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Dai quadri specchianti verso lo ‘stato d’arte’

Rispetto all’arte del passato, e nei confronti dei quadri specchianti che oggettivavano il fenomeno artistico, vi è una evoluzione dovuta al superamento di quel punto forte dell’individualità dell’io e dell’autonomia del gesto artistico, che aveva caratterizzato l’espressione negli anni Cinquanta.

24 B. Corà, Journal 1 – Edizione Fondazione Mudima, Milano 1995, trad. Henry Martin 25

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119 Allo stesso tempo, però, non vi è alcun collegamento diretto, o almeno, alcuna volontà di ricondursi alle esperienze dell’arte applicata, della Bauhaus e di altri movimenti che hanno percorso la via dell’arte verso la vita, perché, a differenza di quelle realtà, con Progetto Arte non si segue una linea programmatica con una base teorica da perseguire.

Bensì vi è una ‘verifica sperimentale’ di ciò che accade nel momento in cui l’arte si confronta con l’economia, la scienza, con altre forme espressive e culturali, in una sorta di “fallimento del messaggio sicuro, definitivo, del concetto pianificante e definente26”.

Già a partire dai quadri specchianti ci si trova ad avere a che fare con un’immagine impalpabile, fluida, in cui la rappresentazione è l’emblema del virtuale, perché l’immagine offerta allo specchio è come la mente che lavora in termini di impalpabilità e non di fisicità, come è lo stesso Progetto Arte nel luogo di Cittadellarte, “apparentemente fisso, ma anche luogo che cerca una continua dinamica nei rapporti con tutte le forme dell’esistente e con tutte le altre forze che, all’esterno di questo luogo, rappresentano punti di una rete27”.

“L’arte, seguendo questo percorso, non è più, dunque, in un ‘isolamento aristocratico’ rispetto alla società, cioè parte essenziale della società ma non partecipe della società. Nel momento in cui l’arte entra in gioco, si pone di fronte agli altri grandi sistemi: quello della religione, dell’economia, delle altre culture, delle diversità28”, diventando così il punto di congiunzione, di passaggio tra le varie forme strutturali del vivere, del pensare e dell’agire, agendo come un nuovo habitus.

In questo senso, anche quando si parla di fallimento di determinate idealità che l’arte portava intorno al ’68, ad esempio con Beuys, non vi è fallimento, perché invece viene rinnovato il desiderio di cambiamento, in una capacità dinamica continua, che in questo caso viene raccolta da Progetto Arte all’interno di Cittadellarte, attraverso il teatro, l’architettura, la spiritualità, la letteratura, la parola, la sociologia, che diventano tangibili grazie all’incontro con la creatività all’interno di un unico centro in cui tutte queste attività possono essere praticate.

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M. Pistoletto, ivi, p. 67-68. In questo caso l’artista rimanda a quanto affermato da Andreas Spiegl in riferimento al lavoro specchiante e di quello che può essere il Progetto Arte.

27 M. Pistoletto, Ivi, p. 70 28

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120 Nel momento in cui c’è un incontro tra il fare arte e queste altre sfere, ci si può chiedere se si può parlare ancora di arte, nella sua accezione tout court, visto che viene a crearsi uno ‘stato d’arte’ in cui le cose vengono a confluire con uno stato di spiritualità, di benessere.

Non si tratta infatti “più soltanto di portare l’oggetto comune, la situazione comune, a muovere verso un luogo già deputato all’arte (come nel caso di Duchamp) ma riportare l’oggetto nel luogo in cui l’oggetto è nato, cioè nella banalità del mondo, senza perdere la natura dell’arte. Facendo in modo che l’arte accompagni le cose senza irrigidirsi davanti alla propria dimensione29”.

Come sostiene l’artista, il suo “progetto di civiltà” è relativo all’uomo nella complessità delle sue funzioni e si fonda su una “nuova idea di classico, di classicità” che “cerca gli equilibri e le proporzioni”, dove lo spirito della proposta culturale avanzata è ben distante da posizioni accademiche e retrospettive.

“Lo scollamento ideale che si è prodotto nella civiltà contemporanea, come ‘due poli in contrasto tra di loro’, quello tecnologico e quello umanistico, è la causa del grande degrado del mondo e del profondo disagio di vita che lo pervade. Le diversità, le contrapposizioni e gli estremismi che lo caratterizzano sono come un campo di ‘elettricità libera’ e la ‘caduta di civiltà’ alla quale assistiamo quotidianamente testimonia della lacerazione e della disgregazione nella quale ci troviamo e che ci pone ‘in condizione di non sapere come indirizzare il nostro pensiero’.

Quello di Pistoletto è dunque un richiamo di natura etica: la responsabilità degli operatori nei vari campi dello scibile nei confronti del passato e più ancora del presente e del futuro consiste nel rendere possibile un progetto di ‘avvicinamento’, di grande cooperazione per la creazione di momenti ‘straordinari’ di civiltà. […] L’artista contemporaneo infine rifiuta la condizione di isolamento del suo lavoro e ricerca il confronto con la vita; fugge tuttavia l’impegno meramente rappresentativo e documentario, così come il rischio di ridurre la sua attività, priva di ogni vincolo, ‘a bello spettacolo’30”mutando i modi di operare a favore di una dimensione laboratoriale nel quale si raccolgono invece idee e pensieri di molti.

29 M. Pistoletto, ivi, p. 88 30

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