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Creazione proprio Umwelt Intervista, Alessandro, Franca, Maurizia e Valentino

Le storie di Alessandro, Franca e Valentino sono tre storie di come gli oggetti costituiscano i legami famigliari, in queste interviste infatti non è tanto la dinamica del quartiere che spicca, ma la costruzione del proprio mondo domestico attraverso oggetti simbolici che evocano membri della famiglia, chi non c’è più e a cui viene dedicato un “altarino” all’interno della propria casa, chi sta cercando di costruire una famiglia, cercando di dare voce alla personalità di ciascun membro di questa, sono storie di famiglie e di come la casa sia il luogo di mediazione dei vari componenti, dove si deve cercare di ritagliarsi il proprio luogo, dove non sempre ci si sente necessariamente accolti, come il caso di Franca e si deve attendere con pazienza il momento in cui poter metter mano sulla gestione pratica dell’economia della casa. Chi come nel caso della madre di Alessandro o la compagna di Valentino hanno il bisogno di mettere la loro firma su tutte le superfici della casa che non sentono davvero loro, ma vorrebbero sentirsi parte di questa, come se senza non vi fosse davvero un luogo per la famiglia. La casa racchiude e racconta i legami di chi la abita o di chi l’ha abitata. Un secondo corpo, chi vi entra penetra nelle vite degli abitanti, fotografie, orologi, anche abiti, rappresentano vite intere, nell’immaginario di chi le possiede.

Alessandro Isolotto

Alessandro è un ragazzo di 26 anni che vive con i genitori nel quartiere popolare dell’Isolotto nella periferia di Firenze.

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Vivono in quella casa da cinque anni, prima vivevano nelle case popolari in centro di Firenze che però era pericolante, questa casa è più piccola, hanno scelto un arredamento definito più moderno e funzionale.

Alessandro ci accoglie con la madre e ci fa prendere il thè.

Ci fa vedere dei piccoli soprammobili, per esempio un piccolo modellino di una bicicletta o delle coppe di biliardo vinto dal padre di Alessandro anni fa “Sono cose che non

si toccano perché fanno parte della storia della famiglia, fanno parte d noi del nostro percorso, io e i’ mi’ marito stiamo insieme da 47 anni e di cose da raccontare ce ne sono, io poi sono una che conservano tutto anche i tappi delle bottiglie, perché tutto potrebbe tornare utile, anche perché ogni volta mi fanno .. Mamma ce l’hai…”

Poi riguardo la dimensione del quartiere della zona, emergono una serie di problemi, Ale. È amministratore dei tre edifici che compongono le case popolari, e ci dice la convivenza

Tra i vari cittadini non è facile, sono tre edifici, relativamente nuovi edificati negli ultimi cinque anni, ci narra di minacce di morte alle riunioni di condominio, “durante una

riunione sono andati giù di cazzotti e abbiamo chiamato la polizia e ci sono vari spacciatori”, ci raccontano come fin da subito si sono palesati i problemi. Le gente cerca di essere più indipendente possibile non si tratta di razzismo, ma di gente diversa e culture diverse, c’è chi rispetta e chi no, non so se avete notato giù il portone che hanno rotto a calci, non si tratta di Italiani e stranieri, ma qui sembraaa dovuto e nemmeno apprezzato, io non sono razzista, io non sopporto le persone maleducate, io ho un rapporto con due e tre famiglie , albanesi e romani, siamo in 25 in tutto il palazzo cerchiamo di collaborare. Secondo me è un errore mettere insieme troppe culture diverse forse. Dentro il portone di casa tua fai come ti pare, ma fuori dobbiamo rispettarci. La colpa è anche del comune che dopo il primo anno che venivano a controllare ci hanno abbandonato a noi stessi, perché se io vedo che loro si interessano anche chi è qui è più attento.”

Durante l’intervista la Tv resta accesa “lei fa parre della famiglia, non la guardiamo

fa ci fa compagnia”.

