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Tra universalismo e relativismo cultrurale: la specificità del pensiero di Clelia Golfarelli

III. CLELIA GOLFARELLI E LE DONNE ARABO-MUSULMANE

1.3 Uno sguardo dall'interno di un harem: Per l'“Opera Mohammed Ali”

3.1.4 La parola a Clelia Golfarelli: Per le Musulmane

3.1.4.2 Tra universalismo e relativismo cultrurale: la specificità del pensiero di Clelia Golfarelli

Per le Musulmane mette ben in evidenza come il pensiero di Clelia Golfarelli sul mondo orientale e sulle donne musulmane sia assai complesso, e per alcuni aspetti contraddittorio. L'adesione via via più esplicita ai principî alla base della “missione civilizzatrice” che attribuiscono alle razze bianche occidentali il compito di trainare sulla via del progresso le nazioni meno sviluppate, la chiara volontà di affermare la piena autonomia delle donne musulmane nella ricerca della propria strada verso l'indipendenza ed, infine, il doppio metro di giudizio con il quale viene giudicata la presenza occidentale nei territori musulmani sono elementi che, sebbene in contrasto tra di loro, rimangono comunque compresenti nel pensiero di Clelia Golfarelli.

Il fatto che la Duchessa d'Aurora perori per la causa per le musulmane mettendo in primo piano gli argomenti utilizzati dalle attiviste musulmane dell'epoca rimane senza dubbio un aspetto centrale della sua considerazioni sul mondo arabo-musulmano. Farsi sostenitrice delle idee propugnate avanti dalle protagoniste del movimento emancipazionista musulmano costituisce 317 p.35.

un messaggio senza dubbio innovativo per le lettrici italiane. Questo messaggio, sebbene non intacchi la supremazia occidentale (l'Occidente rimane, infatti, al gradino più alto della scala evolutiva ed è comunque portatore di benefici giudicati universali e necessari) ammette la possibilità per gli arabi e per le donne musulmane di seguire la loro propria strada per lo sviluppo a patto che questa sia rivendicata dalle donne, considerate da Clelia Golfarelli le protagoniste indispensabili della rinascita di un popolo, tanto in Occidente, quanto in Oriente. Si tratta, come ha abilmente osservato Catia Papa, di:

[…] un tentativo, storicamente determinato, di conciliare universalismo e prime tracce di “relativismo culturale” -presenti nella minoritaria antropologia anticoloniale dell'epoca- sulla base dell'intrinseco beneficio che il protagonismo femminile, in una società pensata al femminile, avrebbe comunque e ovunque avuto.318

È sul terreno della femminilità, ed in particolare grazie alla concezione della donna come figura guida per l'elevazione di un popolo, che Clelia Golfarelli può immaginare un orizzonte comune in cui donne musulmane e donne non-musulmane possono trovare un punto di incontro che oltrepassi la dicotomica contrapposizione tra uguaglianza e differenza. Un proclama in cui il cammino verso il progresso e la modernità lascia spazio a differenti fedi e costumi sociali a patto che la donna resti fedele alla sua missione.

2. Gli articoli del 1923-1932: il rientro in Italia.

Mentre volgeva al termine il soggiorno di Clelia Golfarelli in Egitto si esauriva anche la scrittura degli articoli riguardanti le donne musulmane che, stando ai documenti che sono riuscita a reperire, riappariranno solo un decennio più tardi319. Sarà infatti a partire dal 1923 che la

Golfarelli prenderà nuovamente la parola sulle donne musulmane e sul loro femminismo pubblicando nuovi articoli. Questa volta, però, i suoi scritti non compariranno più all'interno di un'unica rivista, ma su diverse testate giornalistiche che, sebbene differenti tra di loro, hanno poco a che vedere con la realtà emancipazionista dell'epoca.

Il fatto che Clelia Golfarelli decida di rompere il silenzio mantenuto fino a quel momento proprio nel 1923 non è probabilmente casuale. In quell'anno, infatti, si registrarono due avvenimenti importanti nella storia del femminismo in ambito islamico e in quella dei rapporti tra quest'ultimo e l'Europa: la proclamazione della Repubblica di Turchia e l'organizzazione del primo Congresso Pro Suffragio Femminile Internazionale che vide la partecipazione di delegazioni di donne musulmane.

Il 29 ottobre 1923, deposto il sultano Moametto VI, Mustafa Kemal detto Atatürk (il Padre dei Turchi) divenne presidente della nuova Repubblica di Turchia mettendo così fine al plurimillenario impero Ottomano320. La proclamazione della Repubblica ed i conseguenti

provvedimenti presi con lo scopo di modernizzare la Turchia comportarono, tra le altre cose, la promozione di riforme femministe considerate, com'è ormai dimostrato da diversi studi, componenti strategiche fondamentali per la costruzione di un nuovo stato nazionale moderno321.

