II. CAPITOLO SECONDO: IL DISCORSO GLOTTODIDATTICO
3.1 La glottodidattica nel XX secolo
3.1.3 Approccio funzionale
Questo approccio si sviluppa verso la fine dell'Ottocento in completa opposizione rispetto all'approccio formale e resterà in voga fino al periodo delle due guerre. Si avverte la necessità di utilizzare una lingua “viva”, come richiedono le mutate condizioni socio-politiche ed economiche (Pichiassi 1999, 114).
Simbolicamente, viene scelta la data di pubblicazione di “Der Sprachunterricht muss umkeren“ (“L'insegnamento delle lingue straniere deve trovare un nuovo orientamento”) di W. Vietör (1882) per fissare l'inizio di un movimento di rinnovamento che si opponeva al metodo grammatical-traduttivo, cercando di promuovere nuove tecniche di insegnamento delle lingue (Freddi 1994, 168).
In questi stessi anni Saussure (1916) presenta la distinzione tra langue e parole (cfr. § 2.3.2.2, 80-84), per cui occorre unire allo studio della langue, sistema astratto di regole, quello della parole, la lingua in atto.
Il termine “funzionale” fa riferimento all'obiettivo dell'insegnamento di una lingua, ossia entrare in contatto con la lingua parlata; la lingua viene manipolata e controllata per consentirne l'uso in situazioni di comunicazione.
Alcuni teorici importanti per la diffusione di tale approccio sono O. Jespersen (1860-1944), H. Sweet (1845-1912) e H. E. Palmer (1877-1949).
Jespersen considera privo di senso l'approccio formale col suo continuo ricorso all'analisi (logica, grammaticale e sintattica); egli crede non si possa analizzare una lingua che non si conosce, pertanto conviene proporre ai discenti campioni della lingua da interiorizzare.
Lo stesso principio è condiviso da Palmer e dalla sua difesa all'”imitazione”; la lingua va imparata stando a contatto con essa come accade al bambino quando apprende la propria LM (Freddi 1994, 168-172). Si cerca di seguire un procedimento naturale anche nel dare priorità alle abilità orali prima di concentrarsi su lettura e scrittura.
All'interno di tale approccio rivestono notevole importanza la pronuncia e il lessico, per la presenza di numerosi studi sulla fonetica e sull'apprendimento del vocabolario di una lingua straniera (Richards and Rodgers 1999, 32).
L'approccio funzionale ha particolare diffusione e successo nei paesi, come l'America, dove le classi sono eterogenee e la lingua straniera rappresenta l'unico mezzo di comunicazione per allievi che non condividono la LM.
La lingua deve essere appresa in maniera “naturale” e “diretta”, vale a dire tramite una forte esposizione alla lingua oggetto di studio e senza ricorrere alla traduzione. Si ritiene infatti che fornire il significato di una parola tramite la traduzione porti ad una memorizzazione debole, che spesso viene dimenticata in breve tempo; al contrario, le parole vanno spiegate utilizzando esempi che aiutino a capirne il significato.
L'approccio è decisamente induttivo: le regole grammaticali vanno ricavate dal materiale presentato. Anche la cultura viene presentata in maniera “spontanea” a partire dai testi con cui si studia (Balboni 2002, 235).
All'interno dell'approccio funzionale si inseriscono il metodo diretto e il metodo orale. 3.1.3.1 Metodo diretto e la Berlitz School
Il metodo viene definito diretto (o anche naturale) per sottolineare la relazione tra lo studente e la lingua oggetto di studio, senza il ricorso alla lingua materna.
La Berlitz School rappresenta la realizzazione più famosa legata al metodo diretto, che Balboni (2002, 234) tende a definire più propriamente approccio, riconoscendola come una coerente filosofia glottodidattica.
M. Berlitz (1852-1921) fonda le sue scuole con lo scopo di insegnare la lingua al fine di favorire la comunicazione orale e Titone (1975, 1983) illustra i principi organizzativi della scuola.
Lo studente deve imparare il prima possibile a “pensare in lingua straniera”. Si tenta di ricreare il processo di acquisizione della LM ed evitando il ricorso alla LM, si applicano strategie per l'insegnamento del lessico, basate sull'utilizzo di oggetti concreti: le parole astratte vengono insegnate per associazione di idee ed esempi.
La traduzione e l'insegnamento delle regole grammaticali non vengono ammessi e il procedimento per l'apprendimento della grammatica è di tipo induttivo.
