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Clelia Golfarelli e l'appello di Iffete Hassan: il femminismo egiziano per le lettrici italiane

III. CLELIA GOLFARELLI E LE DONNE ARABO-MUSULMANE

1.1.4 Clelia Golfarelli e l'appello di Iffete Hassan: il femminismo egiziano per le lettrici italiane

L'appello che Clelia Golfarelli sceglie di far tradurre per le lettrici italiane è un testo (come spero di aver dimostrato) carico di spunti di riflessione sull'esordio del movimento delle donne in Egitto rappresenta una novità nel dibattito sul mondo arabo-musulmano ospitato dalla stampa emancipazionista italiana dell'epoca269. In primo luogo, come ho già osservato, Clelia decide di

dare la parola ad un'egiziana-musulmana contribuendo, in questo modo, a rendere visibili le donne arabe in un contesto dal quale faticavano ad emergere. Secondariamente, e soprattutto, lasciando parlare Iffete Hassan, Clelia Golfarelli permette alle italiane rimaste in patria di venire a conoscenza di un movimento, quello delle donne in Egitto, che difficilmente avrebbero potuto cogliere ai suoi esordi.

La volontà di testimoniare la nascita del femminismo egiziano sembra assumere per Clelia Golfarelli un significato ben preciso rispetto alla maniera in cui le sue connazionali erano solite entrare in relazione con le donne musulmane. L'esperienza egiziana e, in particolare, i contatti che aveva presumibilmente intessuto con le donne appartenenti all'alta aristocrazia cairota, all'epoca parte attiva nel dibattito sulla condizione della donna nella società islamica, avevano messo Clelia Golfarelli in grado di capire come le immagini che in Italia circolavano sulle donne d'Oriente fossero, in realtà, assai distorte. Con queste parole, non a caso, Clelia aveva deciso di presentare alle lettrici italiane l'appello di Hassan:

La vita della donna musulmana rimase finora un mistero, singolarmente per la donna italiana. Viaggiatori e romanzieri avvolsero la reclusa nei più lucidi veli, ne tesserono la vita dei più intricati e fantastici avvenimenti, le prestarono aureole irreali di ombre, di passioni, di violenze inverosimili, in essa sol vedendo -odalisca o ninfa- il simbolo dell'ozio assoluto e della voluttà incomparabile.270

È contro questa immagine stereotipata della donna musulmana, vista o come “lascivo strumento di piacere” o come “reclusa”, che Clelia sceglie di dare la parola a Iffete Hassan pubblicandone un proclama che, per riprendere la sua stessa definizione

dipinge meglio di qualunque altra parola il momento spirituale della donna orientale più evoluta.271

Per la maestra fiorentina l'orientale non è più vittima passiva ed inconsapevole della brutalità maschile, ma diventa, al pari dell'occidentale, donna ormai pronta a far sentire la sua voce nella rivendicazione dei propri diritti. Sulla base di un interesse comune- quello delle questioni di genere- la contrapposizione egiziane/italiane, musulmane/cristiane, occidentali/orientali sembra allora sfumare a favore di un impegno collettivo che tuttavia, come dirò nelle pagine che seguono, troverà un importante limite nella misura in cui esse si mescoleranno, nel contesto del colonialismo, con quelle concernenti la razza.

270 Alma d'Aurora, Voci d'Oriente. Oriana, p 726. 271 MANCA RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO.

1.2.1 Spazio alle musulmane: A proposito delle "Note di una

viaggiatrice" di Marcelle Tyniare.

Pochi mesi dopo la pubblicazione dell'appello di Iffete Hassan, Clelia Golfarelli passa la parola ad un'altra voce proveniente dalle file musulmane, portando l'attenzione delle lettrici italine sulle considerazioni di un'anonima donnaturca a proposito del viaggio che la scrittrice francese Marcelle Tinayre (1870-1948) aveva recentemente fatto in Turchia272. Con il titolo A propos de

'Notes d'une voyageuse' de Mme Marcelle Tinayre, l'articolo era apparso il 20 luglio del 1910 sulle pagine del quotidiano francese «Journal des débats politiques et litteraires» e, adesso, Clelia lo traduceva per le sue lettrici con l'obiettivo di spiegare loro, come affermava Sofia Bisi Albini presentando lo scritto, “alcuni passi del diffusissimo volume di Mme Tinayre”273.

