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Gli appunti di Aristotele o Teofrasto

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5. Prendere appunt

5.3 Gli appunti di Aristotele o Teofrasto

È necessario, dopo i dati fin qui raccolti, tornare al catalogo riportato da Diogene Laerzio, dall’importanza cruciale ai fini del nostro studio251. L’autore menziona, infatti, un curioso Ὑπομνημάτων Ἀριστοτελικῶν ἢ Θεοφραστείων αʹ βʹ γʹ δʹεʹ ϛʹ (D.L. V 48, 12-13), ossia ben sei libri

di materiale in stato di abbozzo. Il dato, da nessuno finora messo adeguatamente in luce, testimonia

250 Nelle epigrafi si trova menzione di un certo Lucio Gellio Severo (cf. CIL 7060, Suppl. 12244) e di Lucio Gellio

Senagora (IG III add. 1018b), arconte di Atene, ma la questione resta irrisolta.

251 Sul catalogo cf. Lapini 1994, Fortenbaugh 1998, White 2002, e l’edizione di tutta la Vita Theophrasti, con relativo

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la notizia dell’esistenza di materiale percepito come ipomnematico fino ai tempi di Diogene Laerzio, anche se non sappiamo se circolasse ancora252.

Nelle fonti si riscontrano altre tre menzioni dei cosiddetti ὑπομνήματα, citati in questa forma, o in una molto simile: Ath. IV 173E-F, Ath. XIV 654D.

In Ath. IV 173E-F leggiamo253:

Σῆμος δ’ἐν δʹ Δηλιάδος· «Δελφοῖς – φησί – παραγινομένοις εἰς Δῆλον παρεῖχον Δήλιοι ἅλας καὶ ὄξος καὶ ἔλαιον καὶ ξύλα καὶ στρώματα». Ἀριστοτέλης δ’ ἢ Θεόφραστος ἐν τοῖς ὑπομνήμασι περὶ Μαγνήτων λέγων τῶν ἐπὶ τοῦ Μαιάνδρου ποταμοῦ ὅτι Δελφῶν εἰσιν ἄποικοι τὰς αὐτὰς ἐπιτελοῦντας αὐτοὺς ποιεῖ χρείας τοῖς παραγιγνομένοις τῶν ξένων, λέγων οὕτως· ‘Μάγνητες οἱ ἐπὶ τῷ Μαιάνδρῳ ποταμῷ κατοικοῦντες ἱεροὶ τοῦ θεοῦ, Δελφῶν ἄποικοι, παρέχουσι τοῖς ἐπιδημοῦσι στέγην, ἅλας, ἔλαιον, ὄξος, ἔτι λύχνον, κλίνας, στρώματα, τραπέζας’.

«Scrive Semo nel libro IV delle Antichità di Delo: “A quelli di Delfi che arrivano nell’isola, gli abitanti di Delo fornivano sale, aceto, olio, legna e coperte”. Aristotele, oppure Teofrasto, nelle Note, a proposito degli abitanti di Magnesia sul Meandro dice che sono coloni di Delfi e li descrive intenti ad offrire gli stessi servizi agli stranieri che arrivano in città; queste sono le sue parole: “Quelli di Magnesia sul Meandro, sotto la protezione del dio in quanto coloni di Delfi, offrono ai pellegrini un tetto, sale, olio, aceto, e poi una lucerna, letti, coperte e tavole”».

È assai importante notare l’uso del singolare λέγων: questo materiale poteva essere ascritto a un solo autore per Ateneo, Aristotele o Teofrasto, Ἀριστοτέλης δ’ ἢ Θεόφραστος; Davies 2000, 209 parla non a caso di un generico «author of the Hypomnemata».

A livello documentario, probabilmente l’offerta di ospitalità e sostentamento non era riservata ai normali pellegrini, ma ai θεωροί di Delfi, ossia i delegati ufficiali inviati in visita a un santuario. La testimonianza ricalca le indicazioni di un simile accordo tra Delfi e Sciato254: Δελφὸς δὲ [π]αρέχειν Σκιαθίο[ι]ς ἱστιατόρι[ο]ν, ξύλα, ὄξος, ἅλα (ll. 24-27). Possiamo assumere che la citazione di Semo di Delo provenga da un testo epigrafico assai simile. Il paragone documentato con l’accordo tra Delo e Sciato ci fa immaginare che anche a Magnesia sul Meandro vigessero disposizioni simili. Da un punto di vista stilistico, nella citazione indiretta si noterà la vaghezza del termine τοῖς ἐπιδημοῦσι, che contrasta con la precisione che di solito caratterizza questo tipo di testimonianze. La prima frase della

252 In Phot. Bibli. Cap. 278, invece, leggiamo solo estratti di Περὶ τῶν μεταβαλλόντων τὰς χρόας, Περὶ παραλύσεως, Περὶ

λειποψυχίας, Περὶ ἰλίγγων, Περὶ κόπων, Περὶ τῶν ἀθρόως φαινομένων ζῴων, Περὶ τῶν λεγομένων ζῴων φθονεῖν, Περὶ ἱδρώτων, Περὶ μελίτων (cf. Canfora et al. 2016, 917ss.). Sulle liste antiche delle opere di Aristotele si veda il capitale

lavoro di Moraux 1951.

