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Invisible Architecture: Technofobia and fear of the Future.

STRUCTURE OF THE CHAPTER:

2.6 Invisible Architecture: Technofobia and fear of the Future.

23 Senza le Utopie di altri tempi, gli uomini vivrebbero

ancora nelle spelonche, miserabili ed ignudi. Furono gli Utopisti a tracciare le linee della prima città... Dai sogni fertili provengono realtà vantaggiose. L'Utopia è il principio di ogni progresso

e il tentativo di un futuro migliore. Anatole France

Anche se la pubblicazione dell’opera di Thomas More segna tradizionalmente la nascita del genere e la coniazione del termine “utopia”, nell’essenza stessa del suo concetto, essa è in realtà presente e manifesta in tutte le epoche della storia, tramite i propri slogan e le proprie ideologie. Né si rintraccia l’inizio nell’antichità, ciò che G. Claeys definisce come la “preistoria del concetto”, legato essenzialmente a promesse di tipo religioso e mitologico di una vita ideale dopo la morte terrena40. Con l’utopia, questi

pensieri si sviluppano e si divulgano, inizialmente tramite la scrittura e la diffusione di opere filosofiche e letterarie: nelle opere antiche di Socrate, Platone e Plutarco; nelle speranze di una terra promessa e di paradisi felici presenti nei testi sacri tipici della tradizione giudaico cristiana, negli esempi mistici e filosofici del De Civitae Dei di S.Agostino o nel De regimine Principum di S. Tommaso d’Aquino, tipici dei secoli bui; nelle “robinsonate”, ovvero le avventure che seguono l’esempio di Robinson Crusoe di Defoe, oltre a viaggi nei paesi immaginari; nella coniazione del termine utopia; nella sua diffusione nelle prime opere rinascimentali.

La pubblicazione della prima edizione in latino dell’Utopia o la migliore forma di Repubblica41, risalente al 1516, con prima divulgazione in lingua inglese a partire dal 1551, segna la nascita del romanzo utopico e diviene il canone per lo sviluppo del genere.

L’utopia da questo momento in poi, diviene una disciplina in cui il complesso di idee prodotte dal pensiero utopico, si manifesta e materializza in un progetto. Tale progetto viene realizzato servendosi di diversi mezzi di comunicazione. Nel caso dell’isola di Utopia di Thomas More, sebbene a rigore di termini, siamo difronte ad un progetto di tipo letterale e non architettonico: esso costituisce – come pure per le prime opere del XVI e XVII secolo – uno schema generale di anticipazione architettonica, poiché la descrizione dell’isola identifica e critica un ordine di vita culturale e sociale attraverso la descrizione rigorosa di spazi ideali.

L’Utopia di More, riguardava essenzialmente una riforma sociale, e nella sua descrizione delle città dell’isola, la polemica all’architettura forse è poco intenzionale. L’opera viene presentata sotto forma di dialogo conviviale in cui lo stesso autore, in veste di un viaggiatore-filosofo di nome Raffaele Itlodeo, racconta ad Amerigo Vespucci e ad un terzo personaggio di nome Pedro Giles di essersi trovato, per mezzo dei suoi viaggi, a trascorrere cinque anni in un’isola sconosciuta. La prima edizione del romanzo conteneva una mappa chiamata "Utopiae insulae tabula"42. L’isola descritta dal navigatore, e rappresentata sulla

mappa, presenta un perimetro di terra ferma, a forma di mezzaluna con 320 km di larghezza, abitata dagli utopiani, distribuiti in cinquantaquattro città-stato tutte uguali e governate da un unico sovrano, detto l’Utopo. Tra le due estremità dell’isola vi è uno stretto di circa undici miglia di diametro in cui penetra l'acqua del mare andandosi ad allargare in una specie di grande lago che, a riparo dai venti, è sempre calmo e va a formare un porto naturale che consente agli isolani un agevole e diretto scambio commerciale tra loro. Amauroto è la capitale. Città fortificata e cinta da mura, posizionata al centro perfetto, su un declivio di un’altura, a base quadrata e attraversata dal fiume Anidro. L’architettura è pensata da More come un metodo per descrivere l’uguaglianza di lingua, cultura e tradizioni, di cui godono gli utopiani.

40 Gregory Clayes, Searching for Utopia: The History of an Idea, Thomas and Hudson Press, 2011, cit. p. 7. 41 Thomas More, Libellus vere aureus nec minus salutaris quam festiuus de optimo reip. statu, deq[ue] noua insula

Vtopia, op. cit.