Si punta dapprima allo sviluppo delle abilità orali, tramite l'ascolto e la ripetizione (grande attenzione è posta nei confronti della pronuncia) e solo in un secondo momento vengono prese in considerazione anche la lettura e la scrittura.
La letteratura non riceve attenzione e i modelli culturali emergono dai testi proposti.
Gli insegnanti sono madrelingua e si rivolgono a singoli individui o a classi costituite da pochi studenti (non più di dieci); essi devono porre domande per coinvolgere gli studenti,
correggere i loro errori e parlare in maniera naturale mantenendo un ritmo che non sia né troppo veloce né troppo lento.
Gli studenti quando leggono lo fanno sempre ad alta voce e ripetono ciò che l'insegnante dice; alla fine della lezione pongono a loro volta domande all'insegnante.
La durata della lezione varia a seconda del ritmo di apprendimento degli allievi e non viene utilizzato un manuale, ma materiali forniti dall'insegnante, inoltre non si utilizzano ausili tecnologici.
3.1.3.2 Metodo orale
“Go among the natives, mix with them, listen to them, accustom yourself to hearing the language as spoken in everyday conversation, force yourself to understand the gist of what people say, imitate them, train yourself to retain by your auditory memory alone what you hear: words, word-groups and sentences, take every opportunity of using such units ; make no systematic study of the grammar, make no written notes, perform no conscious analysis ; in short, pick up the language as you did your mother tongue”. Palmer (1921, 1) nel suo The oral method of teaching languages introduce così il nuovo metodo noto come metodo orale. Il metodo, che nasce per mano di alcuni linguisti britannici, sembra condividere molti degli aspetti del metodo diretto: l'esclusione della LM, l'apprendimento della grammatica in maniera induttiva e la natura funzionale dell'insegnamento.
Un'importante differenza da evidenziare è l'affermazione di Palmer (1921, 11) circa la considerazione della lingua scritta: egli precisa che il metodo orale non esclude totalmente lo scritto, che va invece considerato come parte integrante di un programma di apprendimento linguistico.
L'affermazione testimonia una rilevante differenza tra il metodo diretto e il metodo orale, che apre la strada al recupero della scrittura e godrà di una grande fortuna (Freddi 1994, 171). Si possono menzionare altri metodi, filiazione dei due illustrati e legati all'approccio funzionale: l'Eclectic Direct Method, il Basic English e il Graded-Direct Method, principalmente rivolti all'insegnamento dell'inglese come lingua straniera.
Il primo si caratterizza per una particolare attenzione agli aspetto fonetici della lingua e per l'utilizzo di un vocabolario selezionato in base a liste di frequenza.
Il Basic English e il Graded-Direct Method si fondano sull'utilizzo di un vocabolario ridotto e sulla presentazione di strutture grammaticali desunte da situazioni comunicative, a partire dalle più semplici fino a quelle complesse (Titone 1975, 21-27). Il limite dell'utilizzo di un vocabolario appositamente selezionato è quello di escludere termini a volte più autentici e creare strutture più complesse rispetto a quelle maggiormente diffuse nella lingua parlata.
3.1.3.3 Contributi e limiti dell'approccio funzionale
È giusto riconoscere il contributo apportato dai metodi legati all'approccio funzionale.
In primo luogo l'illustrazione delle regole della lingua e la traduzione lasciano il posto al contatto con la lingua e alla sua pratica; figure come l'immersione e l'insegnante madrelingua trovano qui la propria origine. L'immersione, spesso definita full immersion, è riconosciuta come la condizione per un apprendimento naturale della lingua, associata sia all'utilizzo di strumentazioni tecnologiche che a soggiorni nel paese straniero.
L'insegnante madrelingua, se dotato di competenza circa l'insegnamento linguistico e di conoscenza del contesto in cui si trova ad operare, rappresenta un prezioso apporto per migliorare la competenza linguistica dello studente (Freddi 1994, 171-172).
Dall'altro lato sono certamente visibili dei limiti nelle proposte illustrate.
La pretesa di insegnare la lingua straniera cercando di imitare il processo di acquisizione della lingua materna appare illusoria; ricorrere alla LM soprattutto all'inizio potrebbe essere un vantaggioso per accelerare i tempi di apprendimento e trasmettere con chiarezza le spiegazioni.
Il focus sull'attività orale lascia in secondo piano le abilità scritte e l'utilizzo della conversazione come principale strumento didattico rischia di introdurre troppe strutture nuove nello stesso momento.
Infine il riferimento all'insegnante come guida per l'esercitazione delle abilità orali non aiuta il discente a sviluppare una certa autonomia nel contesto extra-scolastico.