Secondo l'autrice dell'articolo, che pur restando anonima si definisce “turca e musulmana”, le lettrici turche riservarono una fredda accoglienza al libro della Tinayre:

Come me, molte fra le mie compatriote, lessero con una impressione insieme di tristezza e di stupore le

Note di una viaggiatrice in Turchia; di tristezza, pel dolore inflitto a noi ancora una volta dalla puntura di

una penna occidentale, allora appunto che più intenso è per noi il bisogno di aiuto e di simpatia; di stupore, poiché l'autrice di questi appunti è Marcelle Tinayre.274

A suo avviso le Notes di Marcelle Tinayre sono un resoconto offensivo, oltreché irreale, della vita delle donne turche. Innanzi tutto, nonostante la scrittrice dichiari preventivamente di non voler cedere a generalità inopportune, finisce con il proporre un'immagine di queste donne che, nel complesso, risulta degradante. Da interpretare in questo senso, ad esempio, è il resoconto “carico di ironia e di sarcasmo” del matrimonio di una giovane coppia e, più nello specifico, la descrizione di una delle invitate :

[…] l'A. Racconta di aver assistito ad un matrimonio popolano, e di avervi osservato più rozzezza che raffinatezza. […] l'A. Veste d'ironia l'ingenuità, i ruvidi gesti primitivi, le risate di quella povere gente: - «una grossa bionda, - (scrive)- indiamantata, dal «viso grazioso» ... si slaccia la camicetta, e denuda senza «un'ombra di pudore una mammella deforme, che pende giallastra sul rosa vivo della seta; e,

272 E.A.G, A propos de 'Notes d'une voyageuse de Mme Marcelle Tinayre, in «Journal de débats politiques et litteraires», 20 luglio 1910, n 199, p. 3. Come abbiamo indicato, nella versione originale la donna Turca pur non rivelando completamente la sua identità si firma con le iniziali E.A.G. L'articolo è stato integralmente e

correttamente tradotto da Clelia Golfarelli. 273 p. 1202

mentre si cerca il poppante, « la bionda si rimette a ridere e a fumare» ! ..- E M.me Tinayre chiude il suo racconto così: «Graziosa riunione, piena di poesia orientale»275.

La scelta di Marcelle Tinayre di raccontare al pubblico francese questo matrimonio è indice, per l'anonima autrice, della scarsa sensibilità della scrittrice e della sua incapacità di comprendere il comportamento di donne appartenenti a culture differenti:

[…] Non forse, in quell'ambiente, come in qualunque altro simile di qualsiasi altro paese, le donne del basso ceto possono avere i modi ed i gusti del loro centro; e, perciò non avrebbe ella dovuto armarsi d'indulgenza? [...] l'artista oserebbe attestare che in occidente tutte le classi hanno gli stessi gusti e intendono allo stesso modo la poesia?276

Il gusto per la poesia non può essere universalmente inteso e soprattutto è qualcosa che attiene più alla classe sociale di appartenenza che alla razza, di conseguenza, inferire che in Turchia manchi il gusto per la poesia è per lei non solo sbagliato, ma persino assurdo.

Altrettanto offensiva è poi la maniera in cui Marcelle Tinayre racconta la sua visita alla moschea di Éyup, a Costantinopoli:

Eyub-, moschea, meta di pellegrinaggi, asilo di riposo dei nostri morti! Fra le sensazioni di Mme Tynaire visitandola, predomina il gradimento di esservi entrata in «vestito guaina e cappello a campana». Musulmana e rispettosa delle altrui credenze, (ma non mi giudicherà troppo ingenua Mme Tynaire?) se mi accadesse di entrare in una chiesa, in una sinagoga e pur anche in una pagoda, non potrei pensare un attimo a divertirmi per l'effetto del contrasto del mio vestito o della mia acconciatura in quei luoghi di raccoglimento e di preghiera. Bisogna credere, però, che Mme Tynaire non provi eguale rispetto alla fede altrui, se, uscendo da un'altra moschea, può aggiungere: «La vita mi riafferra fin dalla soglia, appena fugata la malia del sogno, col buttar le babbuccie affittate dal custode»277.

