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L’antirazzismo secondo Taguieff

1 INTRODUZIONE

4.5 L’antirazzismo secondo Taguieff

Perché essere antirazzisti?

Pierre-André Taguieff si pone più volte questa domanda all’interno dell’ultimo capitolo del suo libro “Il razzismo.

Pregiudizi, teorie, comportamenti”, intitolato “I

fondamenti dell’antirazzismo”.

Secondo il filosofo francese dobbiamo essere

antirazzisti per diversi motivi.

Innanzitutto << (Q) sulla scia dell’Illuminismo, in nome della Civiltà, del Progresso o dell’Umanità vera, compita, dell’avvenire: per lottare contro le Barbarie, e, più ambiziosamente, per porre fine alle Barbarie nel

mondo degli uomini. L’antirazzismo è un

umanesimo >> 100. Questa prima motivazione

nell’essere antirazzisti è quella che, secondo il sottoscritto, si lega maggiormente ai giorni nostri. Viene qui enfatizzato il legame tra le guerre (e le conseguenti sofferenze) e il fenomeno del razzismo: per cessare le discriminazioni raziali dobbiamo cessare ed evitare le barbarie che una guerra porta inevitabilmente con sé.

100

L’antirazzismo deve dunque essere letto come un umanesimo, ovvero come il mezzo per studiare l’antichità affinché non si ripropongano determinate spiacevoli situazioni. Ed è proprio questo ciò che oggi non riusciamo a capire: non riusciamo (o non vogliamo?) imparare dalla storia.

La seconda giustificazione all’essere antirazzisti è quella in nome della verità scientifica, << per lottare contro la potenza della falsità e della menzogna. L’antirazzismo si definisce, e così fonda se stesso, come un discorso di verità che deriva dal dovere di combattere idee false, i giudizi erronei, i ragionamenti sbagliati, le teorie pseudoesplicative o le pseudoteorie scientifiche >> 101. Così dicendo, Taguieff vuole sottolineare come l’antirazzismo sia il garante di un regolare processo evolutivo, dal punto di vista della conoscenza. L’antirazzismo guarda al futuro, è indirizzato verso nuovi lidi conoscitivi, al contrario del razzismo che è invece proiettato alla staticità del passato.

La terza “motivazione antirazzista” utilizzata da Taguieff è quella più filosofica: dobbiamo essere antirazzisti in nome del Bene. Ma che cos’è il Bene? Mi viene in mente lo scontro tra Platone e Aristotele a proposito dell’idea di Bene: per Platone il Bene è paragonabile al sole (<< (Q) come il sole con la sua luce dà visibilità alle cose, così il Bene dà intelligibilità alle idee, cioè rende possibile alle idee di essere capite; e come il sole

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con la luce dà capacità visiva all'occhio così il Bene dà intelligenza, capacità di capire all'anima >> 102), mentre in Aristotele il bene non può essere un'idea trascendente il mondo dove l'uomo vive ed opera, il bene è ciò che l'uomo mette in atto attraverso il suo comportamento concreto, le sue capacità pratiche (“Etica Nicomachea”, 1).

Taguieff ci dice che << (dobbiamo essere antirazzisti N.D.R.) in nome della volontà o della speranza che si compia il regno del Bene, il che significa porre fine a tutte le figure o le cause del Male o dell’infelicità umana, a tutto ciò che li ferisce e li umilia >> 103. Quindi la visione del filosofo parigino è più vicina all’idea aristotelica: il fatto di raggiungere il Bene (e quindi di essere totalmente antirazzisti) dipende dalle azioni concrete dell’uomo, dal suo fare nella quotidianità.

Andando avanti con le giustificazioni nell’essere antirazzista, arriviamo alla quarta motivazione: in nome di cosa essere antirazzisti? In nome del fatto di evitare il peggio. Taguieff identifica il razzismo come << il peggiore degli ismi >> 104 e afferma che << Se il peggio è il razzismo, assimilato al Male assoluto, il dovere di chi lotta contro il razzismo si definisce come il solo imperativo incondizionato. La cosa assolutamente

102

Platone, Repubblica VI, in Platone. Tutte le opere, (a cura di) Giovanni Reale, Rusconi Libri, Milano, 1997 cit., p. 1234

103

Taguieff P-A., Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti, Raffaello Cortina Editori, Milano, 1999, cit. p. 95

104

intollerabile che deve essere negata – sia a livello speculativo che a livello pratico – è il razzismo >> 105. L’antirazzismo dunque combatte il Male assoluto, ovvero il razzismo. Il razzismo è il nemico numero uno di ogni antirazzista, è il problema da debellare. Per tutti questi motivi, e il ragionamento di Taguieff lo conferma, non può esistere la frase “Io non sono razzista. MaQ.”. Se si è antirazzisti ci si scaglia con decisione nei confronti del razzismo. Non esistono posizioni moderate nei confronti delle discriminazioni razziali.

La quinta motivazione si lega alla prima: dobbiamo

essere antirazzisti in nome della pace e

dell’uguaglianza. Pace e uguaglianza sono i due obbiettivi che ogni antirazzista dovrebbe porsi. Un’idea antirazzista non si sviluppa in un mondo, in una società, alle cui basi ci sono guerra e disuguaglianza.

