – del ruolo di assistente ecclesiastico degli studenti114. Si laureò, presso la medesima università, l’11 novembre 1946 con una tesi di laurea dal titolo La fatica della ragione. Contributo per una ontologia dell’uomo (relatore Gustavo Bontadini). Inoltre, L’Uomo fu la prima sede dove poté pubblicare le

109 In quel periodo l’Arcivescovo Shuster pubblicava Il catechismo sul comunismo che «prescriveva ai cattolici comportamenti da tenersi nei confronti della distruttiva ideologia marxista», G. Volpe, Storia costituzionale degli italiani: II. Il popolo delle scimmie (1915-1945) (Torino: G. Giappichelli Editore, 2001), cit. p. 330.

110 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano(1943-1963), op cit., p. 18.

111 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 51.

112 S. Crespi, ‘Turoldo animatore de ‘L’Uomo’: cultura, poesia, una stagione dell’amicizia’, op. cit. p.

187.

113 ‘I titoli degli articoli di Turoldo per L’Uomo sono già quanto mai indicativi: ‘L’esistere nell’essere’,

‘Dall’angoscia’, ‘Ancora del peccato’, ‘I valori e l’Essere’, ‘Problematica esistenzialistica’. A essere riproposto è il rapporto dilemmatico io e non io, esistenza ed essere, individuo e assoluto, finito e infinito, mondo dell’uomo e mondo di Dio’, Ivi, p. 187. È importante ricordare il seguente volume che raccoglie tutti i numeri (42) de L’Uomo: S. Crespi (a cura di), ‘L' uomo: pagine di vita morale: 8 settembre 1945 - 1 settembre 1946’ (Brunello: Otto/Novecento, 1981).

114 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op.

cit., p. 64.

32 sue poesie.115 La rivista si concentrava anche sulle riflessioni che scaturivano dal ruolo dei cattolici nella società e nella vita quotidiana dell’Italia, sostenendo che questi dovessero mettere in pratica una spiritualità più concentrata sui problemi (e le eventuali soluzioni) economico-sociali. Si faceva inoltre riferimento ai valori culturali europei soffocati dai totalitarismi e che bisognava rianimare per la costruzione della pace.116. Negli anni immediatamente successivi, dal 1947 al 1954, padre Turoldo fu anche nominato assistente volontario di filosofia teoretica all’Università di Urbino.

Successivamente gli anni di impegno all’interno dell’università non furono però ricordati positivamente da padre Turoldo che, già all’epoca, aveva un’idea ben precisa di cultura da vivere e non da rinchiudere nelle mura dell’accademia:

Eravamo in piena guerra, e fin da allora compresi quanto la cultura non vissuta fosse inutile, e perfino dannosa: una forma deviante. Già da allora pensavo che il tempo dell’«accademia» era finito, che i giovani non ci avrebbero creduto; che la fede avrebbe battuto altre vie. Da allora ho sentito che bisognava scendere dai pulpiti, scendere dalle cattedre, uscire allo scoperto; non certo negando la cultura, e tantomeno la disciplina e il rigore, ma masticando la propria fede e facendo della cultura stessa un pane quotidiano. Così lasciai anche l’assistentato di filosofia offertomi da Bontadini all’Università di Urbino: da allora mi sentii ancora più me stesso, battitore libero.117

Principalmente fu, di fatto, l’atmosfera, il sodalizio intellettuale e il forte legame che si creò tra gli amici de L’Uomo a formare la coscienza resistenziale e l’impegno di Turoldo nella cultura, nella società e nella stessa Chiesa di quel determinato momento storico: un impegno fatto di unione profonda e alla ricerca di quella tanto ambita umanità che l’intera Europa stava cercando e che lasciò una traccia indelebile nell’attiva predicazione turoldiana.

115 Ivi, pp. 59-60.

116 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 51.

