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A livello urbanistico il Parco di Arte Vivente si situa fra via Giordano Bruno, corso Bramante e via Arduino, in una zona industriale in trasformazione di circa 2,5 ettari destinata a parco ricreativo attrezzato.

In quell’area, fino ai primi anni del decennio Novanta del secolo scorso, era ancora attiva un’industria metalmeccanica che produceva componenti per l’auto. Successivamente alla sua dismissione, quel territorio è rimasto per molti anni abbandonato a se stesso, un “terrain vague, per usare un termine preso a prestito dai situazionisti, un luogo ambiguo e sospeso nel tempo14”, che oggi invece risulta incorporato nuovamente nell’ingranaggio produttivo della città.

Nell’area infatti sono stati realizzati la nuova sede dell’AMIAT (Azienda Multiservizi di Igiene Ambientale di Torino) e un insediamento residenziale per circa seicento abitanti e, proprio a partire da questa nuova riqualificazione urbana, il progetto PAV non rappresenta, da un punto di vista economico, un extra-costo per la città in quanto la sua edificazione rientra nel finanziamento previsto per le opere di urbanizzazione da realizzare nell’area dell’ex sito industriale di via Giordano Bruno.

Il progetto esecutivo del parco e delle strutture sostituisce invece, senza ulteriori oneri da parte dell’amministrazione pubblica, la prevista area verde attrezzata con un Centro per l’Arte Contemporanea volto a rispondere alla domanda culturale dei cittadini15.

L’artista Piero Gilardi, ideatore del PAV, precisa come il concetto di ‘restituzione’ sia di fatto il leitmotiv del progetto. Il Parco risulta infatti un territorio restituito sia al quartiere, che per troppo tempo aveva avuto di fronte una grande discarica di materiali edili, sia restituito alla natura attraverso tentativi di ri-creazione di habitat inesistenti in città.

Si tratta quindi della “restituzione di uno spazio d’arte capace di creare relazioni fra spettatori di ogni età e cultura. Con un’arte non straniante ed ermetica, ma invece

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I. Mulatero, Op.cit., p.10

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Il progetto, condotto dall’Assessorato alla Cultura della Città e il gruppo progettuale costituito nell’Associazione Culturale ACPAV si fonda su un principio di sussidiarietà: tale principio non è solo un criterio di gestione nel governo dello sviluppo di una città in una fase storica di riduzione della spesa pubblica, ma anche e soprattutto un principio antropologico. Nello specifico, il principio di sussidiarietà si esplica in senso orizzontale, cioè nella promozione del soddisfacimento di bisogni culturali dei cittadini da parte di altri cittadini riuniti in forma “associata”.

Capitolo 3: Land Art- Bioarte- Cittadellarte. Esempi di Arte e Spazio pubblico tra Torino e Biella

112 capace di coinvolgere i visitatori/fruitori sulla tematica culturale dell’ibridazione fra arte, scienza e natura16”.

Questo si applica anche alla volontà del PAV di essere un museo interattivo in costante rapporto con le istituzioni locali per la progettazione di nuove aree urbane, in una prospettiva trans-disciplinare dell’architettura, delle arti e della comunicazione con finalità di valorizzazione e accrescimento della qualità – fisica e funzionale, sensoriale ed estetica – degli spazi pubblici esterni d’uso, delle infrastrutture per il trasporto e del paesaggio culturale urbano e territoriale.

L’edificio principale è costituito da Bioma (figg.53,54) , installazione artistica di Piero Gilardi, costituita da un percorso di sette moduli finalizzati all’esercizio della libera espressione dove il pubblico può fare esperienze di manipolazione artistica.

Essa “rappresenta una dimensione globale del vivente che comprende tutti gli organismi della biosfera, essere umano compreso. La struttura dell’opera si presenta, infatti, con sei microstanze da attraversare, sei ambienti interattivi da esplorare, vivere, toccare17”ed è concepita come ambiente plurimo articolato secondo sei percorsi interattivi: Mutazioni Vegetali, Essenze Odorose, Rilievi in Natura, Giochi d’Acqua,

Suoni Mutevoli e Energie Invisibili, sei ambienti ad interfaccia con telecamere,

computer, microscopi, sensori, che si intrecciano con un vasto campionario di elementi rappresentativi del mondo naturale: canne di bambù, noci, ciottoli di fiume, fiori..

Attraverso i dispositivi informatici messi a disposizione del pubblico, concepiti come una seconda natura, il fruitore è chiamato ad intervenire nei suoi costrutti vivendo e agendo con il corpo, esplorando e mutando i colori, perché Bioma intende potenziare la percezione tra l’uomo e le manifestazioni del vivente in forme acustiche, tattili, visive e cinetiche, essendo l’intento dell’artista quello di ipotizzare una società del futuro in cui gli ambienti di vita sono il risultato di una fusione di qualità estetiche e funzionali.

La struttura di base del Parco è invece formata da un prato prevalentemente pianeggiante privo di percorsi pedonali tracciati, con ampie aree libere destinate ad ospitare le installazioni d’arte che vanno così ad interagire con il gran numero di specie erbacee e di fiori, nella prospettiva di una grande biodiversità vegetale.

All’interno di questo contesto vengono dunque ‘collocate’ le opere d’arte che si confrontano con il paesaggio urbano e contribuiscono a strutturare e a caratterizzare il

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I. Mulatero, Op. cit pp.10-11

17 PAV, Ecosoft Art. Un parco in movimento. Progetto di collezione permanente e nuove ricerche del

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113 disegno del Parco a riprova dell’ipotesi di fondo del progetto, quale è la sperimentazione di nuove modalità di azione artistica e politiche di intervento a scala urbana, sulla scia della tradizione che ha preso avvio negli anni Sessanta negli Stati Uniti con le significative esperienze di alcune avanguardie artistiche.

Tale tradizione individua nel lavoro di trasformazione dello spazio aperto, sia esso naturale o urbano, un luogo di ricerca di strategie, materiali innovativi, interazione tra ambiti disciplinari diversi, nuovi modi d’uso dei luoghi urbani, portando sempre più frequentemente, come in questo caso, all’infittirsi di casi di collaborazione tra varie figure professionali.