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Archivi e fonti

- L’Archivio di Stato di Modena

La maggior parte della ricerca si è svolta presso l’Archivio di Stato di Modena, concentrandosi in particolare sui documenti del fondo Inquisizione. Prima di descrivere la consistenza di tale fondo, è bene dare qualche notizia intorno alle vicende che hanno accompagnato la sua conservazione e l’attuale collocazione. Si deve risalire alla temperie giurisdizionalista che nel sec. XVIII portò ad un progressivo ed inarrestabile ridimensionamento, quando non direttamente alla soppressione di enti ed istituzioni ecclesiastiche. Ora, nel caso del tribunale dell’Inquisizione di Modena, la sua soppressione fu decretata ufficialmente nel 1785, con un chirografo del duca Ercole III157. Questi, una volta morto l’inquisitore Giuseppe Maria Orlandi, “restituì” le prerogative ai vescovi che ne erano i titolari di diritto158. Ribadire questo aspetto è di fondamentale importanza, se si tiene a mente quanto si è visto sopra a proposito dell’autorità ordinaria dei vescovi. Le parole del duca mostrano chiaramente la consapevolezza delle competenze degli ordinari:

[...] siccome quelli a’ quali indubitatamente per loro Instituto compete il vero diritto

d’Inquisizione nelle cose, che si oppongono alla Santità della Dottrina della Chiesa Cattolica, e di provvedere opportunamente, affinchè gli Eretici, o sospetti di Eresia, e

qualunque altro Novatore non contaminino le Chiese alla loro Pastorale Custodia affidate con massime perniciose contrarie ai Santi Dogmi della Religione, o scandalose, e tendenti alla prevaricazione dei costumi, e alla rovina spirituale dei Popoli [...] In conseguenza di questa Nostra Determinazione vogliamo che ai Vescovi, ed Ordinarii, competano quelle facoltà, e prerogative, che per prima con Sovrana Nostra Tolleranza si esercitavano

157

Il decreto di abolizione del tribunale dell’Inquisizione modenese (6 settembre 1785) è pubblicato in copia anastatica in G. Trenti, I processi, cit., p. 43.

158 Cfr. A. Biondi, Lunga durata e microarticolazione, cit., p. 73: «Il 7 settembre 1785 un foglio locale

di Modena, «Il Messaggiere», pubblicava il Sovrano Editto del giorno precedente con cui il duca Ercole III dichiarava estinto il Tribunale dell’Inquisizione: «di Nostro Moto proprio e di piena e determinata Nostra Volontà col presente nostro Chirografo ordiniamo e comandiamo che in tutti i nostri Dominii cessi immediatamente e rimanga totalmente abolito, come per abolito adesso, e per sempre, vogliamo e dichiariamo, quel particolar Tribunale, che denominasi Uffizio della Santa Inquisizione...».

dagl’Inquisitori in punto di Libri, e di Stampe, con che però in queste materie s’attengano essi onninamente alle veglianti Leggi, e Provvidenze in tale proposito emanate159.

Si tratta di un punto importante, poiché il motivo della competenza degli ordinari sui delitti di eresia ricorre anche in altri casi di abolizione, come ad esempio in quello dell’Inquisizione lombarda160

.

Insomma, quella che era stata l’istituzione deputata ad un controllo pressoché totale della vita degli abitanti dei territori estensi per secoli (in particolare nei secc. XVI- XVIII) veniva smantellata apparentemente senza colpo ferire, come se si trattasse di un naturale e indolore ritorno all’antico, ma in tempi moderni e radicalmente mutati. Per quanto riguarda la storia dell’archivio dell’Inquisizione l’atto più significativo è costituito dalla volontà ducale di incamerare, «con il dichiarato scopo di sistemarlo e di custodirlo provvisoriamente (in effetti definitivamente), il fondo archivistico, affidato alle cure dell’archivista ducale Nicolò Pellegrino Loschi»161

. Nel 1862 esso confluì, insieme a tutto l’Archivio estense, nella sede dell’Archivio di Stato, dove tuttora si trova162. L’incameramento ducale rappresentò dunque la salvezza di questo fondo, il quale probabilmente, seguendo altre direzioni, sarebbe stato destinato ad una sorte ben diversa, condivisa con la stragrande maggioranza degli archivi inquisitoriali italiani163.

