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Performing the contemporary: Tecnologie avanzate per l’architettura.

PARTE II: ENUNCIAZIONE DELL’IPOTESI.

MANIFESTAZIONE NELL’ IMMAGINE DI INVENZIONE

4.3 Performing the contemporary: Tecnologie avanzate per l’architettura.

Da adesso in poi l’artista non crea più uno o più lavori, egli crea la creazione. Nicholas Schoffer151

Dopo aver abbandonato il discorso di stile, l'architettura dei tempi moderni si caratterizza per la sua capacità di sfruttare i risultati specifici di quella stessa modernità: le innovazioni offerte dalla scienza e dalla tecnologia attuale. Il rapporto tra nuove tecnologie e nuova architettura comprende anche un dato fondamentale di ciò sono indicati come architetture d'avanguardia, così fondamentale da costituire una dominante seppur motivo diffuso nella figurazione di nuove architetture.

Ignasi de Sola Morales152

149 Sylvia Lavin, Performing the contemporary, or: towards an even never architecture in the Flash in the Pan and

Other Forms of Architectural Contemporaneity, MIT Press, 2018. P. 21

150 Antoine Picon, Architecture as performative art, Tel Aviv Museum of Art, 2008. p. 16.

151 Dichiarazione fatta da Nicholas Schoffer, pioniere dell’arte robotica e creatore del primo robot artistico nel 1956 a descrizione della nascita dell’era digitale e robotica.

In: Sylvain Haensler, Can the robot be an artist?, Artsy Nights, 2018. Fonte digitale: https://artsy-

nights.com/blogs/news/can-the-robot-be-an-artist

152 Ignasi de Sola Morales, Differences: Topographies of Contemporary Architecture, MIT Press, Cambridge, 1997. Pp. 78-83.

93 realizzati, e ancora l’abbandono delle regole e dei tempi di disegno e modellazione tradizionali legati ai canoni dettati dalla prospettiva euclidea e dello spazio cartesiano, sostituito dall’utilizzo dello spazio geometrico dinamico in quarta dimensione, aprono nuovi stimoli per il rinnovamento anche dell’odierna pratica architettonica. Lo spazio digitale, consentito dal computer, permette, infatti, di controllare l’oggetto immaginato nella sua completezza, di vederlo e modificarlo in ogni sua dimensione o ancora inserito nel suo contesto.

Fu nel decennio successivo alla morte dell’utopia che il software da disegno CAD153 vide il suo avvento

come strumento di disegno lanciato per il mercato digitale. Ma nel giro di pochi decenni, attraverso il miglioramento e la continua evoluzione di programmi similari, pensati per l’architettura o la progettazione in generale, il computer è diventato il surrogato del foglio di carta, divenendo una vera e propria macchina da disegno digitale. E non solo. Tale miglioramento della capacità di elaborazione dei computer e di conseguenza l’utilizzo di questi ultimi per la produzione di oggetti, è riuscito a portare nell’ultimo decennio a una inevitabile ma sostanziale modifica non solo alla configurazione dell’idea iniziale tramite il disegno di un’immagine digitale ma all’intero processo di progettazione rivisto in quasi ogni sua fase.

Il professore e teorico Peter Zeliner (1969), ha osservato la trasformazione della forza creativa avvenuta nei caratteri architettonici in seguito a quella che è stata definita la rivoluzione digitale. Egli afferma che l’architettura prende le vesti di “un’indagine sperimentale continua per le geometrie tolopologiche innovative, nonché di una scultura generatrice e cinematica dello spazio”154.

A segnare l’inizio delle nuove avanguardie digitali è senza dubbio il lavoro dell’architetto Frank Gerhy (1929) e del suo rivoluzionario “effetto Bilbao” realizzato tramite software pensati per il design aereospaziale e applicati all’architettura. Le sue architetture iconiche e innovative, dalle forme continue e dinamiche, rafforzano l’inefficacia delle configurazioni e dei processi convenzionali appartenenti al passato. Sembra impossibile continuare a progettare geometrie euclidee e forme semplici, quando si possiedono gli strumenti per generare, con la stessa immediatezza e facilità, superfici curvilinee, complesse e dinamiche.

Arricchendosi e regolandosi tramite nuove gerarchie di informazioni quali l’algoritmo o quei programmi in grado di definirne le relazioni tra i numerosi parametri che la compongono, l’architettura rappresenta, infatti, un criterio di elaborazione davvero complesso per la macchina intelligente.

L’utilizzo di tali parametri e/o algoritmi intesi come strumenti per la produzione della forma rappresentano la complessità della definizione di performance per l’architettura della nostra contemporaneità, la quale diviene essa stessa parametro performante, complesso e intelligente.

È il teorico Charles Alexander Jenks (1939) che introduce il concetto fisico di complessità al fine di descrivere il processo di creazione di nuove forme architettoniche emergenti dopo l’introduzione dei computer nei primi anni del 1990. Egli, dopo aver annunciato la nascita di un nuovo movimento in architettura, vede nella complessità una teoria in grado di descrivere un processo progettuale multidisciplinare – imbevuto di arte, design, filosofia, scienza e tecnologia – posto alla soglia tra ordine e caos. Un tipo di progettazione in cui i confini da un livello all’altro vengono superati così come viene superato il postmodernismo per dar spazio a un nuovo paradigma, quello della morfogenesi155. Tale

paradigma, introdotto dai processi CAD/CAM per l’architettura e il design, coincide con lo studio delle geometrie frattali e della teoria del caos nella fisica moderna. Secondo l’autore infatti, il passaggio dall’universo platonico a quello newtoniano porta con sé anche la transizione del passaggio delle forme geometriche euclidee a una geometria regolatrice di un universo relavistico, sostenuto da Albert Einstein durante il decennio precedente.

