I. Donne occidentali e donne non-occidentali tra metropoli e colonie: questioni introduttive
2. Clelia Golfarelli al Primo Congresso delle donne italiane: il suo emancipazionismo
2.2 L'intervento di Clelia Golfarelli al Congresso
L'intervento di Clelia Golfarelli fu presentato il sesto giorno dei lavori, all'interno della sessione “educazione ed istruzione”, e verteva sulla necessità di riformare le scuole professionali femminili183. A questo argomento aveva fatto un rapido accenno Maria Pasolini-Ponti (1856-1938),
la presidente della sessione, nel suo discorso introduttivo. Da sempre intenta a rivalutare l'artigianato e le piccole industrie soprattutto femminili, la Pasolini sottolineava come, sebbene queste scuole avessero fatto registrare notevoli progressi, ancora molto fosse il lavoro che restava da fare. Inoltre, in accordo con la concezione dell'Istruzione prevalente tra le affiliate al CNDI, ne veniva sottolineato il suo valore educativo:
L'istruzione è e deve essere intimamente legata con l'educazione, perché i principii impressi nella giovine età possano continuare l'opera loro di elevazione morale e intellettuale: elevazione che deve essere in cima ad ogni nostro pensiero e che forse, più di quanto si creda, è conseguibile in tutte le condizioni, anche in quelle così umili, in cui il lavoro materiale parrebbe dovesse uccidere l'energia dello spirito. L'inaridirsi della mente e del cuore non è necessariamente legato ad una particolare condizione. Lo spirito umano diminuisce e si cristallizza, così, nella fortuna prospera, soddisfatta di sé, quando dimentica che l'agio prescrive un dovere (spesso difficile perché non determinato) di operosità, come nelle condizioni più umili, quando ci lasciamo sopraffare dalle cure materiali. Non è occorso a tutti noi di trovare in persone semplici dedite alla fatica del pane quotidiano le qualità più alte e socialmente benefiche, che riscontriamo nel sapiente filosofo? Un concetto sano della vita, il rispetto delle leggi della natura, l'abnegazione di sé, il senso della giustizia, l'ammirazione per quanto v'ha di superiore, la coscienza del mistero? «Nulla v'ha di sì puro e alto dopo l'ingegno- dice il Carducci- come la reverenza per l'ingegno stesso e la facoltà di comprenderlo e di amarlo».184
Gli istituti professionali, così come tutti quegli enti non direttamente riconducibili all'istruzione primaria, non facevano certo eccezione a questa regola che stabiliva la finalità educativa dell'istruzione, ed i suggerimenti di Clelia Golfarelli sul come agire e su quali modifiche introdurre per migliorare le scuole femminili per il lavoro si inseriscono proprio all'interno di 182 Claudia Gori, Crisalidi cit. 2003. p. 16.
183 Lilia Fago Golfarelli, Scuole professionali femminili in Italia in Atti del Primo Congresso cit. 1912, pp. 85-89. Com e si legge da un trafiletto del «Giornale d'Italia», Clelia parlò in presenza della regina Margherita che presiedette alcune delle sedute della sessione “Educazione ed Istruzione”. Cfr. Una signora benemerita dell'istruzione
industriale, in «Il Giornale d'Italia», 31 luglio 1908.
questo contesto.