159 G. Trenti, I processi, cit., p. 43. I corsivi sono miei. Alla luce di queste parole, non sembra

giustificato quanto scritto da Agostino Borromeo a proposito della soppressione dei tribunali estensi da parte del duca Ercole III, cioè che questi «non si sentì in obbligo di fornire alcuna spiegazione per la decisione presa, limitandosi a citare l’esempio degli altri stati della Penisola, quasi che la soppressione del Sant’Uffizio fosse un atto al quale nessun moderno principe poteva più sottrarsi». Cfr. A. Borromeo, Abolizione dei tribunali, Italia, in DSI, vol. I, p. 7.

160

Ibidem. Qui il cancelliere von Kaunitz aveva usato termini duri nei confronti dell’istituzione, sostenendo, tra l’altro, che essa aveva usurpato l’autorità dei vescovi.

161 Trenti, I processi, cit. p. 13. 162

Ivi, p. 14.

163

Cfr. la voce “Archivio di Stato di Modena”, a cura di F. Valenti e con la collaborazione di A. Spaggiari, A. Lodi, G. Trenti, C. Corradini e L. Bastelli, in Guida Generale degli Archivi di Stato

Italiani, Roma, 1983, pp. 1065-1066: «Il tribunale, di cui non è nota la data di istituzione, ma che fu

comunque sempre gestito dai domenicani, venne formalmente soppresso nel 1785. Particolari motivi, dovuti al clima ideologico e alle circostanze concrete in cui avvenne la soppressione del Sant’Uffizio di Modena, hanno fatto sì che, a differenza di quanto si è verificato praticamente dovunque, il suo archivio, rimasto in mano dell’autorità civile, sia stato incamerato nell’archivio segreto ducale ed ivi si sia conservato nella sua integrità [...]».

Il fondo Inquisizione, che con buona approssimazione si può considerare integro164, contiene complessivamente 303 buste, relative agli anni 1275-1789, oltre ad alcune pergamene, secondo l’inventario del 1980, che considera la più recente catalogazione e riorganizzazione del materiale165. Dalla Guida e dagli inventari di sala si può vedere il dettaglio della documentazione: la stragrande maggioranza è costituita dai

Processi degli anni 1489-1784 (242 buste), cui si devono aggiungere le Causae hebreorum, raccolte separatamente, degli anni 1599-1670 (7 buste); altri documenti

vanno dal Carteggio con la Congregazione del Sant’Uffizio di Roma, 1568-1784 (9 buste), ai Carteggi diversi, relativi all’arco temporale 1329-1766 (6 buste), alla serie

Editti e decreti di diverse autorità, degli anni 1550-1780 (4 buste), ai Libri di spese

(4 buste), Atti diversi degli anni 1275-1789, ovvero patentati, lettere ed atti inquisitoriali, fascicoli di varie cause riunite, privilegi ed altri documenti in pergamena ed altro (7 buste), fino alle Miscellanee relative al periodo 1326-1786 (7 buste) e ad un’Appendice senza data (3 buste). A questi documenti del tribunale modenese ne vanno inoltre aggiunti alcuni del tribunale di Reggio Emilia, ad esso accorpato nel 1780, tra cui un Carteggio del tribunale dell’Inquisizione di Reggio

Emilia con la Congregazione del Sant’Uffizio e con altri destinatari, del periodo

1646-1785 (14 buste)166. Il tutto costituisce, come giustamente hanno sottolineato gli stessi curatori della voce citata, un «[...] documento di prim’ordine per la storia dell’eresia, della cultura, del folclore e del costume»167

, ma sicuramente anche per la storia locale, giurisdizionale e politica.