Il piano urbano, in cui non vige la proprietà privata, presenta un assetto rigidamente regolare, geometricamente perfetto. La distanza tra ogni centro urbano è sempre non maggiore di 24 miglia, percorribili in un giorno di cammino. Le case presenti, sempre aperte per non favorirne il senso di possesso, sono tutte uguali, disposte linearmente su strade larghe 20 piedi. Ogni casa presenta un giardino sul retro, oggetto di competizione fra quartieri per cui la città viene costantemente soggetta a miglioramenti. Nonostante sia una opera dal fine sociale, Tommaso Moro tentando di presentare l’opera come veritiera, la descrive dettagliatamente nelle tipologie edilizie e nei materiali:

“Ne le loro istorie, da quel tempo che fu preso l’isola, che comprende anni mille settecento e sessanta, le quai conservano molto diligentemente, leggesi che le case erano basse come tugurii, fatte di ogni sorte di legnami che potevano avere, i pareti lutati e la cuoperta de strami levata nel mezzo. Ma ora le case hanno tre palchi, i muri di selice o mattoni con calce incrostati e ripieni de rottami; i tetti, piani e rassodati in guisa che non portano pericolo del fuoco, sono cuoperti di piombo per tollerar le piogge; le finistre di vetro, ch’hanno bellissimo, li defendono dai venti; usano ancora a questo tele sottili unte con oglio lucidissimo o di ambro, e indi hanno più chiara luce e sono dal vento meglio difesi.”43

Grazie all’ accuratezza della descrizione della capitale, Utopia di Tommaso Moro riesce a influenzare l’immaginario urbano degli autori successivi e la progettazione delle città occidentali dal XV secolo in poi. Queste utopie, seppur creino un commento o una preposizione etica e politica, per presentare una visione per una nuova società sottolineandone i difetti di quella esistente, presentano anche delle caratteristiche spaziali e topografiche. Tuttavia, seppur presenti le dimensioni spaziali e ideologiche per ciascun luogo, la maggior parte dei primi esempi utopici, privilegia le strutture sociali, teologiche e culturali, piuttosto che quelle spaziali e formali. In questo modo, l’architettura, il piano urbano, la topografia e la geografia del luogo sono fortemente presenti ma sembrano essere celati.

Il romanzo utopico, infatti, viene ricondotto ad una forma spaziale, intesa come riflesso di una posizione sociale, politica e morale. L’organizzazione delle prime società utopiche, è garantita dal rispetto di regole ristrette, sempre in relazione diretta con altre regole ma di disposizione geometrica.

Non a caso le geometrie usate dagli utopisti sono rigide e regolari. La pianta centrale sembra essere la prediletta, e con essa la figura del cerchio in generale o il carattere della centralità, intesa come simbolo di ordine e di controllo. Se, per citare ad esempio, in Utopia, la capitale vi si trovava al centro con la presenza del senato, nella Città del Sole di Campanella a pianta circolare, al centro vi si trova un tempio, anch’esso circolare, simbolo di rappresentanza del potere.

È attraverso la descrizione letteraria della città che l’utopia mostra la bontà delle proprie teorie. Amauroto, la Città del Sole, Cristianopolis, New Atlantis sono alcune rappresentazioni.

A dimostrazione della stretta relazione con la città, lo storico Raymond Trousson, fa coincidere le origini antiche della storia utopica con l’invenzione del Tracciato Ippodameo – lo schema planimetrico regolare per la pianificazione della città – da parte dell’urbanista e architetto greco Ippodamo da Mileto, nel V sec A.C44.

Utopia, città e architettura, sono concetti che sin dall’antichità, seppur in maniera involontaria, sono destinati a mantenere una stretta relazione di interdipendenza. Tale relazione viene protratta e accresciuta maggiormente con lo spirito di innovazione Rinascimentale e/o Illuministico, quando il desiderio di aspirazione verso nuove vie da seguire, porta alla nascita della “città ideale”.

Oltre all’opera di Utopia di Thomas More, un contributo importante è stato apportato da Leonardo da Vinci, attraverso la stesura e la divulgazione dei suoi Codici, ossia raccolte di annotazioni, appunti e disegni, realizzati nel corso della sua vita.

Alcuni storici affermano dell’esistenza di oltre tredicimila pagine di progetti di design concettuale, tra le quali vi si trovano illustrati la prima bicicletta, l’elicottero, l’auto automatizzata o ancora importanti intuizioni nelle discipline scientifiche quali la fisica, geologia, medicina e molto altro ancora.

43 De le città, e specialmente di Amauroto, in "Utopia", di Thomas More, A cura di Luigi Firpo, Traduzione dal latino di Ortensio Lando, Collezione: Strenna UTET, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1971.

44 Raymond Trousson, Historia de la literature utopica: viajes a países inexistentes. Peninsula Editore, Barcelona, 1995, op. cit. p. 56.

25 o in pezzi, o con schizzi tridimensionali. Ha combinato i testi alle immagini, mostrando una qualità grafica di tipo moderno.

Se le visioni astratte da More, introdussero il tema della filosofia sociale per l’ispirazione della pianificazione architettonica e urbana, i taccuini di Leonardo, introdussero un approccio scientifico e tecnologico al design visionario. Leonardo, contribuì allo sviluppo di nuove idee, indipendentemente dal fatto che esse potessero essere realizzate o meno.

È grazie alle invenzioni utopiche e a quelle tecnologiche, che nei secoli successivi la scienza e la tecnologia divennero una forza trainante nell’architettura d’avanguardia e nella teoria della pianificazione.