L'intervento si apre con un invito rivolto alle classi lavoratrici ad amare il proprio lavoro che richiama subito alla mente l'etica lavorativa espressa nella già citata ideologia del self-help:
In una piccola, grande espressione, ancora ignota alla massima parte delle classi lavoratrici, si racchiude un segreto profondo di felicità; un'ancora infrangibile contro le tempeste della vita; una consolazione ineffabile al male, alla miseria, al dolore: l'amore al lavoro.185
È infatti nell'ideologia del self-help originariamente espressa nell'omonimo libro di Samuel Smiles, e in seguito diffusasi in Italia soprattutto grazie alla circolazione di Volere e Potere di Michele Lessona e Le gioie del lavoro di Paolo Mantegazza, che l'“adorazione” al lavoro qui evocata si fa spazio come strategia per il progresso sociale. In particolare, all'interno di questa letteratura la dedizione costante al lavoro, la volontà, la perseveranza, il sacrificio ed il senso di economia e di risparmio sono considerati fattori fondamentali per la mobilità sociale. È solo perseguendo un'etica lavorativa improntata a questi valori che l'uomo può migliorare la sua posizione sociale e, di conseguenza, ottenere una vita di maggior prosperità e successo.186
Per Clelia Golfarelli il lavoro è in primo luogo un elemento di soddisfazione sul piano materiale. Dare vita, con le proprie competenze e le proprie abilità, ad un manufatto destinato ad essere collettivamente utile è in questo senso vissuto come motivo di piacere e soddisfazione. Per la donna, però, il lavoro è anche fonte di benefici da un punto di vista sociale perché le permette di acquisire la propria indipendenza e, allo stesso tempo, la mette in grado di mantenere la propria famiglia. In questi termini, dunque, viene descritto il piacere che può scaturire dal lavoro:
[...] la gioia altera della propria indipendenza mediante il lavoro individuale, la soddisfazione per ciò che esce dalle proprie mani, compiuto con utile altrui e vantaggio a sé stessi, il compiacersi del frutto onesto della fatica, ed anche del sacrifizio e dello sforzo, che danno pane e tetto e panni a se e ai suoi.187
Sempre in armonia con quella che era la concezione della donna all'interno dell'etica lavorativa selfelpista, le necessità di affermarsi e di “essere indipendente” sono ritenuti due elementi che permettono alla donna di concorrere alla sua “felicità”188. Anzi, i vantaggi che si possono trarre da
185 Atti del Primo Congresso cit. 1912, p.85.
186 Per lo sviluppo dell'ideologia del self-help in italia si rimanda a Giulia di Bello, La pedagogia del self-help di
Samuel Smiles e dei suoi imitatori italiani. Da "chi si aiuta Dio l'aiuta" a "chi si accontenta gode" (1865-1890), pp.
19-142, in Giulia Di Bello, Silvia Guetta Sadun, Andrea Mannucci, Modelli e Progetti educativi nell'Italia liberale, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 1998.
187 Lilia Fago Golfarelli, Scuole professionali cit. 1912, p. 85.
un lavoro onesto sono così alti che anche lo sforzo ed il sacrificio, inevitabilmente legati al lavoro, ed in particolare a quello fisico, sono accettati di buon grado. È attraverso un lavoro onestamente portato avanti che la donna può aspirare a migliorare sé stessa e, allo stesso tempo, arricchire la sua famiglia.
Nonostante esso sia, in quest'ottica, visto come uno strumento per migliorare le proprie condizioni di vita, le donne continuano a lamentarsi di questa attività e Clelia attribuisce questa insoddisfazione alle condizioni in cui le giovani operaie sono costrette a lavorare e al particolare rapporto che le lega a chi fornisce loro impiego:
[...] fra le cause latenti, non ultima, è la specie di servitù tradizionale alla padrona o maestra, spesso non educata, più spesso non umana, interessata sempre; la rivolta a una vita chiusa e monotona, nella luce scarsa di ambienti non salvaguardati nemmeno dagli odierni regolamenti dell'igiene; la noia di metodi antiquati, lunghissimi.189
Il rapporto scarsamente professionale ed in alcuni casi disumano che lega l'operaia alla maestra, ambienti lavorativi che non rispondono ai minimi requisiti di igiene; difficili condizioni di lavoro e lo svolgimento di attività monotone e ripetitive sono quindi individuate come le cause prime della mancanza di amore verso il proprio lavoro. Un primo passo da compiere nel riformare le scuole professionali deve allora muovere nel senso di una loro modernizzazione. In primo luogo, si dovrebbe abbandonare le piccole botteghe o i laboratori per adottare strutture appositamente costruite per il lavoro professionale che corrispondano a minimi criteri igenici e di sicurezza. Le operaie, inoltre, non dovrebbero essere sfruttate nella produzione dell'oggetto, ma dovrebbero essere indirizzate ed istruite verso ciò per cui si dimostrano più capaci. All'idea di un lavoro di tipo meccanico in cui l'obiettivo ultimo è quello della quantità degli oggetti prodotti, si sostituisce quindi quella di un lavoro di qualità in cui ogni operaia viene impiegata nel settore in cui si dimostra maggiormente competente. Per questo motivo, infine, è necessario che all'interno delle nuove scuole professionali non ci siano padroni o maestre, ma insegnanti qualificate in grado di individuare ed assecondare le capacità di ogni operaia. Tra le scuole industriali, commerciali e professionali esistenti quella che più si attiene al modello da lei descritto è la Suor Orsola di Napoli che
[...] insieme colla cultura impartita secondo i programmi normali governativi, dà alle sue alunne quell'abilità tecnica per cui il lavoro professionale non è più relegato tra le materie d'ordine inferiore, ma
L'etica del lavoro nella letteratura di fine Ottocento, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 1995.
