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The role of technology in the architectonic imagination 1.3 The necessity of a theory.

STRUCTURE FOR THIS CHAPTER:

1. Architectonic Imagination, between Utopia and Technology: 1 The practices of imagination.

1.2 The role of technology in the architectonic imagination 1.3 The necessity of a theory.

11 1.1 Le pratiche dell’immaginazione: l’immaginario architettonico

L'immaginazione è la radice di ogni pensiero creativo e di ogni manifestazione creativa di un sentimento. Ogni epoca ha bisogno di immaginazione; nessuna forse quanto la nostra, in cui la scienza e l'industria accumulano costantemente una quantità quasi paurosa di nuove possibilità, di nuovi materiali.

L'immaginazione è oggi così rara. Viviamo in un periodo di letargia sociale.

Sigfried Giedion, 1944. 12

L’architettura vive di immagini. Di un coinvolgimento di emozioni, ricordi e sensazioni dalla quale origine, l’idea architettonica viene alla luce.

L’architettura, infatti, non rappresenta soltanto il luogo di tecniche, norme, e funzioni. Piuttosto, è una pratica culturale ed estetica complessa che racchiude in sé lo studio del pensiero e la conoscenza della storia dell’umanità. 13

Architettura non è soltanto un fare tecnica, è fare arte. Dare origine ad un’idea. Vitruvio definisce l’architettura come una attività “nascitur ex fabrica” ma anche “ratiocinatione”, cioè una capacità costruttiva da congiungere ad una capacità teorica, artistica, pensata, necessaria e fondamentale. Secondo Ruskin, l’architettura non deve assolvere alla mera funzione di riparo, ma deve stabilire un legame non solo con la realtà in cui risiede, ma anche con il passato e con il futuro14. Il primo testo, che

definisce con chiarezza il problema estetico dell’architettura, è Les Beaux Arts Reduits a un Meme Principe

12 Sigfried Giedion, The Need for a New Monumentality (1944), ed. It. Una nuova monumentalità in SIEGFRIED

GIEDION, Breviario di architettura, a cura di Carlo Olmo, Torino, Bollati Boringhieri, 2008.

13 La duplicità di significato del termine diviene evidente nell’etimologia stessa della parola, sebbene derivata nelle lingue occidentali dal latino architectus, presenta una origine greca ἀρχιτέκτων (pronuncia architéktōn), di duplice composizione semantica dai termini ἀρχή (árche) e τέκτων (técton).

Il primo dei due termini , ἀρχή – connesso con ἀρχειν (árchein), “principiare”, “comandare” – esprime in greco antico il significato di "impresa", "partenza", "origine", "fondazione" o "guida", divinità, valore e causa prima di tutte le cose. Il secondo termine τέκτων (técton), richiama diversi significati, tra i quali "inventare", "creare", "plasmare", "costruire". 14 John Ruskin, The seven lamps of Architecture, 1849, trad. it. Le sette Lampade dell’Architettura, Jaka Book, Milano 1982, pp.68-69.

di Betteux Charles, del 1746. L’autore definisce l’architettura come una pratica utile ma anche piacevole per il raggiungimento della bellezza.

In una suddivisione in tre categorie, tra le arti che producono piaceri e quelle che producono bisogni, l’architettura si pone in mezzo.

Tra la metà del Settecento e tutto l’Ottocento, diversi autori quali Shelling, Hegel o Nietzsche si interrogano sul destino filosofico dell’architettura fondato sull’opposizione tra i concetti di bellezza e bisogno. L’architettura diviene arte simbolica, e poi ancora arte plastica, infine arte intesa come espressione più alta della volontà di potenza.

Ancora tante sono le definizioni tra gli autori del Novecento. Le Corbusier la definisce come un fenomeno d’arte, che suscita emozione al di fuori dei problemi della costruzione.15 Per Richard Meier, l’architettura

è la madre di tutte le arti.