Partiamo con il giro della casa, la prima è il salotto “come vedete ogni superficie è stata

riempita da mia madre” poi ci fa vedere delle foto delle sorelle.

Le sorelle sono cosparse effettivamente su tutte le mensole e una del matrimonio dei genitori e una foto gigantografia della zia che è morta da poco tempo, una storia che ha segnato tutta la vita della famiglia, si soffermano nella narrazione della malattia di questa donna e ci mostrano molte foto di questa donna che non viene chiamata mai “mia Zia, ma questa persona”.

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“Questa poi è “la seconda casa non è vissuta come la casa vera, anche perché qui siamo solo noi tre, questa è la casa funzionale per i miei che invecchiano. È molto più facile da ordinare, da pulire”

“La mia stanza anche se ci vivo da cinque anni non è camera mia, cioè ci vivo, ma non le la sento camera mia, è ancora spoglia, anche dove vivevo prima non era troppo piena, ma un po’ di più sì ecco. Ho fatto un tentativo con le bottiglie di vino con i fiori, i fiori ce li ha messi mia madre, questa, intendo proprio tutta la casa è il suo regno, credo che sia perché le pesa il fatto di non aver mai avuto una casa sua, quindi tende a caricare questa come quella precedente, ci vuole mettere la firma, anche oggetti ovunque anche senza significato, solo per dire è mio”

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Nella stanza ci sono dei fumetti portati anche dagli amici insieme a fogli e appunti

dell’università, infatti Alessandro studia ingegneria.

Poi sopra una lampada ci sono dei portachiavi sempre di cartoni- fumetti e un fiore da taschino per il matrimonio di un amico, quello è stato uno dei pochi tentativi di appaesarsi nella camera.

La maggior parte degli oggetti presenti nella stanza sono regali da parte di amici, non ci sono molti elementi comprati o scelti da Alessandro nella propria stanza.

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Ci dice che prima teneva un quadro regalato dalla ex- fidanzata che ha tolto perché “era molto bello, ma non era mio, o almeno non lo era più.”

“Quando lavoravo come cameriere in “piazza del Carmine”, ora è chiuso perché non

era proprio in regola, ci sono stato per un annetto, poi studiare e lavorare facendo le tre di notte non era fattibile.”

Alessandro ci dice che in casa non ci sono foto del percorso, ci sono momenti scanditi, o eventi importanti o dei “nuovi arrivi” come i nipoti, questa è l’unica foto che ho fatto io un po’ più di recente ai miei per vedere anche il processo della nostra storia.

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La madre di Alessandro ci fa vedere il terrazzo con delle piante dicendo che ha sempre amato le piante, ma non ha mai avuto un giardini e nella casa precedente non c’era nemmeno il terrazzo, adesso finalmente può coltivare questa sua passione che in qualche modo la lega ancora di più alla casa “ mi piace proprio farmele crescere da me, dal germoglio fino a che

non crescono grandi, mi danno grande soddisfazione le coccolo, alcune di queste piante fanno parte della famiglia sono con me da vent’ anni”.

Quello che emerge di più da quest’ intervista è il bisogno della madre di riempire i vuoti, la presenza di oggetti che compongono la storia familiare è indispensabile, “deve mettere la firma”, dice Alessandro a proposito della madre, ed è evidente, non solo per una questione legata al possesso della casa, come bene immobile, ma il possedere ricordi, esperienze e narrazioni della famiglia che duramente hanno costituito, il fatto che in quell’abitazione Mara, la madre di Alessandro possa accogliere i nipoti e “fare la nonna”, così come il costudire la memoria della sorella che non c’è più, ma per mezzo delle foto e delle storie la presenza dell’assenza emerge, conservata con attenzione dai membri della famiglia.

