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2.2 Architettura e Utopia o Architettura è Utopia?

Le opere successive all’isola di Utopia, infatti, fanno la loro comparsa in un periodo di grandi innovazioni, di nuove scoperte, in cui l’uomo, sconvolto da una nuova identità antropogenica, si pone al centro dell’universo, spingendosi oltre i propri confini, ponendo fine alle tradizioni culturali e religiose restrittive tipiche dei secoli bui. Non è scontato che esse appaiano nella cosiddetta “età del cambiamento” quando l’ordine economico e politico si sgretolarono cedendo il passo ad una nuova era.

Il Rinascimento emerse da uno dei periodi più bui della storia, segnato dalla massima espansione dell’impero ottomano; dallo scisma religioso tra la Chiesa cattolica e quella protestante; la perdita del dominio commerciale da parte del Mediterraneo che si apre agli scambi Atlantici; la fine della peste nera, che decimò interamente le città medievali decimando le popolazioni europee.

Nel XV secolo, il mondo occidentale ha dovuto ricostruire la propria economia, ridisegnando le proprie città e il proprio ambiente di vita, e rivitalizzando la propria cultura. L’arte e l’architettura diventano lo strumento di questa innovazione. Affiancate dagli sviluppi tecnici e scientifici trasformarono una cultura medievale in declino, in una dinamica e incentrata sul futuro. Prima di allora, il futuro rappresentava infatti – in maniera del tutto banale – l’anticipazione di un tempo presente in attesa di essere di lì a poco vissuto. Non aveva mai evocato alcuna immagine di invenzione o il desiderio di innovazione. Dal Rinascimento, l’idea di futuro, acquista un nuovo significato. Rappresenta la sfida di un tempo in attesa che deve essere ancora definito. 45

Dal punto di vista delle innovazioni scientifiche e tecnologiche, l’età del cambiamento, è segnata dalla “Rivoluzione scientifica”, ossia, quel periodo che abbraccia la data di pubblicazione dell’opera Le rivoluzioni degli astri celesti di Niccolò Copernico (1543) (con la nascita della conseguente rivoluzione copernicana) e quella dell’opera I principi matematici della filosofia naturale di Isaac Newton (1687), e che comprende la nascita del metodo scientifico e le tesi a sostegno delle teorie sopracitate, di Galileo Galilei.

Dal punto di vista tecnico, una delle invenzioni fondamentali, è senza dubbio quello della stampa, da parte di Jonas Gutenberg nel 1440. La società precedente all’invenzione della stampa, era una società per lo più analfabeta, dominata dal timore e dalla superstizione derivanti da un sapere di tipo religioso e tradizionale, tipico della tradizione giudaico cristiana, piuttosto che dalla logica e dall’analisi.

La diffusione meccanizzata della stampa, ha consentito un nuovo periodo di alfabetizzazione, aumentato e migliorato le modalità commerciali tramite l’invenzione della moneta stampata, e stimolato l’invenzione scientifica e tecnologica, grazie all’accessibilità e alla divulgazione facilitata delle conoscenze.

Appare evidente che a fronte di tali sconvolgimenti, ne consegue una nuova percezione dell’uomo e del mondo che gli sta attorno, con una derivata effusione di desiderio, caratteristica primordiale – precedentemente discussa – dell’anticipazione futura e dell’innovazione utopica. Il ricorso all’immagine dell’architettura e della città è, in questa epoca nuova, imminente.

Tessa Morrison, nella sua compilazione storica sull’utopia, sottolinea che mentre molti dei famosi testi filosofici e letterari si affidano all’architettura per rappresentarne simbolicamente dei messaggi sociali chiave, il grado di descrizione di tali architetture può sembrare limitato. In realtà, sia nella filosofia, che nella finzione letteraria, l’architettura e l’urbanistica, rappresentano una parte critica forte della visione utopica.