Tale preambolo, probabilmente comune è sostanziale ad introdurre la complessità di pensare e interpretare l’architettura.

Fare architettura non è un’esperienza semplice. Crearla non vuol dire avere una semplice intuizione. Immaginarla non è indovinare un’idea.

La pratica dell’immaginazione è, infatti, quel processo teorico di elaborazione mentale, ideativo, creativo che vede la sua manifestazione nella rappresentazione in una immagine architettonica e che viene descritto dall’architetto statunitense John Quentin Hejduck come “un momento specifico e fondativo, un’attività associata alla riflessione della realtà, in grado di generare nuove realtà. […] “Ogni esperienza compositiva o progettuale ha inizio con una fase immaginativa, in cui il pensiero attarda ad applicarsi sui dati oggettivi di un determinato problema, per percorrere un territorio eterogeno di materiali accumulati dalla memoria, analogie, associazioni, corrispondenze e procedendo così in un’area in cui la forma non è ancora individuata.”16 L’immaginazione si nutre di esperienze, di percezioni, di memorie, e produce perciò delle

creazioni nuove, rispetto a ciò che prima non esisteva.

Siegfried Geidion, che colloca l’immaginazione come elemento sostanziale di ogni processo creativo, descrive quest’ultimo come un lungo cammino, fatto di parole, sensazioni, emozioni, come la capacità più elevata dell’uomo, una capacità creatrice, generatrice, demiurgica. Antonio Valenti, nel suo saggio Immaginazione come facoltà del possibile, cita Baudelaire, che a tal proposito, nel Salon del 1859 trattava l’immaginazione come una facoltà misteriosa, la regina di tutte le facoltà. “Una funzione elevata e, nella misura in cui l'uomo è fatto somiglianza di Dio, genera un lontano rapporto con quel sublime potere con cui il creatore progetta, crea e mantiene il suo universo”17.

Le immagini architettoniche, date alla luce da un atto creativo, descrivono architetture non ancora realizzate o talvolta irrealizzabili. L’architettura che vive di immagini, si nutre ancor più della rappresentazioni di esperimenti destinati a rimanere su carta, definite da Louis Sullivan, come la rappresentazione di progetti che non vedranno mai un risultato concreto se non quello di espandere i confini mentali della realtà conosciuta e di sconvolgere la tradizione al fine del raggiungimento di una visione futura18. L’architettura, infatti, vive altresì di immagini utopiche.

15 Le Corbusier, Vers une Architecture – Verso una Architettura, Longanesi &C. editore, Milano, IV edizione 1992, p. 9.

16 John Hejduk,The problems of conception, image, representation and realization are haunting obsessions to my

mind's eye, pubblicato nel testo The Flatness of Depth, in Mask of Medusa, New York ,1985.

17 Antonio Valenti, Nel segno del possibile: arte e immaginazione in Baudelaire, saggio pubblicato nella rivista Studi

di Estetica anno XLV, IV serie N° 8 (2/2017), a cura di Luciano Anceschi, Mimesis Editore, Milano, 2017.

13 dissimili da quelli generati da opere realmente realizzate. Sono queste le manifestazioni della lotta tra il presente che resiste al cambiamento e il futuro che - attraverso le immagini dell'utopia - tenta di forzare l'esistente e consolida le basi dell'ipotesi trasformativa”.19

La creatività, la visione, l’immaginazione, costituiscono il cammino verso l’utopia. Richard Howells sostiene che la creatività in sé è utopia, poiché rappresenta un’impresa intrinseca nella natura umana e necessaria alla stessa. Rappresenta un bisogno azionato dall’uomo al fine di creare un mondo migliore20.

L’utopia altro non è che la rappresentazione dell’elevata essenza creativa dell’architettura congelata nell’evocazione della sua immagine.

