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MaGGio

1866

Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It. IV, 2035 (=12276), Fascicolo III, Epistole 101-148, n. 116, ff. 1r-2v

In questo estratto di una lettera del 9 maggio 1866, data erroneamente trascritta come 9 maggio 1865 (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It. IV, 2035 (=12276), Fascicolo III, Epistole 101-148, n. 116 , ff. 1r-2v) Pietro Zanghellini risponde a Pietro Mugna, che si è fatto da tramite nel porre all’erudito feltrino alcuni quesiti da parte di Pietro Selvatico. Questi, infatti, in una missiva del 5 giugno 1865 aveva chiesto all’abate di Trissino di rivolgersi a qualche storico feltrino in grado di fornire notizie sul pittore Pietro Luzzo, detto Morto da Feltre, e su alcune sue opere (cfr. qui pp. 172-173). Zanghellini risponde a riguardo e, basandosi su documenti d’archivio, traccia una biografia dell’artista e fornisce indicazione su alcune sue pitture, sopravvissute, scomparse o trasferite altrove a seguito delle campagne napoleoniche, come la pala della chiesa di Santo Stefano. Fa riferimento al suo saggio apparso nel «Messagere Tirolese» nel 1862 (Zanghellini 1862).

Estratto di lettera del signor A. Zanghellini di Feltre. Data 9 maggio 1865 [1866] relativa a Pietro Luzzo, detto Morto da Feltre. N.B. La lettera era diretta al chiarissimo Signor Abate Prof. Dr. Pietro Mugna che aveva interpellato in argomento il Signor A. Zanghellini per incarico dell’illustr(issim)o Sig. M(arche)se Selvatico.

Omissis

1° Pietro Luzzo, Lucio, nacque a Feltre 1474 da Bartolomeo medico. La famiglia non apparteneva al pa- triziato, ma all’ordine dei cittadini esercenti arte meccanica. Fu portato nel 1475 in Zara ove il padre era stato condottore m‹edico› col collega Donato Corona. E questo io desumo da un autografo di Bartolomeo Luzzo nel margine di un codice esistente nella biblioteca del Seminario nostro. Da qui, per me, il nome di Zarotto, rifiutando quanto racconta il Vasari in proposito.

Nell’Archivio di Feltre ho scovato come il Magnifico Maggior Consiglio, autorizzato per Bolla di Leone X e Ducale di Leonardo Loredano, ristorasse la incendiata chiesa, voltando da Oriente a Occidente l’altar compiuta, conducendola fino a giorni nostri. Due anni fa facea proposta al di lei cognato per la stampa;

ne aveva affermativa risposta, o dirò meglio, pareva che si trattasse null’altro che di conciliare i reciproci interessi. Pochi giorni dopo si rifiutò, appunto perché sopra caricato d’affari. Altri mi dissero per tema che gli scritti di un prevenuto recassero molestia al tipografo. Comunque sia mi rivolsi a Treviso, e feci patto col Longo; ma anche quel dabben’uomo vuole un imprimatur in tutta forma. Conscio dell’apostolato storico, e dei doveri inerenti a quell’officio, ho deciso che la mia storia dorma (ed è Storia) fino a che i tipografi non abbiano paura. Del resto ella dorme al ciel scoperto, e non la nasconderò mai.

Ho letto con vero piacere la Vergine del prof. Follador. Non ho il piacere di conoscerlo di persona, ma la prego di salutarmelo e dirle che, per quanto valga la mia lode, gliela tributo tutta quanta e sincera e piena. Mi ricordi al prof. Pellegrini, lo ringrazii delle ultime sue notizie, e gli dica che non siamo punto d’accor- do sui punti in questione. Ho inserito accanto ai miei i di lui argomenti; decideranno i posteri, se pure la mia storia può illudersi di avere posteri, ossia lettori.

Egregio e carissimo professore mi continui la di lei preziosa corrispondenza e mi creda Devot(issim)o obbl(igatissim)o ser(vitor)e

Zanghellini

V

Antonio Zanghellini a Pietro Mugna

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aPrile

1861

Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana, Epistolari, E. 78

Antonio Zanghellini soddisfa alcune curiosità di Pietro Mugna, il quale gli ha chiesto notizie sulla diffusione della Riforma protestante nel Feltrino. Partendo dal VI secolo, dimostra come in quei territori i vescovi abbiano sempre vigilato nella sal- vaguardia dell’ortodossia cattolica. Cita l’esempio del podestà di Feltre Patavino da Prato, che, nel 1293, avrebbe cacciato frà Dolcino, notizia che dovette ricavare dalle Memorie istoriche di Feltre di Antonio Del Corno (Del Corno 1710, p. 51). Passa quindi al vescovo di Feltre Enrico Scarampi, uno dei giudici di Giovanni Hus e Gerolamo da Praga al Concilio di Costanza del 1415 (Pia 2018, pp. 309-312). Zanghellini dimostra poi l’impermeabilità del Feltrino alle dottrine luterane e dell’efficacia delle azioni intraprese in occasione del Concilio di Trento. Attesta una diffusione di Bibbie, con molta probabi- lità recate da operai di ritorno dalla Baviera. Su tali argomenti ritornerà qualche anno dopo Cesare Cantù con l’opera in tre volumi Gli eretici d’Italia (Cantù 1865-1866), in vista della quale Mugna conduce le ricerche in sede locale per conto dello studioso briviense.