Nella presente ricerca ci si è avvalsi in maniera importante delle lettere da e per la Sacra Congregazione, che costituiscono insieme il punto di partenza della ricostruzione delle vicende dell’Inquisizione modenese, e il filo conduttore del discorso, o meglio, dei diversi discorsi in cui si struttura la trattazione. Va considerato sin d’ora che il fondo Inquisizione dell’ASMo conserva anche la serie delle lettere degli inquisitori di Modena (poi di Modena e Reggio) ai cardinali della Sacra Congregazione: ciò è piuttosto raro, dal momento che per le altre sedi

164 Cinque altri archivi possono essere considerati «sostanzialmente integri» e sono quelli di Malta,

Napoli, Siena, Udine e Venezia, cfr. A. Del Col, Archivi e serie documentarie: Italia, in DSI, vol. I, p. 85.

165 “Archivio di Stato di Modena”, cit. pp. 993-1088. 166 Ibidem.

inquisitoriali studiate sono disponibili, nel migliore dei casi, solamente le lettere provenienti da Roma agli inquisitori locali, come dimostra per esempio l’ edizione delle lettere di Siena168 e anche il recente repertorio delle lettere della Sacra Congregazione all’Inquisizione di Padova169

, mentre lettere degli inquisitori locali al Sant’Uffizio sono state recentemente rinvenute nell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e sono state aggiunte da Pierroberto Scaramella al suo volume sulle lettere dell’Inquisizione napoletana170

. Sono state visionate e analizzate altresì serie documentarie come quelle di Editti e decreti, Carteggi diversi, Libri di

spese pubbliche, Particolari, Cancelleria ducale, Lettere di vescovi, Processi,

nonché molto materiale miscellaneo, tutta documentazione selezionata relativamente all’arco temporale in esame, con alcune propaggini in periodi immediatamente precedenti o successivi, laddove si è resa necessaria un’estensione ai fini di una più chiara comprensione del discorso o per completezza d’informazione.

- L’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede

Una ricerca sul funzionamento della macchina inquisitoriale non può prescindere dai documenti conservati presso l’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede in Vaticano. Sebbene la serie dei processi, ma anche molta altra documentazione, non siano pervenute sino ai nostri giorni, resta il fatto che alcuni documenti sono fondamentali per qualsiasi ricerca che voglia colmare delle lacune su un tema tanto complesso. Basti pensare, solo per fare un esempio, all’importanza della serie Decreta Sancti Officii, che - più raramente nel caso dei processi celebrati dall’Inquisizione di Modena, ma in maniera esclusiva nella maggior parte dei

168

O. Di Simplicio, Le lettere della Congregazione del Sant’Ufficio all’inquisitore di Siena, 1581-

1721, Trieste, EUT, 2012.

169 G. Angeli, Lettere del Sant’Ufficio di Roma all’Inquisizione di Padova (1567-1660), con nuovi

documenti sula carcerazione padovana di Tommaso Campanella in appendice (1594), a cura di

Antonino Poppi, Padova, Centro studi antoniani, 2013. Il titolo del lavoro può essere fuorviante se paragonato alle due edizioni di lettere per Siena e Napoli: in questo caso infatti non si tratta né di un’edizione delle lettere, né di una loro raccolta sistematica, dal momento che si tratta della trascrizione del contenuto di un manoscritto, il 737 della Biblioteca Antoniana di Padova, dal titolo “Documenti particolari estratti dai registri di Lettere della Sacra Congregatione del S. Offitio, dell’Indice, et di altri, esistenti nell’Archivio del S. Offitio di Padova nel 1660”. Nell’Introduzione del resto il curatore spiega che l’oggetto in questione «non era uno scritto destinato alla pubblicazione, bensì un semplice strumento personale per il reperimento di decreti e di altri documenti delle Congregazioni che servivano nella pratica giornaliera dell’inquisitore, con la rapidità di dettato, l’economia di tempo e di spazio che ciò comportava.», cit. p. XVII.