Totalmente diverso è Alessandro che abita nel vuoto, entrando in camera sua non ci si rende conto di essere in una stanza di un ragazzo giovane che frequenta l’ università o che ha interessi, se non per mezzo di pochi elementi regalatogli da amici o tramite l’intervento della madre che ha aggiunto qualche elemento decorativo, nel corso dell’intervista Alessandro ci dice di aver passato una serie di “brutti momenti”, nel corso degli ultimi tre anni, ma che già echeggiavano da prima, vivere in una condizione economica difficile lo ha spinto a lavorare e a studiare senza essere mai soddisfatto in nessuno dei due ambiti. Dopo la fine di una lunga

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relazione ci dice che il mondo sotto di lui è un po’ crollato, per questo la camera è così vuota, non è mai stato “un accumulatore”, e dopo il trasloco l’appaesamento nella nuova casa è stato difficile, e dopo la fine della relazione ha eliminato molti oggetti che gli ricordavano l’ex- fidanzata perché il presentificarsi di questa tramite i quadri che le aveva regalato, così come pupazzi vari era per lui troppo difficile.

Due visioni totalmente diverse da due membri della famiglia che abitano nella stessa casa e che devono mediare sulla gestione e armonia di questa.

Franca

La signora Franca è una pensionata di 83 anni che vive nelle case popolari di Empoli dal 1961, durante la mia intervista sono accompagnata dalla nipote Elena. L’ intervista viene svolta un sabato mattina, e vengo accolta con estrema confidenza, sebbene non la conoscessi a tratti mi sembra di essere trattata come una componente della famiglia, mi offre il caffè e inizia a raccontarsi immediatamente, a volte non ho nemmeno il tempo di farle delle domane che lei inizia a raccontare uno dei molteplici aneddoti di lei o di qualche membro della famiglia.

Franca vive in quella casa dal 1961, subito dopo il matrimonio, si è trasferita nella casa del marito con la famiglia di quest’ultimo. “eravamo in otto in questa casa quando ci sono arrivata, i genitori del mi’ marito, io, lui, le sorelle e il su’ fratello, poi io sono rimasta incinta della mamma di Elena e della su’ zia, fino a che i fratelli del mi’ marito non si nono sposati si stava stretti, ma prima usava così.”

La casa nel corso degli anni ha avuto una serie di modifiche, fatte soprattutto quando i genitori del marito sono deceduti. Franca insieme col marito (deceduto vent’anni prima) sono riusciti a riscattare la casa negli anni ’90.

La casa è composta da due bagni, due camere, un salotto e una cucina.

Un mese prima della mia intervista Franca ha subito una truffa da parte di due uomini che travestendosi da Carabinieri si sono introdotti nell’abitazione derubandola di tutto l’oro e di alcuni oggetti molto cari alla signora, questo evento ha scosso profondamente Franca che durante l’intervista si commuove dicendo che non le è rimasto più niente dei genitori o dei regali fatti dal marito.

Durante l’intervista sembra comunque contenta di raccontare la propria storia anche con le varie “tragedie”, come fosse una valvola di sfogo.

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Franca dice spesso durante l’intervista “ho lottato tanto nella mia vita, ho lottato per tutto.”

Ci fa vedere le varie foto dei nipoti, definendoli i successi più grandi, anche se le foto non le tiene nel salotto, ma nelle camere, perché si commuove a vederle.

Durante l’intervista le storie della famiglia si intrecciano, la famiglia d’origine, con quella del marito, e quella avuta con lui, sembra di comporre e scomporre un grande albero genealogico con i rami che si intersecano.

Nel corridoio che porta alle camere da letto è affissa una foto risalente alla Prima guerra mondiale che ritrae la nonna paterna di Franca insieme a figli piccoli (ci sono anche altre foto della “nonnastra” definita così da Franca che è la seconda moglie del nonno e che ha cresciuto la signora facendole quasi da madre), questa foto le è molto cara perché è l’unica immagine della nonna biologica che non ha mai conosciuto.