Nell'idea di Atatürk, infatti, la Repubblica Turca avrebbe dovuto porsi tra i paesi strategici del Medio-Oriente e dell'Europa e, come per l'Egitto, l'acquisizione dell'autonomia femminile era considerata uno degli elementi indispensabili per ottenere tale posizione. E così il Codice Civile turco del 1926 dichiarò illegale la poligamia, garantì uguale diritto di divorzio ad entrambi i coniugi e garantì alle madri il diritto alla custodia dei figli. Questa politica portò ben presto a dei risultati tangibili ed infatti le donne votarono, prima alle elezioni amministrative del 1930 e poi a quelle politiche del 1934322. Nel frattempo venne promossa l'abolizione del

319 Oltre agli scritti che verranno citati in questi paragrafi e per i quali si rimanda alle rispettive note, Clelia Golfarelli è probabilmente autrice di un articolo intitolato Il ripudio del Ciarciaf ed apparso, come segnala Anna Baldinetti all'interno del suo studio, in Il Corriere. Tuttavia con la sola indicazione de «Il corriere» non è stato possibile rintracciare il suddetto articolo.

320 Antonello Biagini, Storia della Turchia contemporanea

321 In quest'ottica si parla di femminismo di stato. Per una riflessione sul femminismo turco come femminismo di stato vedi J.B White,

velo ed anche in questo campo i risultati furono ben presto visibili. Mano a mano che la secolarizzazione di Atatürk prendeva piede, le turche cominciarono ad acquisire una maggiore visibilità, non solo fisica, dal momento che l'imposizione del velo fu cancellata, ma anche sociale e negli anni immediatamente successivi alla proclamazione della Repubblica le donne, svelate e vestite all'occidentale, cominciarono a farsi spazio a livello sociale323.

La notizia dell'avvenuta proclamazione della Repubblica Turca circolò nella stampa di tutto il mondo, compresa quella italiana, dove si dette risalto alla posizione ottenuta dalle donne nella nuova compagine repubblicana. Il femminismo musulmano cominciava in questo modo ad acquisire visibilità in Occidente.

Nello stesso anno, come ho detto, un altro evento portava l'attenzione degli italiani e delle italiane sul ruolo delle donne d'Oltremare all'interno delle società musulmane. Nel 1923, infatti, prende avvio a Roma il Congresso Internazionale Pro Suffragio Femminile. Promosso dall'International Woman Suffrage Alliance, la principale organizzazione femminile internazionale per la promozione del suffragio universale, il Congresso si svolse a Roma nella settimana dal 19 al 23 maggio. Il Congresso di Roma, il nono organizzato dall'IWSA ed il primo a vedere luce dopo la fine del primo conflitto mondiale, rappresentò una tappa importante nella storia interna del suffragismo internazionale. Fino a quel momento, infatti, nonostante l'IWSA dichiarasse apertamente l'“internazionalismo” come uno dei suoi principi costitutivi, esso raccoglieva attorno a sé solo sezioni provenienti dall'Europa e, fuori dal Vecchio continente, dall'America del Nord e dagli Antipodi britannici. Fu a Roma che per la prima volta il Congresso ospitò delegazioni provenienti da diversi paesi del mondo lasciando intravedere come la lotta per i diritti delle donne cominciasse a spostare il suo baricentro dai paesi europei ed americani a quelli dell'America Latina, dell'Asia e del Medio-Oriente. In particolare, tra le delegazioni provenienti dai paesi arabi, una delegazione rappresentava l'Egitto (formata dalle femministe Huda Sha'rawi, Nabawija Musa e Saiza Nabarawi) una la Turchia e, infine, un'ultima l'India324.

Entrambi questi avvenimenti fanno, allora, da sfondo ai nuovi articoli di Clelia Golfarelli fornendole l'occasione per riprendere la parola sulle donne musulmane e riflettere sul loro femminismo. La Golfarelli ricomincia così a narrare le vicissitudini del movimento femminista 323 Gӧle Nilüfer

324 Sul Congresso di Roma del 1923 si veda Ellen Carol DuBois, Roma 1923 : il Congresso della International Woman

Suffrage Alliance. Sulla partecipazione della delegazione egiziana a tale congresso si veda invece la tesi di dottorato d

Lucia Sorbera, si veda anche Id, Egyptian Feminist Union at the 9th Congress of International Women Suffrage

Alliance (Rome, 1923), in Elisabetta Bartuli (Ed.), Egitto oggi, Italia, Casa editrice il Ponte, 2005; Lucia Sorbera si

occupa della partecipazione della delegazione egiziana al Congresso di Roma del 1923 nell'ottica di un lavoro di confronto tra il femminismo italiano e quello egiziano degli inizi del XX secolo.

musulmano da dove le aveva interrotte, nel 1912, dopo che ne aveva raccontato le origini alle lettrici di «Vita femminile italiana». Nei tre articoli che ci apprestiamo ad analizzare, si raccontano ai lettori le origini dei movimenti femministi arabi, così come erano già state narrate durante gli anni egiziani; una particolare importanza è inoltre data ai successi conseguiti da questi movimenti e rappresentati, come abbiamo appena visto, dagli eventi del 1923.

2.1 Per quali vie la donna orientale entra nella vita del mondo: