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La corrispondenza tra Sacra Congregazione e l’Inquisizione di Modena

La corrispondenza del Sant’Ufficio modenese non è mai stata edita nella sua interezza, sebbene un lavoro di questo tipo apporterebbe un notevole contributo all’analisi della prassi di comunicazione tra Sant’Uffizio e tribunali locali, come dimostrano le edizioni di cui si è appena dato conto. Per il periodo considerato in questo studio sono disponibili sia le lettere della Sacra Congregazione romana ai giudici modenesi, sia quelle degli inquisitori ai cardinali romani, anche se non sempre ordinate e riunite sistematicamente.

L’unica descrizione di questo materiale - ma della sola parte relativa alle lettere dei cardinali al tribunale modenese - pure consultato e citato da vari studiosi181, si trova nel già menzionato saggio di Grazia Biondi, che, come si legge in apertura, doveva rientrare in un progetto di schedatura della Corrispondenza tra la Sacra

Congregazione del Sant’Ufficio e le inquisizioni locali promosso dall’Istituto di

Studi Rinascimentali di Ferrara182, che però non ha avuto seguito. Queste lettere si trovano in nove buste del fondo Inquisizione, le bb. 251-259 e coprono gli anni dal 1568 al 1784, anche se, come dimostrano proprio le lettere dei primi anni, vi sono talvolta delle lacune183. Sono autografe ma non olografe, dal momento che, come nota Biondi, la firma del mittente non corrisponde alla grafia del testo184. Oltre a far comprendere il livello e il modo in cui il controllo veniva esercitato, le lettere forniscono informazioni essenziali sui processi, per esempio nei casi in cui ad esse erano acclusi memoriali o altri tipi di allegati, come decreti, bolle, editti, informazioni sugli indagati, etc. Per non dimenticare la loro importanza “archivistica”: come nota ancora la studiosa, le lettere «Possono essere studiate anche come fonti per ricostruire i modi prescelti dall’istituzione per conservare memoria di sé e dei propri atti: la formazione degli archivi». E, in effetti, i cardinali insistevano frequentemente su quest’aspetto, chiedendo periodici resoconti delle attività del tribunale, che contribuivano a formare sia gli archivi locali che quelli del tribunale romano.

181 Si segnala il contributo di C. Black, Relations between Inquisitors in Modena and the Roman

Congregation, cit., che utilizza la corrispondenza dell’inquisitore Giacomo Tinti da Lodi e dei suoi

successori per mostrare una minore intensità di rapporti di questi ultimi con Roma nella seconda metà del Seicento.

182 G. Biondi, Le lettere della Sacra Congregazione, cit., p. 93. 183 Ibidem.

Da questa mentalità archivistica deriva il fatto che persino una delle sedi inquisitoriali che non era certamente nel novero delle principali ha conservato con cura i propri documenti, seguendo le direttive di un organo di controllo che, evidentemente, faceva sentire il suo peso e la sua presenza, come dimostrano i frequenti richiami ad una corretta rendicontazione, ma anche ad una conservazione puntuale del materiale prodotto. In questo senso va, una volta in più, ricordato il valore delle lettere, che andavano a costituire una fonte interna imprescindibile nei casi in cui le norme o i manuali presentassero incertezze: si spiegano così, tra l’altro, le obiezioni che talvolta si trovano nelle missive degli inquisitori locali, i quali, magari in seguito a richiami da parte dei cardinali su errori procedurali, si appellavano proprio ai precedenti documentati nelle lettere inviate loro dalla stessa Sacra Congregazione. Un esempio chiaro in questo senso si può vedere nel caso della comminazione ad un imputato ebreo della pena di sostare penitente in un luogo pubblico: a quanto pare, l’inquisitore aveva scelto di farlo restare davanti la chiesa di san Domenico (ovvero nei pressi del tribunale), ma puntuale arrivò l’ammonimento dei cardinali, i quali avrebbero voluto che si ponesse o davanti la sinagoga o nella piazza pubblica. A quel punto l’inquisitore, nel giustificare la propria scelta, da una parte addusse motivi di tutela del reo - che sarebbe andato incontro alla lapidazione o ad altro genere di molestie da parte dei modenesi - e dall’altra si rifece al precedente di una analoga penitenza assegnata ad un altro ebreo (tale Lelio Ravà), approvata e attestata da una lettera della Sacra Congregazione.

Per tornare all’analisi in oggetto, si prenderanno in considerazione tre buste - le bb. 251, 252, 253 - contenti le lettere del primo trentennio di attività del tribunale, non numerate, ma raccolte ed ordinate cronologicamente all’interno di fascicoli numerati divisi per uno o più anni.

C’è comunque da precisare che parte delle lettere della Sacra Congregazione si trovano all’interno di altre buste, in particolare nella b. 1, ma anche in molti fascicoli processuali, cui venivano normalmente accluse le direttive che gli inquisitori locali dovevano seguire durante le varie fasi del processo: si avranno quindi lettere in cui si forniscono informazioni su imputati o testimoni, lettere in cui si valuta l’opportunità della tortura, lettere in cui si dà una soluzione sul tipo di abiura o sulle penitenze da assegnare all’imputato, soprattutto nei casi di disaccordo tra i consultori. Per buona

parte le lettere allegate ai fascicoli processuali sono copie di quelle raccolte sistematicamente, per cui il fatto di non analizzare il contenuto dei singoli processi di un trentennio per scovare ciascuna di esse non compromette il discorso relativo al funzionamento dell’istituzione e alle linee d’azione seguite dai giudici.

L’altra parte della corrispondenza invece, quella delle missive scritte dagli inquisitori all’indirizzo dei cardinali della Sacra Congregazione, si trova all’interno di un unico volume rilegato, attualmente contenuto all’interno di una busta di materiale miscellaneo - la b. 295 - e riporta il titolo “Lettere de Padri Inquisitori alla Sacra Congregazione del 1598, 1599, 1600 usque ad annum 1624”185

, dove le lettere sono riunite sistematicamente. Le poche lettere del primo inquisitore generale di Modena, frate Giovanni da Montefalcone, non si trovano in apertura del volume, ma sono poste nel retro, come se si trattasse di un volumetto a parte all’interno del corpus. Sebbene non si possa precisare il grado complessivo di completezza di questa corrispondenza, tuttavia è possibile fare delle considerazioni a partire da alcuni dati certi e affermare che le lacune, riscontrabili all’interno di ciascuna delle due raccolte - lettere da e per la Sacra Congregazione - spesso vengono colmate e/o integrate dal materiale dell’altra, ma non solo. Per esempio, all’interno della prima busta delle lettere dei cardinali agli inquisitori di Modena (b. 251) c’è una lacuna relativa ai primissimi anni di attività del nuovo tribunale, e la serie sistematica riprende solamente dal 20 maggio del 1600 (con una lettera del cardinale di Santa Severina): in questo caso si dovrebbero dunque considerare unicamente le lettere che gli inquisitori avevano indirizzato a Roma in quel periodo. Ebbene, all’interno della b. 1 sono contenute ben venti lettere del cardinale di Santa Severina al primo inquisitore di Modena, frate Giovanni da Montefalcone e altre dieci lettere di diversi cardinali relative agli anni dal 1598 al 1601186. Un altro esempio: le lettere degli inquisitori ai cardinali della Sacra Congregazione si arrestano all’anno 1624, per cui per gli anni successivi si farà riferimento unicamente alle lettere dei cardinali al tribunale modenese. Vi è poi un vero e proprio “tesoretto”, rappresentato da un corpus di

185 ASMo, Inquisizione, b. 295, Miscellanea. Le lettere, seppure rilegate in un volume, non sono

numerate.

186

ASMo, Inquisizione, b. 1, fasc. II, “Carteggio sec. XVI Lettere dirette all’Inquisitore”. Il fascicolo contiene sei sottofascicoli, di cui cinque contenenti le lettere prese in esame, che complessivamente sono trenta, firmate dai cardinali di Santa Severina (venti), d’Ascoli (cinque), di Terranova (una), di Verona (due), Francesco Dezza (due).

minute dell’inquisitore frate Arcangelo Calbetti da Recanati. In questo caso il reperimento della documentazione è stato particolarmente difficoltoso, dal momento che si partiva da una nota tratta da uno studio di Albano Biondi, il quale citava 54 lettere scritte dal Calbetti ai cardinali della Sacra Congregazione187, ma di cui non c’era traccia all’interno della busta indicata: lo stesso Biondi, in effetti, rilevava che le lettere in questione erano state collocate erroneamente nella busta contenente fascicoli processuali dell’anno 1625. Evidentemente chi aveva provveduto a dare una collocazione più adeguata, magari in seguito a quella segnalazione, non aveva però segnalato lo spostamento. Si è comunque potuto risalire all’attuale collocazione grazie ad una nota all’interno di un volume di Giuseppe Trenti, il quale, citando una lettera già menzionata dal Biondi, ne rilevava l’inesatta posizione e ne indicava quella corretta, ovvero la b. 278188: qui si trova appunto il corpus, che è costituito da minute, ma non 54, bensì 65 (più la copia manoscritta di un editto contro gli ebrei, in apertura del fascicolo)189. L’importanza delle minute è notevole, considerando che, oltre a colmare una lacuna, esse vanno a fare luce proprio su alcune delle questioni a cui si è scelto di dedicare approfondimenti nel corso della trattazione (per esempio, su Carpi e il suo arciprete, sulla fabbrica del Sant’Ufficio, sulla sinagoga di Soliera, etc.).

L’analisi contenutistica delle lettere seguirà, in linea di massima, un ordine cronologico, lasciando spazio ad alcuni approfondimenti, in particolare nel corso della trattazione del mandato di frate Arcangelo Calbetti da Recanati.

187 A. Biondi, La “Nuova Inquisizione” a Modena, cit., p. 75n.

188 Su questo si forniranno informazioni più dettagliate nella trattazione dedicata all’inquisitore

Arcangelo Calbetti.

189

Ringrazio la dott.ssa Rosa Lupoli, la quale mi ha segnalato lo studio di Giuseppe Trenti che citava una lettera del Calbetti contenuta nella b. 278 del fondo Inquisizione, con questa nota: «A. Biondi [...] assegna la lettera in ASMo, Inquisizione, alla busta 77. Si tratta in effetti di una minuta, che si trova con altre dello stesso Calbetti nel fascicolo II della busta 278 [...]», cfr. Trenti, I processi, cit., p. 10n. Da qui si è potuto verificare che non solo la lettera in questione, ma tutto il corpus menzionato da Biondi, si trovava in ASMo, Inquisizione, b. 278, Stato delle Congregazioni del S. Uff. Regolamenti- Carteggi, fasc. II, “Litterae missae ad supremam Congregationem Illustrissimorum Cardinalium”, cc. 115 numerate. In particolare, la lettera citata da Biondi e Trenti è datata 29 settembre 1601, cc. 38r-v.