117 M. N. Paynter (a cura di), David Maria Turoldo. La mia vita per gli amici. Vocazione e Resistenza, op. cit., p. 73.

33 I. 5. La Milano del dopoguerra

Con la chiusura de L’Uomo si apriva un nuovo periodo di fermenti culturali all’interno del convento di San Carlo. Ad inaugurare questo nuovo momento dell’attività del convento fu la nascita de Il Chiostro, una pubblicazione che riprese in parte i toni de L’Uomo e che vide nuovamente i frati serviti coinvolti in prima linea.118 Padre Turoldo avviò una polemica nei confronti della politica nostrana ed europea, sottolineando l’azione «anticristiana»119 dei movimenti politici italiani che, naturalmente, investiva cultura e società. La denuncia era quindi indirizzata a far capire il fallimento della cristianizzazione della società stessa.120 È con la fine della guerra che la diocesi di Milano si trovò ad affrontare numerosi e importanti problemi, derivati soprattutto dalla devastazione dei bombardamenti. Milano principalmente dovette affrontare i segni dell’esperienza dell’occupazione nazifascista e del collaborazionismo. Già dai primissimi mesi dopo la Liberazione, l’arcivescovo Schuster si adoperò per riportare la parrocchia al centro della società civile e per evangelizzare il popolo in un momento in cui bisognava costruire nuovamente: contribuiva a questa ripresa la Democrazia cristiana milanese. La famiglia fu il terreno di battaglia dove far rinascere la nazione dopo il fascismo e bastione della difesa contro il comunismo: una «fortezza» dei valori costituiti.121 Nel secondo dopoguerra si assistette ad un vero e proprio tentativo di ricattolicizzazione del paese grazie soprattutto alla graduale conquista del potere da parte della Democrazia cristiana, legata profondamente alla Chiesa.122 Tuttavia, furono molti i militanti dell’Azione Cattolica che invece decisero di dedicarsi quasi esclusivamente alla politica, nonostante l’arcivescovo Schuster preferisse nettamente l’ambito religioso,123 ritenendo abbastanza limitato l’operato della politica, nello specifico quello della DC. Era un altro il piano di ricostruzione che Schuster aveva in mente partendo da Milano: puntare innanzitutto sull’Azione Cattolica per impedire,

118 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), p.

65.

119 Ivi, p. 67.

120 Ibid.

121 Cfr. F. De Felice (a cura di), Antifascismi e Resistenze (Roma: La Nuova Italia Scientifica, 1997).

122 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 70.

123 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op cit., p. 39.

34 tramite il suo operato, la diffusione di teorie neopagane.124 Nonostante questo, l’Azione Cattolica milanese, come del resto quella nazionale, si adoperò moltissimo per la vittoria della Democrazia Cristiana prima delle elezioni del 1948: questo connubio di

“poteri” suscitò perplessità in padre Turoldo e nei fedeli che, come lui, mostrarono tutto il loro scetticismo nei confronti dei rapporti tra partiti politici e Chiesa125 e soprattutto verso quel partito unico di cattolici che deteneva una sorta di monopolio politico sulle coscienze tanto che, a partire dal 1948, si formarono nel capoluogo lombardo svariati gruppi, associazioni di laici ed ecclesiastici, che insieme cercavano una ricostruzione con lo scopo di offrire un luogo di confronto e strumenti di formazione per tutti quei cattolici che volevano assumere un ruolo all’interno della società e della politica. La posizione di Turoldo alla luce della vittoria elettorale della Democrazia cristiana del 18 aprile 1948, fu decisamente critica nei confronti di una vittoria che a lui sembrò certamente in opposizione al rinnovamento evangelico radicale nel quale egli sperava.126 È in questo contesto culturale e sociale che si andarono a formare realtà come Nomadelfia a Fossoli di Carpi e la Corsia dei Servi all’interno del convento di San Carlo al Corso. Nello stesso anno delle elezioni, usciva per i tipi Bompiani Io non ho mani, prima raccolta poetica di padre Turoldo che ricevette il Premio San Pellegrino (1948).