170 P. Scaramella, Le lettere della Congregazione del Sant’Ufficio ai Tribunali di Fede di Napoli:

tribunali locali di cui non si sono conservati i documenti - rappresentano l’unica traccia dei processi celebrati e del loro esito.

Anche in questo caso sarà utile dare qualche informazione sulla storia dell’istituto di conservazione171. I documenti attualmente presenti nell’archivio vi sono pervenuti dopo una serie di vicende che ne hanno minato in maniera molto significativa l’integrità. Un primo “trauma” per la storia dell’archivio occorse nell’agosto del 1559 - allora era tenuto presso la sede di Ripetta - quando i romani presero d’assalto il Sant’Uffizio, liberando i prigionieri e saccheggiando l’archivio in seguito alla morte di papa Paolo IV Carafa, bruciando una parte consistente della documentazione. Nel 1566 Pio V fece trasferire i documenti presso il Palazzo del Sant’Uffizio e da quel momento iniziarono ad essere progressivamente organizzati in serie. Si ha notizia di un inventario messo a punto tra il 1701 e il 1710, poi aggiornato nel 1745. Le serie - costituite in base alle materie criminali, civili, economiche, dottrinali, giurisdizionali - divenivano sempre più cospicue e resero necessari interventi di riordino.

Se la prima occupazione francese non sembrò avere avuto conseguenze di rilievo per l’archivio, quella iniziata nel 1808 fece registrare importanti perdite dal momento che, nel tentativo di perseguire il progetto della creazione di un archivio imperiale centrale e di un centro internazionale di cultura a Parigi172, gli archivi vaticani vennero trasportati in blocco nella capitale francese, subendo degli incidenti durante la traversata. Alla caduta dell’impero poi, quando si trattò di recuperare l’imponente documentazione, si dovette affrontare il problema di cosa far rientrare in Vaticano: mons. Marini, incaricato del rientro degli archivi vaticani, operò delle scelte su indicazione dei funzionari del Sant’Uffizio che si rivelarono disastrose, se si considera la perdita delle serie criminali che ne derivò. Alcuni documenti, comunque, confluirono in istituti e biblioteche europee ed una parte considerevole

171 Per il breve quadro descrittivo che segue, ci si avvale per lo più della sintesi di A. Del Col, Archivi

e serie documentarie: Vaticano, in DSI, vol. I, pp. 89-91 e delle informazioni tratte da un saggio di

John Tedeschi: J. Tedeschi, Gli archivi dispersi dell’Inquisizione romana, in Il giudice e l’eretico, cit., pp. 35-46, anche se va precisato che, al momento della stesura del suo scritto, l’ACDF non era ancora stato aperto alla consultazione degli studiosi (salvo rare eccezioni).

finì in possesso del duca di Manchester e da qui al Trinity College di Dublino, che la acquistò nel 1854173.

Altre perdite si registrarono durante il periodo della Repubblica romana, quando vennero bruciati circa quaranta volumi di Diversorum tornati da Parigi. Da quel momento l’archivio venne spostato presso la chiesa dell’Apollinare, salvo poi essere trasferito nel Palazzo Apostolico durante l’occupazione francese del 1851, dove rimase fino al 1868. Da quell’anno la documentazione - inizialmente solo quella corrente - cominciò ad essere riportata presso il Palazzo del Sant’Uffizio e l’operazione venne ultimata nel 1901, quando il materiale rimasto venne collocato nella attuale Stanza Storica (già Stanza Quarta). In quel lasso di tempo l’archivio subì ulteriori mutilazioni, dettate dalla necessità di evitare che determinati documenti finissero in mani “ostili”: significativamente, le date delle eliminazioni stabilite dai funzionari dell’Inquisizione furono quelle del 1860, 1870 e 1881. Attualmente l’archivio è conservato presso il Palazzo del Sant’Uffizio174

.

