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STRUTTURA DEL CAPITOLO: 4.1 Dall’immagine alla forma Dalla forma alla performance.

PARTE II: ENUNCIAZIONE DELL’IPOTESI.

STRUTTURA DEL CAPITOLO: 4.1 Dall’immagine alla forma Dalla forma alla performance.

4.2 Le varie dimensioni del concetto di performance in architettura. 4.3 Performing the contemporary: Tecnologie avanzate per l’architettura. 4.4 Definizione dell’ipotesi. La tecno-utopia per la performance dell’architettura.

4: The Utopian Image from Form to PerFORMance of architecture.

Abstract:

In thinking of utopia, we generally refer to an image depicting a place, more specifically a non-place, that is to say, a place of the mind and fantasy that resembles in the eventuality to new and tangible spaces of an alternative reality.

Many times then, the utopian image served to suggest perfect worlds, other times to presume disastrous and apocalyptic situations. However, if the faith and the incensing hopes of achieving a perfect spatial, political and social organization are set aside in utopia, then its function in architecture takes on a new role. Hypothesis enunciated: behind the progress of technology and science, utopia becomes a method of renewal of formal solutions, in terms of specific architectural objectives.

A demonstration of this methodological peculiarity of the utopia is conducted through a dual qualitative analysis.

In the fourth chapter, the first analysis is presented, of an explanatory nature of the characteristics concerning the form and the performance of the architectural image.

The second, presented in the next chapter, consists, however, in the study of the historically new forms of space, architecture and the city, experimented under the guidance and suggestion of scientific and technological innovation.

STRUCTURE OF THE CHAPTER:

4.1 From Image to Form. From Form to Performance. 4.2 Different concepts of performance in architecture.

4.3 Performing the contemporary: Advanced Technologies for architecture. 4.4 Hypothesis definition. Techno-utopia for the performance of architecture.

87 I think we need invention in this world. The geometrist who creates the same bathroom for years on end is creating a bad bathroom. In the contemporary world, tradition (that is, those aspects from the past that can be taken over into the present) has disappeared.

Io penso che abbiamo bisogno di invenzioni in questo mondo. I geometri che creano lo stesso bagno per anni alla fine avranno creato un bagno sbagliato. Nel mondo contemporaneo, la tradizione (rappresentante quell’aspetto del passato che può essere ritrovato nel presente) è scomparsa.

Josep Lluis Mateo

Le comuni definizioni sulla nozione di forma140 riferita all’architettura, si riferiscono alla morfologia di un

edificio e alla sua configurazione fisica e materica.

Sin dalla sua arcaicità, la forma nell’architettura è stata associata tradizionalmente allo stile e alla decorazione. Ma dalla condanna dell’ornamento avvenuta nel Novecento141, la forma ha lasciato spazio

alla geometria di solidi puri, coincidendo con la composizione del solido, degli spazi pieni e vuoti, del ritmo, della ripetizione o ancora di tutte quelle proprietà in grado di dare all’opera una certa qualità visiva. Come già stabilito nella prima parte della ricerca, l’architettura possiede una essenza eterica. In questo caso, la forma va oltre la sua materializzazione dell’opera architettonica. Riconducibile, piuttosto, all’aspetto visibile dell’essenza delle cose o delle idee – a prescindere dalla presenza o meno di una fisicità materica o del risultato volumetrico – la forma diviene la condizione attraverso la quale la realtà è interpretata, per manifestarsi da archetipo di pensiero, in immagine architettonica.

Nella prima parte della ricerca è stato illustrato, ancora, come nell’immaginario utopico la forma sia servita da icona per l’architettura. Sin dalle prime opere illuministiche di Giovanni Battista Piranesi e/o Etienne Boullée la forma dell’architettura rappresentata si confondeva con il simbolo idealizzato, divenendo così metafora comunicativa di un’architettura definita a tal ragione come parlante. Possiamo affermare, dunque, che la forma rappresenta anche la vocazione narrativa dell’architettura stessa.

140 Sulla definizione di forma, complesso è lo scenario degli enunciati. Sinteticamente per una migliore comprensione del punto di vista personale viene riportata una breve evoluzione storica del concetto.

Dal latino fōrma, a sua volta derivato dal greco morphé. L’aspetto esteriore con cui si configura ogni oggetto corporeo. Nella sua storia filosofica ed estetica, la forma viene enunciata da Platone, nel Timeo, come qualità appartenente all’apparenza. Per Aristotele, al contrario, la forma è atto laddove la materia informe è potenza.

Un’evoluzione interessante che prende in esame entrambi i punti di vista è quella brandiana. Cesare Brandi, storico moderno che ambiva a formulare una teoria generale della critica, prendendo le distanze dalle correnti teoriche moderne, affermò nella sua teoria dell’ornamento, che la forma coincide nell’architettura con la sostanza conoscitiva dell’immagine. In particolare per Brandi, la figuratività della forma in architettura si fonda con la tettonica.

La forma, è per Vittorio Gregotti, nel libro Il territorio dell’architettura (1966) quel luogo in cui la molteplicità dei materiali astratti e concreti che identificano un edificio si unifica in un’espressione unitaria e riconoscibile.