253 Semos von Delos, FGrHist 396 F 7; Arist., Hypomnemata Historika F 631 Rose = Arist. F 772 Gigon = 588 Rose;

Thphr. F 587 Fortenbaugh. Testo greco e traduzione italiana ibi et infra da Canfora-Jacob 2001.

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testimonianza ipomnematica, inoltre, mal si attaglia a un testo epigrafico; è opinione di Davies 2000, 209 che la citazione sembri più parte di un testo celebrativo della città di Magnesia, che alla fine del III sec. a.C. riuscì a metter su una festa dedicata ad Artemide Leucophriene. Non a caso, secondo lo studioso, si insisterebbe sul ruolo di Apollo e di Delfi, perché parte del programma propagandistico del festival. In questo caso, però, bisognerebbe abbandonare la teoria di authorship aristotelica o teofrastea del passo, oppure – ipotesi assai interessante ai fini di questa ricerca – bisognerebbe considerarla come «a hybrid composed of components stemming from different chronological horizons».

Non possiamo escludere, infatti, che su questo tipo di materiale ipomnematico ci fossero più campagne di scrittura e rielaborazione: lo stato di bozze ben si presta a questo tipo di rimaneggiamenti.

La seconda testimonianza a proposito degli appunti di Aristotele e Teofrasto è la seguente (cf. Ath. XIV 654C-D): φασιανικός. Πτολεμαῖος ὁ βασιλεὺς ἐν τῷ δωδεκάτῳ τῶν Ὑπομνημάτων περὶ τῶν ἐν Ἀλεξανδρείᾳ βασιλείων λέγων καὶ περὶ τῶν ἐν αὐτοῖς ζῴων τρεφομένων φησίν· «τά τε τῶν φασιανῶν, οὓς τετάρους ὀνομάζουσιν, οὓς οὐ μόνον ἐκ Μηδίας μετεπέμπετο, ἀλλὰ καὶ νομάδας ὄρνιθας ὑποβαλὼν ἐποίησε πλῆθος, ὥστε καὶ σιτεῖσθαι· τὸ γὰρ βρῶμα πολυτελὲς ἀποφαίνουσιν». αὕτη <ἡ> τοῦ λαμπροτάτου βασιλέως φωνή, ὃς οὐδὲ φασιανικοῦ ὄρνιθός ποτε γεύσασθαι ὡμολόγησεν, ἀλλ’ ὥσπερ τι κειμήλιον ἀνακείμενον εἶχε τούσδε τοὺς ὄρνιθας. εἰ δὲ ἑωράκει ὡς ἡμῶν ἑκάστῳ εἷς ἐστι παρακείμενος χωρὶς τῶν ἤδη κατανηλωμένων, προσαναπεπληρώκει ἂν ταῖς πολυθρυλήτοις ἱστορίαις τῶν Ὑπομνημάτων τούτων ταῖς εἰκοσιτέσσαρσιν καὶ ἄλλην μίαν. Ἀριστοτέλης δὲ ἢ Θεόφραστος ἐν τοῖς Ὑπομνήμασι· «τῶν φασιανῶν – φησίν – οὐ κατὰ λόγον ἡ ὑπεροχὴ τῶν ἀρρένων, ἀλλὰ πολλῷ μείζων».

«Fagiano. Il re Tolemeo nel libro XII delle Memorie, parlando della reggia di Alessandria e degli animali che vi si allevavano, scrive: “e le specie dei fagiani, che chiamano tétaroi; non solo li faceva arrivare dalla Media, ma facendo anche montare delle galline di Numidia li riprodusse in gran numero, in modo da poterne anche mangiare: a quanto pare, sono un cibo squisito”. Queste le parole dell’illustrissimo sovrano, che ha ammesso di non aver mai assaggiato carne di fagiano, ma che teneva questi uccelli come un tesoro custodito con cura. Se avesse visto che ciascuno di noi ne ha ora uno nel piatto, oltre a quelli che abbiamo già fatto fuori, ai ventiquattro libri delle storie delle sue famose Memorie ne avrebbe aggiunto un altro. Scrive Aristotele, oppure Teofrasto, nelle Note: “L’eccezionale bellezza dei fagiani maschi va ben al di là di ogni confronto”».