153 L’acronimo CAD sta ad indicare il concetto inglese di Computer Aided Design che tradotto in italiano prende il significato di progettazione assistita dall’elaboratore.

154 Peter Zeliner, Hybrid Space: New Forms in Digital Architecture, Thames & Hudson, New York, 2000.

155 Charles Jenks, The Architecture of the Jumping Universe: A Polemic : how Complexity Science is Changing

Sino alle avanguardie del modernismo, ogni forma di sperimentazione fatta, si era basata sull’utilizzo di forme chiare e analitiche, tramite le geometrie pure e perfette, la simmetria e le regole armoniche delle geometrie dei solidi semplici. Il modernismo in particolare, dipendeva dalla griglia, dai caratteri strutturali rigidi e dalla purezza di una esteriorità sin troppo semplificata. Secondo Jencks, la complessità dell’architettura della rivoluzione digitale introduce, invece, la possibilità di modellare forme geometriche più complesse, biomorfe e di seguire tutti quegli elementi strutturali attribuibili alle forme esistenti in natura156. È in questa complessità e nella capacità di rappresentarla con gli strumenti di calcolo e

modellazione avanzata, che risiede la possibilità di una sperimentazione portata al limite – forse in maniera troppo estrema il più delle volte – di architetture complesse composte dalle cosiddette “smart geometries”157 giudicabili attualmente come tecnologicamente utopiche.

Come notato dal professore e ricercatore Branko Kolarevic “L'uso del software di modellazione digitale (3D) e animazione (4D) ha aperto nuovi territori di esplorazione formale in architettura, in cui le forme generate digitalmente non sono progettate in modo convenzionale”158.

Il direttore del Canadian Centre for Architecture, Mirko Zardini, afferma a tal riguardo che l’architettura digitale rappresenta una rivoluzione progettuale tale da essere paragonabile all’invenzione della prospettiva. Per Zardini, la rivoluzione risiede nel fatto che il mondo digitale e le nuove tecnologie emergenti hanno cambiato profondamente il modo con cui noi non solo immaginiamo nuove forme complesse per l’architettura ma cambia anche il modo in cui la percepiamo. L’architettura da manufatto solido è prima di tutto concettuale, virtuale.

La sperimentazione digitale si basa su concetti computazionali per la generazione di una forma complessa, quali lo spazio topologico, le superfici isomorfe, forme dinamiche e cinematiche, la progettazione parametrica, gli algoritmi bio-genetici. Dall’uso di questi, Kolarevic intravede, rispettivamente, quelle che sono le basi per la diffusione di nuove categorie di movimenti architettonici avanguardistici: l’Architettura Digitale, l’Architettura Topologica; l’Architettura Isomorfa, l’Architettura Animata, l’Architettura Metamorfica, l’Architettura Parametrica, e l’Architettura Evolutiva159. Diverse anche le correnti teoriche

concepite, tra le quali la teoria Cybernetica di Gordon Pask, Cedric Price e John Frazer (a Londra), e Nicholas Negroponte (presso il M.I.T.) o le teorie sulla Nanotecnologia e la Biotecnologia di architetti come Marcos Novac e Greg Lynn, in grado di esplorare nuove tecnologie in grado di influenzare l’architettura visionaria tra il virtuale e il reale, l’animato e l’inanimato. Entrambe le tendenze, che siano basate su un’evoluzione formale prettamente robotica o basata sui principi evolutivi della biologia, lavorano sulla sperimentazione di dimensione altra della forma: quella appunto della performance. Tuttavia, a causa della complessità di queste nuove avanguardie, si richiede una laboriosa capacità di trarne il giusto rendimento da esse. L’illimitata ricchezza geometrica consentita dalle potenzialità dei software digitali rischia di cadere contraddittoriamente nell’incapacità creativa di chi li utilizza, con il risultato finale non la concezione di nuove architetture quanto piuttosto una copia banale di forme precedentemente sperimentate e mal adoperate.

Nella progettazione contemporanea, il cambiamento del paradigma formale, attualmente in gioco dalle nuove avanguardie digitali, necessità inevitabilmente di una profonda educazione teorica e creativa. Il più delle volte, infatti, la riflessione sui benefici legati all’utilizzo della tecnologica mediatica e digitale, è fondata sul banale impatto di incremento dei tempi e dei costi del lavoro. L’impatto tecnologico presenta in realtà implicazioni molto più profonde e complesse.

156 Ibidem. Pp. 22-25.

157 Smart Geometry è un gruppo di ricerca fondato nel 2001 da architetti londinesi quali Hugh Whitehead (Foster + Partners), J Parrish (AECOM) e Lars Hesselgren (PLP), con lo scopo di incoraggiare lo sviluppo, la discussione e la sperimentazione di tecniche di progettazione digitale guidate dall'intento progettuale piuttosto che dalle specifiche di costruzione. Il lavoro e il Manifesto del gruppo venne divulgato tramite la rivista:

Brady Peters & Terri Peters, Inside Smartgeometry, Expanding the architectural possibilities of Computational Design, John Wiley & Sons, 2013.

158 Branko Kolarevic, Architecture in the Digital Age: Design and Manufacturing, Taylor and Francis, UK, 2003. 159 Ibidem. Pp.251-256.

95 tenta di cambiare il futuro dello stile di vita culturale delle nostre città. I luoghi di lavoro e di svago stanno diventando virtuali, i negozi e le infrastrutture sono sempre più intelligenti. Anche il modo di abitare cambia. La nostra contemporaneità rappresenta il luogo di una nuova rivoluzione e come nel passato deve essere quindi abbinata all’insorgere di nuove utopie.