<< Si esorta la soppressione di tutte le barriere razziali, etniche, culturali, nazionali ecc., che dividono gli uomini e li contrappongono. Si suppone che ogni divisione o differenziazione sia un’intollerabile esclusione, una discriminazione scandalosa >> 106: dobbiamo essere antirazzisti per abbattere tutte quelle barriere e per distruggere tutte quelle etichette che l’ignoranza ha

immesso nel nostro sistema-mondo. Senza

un’educazione antirazzista, un’educazione che parte dal basso, non si creeranno mai le basi per distruggere la discriminazione. 105 Ivi, pp. 97-98 106 Ivi. P. 100

Siamo ora arrivati all’ultima motivazione nell’essere antirazzisti portata da Pierre- André Taguieff, quella secondo me più indicativa: il diritto alla differenza.

Dice Taguieff: << Sesta risposta (alla domanda perché

essere antirazzisti?, N.D.R.) in nome della

preservazione della diversità e del rispetto delle identità collettive: per affermare e mantenere le differenze culturali tra gli uomini, per difendere ed esprimere il diritto alla differenza, per fare in modo che le identità collettive (etniche o culturali) siano rispettate >> 107. Chi ha detto che la differenza tra le persone è un qualcosa di negativo? È proprio la paura della differenziazione culturale, religiosa ed etnica ciò che crea il razzismo. Noi oggi non vogliamo accettare l’idea di una multiculturalità, di una differenziazione di lingue e, perché no, idee.

L’antirazzismo deve essere un dovere per tutti coloro che credono in un mondo privo di disuguaglianze e di guerre; un mondo in cui non esiste il diverso, in cui l’altro ha una propria identità e una propria storia; un mondo in cui il Bene vince sul Male. Un mondo utopistico direte voi, ma finché esisteranno anche solo i presupposti per un vero antirazzismo, per un antirazzismo alla Pierre-André Taguieff, l’utopia lascia spazio alla speranza di concretezza.

107

Sono arrivato al termine della mia tesi specialistica: durante tutto il suo svolgimento ho cercato di utilizzare

l’idea di cornice nell’ambito del fenomeno

dell’immigrazione. Autonomia, minorità, minoranze ed etichette sono solo alcuni degli argomenti da me trattati proprio per evidenziare il parallelo tra la continua entrata/uscita che, talvolta anche senza accorgercene, caratterizza la nostra vita e l’entrata/uscita da metaforiche cornici da parte dei migranti che raggiungono, o tentano di raggiungere, l’Europa.

Lo scopo che mi sono prefissato in partenza è quello di cercare di capire come dal concetto di cornice, metaforizzandolo con il percorso e la vita del migrante, si possa arrivare a parlare e a trattare il fenomeno del razzismo. Non a caso il primo capitolo della tesi è particolarmente incentrato sul concetto di cornice e, più in generale, di alterità, mentre nell’ultima parte parlo di razzismo e antirazzismo: si tratta di una chiusura del cerchio, se vogliamo di un eterno ritorno nietzschiano. Il fenomeno del razzismo (e conseguentemente quello dell’antirazzismo) è infatti generato proprio dalla nostra scarsa capacità e volontà di accettare l’entrata/uscita in mondi differenti. Cornice e razzismo sembrano concetti distanti, idee che non possono essere messe a paragone: niente di più sbagliato! Sono concetti vicinissimi, anzi l’uno (il razzismo) prende vita dall’altro (la cornice).

Cosa genera il rapporto tra l’idea di cornice e il fenomeno del razzismo? Viene a crearsi la figura di

quello che ho definito come il prigioniero-migrante. Prendendo spunto dal celebre mito della caverna platonico ho tentato di avvicinare l’immagine del prigioniero liberatosi dalle catene alla figura del migrante che ha spezzato le sue catene per “uscire dalla caverna” e scoprire un mondo diverso al di fuori di essa. La domanda che mi sono fatto è: ne è valsa la pena? È così migliore il mondo, il contesto che il migrante raggiunge rispetto al mondo in cui ha sempre vissuto? Nel caso del mito di Platone la “realtà reale” che il prigioniero scopre una volta uscito dalla caverna è talmente migliore che potrebbe rispingerlo all’interno di essa per persuadere gli altri prigionieri del fatto che il mondo vero sia fuori. Nel caso del migrante invece non sono così sicuro che la meta raggiunta con tanta fatica e fortuna sia particolarmente migliore della terra di origine da cui è partito: un mondo in cui si tirano su muri per evitare passaggi non può essere considerato migliore di niente.

La domanda che invece mi pongo ora, in sede di conclusione della tesi, è questa: sarà mai possibile un mondo migliore? Potrà mai esistere un mondo in cui fenomeni come razzismo e xenofobia non abbiano diritto di nascere e svilupparsi?

La risposta a queste domande sta in un’unica parola:

educazione. Poiché considero i due fenomeni

sopracitati come una mancanza di educazione, una vera e propria ignoranza, ritengo che un mondo in cui, per dirla alla Taguieff, sia possibile debellare il male

assoluto del razzismo, possa nascere solo con una migliore educazione e pratica educativa giorno per giorno, ora per ora. Solo attraverso un processo educativo incentrato sulla visione del mondo fatto di colori, culture, linguaggi e idee differenti sarà possibile gettare i presupposti per un mondo migliore, una sorta di iperuranio platonico.

Spero che gli obbiettivi, sani, delle nuove generazioni siano l’annullamento dei ricorsi storici (così come li ho trattati all’interno del secondo capitolo) e il creare un mondo migliore in cui viga la pace e l’uguaglianza tra tutte le persone. Solamente così toglieremmo aria ai fenomeni razzisti e xenofobi.

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