La storia dei secoli bui, è stata segnata da momenti in cui i mali fisici e morali della società sono stati criticati come derivanti o rafforzanti dalla fisicità spaziale degli edifici e delle città. Queste ultime erano il risultato di tracciati fitti, con stradine strette e labirintiche, con fognature aperte, fiancheggiate da alte costruzioni, blocchi di case minuscole e sovraffollate, che impedivano l’aerazione e l’accesso alla luce diretta del sole.

La forma e gli spazi della città erano la causa delle pessime condizioni igieniche sanitarie, e dell’incoraggiamento di comportamenti immorali o depravati. In tal senso, i problemi della società e quelli della forma della struttura della società, si sono intrecciati.

Il Rinascimento, periodo che prova a mettere fine a tali disagi, vede la combinazione tra l’architettura e le riforme della società, come possibilità per creare uno stile di vita desiderabile o addirittura città ideali, intese come paradiso sulla terra. Gli architetti del tempo, cominciarono a progettare nuove città, basate su principi razionali e geometrici derivanti dalle innovazioni utopiche.

Di questo periodo sono le pubblicazioni di nuovi trattati di Architettura, mezzi intesi per raccontare l’arte del progettare e del costruire, in maniera nuova e originale, durante un periodo di grandi cambiamenti. Di particolare importanza è il Trattato di Architettura, pubblicato alla fine del XV secolo, dall’architetto, scultore e artista fiorentino Antonio di Pietro Averlino, o Averulino (Firenze, ca 1400-Roma, ca 1469), meglio noto come il Filaréte, nome di derivazione greca, col significato di “amante delle virtù”. Il trattato, dedicato a Francesco Sforza, è scritto sotto forma di dialogo tra la figura dell’architetto e quella del duca, e presenta al suo interno il piano della prima città ideale, Sforzinda46. Ottenuta sovrapponendo due quadrati

ruotati rispettivamente di 45°, perfettamente inscritta in un cerchio, la forma stellare corrisponde alla cinta muraria. Il poligono che ne risulta ha sedici lati e costituisce il perimetro delle mura, con otto porte di accesso e ad ognuna delle otto punte, un torrione di guardia. Sedici strade si dipartono verso il centro dai rispettivi vertici, raggiungendo il centro, dove è ubicata la piazza maggiore, sulla quale si affacciano simbolicamente uno di fronte all’altro il duomo e il palazzo del Signore. Una corona di piazze minori si trova a circa metà dei sedici assi viari.

La geometrizzazione rigorosa di Sforzinda, come quella delle successive città ideali e reali47, rimanda

simbolicamente alla perfezione della società che entro quegli spazi dovrà vivere. Le regole razionali della prospettiva e della geometria, rispecchiano la perfezione terrena della condizione umana nuova del Rinascimento. L’architettura e la pianificazione urbana, diventano un inno all’uomo e al suo intelletto, posto al centro dell’universo conosciuto, tentando attraverso nuove visioni, il suggerimento di modelli etici e gerarchici, egualmente perfetti per uno stile di vita pacifico e ideale.

Senza dubbio, sono tre le immagini che più rappresentano questa forte idealità simbolica. Molto simili ma diverse tra loro, la veduta della città di Urbino, di Baltimora e di Berlino, vogliono porsi come visioni definitive del concetto idealizzato di città ordinata, giusta e buona48.

46 Filarete, Trattato di architettura, a cura di Anna Maria Finoli e Liliana Grassi, Il Polifilo, Milano 1972. 47 Vedi: Palmanova, in provincia di Udine, fondata dai veneziani nel 1943; gli interventi del Brunelleschi presso Pienza, Urbino e Ferrara; Piano di ammodernamento di Milano di Leonardo del 1493.

48 A causa della loro similitudine nell’aspetto e nella funzione, è stato scelto di descriverne brevemente solo la prima e più famosa. Per un’analisi più dettagliata vedi in esempio: Saverio Ciarda, Le città ideali del Rinascimento contributi per una lettura iconologico-architettonica delle tavole di Urbino, Baltimora e Berlino, Giannini Editore, Napoli, 2013.