assurge alla sua giusta e naturale funzione, pel suo indirizzo schiettamente pedagogico.190
Se queste proposte di riforma mettono in evidenza una concezione assai aperta e progressista dell'istruzione espressa nel tentativo di modernizzare le scuole professionali, l'intervento è, nel suo complesso, intriso da un certo senso di conservatorismo riscontrabile tanto nella concezione dei rapporti di genere, quanto in quella dei rapporti di classe. Significative, a tale proposito, le parole con cui la Golfarelli chiarisce le finalità delle scuole professionali:
Insegnare all'operaia la gioia del lavoro e le dolcezze del riposo meritato; darle il sole, l'aria la serenità operosa, il conforto della parola che istruisce e consola, così spesso assenti dalla sua casa des iderata. E, insieme col mestiere, colla professione, darle consuetudini di gentilezza, e ispirarle sentimenti di giustizia, iniziarla alle risorse dell'economia domestica, e renderle grati i doveri e farl e intendere che soltanto a doveri possono corrispondere diritti. Ecco, in un senso, il fine essenziale cui volgere la scuola professionale dei nostri giorni.191
Le scuole professionali hanno, in primo luogo, un fine educativo e devono insegnare alla donna non solo ad essere una buona operaia, ma anche ad essere una moglie ed una madre migliore. In quest'ottica le rivendicazioni femminili vengono saldamente ancorate alla logica che lega l'acquisizione e la rivendicazione dei diritti al compimento dei doveri: per poter rivendicare i propri diritti, le donne devono, prima, dimostrare di aver conoscenza dei propri doveri. La scuola professionale deve
[...] formare, non solo abili esecutrici, ma ideatrici geniali- donne serie, volenterose, all'altezza del momento presente; operaie, professioniste o madri, capaci di cooperare davvero, nel modo più desiderabile e più efficace, all'evoluzione morale di ogni classe sociale, recando ovunque il riflesso della propria serenità operosa- compagne vere dell'uomo e sue ispiratrici di gentilezza e di coraggio; degne educatrici dei figli alle conquiste incruenti e gloriose che al lavoro umano e alla giustizia riserba ancora l'avvenire.192
Clelia Golfarelli, dunque, colloca la donna accanto all'uomo nel consorzio domestico, ma in posizione subalterna, e sottoponendo il compimento dei doveri alla rivendicazioni dei diritti dimostra di condividere pienamente la strategia moderatamente rivendicativa delle donne del CNDI. La scuola professionale qui immaginata lascia inoltre intravedere una forte visone classista dei 190 Ibidem, p. 89.
191 Ibidem, p. 86. 192 Ibidem p.89.
rapporti sociali. Non tutte le donne che frequentano queste scuole possono aspirare allo stesso tipo di preparazione e si introduce una distinzione tra le “fanciulle povere” e quelle provenienti dalle classi più agiate:
[le scuole professionali] dovrebbero distinguere il lavoro della biancheria semplice ed utile ed a questa attenersi, […] dall'industria di magazzino, industria di lusso fluttuante seguace delle mode più ricche. Attività, questa, che è propria alla donna matura ed esperta, che a quella industria si dedica; proseguita invece da fanciulle povere, destinate all'avvenire di operaie, non serve che a renderne più triste la miseria, più amari i contrasti: a fare delle spostate e ambiziose scontente quelle altre più agiate, che della scuola professionale si valgono come di una preparazione alla vita di madri di famiglia193
Le donne povere devono aspirare a diventare delle esperte operaie, quelle più agiate delle ottime madri, ma, ad ogni modo, la scuola appare orientata al consolidamento dello status sociale esistente e punta ad evitare rapidi ed improvvisi cambiamenti istituzionali. In questo contesto, allora, l'amore del proprio lavoro in un primo momento presentato come la chiave della felicità e del progresso diventa
[...] il mirabile segreto del progresso nella produzione materiale, della serenità nella famiglia, della pace nella società. Quante rivolte e quanti scioperi non sono che l'esplosione di questa nascosta, ma gagliarda rivolta, all'obbligo del lavoro per vivere, come ad un'ingiustizia della sorte e degli uomini!194.