Egregio e Chiarissimo Signore,

Eccomi con Lei, tardo più ch’io non voleva; ma sappia scusarmi, ché per iscusa io la metto innanzi la Settimana Santa colle sue lunghe funzioni, e le feste or ora finite.

Ella mi chiede se tentativi di Riforma si facessero in Feltre, e se pel contatto della città con la Germania o pel soggiorno di Tedeschi, alcuna traccia si abbia di Protestantesimo. Risponderò in relazione alla do- manda.

Se si tratti di riforma in generale io trovo nel secolo VI° involto il nostro vescovo Fontejo nello Scisma dei Tre Capitoli, epoca nella quale, a mio giudizio (e quando lo pubblicherò mi si griderà la croce adosso), cominciò Feltre ad aver vescovo proprio, staccandosi dalla giurisdizione di Padova. Più tardi, e preci- samente nel 1293, arrivò a Feltre Frà Dolcino con la sua Margarita. Ebbe assai seguaci, sconvolse ogni ordine, esercitò culto e fu bandito co’ suoi da Patavino da Prato Podestà di Feltre.

Se poi si tratti di quella Riforma che è di Protestantismo le dirò che a’ tempi di Wicleffo Feltre era soggetta a’ Visconti, e niun commercio aveva oltre ai confini del veneto territorio. Allora che gli Hussiti si mostra- rono, nessun Contatto con la Germania, bensì Enrico Scarampi vescovo di Feltre sedeva nel Costanziense e fu tra’ giudici deputati a sentire e condannare Giovanni Hus col Girolamo da Praga. Dal che parmi arguire che il vescovo, ritornato nella sua diocesi, dovesse invigilare a che i nuovi errori non toccassero il suo gregge. E che abbia vigilato me lo prova un suo rescritto a’ frati Eremitani di Feltre, col quale loda il loro zelo, e li esorta a perseverare perché colla predicazione si faccia opera di conservare i fedeli nella vera fede.

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tracciarne la genealogia. Un’altra fonte citata è la Storia di Feltre di Antonio Cambruzzi, allora disponibile in manoscritto, in quanto la princeps risale agli anni 1873-1875 (Cambruzzi, Vecellio 1873-1875).

Promemoria per l’Egregio Sig. Cavalcaselle.

Dalla biografia che io diedi alla luce fino dal 10 aprile 1862 e che le spedisco, con la preghiera di ritornarmela quando abbia tratto copia, potrà desumere quanto egli desidera riguardo al Morto da Feltre.

Aggiungo solamente alcune osservazioni. E per primo io aveva scritto che certo prima del 1521 egli doveva partirsi da Feltre ecc. Qui bisogna correggere, giacché la data 1521 che l’Egregio Signor Cavalcaselle mi fece osservare nell’a fresco della sacristia di Ognissanti mi smentirebbe. Resta fermo però ch’egli morisse nello scorcio del 1521. Le date delle commissioni pei suoi lavori in Feltre ordinatigli dal Comune rimangono inalterate; non potendo io decampare dal patrio archivio. Che poi, prima del 1519, egli si trovasse in Feltre e dipingesse la palla di Villabruna, di Caupo, di Santo Spirito, non è cosa da potersi provare con documenti. Il signor Cavalcaselle vedrà se dal 24 marzo 1519 al 1521 sia possibile che il pittore compisse tutti i lavori che a lui si attribuiscono. Riguardo a quella casa in Mercatonuovo, potrà, se crede, aggiungere che la fu, circa quell’epoca, abitata dalla famiglia Crico, ora trapiantata in Venezia, come desunse egli proprio dall’arma con- sistente in una fenice bruciante; ha le due lettere A. C. Andreas Crichus.

In quanto al nome del Morto, noi abbiamo due alberi genealogici conservatici nel Codice Capitolare dello Avogadro Sylva maxima Urbis Feltriae, N° X.

In uno è scritto Laurentius Pictor, nell’altro Petrus L. Pictor, che io leggo Petrus Laurentius Pictor. La data è identica; tanto il Laurentius quanto il Petrus L. sono figli di Bartolommeo. Quindi il Morto era dico Lorenzo Luzzo.

Del Petrus sta l’Archivio del Comune, nella parte presa a favore del figlio di maestro Pietro; il qual figlio era di nome Bartolommeo dall’uso di ricordare l’avo. Del Laurentius sarebbero quelle due L. L. che il signor Cavalcaselle lesse sul pomo di una spada nel quadro del Morto che sta nella Pinacoteca di Berlino. Quadro che io ritengo esser quello dipinto dal Morto per la chiesa di Santo Spirito di Feltre e che, incamerato nel 1810, girò il mon- do. E perciò vorrei corretto quanto io dissi, nella biografia, di quel quadro come esistente nella Pinacoteca del Seminario. C’è sì una Deposizione di croce, che fu sospettata del Morto, ma senza appoggio, come del resto la palla di Santo Spirito con dentro la Vergine, san Francesco, sant’Antonio di Padova e alcuni angioletti di meravigliosa bellezza, come lasciò scritto il cronista Cambruzzi.

