• Non ci sono risultati.

Area economico-lavorativa

Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 145-149)

Cinzia Ripa

3. I bisogni sociali tra necessità nuove e pregresse

3.1. Area economico-lavorativa

La crisi sanitaria si è ripercossa in modo indiscriminato sull’economia delle famiglie italiane, colpendo trasversalmente sia chi presentava delle dif-ficoltà economico-lavorative pregresse, sia chi fino ad allora aveva potuto contare su una discreta stabilità finanziaria.

opere produttive15 al fine di contenere il contagio da COVID-19, ha compor-tato – per la maggior parte dei cittadini – l’interruzione dell’attività lavora-tiva e la conseguente mancanza di liquidità economica.

Dalla presente ricerca è emerso che i lavoratori maggiormente colpiti dalla crisi derivante dal fermo delle attività produttive siano stati quelli che in precedenza non godevano di garanzie contrattuali tali da poter accedere ai sistemi di protezione sociale previsti dal Governo. Tra questi, si annoverano soprattutto lavoratori con contratti di natura occasionale e stagionale, oltre alla drammatica questione del lavoro non documentato. È innegabile, infatti, che il lavoro sommerso in Italia costituisca per molti cittadini l’unica possi-bilità di avere un’occupazione, consentendo e facilitando un’integrazione al reddito, spesso fondamentale per la sopravvivenza di alcuni gruppi svantag-giati, come famiglie numerose e pensionati (Meldolesi, 2000). È facile quindi comprendere la difficoltà che queste famiglie hanno dovuto affrontare, ritro-vandosi improvvisamente senza la possibilità di garantire le fonti materiali di sostentamento.

Altra categoria di lavoratori fortemente colpiti dalle conseguenze provo-cate dall’interruzione di attività produttive sono stati i titolari di partite Iva. Difatti, sono state numerose le richieste di supporto economico pervenute ai servizi da parte di «una fascia di popolazione che, fino a prima dell’emer-genza, non si era mai rivolta all’Assistente Sociale: si pensi, ad esempio, ai piccoli imprenditori/Partita IVA, i quali si sono visti chiudere la loro attività a fronte delle diverse ordinanze ministeriali e regionali emanate a seguito del COVID-19»16 e che, pertanto, non hanno potuto contare su un ritorno eco-nomico derivante dal regolare svolgimento della loro attività.

Altrettanto preoccupante è stata la situazione legata ai lavoratori stagio-nali, in particolare per quelle regioni a forte valenza turistica. D’altronde, le perdite economiche che commercianti e albergatori hanno più volte lamen-tato nel corso di questi mesi, fa da specchio alla realtà che ha colpito i lavo-ratori del settore. Come evidenziato da un collega del Veneto, «la grossa pro-blematica è la perdita del lavoro degli stagionali e della difficile apertura delle attività turistiche sul territorio. Questo ha comportato la presenza di nuovi poveri sul territorio, persone che non hanno mai avuto necessità di  

15 D.P.C.M. 8 marzo 2020,Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epi-demiologica da COVID-19, G.U. n. 59 dell’8 marzo 2020; D.P.C.M. 11 marzo 2020, Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in ma-teria di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale, G.U. n. 64 dell’11 marzo 2020.

16 Le citazioni sono argomentazioni riportate dai colleghi rispondenti al questionario, di cui si assicura l’anonimato.

rivolgersi al servizio sociale, ma che ora hanno grosse difficoltà a far fronte alle spese ordinarie, causa la fine della disoccupazione e la difficile riaper-tura». La questione, evidenziata da più colleghi in regioni diverse d’Italia, a segnalare la trasversalità della problematica, sembra esser stata ulteriormente acutizzata dall’insufficienza delle misure poste in essere dal Governo17, le quali «non sembrano aver avuto un impatto sufficientemente adeguato».

La precarietà contrattuale – che in molti casi ha fornito un assist per pro-cedere con il licenziamento o il mancato rinnovo di contratti a termine – ha fatto sì che le famiglie non potessero più godere delle entrate economiche con cui mensilmente erano chiamati a pagare l’affitto o le rate del mutuo, oltre alle utenze domestiche. Le forti fragilità emerse rispetto a queste fasce di popolazione hanno costretto molti cittadini ad attingere ai loro risparmi; tuttavia, con il prolungarsi delle misure restrittive, anche l’acquisto di generi alimentari o di medicinali è divenuto sempre più gravoso, in quanto «molti nuclei familiari, a causa della mancanza di un lavoro stabile e/o regolare, non possono garantire appieno il loro sostentamento e devono persino limitare gli acquisti di beni di prima necessità».

È in questo contesto, caratterizzato dall’impossibilità oggettiva di molti nuclei familiari – specie quelli numerosi o composti da persone anziane o disabili – di far fronte anche all’acquisto di beni di prima necessità, che si colloca la misura governativa con cui è stato disposto il trasferimento di fondi ai comuni per la consegna ai cittadini di buoni spesa18. Tale provvedimento, seppur disposto in misura emergenziale e di certo non esaustivo rispetto ai bisogni di natura economica della popolazione, ha consentito di intervenire «riuscendo a soddisfare le esigenze di molti cittadini».

Tuttavia, la disomogeneità con cui ogni ente locale ha agito rispetto all’in-dividuazione dei criteri di fruibilità del sostegno all’acquisto di generi di prima necessità attraverso i buoni spesa19, ha provocato non poche perples- 

17 Il riferimento è al D.L. n. 18 del 17/03/2020, cosiddetto Decreto Cura Italia, e al D.L. n. 34 del 19/05/2020, denominato Decreto Rilancio, che hanno introdotto, tra le altre misure, alcune indennità di sostegno in favore dei lavoratori autonomi, stagionali del settore turistico e collaboratori occasionali, le cui attività abbiano risentito dell’emergenza economica e so-ciale conseguente alla pandemia dovuta al COVID-19, di 500 euro, 600 euro e 1.000 euro, a seconda dei casi.

18 Ordinanza n. 658 del 29 marzo delle Presidenza del Consiglio dei Ministri – Diparti-mento della Protezione Civile recante “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in

re-lazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie deri-vanti da agenti virali trasmissibili”, G.U. n. 85 del 30 marzo 2020.

19 Ibidem, «L’Ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune individua la platea dei

bene-ficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus COVID-19 e tra quelli in stato di bisogno, per sod-disfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di so-stegno pubblico».

sità tra gli operatori del sociale, i quali si sono trovati a dover classificare le emergenze, a «fare una selezione degli utenti che hanno priorità di aiuto». Quest’azione è stata resa ancor più ardua se si considera la difficoltà – o impossibilità, in alcuni casi – di effettuare una valutazione approfondita del bisogno espresso e delle reali necessità della famiglia a causa della chiusura al pubblico degli uffici e della conseguente possibilità di effettuare colloqui solo telefonici. Molti colleghi – rispondendo alla domanda relativa alle dif-ficoltà incontrate nello svolgimento dell’azione professionale durante il pe-riodo di emergenza – hanno evidenziato come lo strumento del colloquio telefonico, seppur abbia consentito di mantenere viva la relazione cittadino-servizio sociale, ha anche reso inaccessibile, agli operatori del settore, una serie di informazioni relative, ad esempio, al contesto ambientale.

Nonostante le sopra citate difficoltà riscontrate, la consegna di buoni spesa ha consentito di far fronte, in molti casi, all’inadeguatezza dei sistemi di protezione sociale e all’insufficienza degli strumenti di sostegno al reddito preesistenti. Difatti, gli ammortizzatori sociali introdotti – oltre ai ritardi con cui sono stati disposte ed elargite le relative somme – non sono risultati suf-ficienti per garantire una discreta sicurezza ai cittadini che ne hanno potuto fare richiesta. Inoltre, anche le misure nazionali di contrasto alla povertà – primo fra tutte il reddito di cittadinanza (RdC) – sono risultato non sufficienti ad affrontare la crisi economica, sia in termini di importo monetario, sia ri-spetto alla platea dei beneficiari. Se per la questione afferente all’amplia-mento dei criteri di accesso alla misura si sta ancora discutendo20, relativa-mente al quantum della stessa, tra gli assistenti sociali sembra condivisa l’idea secondo cui «non sempre gli importi RdC sono sufficienti a coprire le spese della vita quotidiana e se prima alcuni beneficiari erano in grado di reinventarsi svolgendo piccole attività che consentivano loro di arrivare a fine mese, adesso ciò non è più possibile».

La difficile situazione sopra descritta ha fatto registrare un aumento preoccupante delle richieste di supporto economico provenienti da persone «sconosciute ai Servizi». Se da un lato, infatti, si assiste all’acuirsi dei «bi-sogni economici delle persone già conosciute dal servizio che, anche in pre-cedenza, non avevano un reddito sufficiente al mantenimento del loro nucleo familiare», dall’altro lato desta ancor più preoccupazione l’emersione di nuove povertà, di cui fanno parte «quelle persone che hanno sempre avuto una buona autonomia e che ora si trovano a dover affrontare problematiche  

20 Si è parlato a lungo, durante i mesi della quarantena, della possibilità di rivedere i criteri di accesso al beneficio del Reddito di Cittadinanza attraverso la presentazione, ad esempio, dell’ISEE corrente anziché quello ordinario, così da consentire alle famiglie drasticamente colpite dalla crisi economica di accedere al beneficio. Ad oggi, tuttavia, questa opzione non è ancora stata disposta.

nuove». È soprattutto da questi ultimi che emerge con forza il sentimento di paura rispetto al futuro, temendo che si «possa essere vittima della fame, del disagio e della disperazione». Ed è proprio con questi nuovi bisogni che gli assistenti sociali saranno chiamati, nell’immediato futuro, a relazionarsi per trovare soluzioni che, ad oggi, si prospettano con difficoltà.

Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 145-149)

Documenti correlati