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Appaesamento Tra il Marocco e l’Italia Intervista a Sofia

Sofia

Sofia ha poco 50 anni vive a Ponte a Egola comune di San Miniato provincia di Pisa, è vedova e divorziata, vive con i due figli e di lavoro assiste un anziano che abita nelle vicinanze. Di origine marocchina vive in Italia dal 1985 e a Ponte a Egola dal 1996.

Sofia mi accoglie con grande gentilezza, mi fa accomodare in salotto e prendiamo un “caffè marocchino” per sciogliere il ghiaccio, mi offre anche dei biscotti al miele che si era portata dietro dall’ultimo viaggio fatto in Marocco.

Inizialmente le chiedo come si trova nel quartiere, quali sono i centri di ritrovo, come si è strutturata la vita comunitaria. Sofia mi racconta che sono circa quattro anni che vive in quelle case popolari, “prima vivevo in quelle più vecchie vicino ai carabinieri, e i miei amici stanno tutti lì, poi frequento le persone della Moschea, con loro vado al mercato il Sabato, facciamo delle passeggiate, ogni tanto organizziamo delle feste Marocchine, con i vicini qui… meno io non mi interesso di quello che succede al di là della mia porta e loro dovrebbero fare lo stesso.”

Guardandomi intorno nella stanza ci sono molti oggetti che ricordano il Marocco, la stanza seppur piccola è densa di oggetti e di foto.

Sofia mi dice che la casa è composta da una Camera da letto dove dorme lei, il bagno, la cucina e il salotto, dove i figli dormono, ognuno su un divano. Mi spiega che avrebbe potuto l’anno prima trasferirsi una casa popolare più grande, ma nella frazione di Roffia, servita da pochissimi autobus e dove non ci sono supermercati o servizi primari, dal momento che né lei né i figli hanno la patente non hanno accettato il trasferimento, ma spera di essere sposata nelle case popolari accanto a quelle in qui si trova adesso, che essendo più grandi i figli possano

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avere una stanza propria invece di dormire sul divano. Sofia è imbarazzata per la casa, non mi fa vedere la camera da letto perché troppo in disordine dal momento in cui oltre che i suoi oggetti personali ci sono anche quelli dei figli.

L’intervista sugli oggetti inizia quando gli chiedo cosa ciano degli oggetti in stile marocchino messi tutti insieme su un mobile.

“Sono tutti oggetti che mi sono portata piano piano da casa dei miei genitori in

Marocco, loro non ci sono più e io volevo ricostruirmi un po’ della mia casa là anche qui, mi manca tanto, quando ci torno, vedo la mia casa, le mie sorelle, il mio posto. Io sono arrivata qui in Italia dopo il mio primo matrimonio, con mio marito volevamo trasferirci qui con mio figlio grande, ma mentre tornavamo in Marocco per prendere le cose per il trasloco mio marito ha avuto una meningite fulminante ed è morto, io però sono partita lo stesso, sono venuta qui sola con mio figlio, all’inizio diamo arrivati in Calabria, ho dormito le prime notti in un casotto abbandonato sulla spiaggia, poi con l’aiuto di un finanziere, una brava persona ho trovato lavoro come donna delle pulizie, dopo qualche anno mi sono trasferita in Veneto a Bassano del Grappa, lì si che stavo bene, le persone erano più gentili, c’è più lavoro, lì ho conosciuto l’altro marito, ci siamo sposati e sono rimasta incinta, mio marito è voluto venire a vivere qui, perché in queste zone c’è l’oro di conceria, solo che ha iniziato a bere dopo che siamo arrivati era nel ’96, e dopo poco se ne è andato, io sono rimasta sola con due figli da crescere e senza lavoro, è stata dura, ma mi sono rimboccata le maniche e via.”

Nel raccontarmi la sua storia Sofia non si scompone molto, usa spesso espressioni tipo “vabbè, è la vita, piano piano”, credo sia un modo per non esporsi troppo e non lasciarsi assorbire totalmente da quella che è un’esperienza estremamente dura è sconfortante.

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Nella casa però si respira comunque un’atmosfera piena, di colori, e accoglienza, le pareti sono piene di farfalle dipinte e di foto, così come di quadri che raffigurano Mosche, e altri oggetti, sembra di essere in un luogo di confine, tra due mondi che si incontrano, ci sono degli oggetti anche dei figli come cd, e vestiti sparsi, di riviste e alcuni libri.