Il compiacimento per aver indossato i costumi locali e la sensazione di sollievo provata dalla Tynaire quando esce dalla moschea, sono considerate una grave mancanza di rispetto verso la fede altrui. Ma il passaggio delle Notes che più di altri sembra aver turbato l'anonima turca è quello che riguarda il trattamento riservato dalla scrittrice a Mme Ange, una delle turche che l'aveva ospitata durante il suo viaggio:

275 Alma d'Aurora, A proposito cit., pp.1023-1024 276 Ibidem, p.1204

per il piacere di descrivere un interno turco, non si trattiene dall'insistere su taluni particolari che la più elementare delicatezza insegnerebbe a tacere, tanto più non ignorando le dolorose circostanze che hanno impoverita l'ospite. Sì, senza dubbio, le tende erano inchiodate proprio sul muro; la cosiddetta tavola da toletta era invasa da oggetti eterocliti; in casa c'era un letto solo, quello dove dormì lei. Sarebbe stata meglio all'albergo: ma per questo appunto non doveva l'A. una parola di grazie all'orientale, che, per offrire all'occidentale di passaggio la comodità di quell'unico letto, si sottopose con gioia a coricarsi per terra sopra un materasso, e costrinse allo stesso sacrifizio una delle sue amiche turche alla quale aveva offerto l'ospitalità?278

Nonostante Mme Ange abbia messo a disposizione della sua ospite la sua intera abitazione, offrendole per dormire l'unico letto che possedeva, Marcelle Tinayre non sembra esserle riconoscente e così, di fronte all'ennesima dimostrazione di scarsa sensibilità, l'anonima turca si chiede allora se la “solidarietà femminile” spesso annunciata dalle europee non venga in realtà meno quando a relazionarsi con loro non siano altre europee, ma donne appartenenti a culture differenti:

[...] forse la famosa solidarietà femminile che echeggia da ogni parte d'Europa, esisterebbe soltanto tra le europee? E noi, fra le donne forse le più bisognose di appoggio, è generoso ed è giusto che siamo colpite dall'ironia e dal ridicolo? Ogni scrittore, sì, ha diritto di criticare a suo talento il paese ed il popolo che visita; tuttavia credevo che una donna del valore di M.me Tynaire sarebbe stata più benevola verso le persone del loro sesso, qualunque fosse la loro patria.279

Questa domanda, evidentemente retorica, viene formulata contro l'ipocrisia della solidarietà universalmente proclamata dalle europee. Le femministe occidentali si proclamano internazionaliste in nome di diritti considerati universalmente perseguibili, ma gli episodi citati servono all'autrice a mostrare come la complicità tra donne venga meno nel moemento in cui le occidentali si relazionano con donne di diverse culture, appartenenti a diverse comunità religiose e, perfino, a differenti classi sociali. Tra occidentali ed orientali sembra, allora, non esserci comprensione ma, nella visione di chi scrive, questo è da attribuire in primo luogo al senso di superiorità delle europee:

Francese, inglese, tedesca, italiana, l'europea usufruisce al pari degli uomini delle scuole, delle università, dei conservatori, dei musei; tutto è aperto incontro a lei, ella si muove libera in centri intellettuali ed artistici dove lo spirito si forma, si plasma il gusto, si matura il criterio e, quasi

278 Ibidem, p.1206 279 Ibidem, p.1203

inconsciamente, diventa la donna che è, orgogliosa, di fronte a noi.280

Le europee, pur consapevoli delle difficoltà in cui versano buona parte delle coetanee orientali, non sembrano disposte alla comprensione e all'indulgenza. Il fatto che a loro sia garantito il diritto all'istruzione, negato invece a buona parte delle turche-musulmane, viene segnalato dall'autrice come l'ennesima contraddizione del femminismo europeo: l'istruzione a cui le occidentali hanno accesso, invece di fornire loro degli strumenti che le mettano in grado di comprendere le donne appartenenti a culture differenti, finisce per, acuire la distanza che le separa. Queste sembrano, dalla lettura che l'anonima autrice turca fa delle Notes della Tynaire, non capirsi affatto.