All’interno di questo archivio sono conservati anche altri due fondi oltre a quello del Sant’Uffizio: quello dell’Indice - comprendente 328 volumi - già tenuto presso i locali del convento di Santa Maria sopra Minerva e, a differenza di quello dell’Inquisizione, tornato sostanzialmente integro da Parigi, quando lo si collocò momentaneamente presso il palazzo della Cancelleria, per pervenire nell’attuale collocazione al momento della soppressione della Congregazione dell’Indice (1917); quello dell’Inquisizione di Siena, confluito nel 1911175

e costituito da circa 223 volumi. Per completezza d’informazione, va infine segnalata la presenza di documenti inquisitoriali anche presso due altri archivi vaticani: l’Archivio Segreto Vaticano e la Biblioteca Apostolica Vaticana.

Nella presente ricerca ci si è avvalsi notevolmente, anche se non esclusivamente, dei

Decreta Sancti Officii, sia per arricchire le informazioni relative ad alcuni imputati - i

173

Attualmente a Dublino si trovano 19 volumi di sentenze dell’Inquisizione romana e di quelle periferiche (per il periodo 1564-1659, sebbene con notevoli lacune per il sec. XVI) e altri 35 volumi contenenti serie di relazioni su diverse controversie (relative agli anni 1625-1789), cfr. Tedeschi, Gli

archivi dispersi dell’Inquisizione romana, cit., pp. 37-38.

174 Nel 2006 le serie archivistiche sono state sistemate nei locali del seminterrato. Cfr. A. Del Col,

Archivi e serie documentarie: Vaticano, cit., p. 91.

175 Ibidem. Al momento della soppressione del tribunale locale, l’archivio dell’Inquisizione di Siena

venne portato integralmente presso l’Archivio Arcivescovile cittadino (1782), da cui fu poi trasferito in Vaticano per volere della Congregazione del Sant’Uffizio, interpellata dall’arcivescovo di Siena.

cui atti processuali modenesi sono stati selezionati e letti integralmente - sia per chiarire questioni di tipo amministrativo e giurisdizionale (come si vedrà nel caso dei conflitti giurisdizionali del primissimo periodo di attività del tribunale, sorti intorno ai territori di Carpi, Nonantola e della Garfagnana). Sono stati reperiti inoltre importanti documenti utili a ricostruire il quadro dei rapporti con l’autorità ducale, soprattutto nella questione dell’edificazione di nuove sinagoghe nei territori sottoposti alla giurisdizione dell’Inquisizione di Modena: in questo caso si ha la fortuna di disporre di un’ apposita filza dedicata proprio alle sinagoghe, di cui si darà conto a tempo debito.

- L’Archivio Storico Diocesano di Modena-Nonantola

Questo istituto conserva documentazione soprattutto a partire dal secondo ‘500, quando la formazione degli archivi diocesani trovò nuovo impulso in seguito alle disposizioni del Concilio tridentino. Esso conserva le serie storiche relative alle visite pastorali, al foro vescovile, alle ordinazioni di sacerdoti e ai benefici, alle licenze e dispense matrimoniali, ma anche documenti di confraternite, opere pie, parrocchie soppresse e “transunti” (estratti di atti di nascita, cresima, matrimonio, morte, trasmessi dalle parrocchie dal 1802 circa). Vi sono inoltre gli archivi dei vari vescovi e delle loro cancellerie (dal tardo XVIII secolo), oltre a quelli della Mensa vescovile. Dal 2012 è inoltre depositato presso l’Archivio Storico anche l’Archivio della Cattedrale, che consta di un fondo di oltre 3000 pergamene (dall’anno 872) e codici manoscritti e miniati (dal VII-VIII secolo), oltre alla Fabbrica della Cattedrale, alla Cappella musicale e ad altri fondi aggregati176.