“Le foto le tengo lì sul muro, così le vedo sempre, è la mia famiglia, ci sono le foto dei miei figli, dei miei genitori, delle mie sorelle, le foto del mio matrimonio, le tengo lì come se ci fosse tutta la mia famiglia, soprattutto mio padre, mi manca tanto, gli ho dato tanti pensieri, ho cercato anche di aiutarlo, però è stata dura. Poi i fiori e le farfalle le tengo perché mi piacciono, mi mettono allegria, i miei figli dicono che sono troppe, però non so a me piace un po’ di colore, poi loro si lamentano che non hanno nemmeno un comodino, a me dispiace tanto gli ho detto che possono usare camera mia e io il divano, però loro sono disoccupati, mentre io lavoro tutto il giorno e quindi la camera l’hanno lasciata a me.”

Sui mobili la presenza di oggetti della famiglia o comunque del Marocco è forte, ci racconta che gli altri della comunità marocchina ne hanno anche di più e più belli, però piano piano sta cercando di comprali anche lei “Vedi in questo più grande noi ci mettiamo la frutta

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secca o i biscotti, e quando abbiamo ospiti dobbiamo sempre offrirgli qualcosa, non sta benne sennò, qui in Italia siete un po’ è meno ospitali, da noi non so è diverso.”

Purtroppo Sofia è reticente a mostrarmi la sua stanza, quindi le chiedo se ha altri oggetti cari da cui non si separerebbe mai e che conserva da qualche parte, quindi mii porta due collane

“ Queste due sono le cose più preziose che ho, nel corso degli anni ho dovuto vendere tutto l’oro che avevo, perché non sapevo come mangiare, ma queste due mai, una è di mia madre, quella con il cuore, l’altra me l’ha regalata il mio primo marito, non le indosso mai, una volta l’ho fatto e la gente mi diceva che se ero povera allora non dovevo indossare certe cose, io non capisco questa cosa, non è che se sono povera devo vestirmi male, io ho dignità e ci tengo a mostrarmi per bene, però ecco io queste me le tengo nascoste in camera, ogni tanto le tiro fuori e mi commuovo, più delle foto, le foto le tengo in mostra, mi fanno compagnia, queste collane mi ricordano troppe cose invece.”

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Un altro elemento importantissimo nella vita di Sofia è sicuramente la vita religiosa, mi racconta di come sia stata la fede ad aiutarla nel corso degli anni, e che la vita comunitaria attorno alla Moschea le è servita ad integrarsi in Italia e a Ponte a Egola, avere un ruolo all’interno di essa, aver strinto dei legami, organizzare degli eventi insieme, è stato quello che non l’ha fatta sentire sola, avere una comunità dietro su cui poter contare, grazie alle persone conosciute lì ha trovato lavoro e spera che possano dare una mano anche ai figli, di questi si dispiace che non siano credenti però ci tiene a ribadire che lei non li ha mai obbligati e che devono scegliere autonomamente il loro percorso, ci dice che loro si sentono più italiani che marocchini, che non parlano nemmeno la lingua, dice “lo so è colpa mia non gliel’ho insegnata, io ho anche il corano scritto in arabo, loro non lo sanno leggere, mi spiace molto di questo”, lei si sente all’interno di due comunità morali, inerita in entrambe, come se avesse delle radici molto lunghe che collegano Ponte a Egola con il Marocco, che seppur rimpianga

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molto e senta una grande nostalgia, non potrebbe più tornarci, ogni volta che ci passa un periodo in vacanza ci spiega che il senso di spaesamento e di confusione interna è forte, come se ci fossero due Sofie dentro di lei.

Infine mi mostra uno dei corani che possiede e che tiene in bella mostra in salotto, me ne legge dei passi in arabo, ricordandomi che Dio è fondamentalmente amore, ma che purtroppo le è capitato nel corso degli anni e soprattutto di questi ultimi di sentirsi etichettata “ Quando dico di essere musulmana a volte mi sembra che la genti mi guardi strano, non so,

anni fa non era così, ora mi sembra che la situazione sia peggiorata, poi mica sempre, ma ogni tanto lo vedi che ti guardano con sospetto.”

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