2. LE PROBLEMATICHE APPLICATIVE DELLE ATTUALI DISPOSIZIONI CONTABIL
3.2. Approccio B
La seconda proposta consiste nell’elaborazione di un nuovo principio contabile in cui le unità di contabilizzazione coincidono con le singole obbligazioni di fare. Rispetto all’approccio A le obbligazioni contrattuali non sarebbero ricondotte ad una delle tre tipologie di ricavi, ma si applicherebbe un unico criterio di rilevazione dei ricavi per tutte le obbligazioni di fare.
Tale differenza è evidenziata nel Discussion Paper: “Analogamente a quanto previsto per l’approccio A, anche in questo caso si rende necessario elaborare un unico principio contabile. La separazione del contratto in singole unità elementari di contabilizzazione verrebbe declinata mediante un unico criterio contabile che prescinde dalla qualificazione delle obbligazioni contrattuali come cessione di beni, prestazione di servizi o lavori in corso su ordinazione, ma fa unicamente riferimento all’esistenza di una obbligazione contrattuale79.”
Quindi il processo per la contabilizzazione dei ricavi parte sempre dall’analisi giuridica del contratto al fine di individuare le distinte obbligazioni di fare. Le obbligazioni individuate rappresentano le unità di contabilizzazione, che sono rilevate e originano i ricavi nel momento in cui si verifica il trasferimento del controllo del bene o servizio promesso. Dunque con questo modello contabile si eviterebbe la “fase” di qualificazione delle obbligazioni contrattuali come cessione di beni, prestazioni di servizi o lavori in corso, come invece è ipotizzata nell’approccio A. Si rende dunque necessario individuare le circostanze in cui il ricavo sia da rilevarsi al momento del completamento dell’obbligazione contrattuale oppure lungo il periodo in cui questa viene effettuata. Il criterio di distinzione potrebbe essere quello
81
del trasferimento del controllo al cliente. Dove per controllo si intende la capacità del cliente di decidere l’uso dell’attività e di trarne tutti i benefici.
Pertanto il ricavo relativo ad un’obbligazione contrattuale sarebbe rilevato al momento del suo completamento, se il cliente può beneficiare della prestazione solo alla sua conclusione; mentre sarebbe rilevato lungo il periodo in cui questa viene effettuata, se il cliente ne può beneficiarne soltanto mano a mano che la riceve. Anche in questo caso il nuovo principio postulerebbe l’obbligo di segmentazione del contratto al fine di individuare le unità di contabilizzazione. Tale previsione risponderebbe anche alla problematica emersa circa la distinzione tra ricavi e fondi rischi per la contabilizzazione di ricavi in presenza di reso, sconti e premi; infatti la segmentazione permetterebbe il differimento dei ricavi piuttosto che l’accantonamento ad un fondo rischi per la quota del corrispettivo relativo all’obbligazione di fare non ancora completata.
Lo stesso Discussion Paper sottolinea che: “in un sistema contabile in cui le singole prestazioni sono separate contabilmente, i ricavi rilevati in bilancio sono limitati a quelli relativi alle prestazioni completate, mentre per le altre attività promesse al cliente, e non completate, il ricavo non è iscritto o rilevato solo parzialmente. Quindi l’eventuale rilevazione di un fondo rischi ed oneri duplicherebbe gli effetti derivanti dal differimento del ricavo80”.
Dunque se si implementasse il nuovo principio contabile, non si dovrebbe più procedere a rilevare per intero il ricavo previsto dal contratto e accantonare la quota di questo riferibile ad un premio o un reso tra i fondi rischi, come avviene nella prassi attuale più diffusa. Bensì sarebbe possibile sospendere la parte del corrispettivo contrattuale relativi al diritto di reso, sconti, premi, che si rileverebbe solamente nell’esercizio di propria competenza.
Per quanto concerne la rilevazione del ricavo, il nuovo principio introdurrebbe un nuovo criterio per determinarne la competenza, diverso da quello attuale e dell’approccio A. Ovvero il criterio del trasferimento del controllo del bene o del servizio offerto, secondo cui il ricavo dovrebbe essere rilevato nel momento in cui il cliente può trarre i benefici dell’attività e deciderne l’uso.
A riguardo il Discussion Paper sostiene che: “la differenza tra i due approcci risiede principalmente nel fatto che l’approccio B rileva il ricavo esclusivamente nella
82
misura in cui i benefici sono stati trasferiti al cliente. L’approccio A richiede invece di fare un’ulteriore valutazione in relazione al trasferimento dei rischi. Quindi, il criterio del controllo prescinde dalla circostanza di una dissociazione tra trasferimento dei rischi e trasferimento dei benefici, ma dà rilievo solo ai benefici81”.
Il criterio è il medesimo a quello previsto dal nuovo IFRS 15, da cui l’approccio B prende evidentemente spunto. Bisogna però considerare che l’IFRS è un principio che, come già analizzato nel corso dell’elaborato, disciplina puntualmente la contabilizzazione dei ricavi, mentre lo stesso non si può dire a livello nazionale. Inoltre la base di partenza in cui si sviluppa il criterio del controllo è lo IAS 18, che a sua volta aveva già disciplinato l’individuazione delle unità di contabilizzazione e la rilevazione dei ricavi in alcune delle fattispecie che stanno creando le maggiori criticità a livello nazionale.
E’ chiaro che il passaggio dall’attuale contabilizzazione nazionale dei ricavi al modello B, suggerito nel Discussion Paper, potrebbe risultare più complesso rispetto al cambiamento già avvenuto dallo IAS 18 all’ IFRS 15. Per tale ragione nel caso si opti per l’adozione dell’approccio B sarà necessario che il nuovo principio definisca puntualmente il controllo e i concetti alla base del metodo proposto. Mi riferisco ad esempio al concetto di “attività”, che non viene spiegato nel documento, contrariamente a quanto avviene in ambiente IFRS, dove il Framework dedica ampio spazio alla definizione di “asset”, senza la quale non è chiaro neppure il concetto di controllo.
Il nuovo Framework detta una regola generale che, partendo dalla definizione di “attività”, si applica, normalmente, a tutti gli elementi dell’attivo patrimoniale e dei componenti positivi del conto economico.
Il paragrafo 4.3 prevede che “un’attività è una risorsa economica presente, controllata dall’entità come risultato di eventi passati”, mentre il successivo (4.4.) definisce la risorsa economica come “un diritto che ha il potenziale per produrre benefici economici82”.
Viene così introdotto il concetto di “controllo” come caratteristica per poter iscrivere in bilancio una risorsa economica, che viene indicata come un diritto in ragione del
81 Discussion paper, paragrafo 4.1.4.
82 Conceptual framework, paragrafo 4.3: “An asset is a present economic resource controlled by the entity as a result of past events”.
Conceptual framework, paragrafo 4.4: “An economic resource is a right that has the potential to produce economic benefits”.
83
quale c’è la possibilità di ottenere benefici economici, anche se poco probabili. Inoltre, il Framework spiega, al paragrafo 4.20, come il controllo può essere esercitato: “un’entità controlla una risorsa economica se e quando ha la capacità di deciderne l’uso e di ottenerne i benefici economici che da essa possono derivare. Il controllo include la capacità di impedire ad altre parti di decidere l’uso della risorsa e di ottenere i benefici che potrebbero derivarne”.