All’interno di questo archivio non è stato reperito materiale inquisitoriale. L’intenzione iniziale e principale era quella di verificare la disponibilità di tale documentazione, sulla scorta di quanto era avvenuto per altre sedi inquisitoriali (ad esempio per l’Inquisizione di Siena), le cui fonti sono confluite presso gli archivi diocesani, ossia presso il giudice ordinario (il vescovo). Accertato questo dato, si è voluto approfittare comunque dell’opportunità offerta dall’ente di conservazione per

176 In mancanza di pubblicazioni dedicate all’istituto, ci si è avvalsi per questa breve descrizione delle

notizie presenti sul sito internet dell’ASDMN (https://www.archiviodiocesano.mo.it/patrimonio- inventari).

reperire materiale utile alla ricostruzione del rapporto tra le due figure di giudici della fede: vescovo e inquisitore. Si tratta dei fascicoli processuali del Foro vescovile per il periodo di riferimento (1598-1626), di due Sinodi, e di materiale miscellaneo, oltre che di alcune lettere scritte dai cardinali romani al vescovo di Modena. Ciò che si è potuto accertare dallo studio di questi documenti è la sostanziale assenza di frizioni tra vescovi di Modena e inquisitori in questa fase e l’attenzione riservata dai prelati prevalentemente agli aspetti pastorali e alle cause civili177.

Capitolo II

2.1 La corrispondenza tra Roma e i tribunali locali

Il capitolo che segue è strutturato seguendo come filo conduttore il corpus delle lettere da e per la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio. Esso, pertanto, costituisce il quadro entro cui andranno collocate le analisi successive, tanto quella dell’attività complessiva del tribunale nel periodo considerato, quanto quella dei casi di studio selezionati nell’ultima sezione del lavoro.

Questo tipo di fonte è stato oggetto di diverse ricerche sull’Inquisizione, ma in questo caso non si tratta né di un’edizione delle lettere, né di utilizzarle in maniera sporadica all’interno di un discorso generale sull’attività del tribunale. Qui verranno presentati i vari giudici della fede del tribunale dell’Inquisizione di Modena attraverso la loro corrispondenza con l’ufficio centrale, in modo da entrare nei meccanismi dell’istituzione e comprendere le dinamiche e gli strumenti del controllo esercitato su un tribunale locale.

Così, una ricerca di storia istituzionale diventerà inevitabilmente anche altro, non rimanendo vincolata ad elenchi di dati, ma andando ad approfondire questioni e temi forti che emergono da questo tipo di documento. Un lavoro siffatto è reso possibile unicamente dal fatto che presso l’Archivio di Stato di Modena sono conservate in maniera abbastanza sistematica le lettere dei cardinali della Sacra Congregazione agli inquisitori di Modena per un arco temporale considerevole, senza lacune particolarmente significative. Ma l’aspetto eccezionale è che, oltre a queste, il fondo

Inquisizione contiene, all’interno di buste miscellanee, anche le lettere degli

inquisitori modenesi ai cardinali romani: ciò è di estrema importanza, sia perché esse, integrate con le altre, forniscono un quadro assai più dettagliato e comprensibile dell’attività del tribunale, sia perché nelle altre sedi non sono state rinvenute le lettere degli inquisitori, almeno non in maniera così sistematica.

Qui di seguito si descriverà il tipo di fonte e si parlerà degli studi che l’hanno presa in esame, sia per vedere in che modo le lettere possano costituire un materiale privilegiato per comprendere il livello e la qualità del controllo, sia per mettere a fuoco alcune peculiarità proprie dello specifico tribunale.

Si citeranno, poi, le edizioni disponibili delle lettere, anche perché ciò permetterà di capire quale sia la specificità del presente lavoro e l’uso che si fa di questi

documenti. Considerando la disponibilità dei fascicoli processuali dell’Inquisizione