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Assai ironico questo brano di Ateneo255 sulle prolisse Memorie di Tolemeo VII Evergete II256,

modello di τρυφή, come si ricava anche da Ath. XII 549D-550A. In questo caso la citazione dalle

Note di Aristotele o Teofrasto è assai breve, e di carattere naturalistico (Arist. F 991 Gigon = 632

Rose; Thphr. F 373 Fortenbaugh, cf. 727, 6 Fortenbaugh). Si noti, del resto, che ὑπεροχή è parola tipica del lessico aristotelico, cf. Arist. Rh. 1368A 25, Rh. 1389A 13, Pol. 1293A 4, Pol. 1293b41,

Pol. 1295B 14, Pol. 1296A 31, Pol. 1297B18, Pol.1323a35, Metaph. 1004B 12, Metaph. 1052B 30, Ph. 187A 16, 189B 10, HA 486B 8, PA 644A 17, EN 1098A 11, EN 1158B 12, EN 1161A 20. La

testimonianza può costituire un dato sulla varietà di questo materiale ipomnematico elaborato nel Peripato.

C’è di più: i commentatori neoplatonici di Aristotele (V-VI sec. d.C.)257 distinguevano tra

scritti “ipomnematici” e “sintagmatici”, si veda a proposito la fondamentale testimonianza offerta da Ammon. In cat. p. 4, 4-13 Busse258:

τῶν δὲ καθόλου τὰ μέν ἐστι συνταγματικὰ τὰ δὲ ὑπομνηματικά. ὑπομνηματικὰ δὲ καλοῦνται ἐν οἷς τὰ κεφάλαια μόνα ἀπογράφονται· ἰστέον γὰρ ὅτι τὸ παλαιὸν εἴ τις προῄρητο συγγράψασθαι, τὰ εὑρισκόμενα κατὰ μέρος αὐτοῖς εἰς τὴν τοῦ προκειμένου ἀπόδειξιν συμβαλλόμενα κεφαλαιωδῶς ἀπεγράφοντο, πολλὰ δὲ ἐξ ἀρχαιοτέρων βιβλίων νοήματα ἐλάμβανον, ἵνα τὰ μὲν ὀρθῶς ἔχοντα κρατύνωσι τὰ δὲ μὴ οὕτως ἐξελέγξωσιν· ὕστερον μέντοι τάξιν τέ τινα αὐτοῖς ἐπιπροσθέντες καὶ κάλλει λόγων καὶ ἀπαγγελίας ἀσκήσει φαιδρύναντες ὕφαινον τὰ συγγράμματα. καὶ ταύτῃ διενήνοχε τὰ ὑπομνηματικὰ τῶν συνταγματικῶν τάξει τε καὶ ἑρμηνείας κάλλει.

«Tra gli scritti universali, alcuni sono sintagmatici, altri ipomnematici. Sono detti ipomnematici quelli nei quali sono registrati solo i punti principali. Bisogna infatti sapere che anticamente, quando si decideva di comporre un testo, si registravano sommariamente una a una le scoperte

255 Ateneo scrive di fagiani anche in Ath. IX 386D-387E.

256 Cf. FGrHist 234 F 2a. Come si legge in Canfora-Jacob 2001, 1697, n. 4: «Molti storici (compresi Jacoby e Musti) lo

considerano Tolemeo VIII, perché prima di lui inseriscono nella successione un effimero Tolemeo Eupatore o un incerto Neo-Filopatore (suo nipote, figlio di suo fratello maggiore Tolemeo VI Filometore): però Ateneo stesso (IV 184c; XII 549d) lo chiama Tolemeo VII, e come tale è registrato nella CAH (vol. VIII/2 p. 957 della trad. it.). Ateneo, IX 387e, riferisce la stessa citazione al libro II (e questa è la variante accolta da Jacoby)». Il soggetto di μετεπέμπετο dovrebbe invece essere Tolemeo II Filadelfo. Si legge a proposito in Canfora-Jacob 2001, 1697, n. 5: «La lezione del cod. A presenta una ripetizione del relativo hoùs che è parsa sospetta: Kaibel lo espungeva, mentre Schweighäuser suggeriva la possibilità di correggerlo in óa (quindi: “non solo faceva arrivare ‘uova’…”); è però più semplice conservarlo, supponendo che la citazione sia incompleta all’inizio».