27 Lo stile prospettico del dipinto, rappresentato in una rigorosa vista panoramica centrale, mostra la veduta di una piazza articolata intorno a un edificio colonnato religioso a pianta circolare (simile al Battistero di Firenze) ai cui lati sono ordinatamente disposti, come in una quinta e secondo una trama urbana regolare, diversi palazzi pluripiano.

L’edificio centrale a forma circolare, ricorda la perfezione dell’universo, tipica del periodo: si era appena scoperto che la terra fosse circolare così come il suo moto e quello dei pianeti intorno al sole. Il cerchio rappresentava infatti la forma geometrica pura per eccellenza, in cui ogni punto sulla circonferenza è egualmente distante dal suo centro. La porta dell’edificio, infatti, è aperta, indicando che chiunque, senza distinzione è libero di entrare alla scoperta di uno spazio perfetto al suo interno.

Lo stile prospettico della scena inquadra una città ordinata, armonica, simmetrica, perfetta. La cura è in ogni dettaglio, dalla modanatura delle finestre alla pavimentazione. Gli edifici sono curati nelle facciate, caratterizzate nella sovrapposizione degli ordini. La città rappresentata è riconducibile a un vero e proprio “trattato architettonico”, con in mostra le regole di esercizio per una architettura raffinata, secondo tutte le possibili variazioni. La scelta dei colori, la rappresentazione del cielo, la luce cristallina che illumina la scena, l’atmosfera eterea, nonché l’assenza assoluta della figura umana49, accrescono ulteriormente

l’armonia dei volumi puri, della loro geometria e proporzione di un’architettura ideale.

L’ampiezza degli spazi, l’atmosfera di silenzio, la perfezione dei luoghi, in cui l’umanità affetta dai suoi problemi è assente, rappresenta una risposta alle drammaticità delle città stette e sudice tipiche di quel secolo. Le tavole delle città ideali ricordano l’importanza del ruolo della città nella vita dell’uomo. La volontà di teorizzare una città di fantasia “ideale”, dunque perfetta, attraverso regole progettuali applicabili alla realtà, nasce pertanto dalla volontà di seguire l’ondata di cambiamenti culturali e umanistici, nonché scientifici, al fine di cambiare uno stile di vita, che proprio a causa di tali cambiamenti, risulta essere inadeguato.

Gli autori successivi, influenzati da More, hanno usato l’architettura per arricchire la visione sociale e utopica, promulgando teorie dello spazio o di pianificazione per una città in grado di migliorare la qualità della vita e l’idea di comunità e di luogo. L’architettura, per questi autori, diviene un elemento esteticamente gradevole. La bellezza e l’armonia, ottenuta attraverso la geometrizzazione e l’utilizzo della prospettiva, sono delle condizioni indispensabili per la riuscita di una città idealmente utopica.

Una forte proliferazione di utopie letterarie nascono dal Rinascimento in poi. Dal XVII secolo al XIX secolo, attraverso vari manifesti, trattati e piani, sono state elaborate delle proposte utopiche, sia per le società ideali che per gli spazi in cui i loro abitanti avrebbero vissuto e lavorato. L’architettura e la forma urbana, ricevono, ordinariamente, la stessa attenzione delle strutture ideologiche, teologiche e politiche della società in corso.50

Il critico statunitense Frederic Jameson, parlando di “spazio altro” dell’utopia, suggerisce come quest’ultima sia un concetto intimamente legato all’architettura. “La città è la forma fondamentale dell’immagine utopica”51. Ancora, per Helen Roseanu, la città ideale, viene disegnata dal connubio tra una

particolare necessità della popolazione e la necessità di raggiungerla attraverso la ricerca dell’armonia dell’unità artistica.

Se l’utopia è sempre un progetto, dal Rinascimento in poi diviene, altresì e necessariamente, progetto architettonico e urbano.

49 Solo nella tavola di Baltimora sono presenti alcune figure umane, ma alcuni storici alludono al fatto che queste siano state aggiunte a conclusione dell’opera.

50 Tessa Morrison, Unbilt Utopian Citis, 1460 to 1900: Reconstructioning their Architecture and Political

Philosophy, Ashgate Editor, Surrey, England, 2015.