I. 5. 1. Nomadelfia

Nell’immediato dopoguerra le gerarchie dell’Ordine dei Servi di Maria nutrivano preoccupazioni anche a causa dello stretto rapporto che si andava creando tra i frati serviti e don Zeno Saltini che, tra il 1947 e il 1948, nel campo di concentramento di Fossoli di Carpi fondò ufficialmente la comunità di Nomadelfia, il villaggio in cui la fraternità era il valore portante: l’obiettivo principale era dare una famiglia ai bambini abbandonati orfani di guerra. I bambini erano moltissimi già nel 1948 e Milano iniziò a conoscere questa esperienza proprio grazie a Turoldo: intorno a lui si formò un gruppo

124 Ivi, p. 40.

125 Cfr. G. Formigini, G. Vecchio, L’Azione cattolica nella Milano del Novecento (Milano: Rusconi, 1989).

126 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 77.

35 di persone che furono tra i principali animatori di questo incontro, come «la contessa Maria Giovanna Albertoni Pirelli – che risolse tanti problemi economici e finanziari di don Zeno – e Giuseppe Merzagora».127 L’evangelizzazione sembrava non essere più un’utopia: l’esempio era l’operato di don Zeno che racchiudeva il Vangelo “alla lettera”. Per il progetto Nomadelfia fu coinvolta tutta la città di Milano con messe, raccolta fondi, e lo stesso Arcivescovo Schuster fu chiamato a celebrare in Duomo l’evento, consegnando a don Zeno cinquanta bambini della comunità di Carpi.128 Tuttavia, l’entusiasmo era accompagnato dalle preoccupazioni che soprattutto si andavano a radicare all’interno dell’Ordine dei Servi e dalla delusione per il clima difficile che si andava formando intorno alla comunità di Nomadelfia: l’Arcivescovo Schuster era presente nel sostegno spirituale dando rassicurazioni a proposito degli eventuali provvedimenti delle autorità milanesi e Turoldo, grazie alla sua notorietà nell’ambiente lombardo, ebbe il fondamentale ruolo di promotore di Nomadelfia.129 Tuttavia, l’impegno di Turoldo era perlopiù indirizzato alla raccolta fondi per i bambini della comunità: lo scopo era quello di sollecitare industriali e nobiluomini a prendere parte a questo caritatevole progetto e non di certo incitare i frati all’esodo in comunità.

Nonostante la contrarietà dell’allora priore Alfonso Maria Benetti,130 si verificò l’esodo di sette frati serviti131 a Nomadelfia che provocò la loro sospensione a divinis da parte dell’Ordine. Successivamente, fu invece concesso loro di rimanere nella comunità per ulteriori mesi. Nel 1951, don Zeno tentò di porre fine alle difficoltà economiche di Nomadelfia organizzando «una raccolta fondi straordinaria, con l’obbiettivo di raggiungere l’enorme cifra di un miliardo di lire»132e che, invece, condusse nel 1952 al fallimento della comunità.133 Con l’allontanamento di don Zeno da Nomadelfia da parte del Sant’Uffizio il 5 febbraio 1952,134 si apriva anche la strada per il futuro allontanamento di padre David Maria Turoldo da Nomadelfia e da Milano, suggerito da

127 D. Saresella, David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano (1943-1963), op.

cit., p. 69.

128 Ibid.

129 Ivi, pp. 80-81.

130 P. Zanini, David Maria Turoldo. Nella storia religiosa e politica del Novecento, op. cit., p. 83.

131 Ibid.

132 Ivi, p.84.

133 Ibid.

134 Cfr. R. Rinaldi., Don Zeno Turoldo e Nomadelfia. Era semplicemente vangelo (Bologna: EDB, 1998).

36 Alfonso Maria Benetti, priore generale dell’Ordine dei Servi di Maria. Il forte interesse e il grande investimento che Turoldo riversò nella vicenda della comunità di don Zeno furono le energie motrici della decisione del suo futuro allontanamento da Milano e dalla Corsia dei Servi del San Carlo al Corso. Mentre il progetto Nomadelfia falliva, Turoldo pubblicava Udii una voce, seconda silloge poetica edita per “I poeti dello Specchio” della Mondadori e con una premessa di Giuseppe Ungaretti.135