Veda l’egregio signore Cavalcaselle se dalla biografia e da queste osservazioni possa trarre suo pro! E pregando nuovamente pel rinvio del foglio, dopo fattone l’uso necessario, riceva il signor Cavalcaselle i sensi della mia profonda stima e considerazione.

Di Feltre 5 giugno 1866

Zanghellini maggiore, e desse incarico a Pietro Luzzo di dipingere la Palla (Madonna, santo Stefano, san Vittore) e

di frescare la facciata col martirio del Protomartire; più frescare la Loggia di Città con Astrea seduta sul Leone, fiancheggiata da santo Stefano e sant’Andrea. E tutta questa roba per sessanta ducati, locché non deve recar stupore a chi sa quanto si desse al Coreggio per il suo san Girolamo.

Che poi il pittore fosse Pietro e non Lorenzo, lo proverei con documento esistente pur esso nell’Archivio del Comune. Eccolo.

In consilio septuaginta 23. Gennaro 1558 Va da parte per nominar nonzolo della chiesa di Santo Stefano missier Bartolomeo Luzzo prete con provigion de ducati annui dodese da £. 4 in recognition dei meriti verso dita chiesa di maestro Pietro suo padre, approvato con balotte ecc. ecc.

Evviva la cucagna! E aggiunga, egregio professore, che quei miserabili dodici ducati erano anche per pagamento della messa che il gramo prete doveva celebrare quotidie alle 11. a comodo dei Magnifici Consiglieri.

2°. Perloché l’iscrizione Laurentius Lucius Feltrensis faciebat 1511 inclinerei a ritenerla apocrifa. E tanto più che nel 1511 non esisteva di Feltre che il sito e un mucchio di rovine e di ceneri. Dopo la sua distru- zione nel 1509 e 1511 la non si cominciò a riabitare che nella primavera de 1512 con baracche di legno. Nel 1515 si decretò il ristauro, e si compiè la porta maggiore di Santo Stefano; e se Laurentius faciebat 1511, non so come nel 1519 si desse la commissione a Pietro. L’illustre Marchese Selvatico porrà, son certo, a calcolo questi cenni.

3°. Che la Palla di Santo Stefano fosse nel Museo di Berlino non m’el sapeva. Quel ch’io so è che nel 1796, democratizzandosi tutto, venne democratizzata da Massena anche quella Palla, e la Municipalità non trovò argomento da contraporre a quelli del generale. Ciò è che si narra, ma io non ho documenti, altri la vogliono demaniata nel 1798; insomma sparì, e non resta a Feltre se non la consolazione di non aver avuto colpa dello smarrimento.

Sicuro che è dolorosa cosa che fra le quattro mura di quella chiesa, attrezzata la facciata e la loggia e gli a fresco, stridano gli assi di un pilastro. Auri sacra fames!

Altra pala del Luzzo, una Madonna col putto, san Francesco, sant’Antonio e alcuni angeli era nel soppres- so convento di Santo Spirito. La si conserva nella pinacoteca del Seminario?

E giacchè sono in argomento, ed ho esaurito le tre domande, aggiungo qualche altra notizia.

Nella chiesa di Ognissanti di Feltre, evvi un fresco del Luzzo, la Trasfigurazione, e in cambio di Moisé ed Elia, sant’Antonio Abate e santa Lucia. È danneggiato dal tempo e dalla ignoranza, ma pochi anni sono io condussi a vederlo il professor Felice Schiavoni e vi trovò i tratti franchi di un grande maestro.

Nella contrada delle Tezze un Curzio che col cavallo si lancia nella voragine: ognuno che il veda, lo am- mira a lungo.

In Mercato nuovo alcuni graffiti, ma assai deperiti. Sotto la Torre dell’Orologio, un a fresco sbiadito dal tempo, ma che lascia vedere i tocchi di mano maestra.

Eccole, Egregio Professore, quanto posso dirle del Luzzo in relazione di quanto mi scrisse. Omissis

f(irmata) A. Zanghellini

VII

Antonio Zanghellini a Giovanni Battista Cavalcaselle

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GiuGno

1866

Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It. IV, 2035 (=12276), Fascicolo III, Epistole 101148, n. 119, ff. 1r-2r

In questo promemoria (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. It. IV, 2035 (=12276), Fascicolo III, Epistole 101-148, n. 119, ff. 1r-2r) Antonio Zanghellini fornisce a Giovanni Battista Cavalcaselle notizie aggiuntive e correzioni alla biografia del pittore Morto da Feltre del 1862, che gli ha spedito in precedenza. Espone dati sulla data di morte dell’artista, sulla cro- nologia di alcune opere e, citando documenti conservati presso la biblioteca del Capitolo e dell’Archivio del Comune, tenta di

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LETTERE DI GIOVANNI BATTISTA CAVALCASELLE