257 Non sfugga, come mera suggestione, il vivo interesse per le opere aristoteliche nel periodo cui attribuiamo la copia del

manoscritto Vat. Gr. 2306 (VI sec. d.C.).

258 Testo da Busse 1895 e traduzione da Dorandi 2007b, 68s. La suddetta distinzione si legge anche in Olymp. In Cat. p.

6, 21-35 Busse, Philop. In Cat. p. 3, 11-13 Busse, Elias Phil. In Cat. p. 114, 1-3 Busse. Sulla questione cf. Tarán 1981, 737, il quale scriveva che la distinzione in scritti ipomnematici e sintagmatici non fosse attestata prima di Ammonio di Ascalona. È certamente vero a livello puramente terminologico, tuttavia le altre fonti qui riportate a proposito di ὑπομνήματα peripatetici fanno ben sperare circa la circolazione di testi siffatti, per quanto non sappiamo se già ab origine programmaticamente distinti da testi soggetti a elaborazione formale. Su questo punto cf. anche Dorandi 2007b, 70.

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suscettibili di servire all’esposizione dei propri propositi; si raccoglievano poi diverse opinioni dai libri più antichi per confermare quanto era corretto e rifiutare quanto non lo era. Infine, naturalmente, si componevano i trattati aggiungendovi un ordine e facendoli brillare con un bel vocabolario e uno stile accurato. In questo gli scritti ipomnematici si distinguono da quelli sintagmatici, per l’ordine e la bellezza dell’espressione».

E a tal proposito cf. anche Simp. In Cat. p. 4, 14-20 Kalbfleisch259:

τῶν δὲ καθόλου τὰ μέν ἐστιν ὑπομνηματικά, ὅσα πρὸς ὑπόμνησιν οἰκείαν καὶ πλείονα βάσανον συνέταξεν ὁ φιλόσοφος. […] δοκεῖ δὲ τὰ ὑπομνηματικὰ μὴ πάντῃ σπουδῆς ἄξια εἶναι· διὸ οὐδὲ πιστοῦται ἀπ’ αὐτῶν τὰ τοῦ φιλοσόφου δόγματα.

«Tra gli scritti generali troviamo dapprima quelli ipomnematici, cioè tutti quelli che il filosofo [scil. Aristotele] ha raccolti come promemoria personale di certe cose e per poterne fare più ampia verifica. […] Ma sembra che gli scritti ipomnematici non siano da prendere totalmente sul serio: ecco perché non possiamo trarre da questi nemmeno una conferma relativa alle dottrine del filosofo».

Intrigante quanto Simplicio scrive a proposito della verifica da eseguire in un secondo momento. Gli scritti ipomnematici, dunque, potevano essere di diversa natura, e non è detto che la loro finalità fosse stabilita ab origine: alcuni potevano essere note preparatorie, altri semplici note di studio, destinate a rimanere in stato di bozze. Questa categoria di scritto ipomnematico “non finito” e non pensato per la pubblicazione è descritto anche in Gal. In Hipp. artic. comm. III 32, a proposito di una sezione del II libro delle Epidemie di Ippocrate260. Lo stesso Galeno, del resto, accennava a propri scritti privi di

titolo, non destinati alla pubblicazione, ma ad uso di amici e discepoli come promemoria delle sue lezioni261.

Ipotizzare che il DEM rientrasse negli ὑπομνήματα di Aristotele e Teofrasto non corrisponde a una specifica attribuzione, tuttavia testimonia la persistenza di materiale siffatto e così percepito almeno fino al VI sec. d.C., di chiaro stampo peripatetico, di autore ignoto, talvolta contraddittorio e con documentazione storicamente controversa, forse in attesa di verifica, riprendendo quanto scrive Simplicio. Se poi immaginiamo che il materiale, parte del lavoro sui magistrati di Teofrasto, già in stato di bozze in partenza, possa essere stato anche tragicamente corrotto nella prima, travagliata fase delle ἐκδόσεις aristotelico-teofrastee, fra Apellicone e Andronico, dobbiamo assumere che la situazione testuale potrebbe essersi ulteriormente complicata.

259 Testo da Kalbfleisch 1907; traduzione tratta da Dorandi 2007b, 69.

260 Per il ritrovamento della dicitura ὑπομνηματικόν nelle subscriptiones di alcuni rotoli ercolanensi di Filodemo di Gadara

cf. Dorandi 2007b, 70s. Si tratta dei P. Herc. 1427 (I libro), P. Herc. 1674 (II libro), P. Herc. 1506 (III libro).

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Tutti questi indizi concorrono a mettere in discussione l’ormai comunemente accettata identificazione del DEM come opera d’autore e a delineare un profilo di scritto ipomnematico.