La stanza da cui parte il tour della casa è la sala da pranzo, luogo “dove si fanno tutti i Natali, i pranzi della Domenica, dove ci si ritrova con tutta la famiglia.”

Nella sala da pranzo c’è un mobile che prende tutta una parete con una vetrina dove sono conservate molte bomboniere e piccoli oggetti, tutti i ricordi della famiglia e dei nipoti.

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Ci mostra una “zuppiera” del matrimonio dei genitori di Franca, e una vecchia radio sempre appartenente ai genitori, la sua abitazione è davvero una casa museo, ma a differenza di Alba che racconta la storia di molti mondi, e di molte altre storie di personaggi incontrati nell’arco della vita, Franca conserva la storia della sua famiglia e di tutte le generazioni da quella dei suoi nonni fino ai nipoti, talvolta seguire questo albero genealogico non è semplice, i ricordi vissuti da Franca si scambiano con quelli a lei raccontati e con quelli della storia di un mondo che è quasi difficile presentificarsi oggi.

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Alle pareti sono appese delle foto dei nipoti e dei disegni fatti dalle figlie di Franca quando erano bambine ce ne mostra uno fatto dalla figlia Manuela quando faceva l’elementari, dove sul retro è scritta una dedica della figlia al padre, Franca leggendo la dedica ci dice che la figlia maggiore “ è sempre stata il genio della famiglia”,successivamente durante l’intervita

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parlando ancora della figlia ci racconta che si è laureata nonostante avesse due figli da crescere e mentre lavorava.

Salendo al piano di sopra ci mostra le foto del matrimonio, ci racconta che il marito in realtà era il cugino di secondo grado e per sposarsi hanno avuto bisogno di un’ autorizzazione dal Vaticano a causa di questo legame di parentela.

In una foto del matrimonio Franca è seduta nella camera da letto che è esattamente

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Nelle camere da letto ci sono tutte le foto della famiglia di origine di Franca , dei fratelli dei genitori a questo punto Franca ci racconta una serie di vicissitudini della famiglia, matrimoni, comunioni e battesimi, Franca ci dice “ Io sono legata a tutti, anche alla mi’

suocera, come se fosse la mi mamma, poi tutti, io li tengo tutti qui, tutta la mia famiglia”,

infatti l’impressione che si ha entrando a casa di Franca è esattamente quella di andare in una casa abitata da una famiglia di fantasmi che riprendono vita nelle foto e negli oggetti, dove le persone che non ci sono più entrano a contatto con le nuove generazioni.

Un altro elemento che emerge delle parole di Franca è che sente il peso della vita che ha fatto “ ho lottato tanto nella mia vita”, “Ho sofferto tanto”, “ Ne abbiamo passate tante”, in relazione in primo luogo al suo sentirsi situata in quella casa, l’aver convissuto con il nucleo famigliare del marito e la famiglia che stava costruendo con lui in una casa piccolo, il dover mettere insieme molteplici comunità morali, e visioni del mondo che collidevano, il non poter organizzare gli spazi di casa sua fino a quando le nuore e i suoceri non si sono fatti da parte, ancora oggi la camera in cui dorme ha lo stesso arredamento scelto dalla suocera, le poche variazioni che ha fatto sono state pensate dopo la morte del marito, quando Franca per la prima volta si è trovata a vivere da sola, e ha imparato a trovare degli angoli per sé cercando allo stesso tempo di colmare il vuoto di una casa che vuota non è stata mai invitando i nipoti e le figlie. Un’ altro elemento conflittuale nei confronti del marito riguarda proprio l’educazione di queste, infatti ci racconta di come lei stessa avrebbe voluto studiare, ma non ha potuto e che quindi ha cercato di farlo fare alle figlie e ai nipoti ì, mostrandoci fieramente le tesi di questi, che sente come dei trofei personali, “Le ho lette tutte, non so se le ho capite, ma lette le ho