Poiché sono molteplici le definizioni e significati attribuiti al concetto di forma, ci riferiremo, in questa seconda parte della ricerca, alla forma intesa come arte comunicativa dell’architettura, criterio di descrizione della qualità estetica dell’immagine architettonica, a prescindere dell’avvenuta realizzazione o meno in edificio fisico e funzionale. Quel tipo di forma né intesa secondo giudizio kantiano “finalizzata senza una funzione”142, ossia come mero ornamento eccesso aggiunto all’organismo funzionale, né

tantomeno intesa come pura configurazione dell’aspetto esteriore dell’architettura.

In particolare, lo studio della forma coincide in questa ricerca, con le spettacolarizzazioni dell’immagine dell’utopia architettonica e tecnologica e per i casi studi presi in esame, tenta di indagare i temi dell’astrazione, del plasticismo, della libertà dell’invenzione spaziale. Ancora in questo caso la tecnologia gioca un ruolo di fondamento. È anche grazie agli sviluppi di nuove tecnologie, se la forma nell’architettura ha potuto evolversi e svilupparsi143, dapprima nell’ideazione di una immagine utopica, successivamente

nella sperimentazione di un’architettura in cui la forma è manifestazione stessa della sua funzione. Nell’architettura sperimentale, frutto della manifestazione visionaria dell’immagine utopica, la forma converge con l’invenzione. Da qui, il passaggio inteso come sfida potenziale per l’innovazione, sia estetica che culturale, dell’architettura: dalla sua immagine alla sua conformazione formale, e ancora dalla forma alla performance dell’architettura stessa.

A segnare tale passaggio, fu l’avvento e successivamente l’assimilazione delle tecnologie digitali nella quotidianità. Nonostante il periodo in cui sorsero coincidesse con quello della morte dell’utopia, alla pratica architettonica permase la necessità di assorbirne le innovazioni per il compimento di una grande trasformazione linguistica e formale.

Gli architetti e storici Eran Neuman (1968) e Yasha Jacob Grobman (1967) affermarono, nel loro saggio intitolato Performalism: a manifesto for architectural performance, come il periodo successivo al 1970 fu segnato da un piccolo numero di architetti in grado di sviluppare il potenziale dovuto all’integrazione tra l’utilizzo delle tecnologie digitali e la composizione per l’architettura. Le forme realizzate divennero sempre più complesse e i risultati ottenuti il più delle volte rimasero immagini irrealizzate. Una tendenza tipica di una cultura identificabile come dell’immagine, mediatica e/o digitale. L’architettura che aveva perso la sua componente “immaginificatoria” venne tramutata essa stessa in immagine, intesa però come unico aspetto estetico rilevante.

Se l’immagine utopica poteva rappresentarne l’inizio di un processo di sperimentazione formale, in questo caso l’architettura sperimentata ne rappresentava il risultato di un’immagine finita. Se la forma è sintesi, è anche sintesi dei processi che l’hanno costruita. Il rischio, sottolineato dai due autori, è la possibile trascuranza degli altri aspetti caratterizzanti l’architettura a favore di una tendenza dell’immagine non di tipo onirico e poetico quanto piuttosto di tipo superficiale e mediatico. “Un’esempio di tale tendenza è visibile nei lavori di Frank Gehry, che basati sui processi digitali, rigettano gli aspetti del modernismo, definendo un nuovo livello di libertà nella relazione tra la forma e la sua apparenza formale, mostrata attraverso la realizzazione di forme complesse e bizzarre”144. Per comprenderne a pieno il rischio della

perdita del passaggio tra l’immagine utopica e la sua manifestazione nell’architettura sperimentale, occorre comprendere i significati delle definizioni enunciate in questa seconda parte della ricerca.

142 Vedi il pensiero filosofico di Immanuel Kant, Critica del Giudizio, a Cura di Massimo Marassi, Giunti Editore, Seconda edizione riveduta, Firenze e Milano, 2014, Prima edizione digitale Giunti Editore S.p.A. 2017.

143 Basti pensare alla transizione da un tipo di forma massiccia, tipica delle costruzioni della tradizione in pietra e mattoni, alle forme più snelle, con le tecnologie ogivali o, ancora, le architetture dagli spazi liberi e fluidi rese possibili dai nuovi materiali cementizi e dalle leghe metalliche, prodotti tipici dell’industrialismo.

144 Eran Neuman, Yasha Jacob Grobman, Performalism: a manifesto for architectural performance. In Performalism:

Form and Performance in Digital Architecture, Routledge, New York, 2012. P.5.

Saggio pubblicato nel Gennaio 2008, disponibile online: https://www.researchgate.net/publication/287644422

Testo originale: Frank Gehry's initial occupation with built digitai projects, as executed in the “Fish” and the Guggenheim Museum in Bilbao, rejected aspects of modemism, such as “form follows function” and defined a new level of freedom in the relationship between form and its formal appearance, showing the possibility of realizing this odd form.

89 IDEA DI UTOPIA