L’immaginazione utopica è una pratica di invenzione architettonica, che porta all’originalità e alla rottura del sistema reale della tradizione, apportando l’invenzione di qualcosa di nuovo. Attraverso l’immaginazione utopica, l’architettura muta rinnovandosi, si inventa e si reinventa nell’ innovazione. Il metodo di indagine primario è l’immaginazione, che attraverso una prospettiva visionaria, segue le speranze e i sogni umani.

Le immagini utopiche accrescono la comprensione dell’esperienza, la reinterpretano e la reinventano offrendo nuove possibilità. L’immagine utopica consente di immaginare mondi progettuali alternativi, che possono essere anche costruibili o abitabili, ma la cui mera funzione è quella della desiderabilità. Per Ernest Bloch, l’utopia e la speranza, infatti, danno all’uomo la possibilità di anticipare il futuro, un futuro nuovo, dove l’uomo stesso realizza la sua intima essenza21.

Tale ragionamento, viene inoltre sottolineato da Paul Ricouer, che affida alla finzione architettonica, attraverso il processo immaginativo, il dovere di plasmare la realtà. 22 Lo scrittore Walter Siti, a proposito

del potere dell’immagine, scrive che “se si accettava che la realtà fosse sostituita dall'immagine della realtà, il paradiso in terra tornava ad essere possibile”.23

Concludendo, quanto descritto in questo paragrafo, ci aiuta a comprendere la definizione di utopia intesa come motore del futuro, enunciata nel capitolo precedente. Se l’architettura viene concepita nella sua immagine, le rappresentazioni architettoniche più radicali e visionarie ne sono anche il suo fine. Le immagini utopiche, difatti, non appaiono unicamente quali rappresentazioni ideali in grado di reinventare la realtà in cui operano, ma riescono a generarne di nuove. Se l’architettura nasce con l’immaginazione, l’utopia ne diviene il motore dell’immaginazione stessa. È attraverso l’invenzione utopica che l’immagine è in grado di generare l’evento stesso. L’immaginario utopico distrugge la natura prescritta nel tempo presente e rende palpabile il desiderio di ciò che è ancora assente. Ciò che potrebbe essere ma attualmente è inafferrabile. Per Karl Mannheim l’utopia è la descrizione delle idee che tendono a rompere in parte o in tutto, l’ordine delle cose prevalenti dell’epoca24.

Possiamo affermare che l’utopia possiede il duplice potere di rappresentare una realtà diversa da ciò che è e di proporre e perfezionare ciò che non è ancora: “quando si entra nell'utopia, si abbandona all'esperienza empirica, al mondo è si entra nel regno della possibilità, del può e deve essere”25.

19 Enrico Cicalo’, Dreaming Utopia, Images for a better world, Third New Urban Languages Int. Conference, Pubblicato in Marco Lucchini, Oltre Babele, architetture per linguaggi vivi, Mimesis Edizioni, Milano, 2012, p. 113. 20 Richard Howeells, A Critical Theory of Creativity. Utopia, Aesthetics, Atheism and Design, Springer Editor, Berlin, 2015.

21 Ernst Bloch, Il principio speranza 1954, traduzione italiana a cura di Remo Bodei, Garzanti, Milano 2005, seconda ed.

22 Paul Ricoeur, “Function of Fiction.” See also Paul Ricoeur, “Architecture and Narrative,” in Identity and Difference, ed. Pietro Derossi (Milan: Electra, 1996), pp.64-72.

23 Walter Siti, Troppi Paradisi, Einaudi, 2006.

24 Karl Mannheim, Ideologia e Utopia, 1929, Traduzione italiana Il mulino editori, edizione del 1999, p. 47.

25 Rudolf Moos, Robert Brownstein, Utopias and Utopian Thought, pubblicato in Environment and Utopia, Plenum

L’utopia è quella invenzione che racchiude in sé la vocazione dell’architettura stessa: la creazione e il rifacimento costante del mondo. L’utopia è quello strumento in grado di suggerire le critiche dell’architettura, sottolineandone i limiti e spalancare le porte al cambiamento.