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Franca vive da sola, ma allo stesso tempo sembra vivere in relazione continua con tutta la sua famiglia, circondata dalle foto dei vari partenti, che sembrano abitare ancora lì, non aver cambiato quasi niente nell’ arredamento se non aggiungendo alcuno oggetti delle figli, come i vari libri di testo, o alcuni costumi di carnevale cuciti da Franca per le nipoti, il resto permane sembra quasi che il tempo in casa di Franca non sia passato, entrando nella camera matrimoniale sembra di fare un viaggio nel tempo e trovarci nel 1961 anno in cui si è sposata e trasferita lì, questo è frutto di una scelta pensata e calcolata da Franca, che proprio quando mi fa entrare nella stanza mi dice quasi fieramente che non è cambiato niente nell’arredamento,

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come se il fatto di avere ancora tutti i mobili e molti degli oggetti di quegli anni donassero alla camera un valore di autenticità, del fatto che quello che ha vissuto , d’importante sia ancora conservato lì, non etichettandolo come si fa nei musei, ma conservandolo con cura, riguardando le foto e raccontando tutte le storie della famigli alle nuove generazioni.

Valentino

Valentino è un ragazzo di 26 anni che vive a san Miniato Basso provincia di Pisa, non abita propriamente in una casa popolare, ma in un bilocale con la compagna Chiara di 32 anni e loro figlio, di circa sei mesi al momento dell’intervista.

In questo caso l’intervista non è fatta a persone sconosciute, Valentino è stato un mio compagno di classe dalle scuole elementari sino al liceo, che però nel corso degli anni ho perso di vista e ricontattato per la ricerca della tesi.

Quando arrivo a casa di Valentino e Chiara sono accolta con molta gentilezza e familiarità, gioco un po’ anche con il neonato mentre Chiara prepara il thè. La casa è molto piccola c’è una cucina che funge anche da sala da pranzo e da salotto, dove vi è un piccolo divano, un televisore e una piccola libreria, probabilmente proprio per le dimensioni così ridotte la casa sembra stracolma di oggetti, i giochi di Aurelio, i libri di Chiara e una serie di dvd sulle mensole.

Inizialmente Valentino mi racconta che quella sistemazione è provvisoria, che ci stanno da pochi mesi, da quando è nato il bambino “ Non pensavamo ancora a una convivenza

con Chiara, poi quando abbiamo scoperto di aspettare Aurelio è stato tutta una corsa contro il tempo, fortunatamente abbiamo trovato questa casa, vicino a dove stanno i miei, e per fortuna loro ci danno una mano, io lavoro come apprendista cuoco e Chiara non lavora, senza un aiuto sarebbe impossibile.” Poi continua “Ora infatti la vedi ma non è ancora completa, cioè Chiara l’ha già riempita di cose, anche troppe, io sono minimalista, qui non ci trovo un equilibrio, poi è così piccola che già non ci si rigira, ora mi dà un po’ senso di claustrofobia.”

Interviene anche Chiara che dissentiva apertamente con quello che stava dicendo il compagno “ Se fosse per lui non ci sarebbe niente in casa, anche se piano piano lo sto

convincendo a portare le sue cose, io sì, effettivamente ci sono tanti oggetti che mi ricordano la mia vita di prima, ma vedi io vengo da un paesino vicino Firenze, mia mamma e mia sorella

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stanno lì e le vedo solo nel fine settimana, le mie amiche vivono tutte a Firenze, io qui non conosco ancora nessuno, non era previsto che ci trasferissimo qui, poi non lavoro, sto sempre a casa con Aurelio e avevo bisogno di sentirmi a casa mia, quindi ho portato le cose più importanti da casa, per esempio alcuni libri dell’ Università, altri che mi sono cari, poi un sacco di peluche di quando ero bambina e che ho riscoperto anche da quando sono diventata