III. CLELIA GOLFARELLI E LE DONNE ARABO-MUSULMANE
1.1.1 L'appelo di Iffete Hassan: analisi
Dalla lettura dell'appello di Iffete Hassan risalta in primo luogo l'insistenza con cui la principessa attribuisce la condizione d'inferiorità delle donne musulmane a motivi storicamente 244 Ibidem, pp.733-734.
determinabili. Iffete Hassan ricorda infatti alle sue compatriote come nei primi secoli di vita dell'Islam (il “secondo secolo dell'Egira” a cui si fa riferimento corrisponde alla metà del XIII secolo) le donne godessero di diritti che, lo abbiamo visto, permettevano loro, non solo di affiancare l'uomo in una paritaria distribuzione dei ruoli, ma anche di superare le coetanee occidentali in relazione ai diritti acquisiti. Solo con il passare del tempo, ed in particolare con la fine della dinastia Abbaside e l'inizio della dominazione turca in Oriente, le musulmane si sono viste via via deprivare di tutti quei diritti che facevano di loro degli esseri liberi ed uguali all'uomo.
Sebbene la principessa non si distacchi dal modello che fa della donna la madre dei propri figli e la compagna del proprio marito, rivendica su questa base, in nome di un passato in cui musulmani e musulmane potevano vivere nel rispetto reciproco grazie ad un'equa distribuzione dei rispettivi diritti e doveri, una posizione di eguaglianza. In altre parole, dal momento che la donna nel passato ha potuto prosperare affianco all'uomo, adempiendo i doveri che le spettavano in accordo con l'osservazione della legge Coranica, la sua attuale condizione d'inferiorità non può essere legata alla sua sessualità da cui deriverebbero ruoli, funzioni e modelli di comportamento che la ponessero in una naturale condizione di inferiorità rispetto all'uomo, né tanto meno essere giustificata in nome di una religione che vedrebbe nel volere di Maometto una legittimazione dell'inferiorità della musulmana. Per Iffete Hassan, in un periodo storico ben preciso, il momento di massima espansione dell'impero ottomano nel mondo arabo, e sotto circostanze culturali determinabili, quando l'uomo ha abbandonato i costumi delle origini garanti della parità uomo-donna, la musulmana è stata ridotta ad una condizione di schiavitù246. Contingenze storicamente individuabili e culturalmente determinabili sono, quindi,
alla base dell'inferiorità vissuta dalle donne nella società del presente.
Un secondo elemento da prendere in considerazione riguarda, invece, la temporaneità della subordinazione vissuta dalle donne. Nel discorso della principessa la condizione d'inferiorità ed in alcuni casi di aperta schiavitù che caratterizza le musulmane non è considerata un dato inalterabile, e quindi fisso ed immutabile nel tempo, ma, al contrario, appare uno status transitorio e, dunque, modificabile. È proprio in considerazione di questa sua transitorietà che Iffete Hassan lancia un appello alle sue compatriote affermando che sono ormai maturati i tempi per dar vita ad un movimento di rivendicazione femminile (basata, lo abbiamo visto, non sull'imitazione del modello di emancipazione proposto dalle più libere sorelle d'Oltremare, ma 246 Sebbene Iffete Hassan si rivolga con questo appello a tutte le donne musulmane e probabile che si riferisca in
particolare alle donne egiziane. La caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi (1453) a cui la principesssa fa riferimento con l'espressione di “ultima rovina nostra” determinò infatti una fase critica per l'Egitto che si tradusse con la perdita dell'autonomia e la sua trasformazione, nel 1517, di una provincia dell'Impero Turco Ottomano.
sulla richiesta delle libertà consentite alla donna dalla sua legge religiosa). Dal momento che il processo di decadenza che ha determinato la condizione di inferiorità delle musulmane ha avuto inizio con l'abbandono della tradizione islamica delle origini, la maniera per potersene affrancare, non è quella di lasciarsi attrarre dai modelli emancipatori occidentali (che rappresenterebbero, al contrario, un ulteriore allontanamento dalle origini), ma quella di riaffermare la propria tradizione culturale e la propria fede religiosa: la libertà e i diritti che Iffete Hassan reclama per le sue compatriote vanno intesi come una rivendicazione piena e totale dei diritti e delle libertà che alla donna musulmana sono concessi da tale tradizione. Affinché ciò sia possibile le donne devono impegnarsi personalmente nel diffondere e nel divulgare una più giusta interpretazione del Corano che mostri ai musulmani e alle musulmane che lo avessero dimenticato come la loro legge Sacra sia perfettamente compatibile con i diritti femminili.
Da ultimo, nell'analizzare questo appello non possiamo non rilevare il ruolo che Hassan attribuisce all'educazione nel processo emancipatorio. Per la principessa le donne devono impegnarsi in primo luogo sul fronte dell'educazione in seno alla famiglia, preoccupandosi di impartire ai propri figli i principî di un'equa e giusta ripartizione dei diritti e dei doveri tra i generi. Ai bambini deve sì essere inculcata l'idea che l'uomo e la donna sono contraddistinti da differenze che possono anche comportare diverse missioni, ma questo non deve mai tradursi nella prevaricazione dell'uno sull'altro. Un'educazione così concepita ha inoltre delle importanti ricadute al livello sociale in quanto l'obiettivo finale è quello di crescere i “fattori dell'avvenire”, ovvero uomini e donne in grado di dar vita ad una società più equa e più giusta. La missione educatrice delle donne non si esaurisce, tuttavia, nell'ambito domestico e famigliare, e queste sono allora chiamate ad impegnarsi in tutte quelle attività che contribuiscono a rimediare alla condizione di ignoranza che affligge la maggior parte di loro. Le benestanti possono, ad esempio, dedicarsi all'istruzione di quelle meno abbienti finanziando loro gli studi. In questo contesto la beneficenza, la carità e tutte le altre forme di filantropia, se pur considerate positivamente, non risultano sufficienti per l'emancipazione femminile se non sono affiancate da un'adeguata istruzione. Quest'ultima, considerata a sua volta il volano per l'accesso alla sfera sociale e civile, è per Hassan uno strumento indispensabile per l'autonomia femminile.