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Servizi sociali e salute mentale

Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 117-120)

Riferimenti bibliografici

7. Servizi sociali e salute mentale

di Maria Patrizia Favali e Barbara Rosina

1. Il contesto di riferimento

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2013), l’espressione salute mentale presuppone uno stato di benessere emo-tivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, esercitare la propria funzione all’interno della società, utilizzare le capacità cognitive o emozionali, stabilire relazioni interpersonali soddisfacenti e mature, partecipare ai mutamenti dell’am-biente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni. 

In Italia la normativa di riferimento è legge 180 del 1978 “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” che ha sancito la definitiva chiusura dei Manicomi e nella quale l’attenzione era ai diritti civili univer-sali, alla necessità di riscatto dei malati di mente da una condizione di segre-gazione manicomiale (Prina, 2016, p. 311-319). La Legge 180 venne rias-sorbita dalla Legge 833 del 28 dicembre 1978, Istituzione del Servizio Sani-tario Nazionale, legge di riforma non solo per la psichiatria, ma per la sanità nel suo complesso. 

La normativa nazionale sulla salute mentale rimane invariata dal 1978; successivamente, i Piani sanitari nazionali e due Progetti Obiettivo, uno del 1994 ed uno del 1999 definiscono l’organizzazione delle strutture del Servi-zio Sanitario NaServi-zionale in forma dipartimentale, individuano il Centro di Sa-lute Mentale, struttura sanitaria territoriale e non ospedaliera, punto centrale della cura, prevenzione e riabilitazione della malattia mentale, individuano le priorità da affrontare per favorire e tutelare la salute mentale dei cittadini, ponendo attenzione sul rischio connesso al mancato coordinamento tra le va-rie figure professionali. 

L’assistenza psichiatrica pubblica è fornita dall’Azienda sanitaria (ASL) attraverso i Dipartimenti di salute mentale (DSM) che si occupano della

prevenzione, cura, riabilitazione del disagio psichico e dei disturbi mentali degli adulti. 

La figura dell’assistente sociale è presente nel nostro Paese fin dagli anni Venti con la nascita del servizio sociale di fabbrica (Dellavalle, 2013), ma il suo inserimento nell’ambito della salute mentale ha sofferto di un significa-tivo ritardo. 

La figura, sebbene De Sanctis ne rilevasse la necessità fin dal 1929, viene chiamata ad aiutare la popolazione svantaggiata negli istituti psichiatrici solo negli anni Cinquanta. 

In generale è in questo periodo che la professione si diffonde, soprattutto in seguito al riferimento all’assistenza sociale nella Costituzione. Ma è sol-tanto con la legge 431 del 1968 “Provvidenze per l’assistenza psichiatrica” che l’assistente sociale è prevista non solo nell’Ospedale Psichiatrico, ma anche nei servizi territoriali, di nuova istituzione. 

Il servizio sociale nella salute mentale, attraverso azioni specifiche nell’ambito dei programmi di cura, riabilitazione e prevenzione permette di contribuire al sostegno delle persone nella gestione della vita quotidiana con particolare attenzione alla crescita personale, agli aspetti di autonomia, al percorso riabilitativo, alla tutela dei diritti, al coinvolgimento dei sistemi delle reti primarie (Sanicola, 2009). Anche nel lavoro di promozione della cultura dell’inclusione e dell’accoglienza può assumere un ruolo importante (Spisni, 2013). 

La presenza dell’assistente sociale nei dipartimenti di salute mentale non è sempre garantita: in linea generale è possibile affermare che, quando è pre-sente nell’équipe interprofessionale, è inserita soprattutto nei Centri di Salute Mentale. Gli assistenti sociali collaborano con differenti professionisti in-terni ai DSM, medici psichiatri, psicologi, educatori professionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica, infermieri, terapisti occupazionali, operatori socio-sanitari, e concorrono all’elaborazione dei progetti terapeutici. 

Hanno inoltre numerosi contatti con assistenti sociali anche non apparte-nenti alla stessa azienda sanitaria, con operatori di altri Enti, con il volonta-riato, l’associazionismo, l’autorità giudiziaria al fine di garantire il lavoro di rete. 

La storia della psichiatria italiana è caratterizzata da tensioni e conflitti tra i diversi attori sociali come prima della riforma si ritrovano dialettiche e interessi spesso divergenti, fratture e conflitti tra soggetti istituzionali. Non deve inoltre essere sottovalutata la separazione tra competenze e responsabi-lità ed un quasi completo disinteresse politico che, ancora oggi, sottrae tale problema alla vista. 

Si segnala inoltre la continua pressione tra richieste contrapposte: la ri-chiesta di contenimento della spesa attraverso la contrazione delle risorse e

la legittima richiesta dei cittadini e di altre figure professionali che si aspet-tano soluzioni a problemi diversificati e complessi (Rosina, 2018). 

Per la professione, come per le altre che fanno parte del sistema di tutela della salute, si osserva il rischio del dover agire interventi di aiuto, sostegno e protezione in una continua ridefinizione dei livelli di rischio. I diversi man-dati degli operatori, istituzionale, professionale, sociale (Gui, 2008) possono dare indicazioni diverse e, a volte, contraddittorie: il mandato istituzionale può richiedere di realizzare interventi assistenzialistici, standardizzati, limi-tati a situazioni di gravità mentre, al contempo, il mandato professionale o-rienta l’azione dell’assistente sociale in termini personalizzati verso la pro-mozione del cambiamento. 

 

Nella sua forma più estrema, la distanza tra mandato professionale e mandato isti-tuzionale può orientare alcuni professionisti verso una prestazione lavorativa di tipo esecutivo-burocratico, priva di personalizzazione (Pregno e Rosina, 2012, p. 50). 

 

L’affidamento della tutela della salute alla legislazione concorrente tra Stato e Regioni che ha disegnato un sistema caratterizzato da un pluralismo di centri di potere e ampliato il ruolo e le competenze delle autonomie locali a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, ha fatto sì che i servizi di salute mentale del territorio italiano siano caratterizzati da una grande ete-rogeneità (Rosina, 2020). 

A tale eterogeneità dei modelli organizzativi e delle politiche locali deve aggiungersi una ridotta riflessione in letteratura sul ruolo del servizio sociale professionale della salute mentale: l’assunzione del ruolo si caratterizza quindi per valutazioni personali del singolo operatore che, anche a causa del ridotto numero rispetto agli altri professionisti dell’équipe si trova ad operare delle scelte di campo occupandosi di alcuni aspetti dei percorsi riabilitativi, spesso quelli connessi all’inserimento ed al reinserimento lavorativo, il so-stegno alle famiglie, le procedure connesse alle misure di limitazione della capacità giuridica, meno frequentemente di situazioni di sostegno alla geni-torialità, connesse a procedimenti penali per autori di reato, problematiche correlate all’interazione tra patologie psichiatriche e patologie croniche, le-gate ai fenomeni di invecchiamento della società oppure a difficoltà lele-gate ai fenomeni migratori. Inoltre spesso l’intervento sociale, attivato da altri pro-fessionisti, non presenta la tempestività che sarebbe auspicabile, ma frequen-temente viene richiesto dopo molti e reiterati interventi sanitari (Tilli e Fa-vali, 2018). 

In ultimo, non deve essere sottovalutato il rischio che per l’assistente so-ciale, che in collaborazione con la componente dirigenziale del personale sa-nitario è spesso affidato anche il compito di assumersi responsabilità tipiche

delle aziende quali la gestione del budget, le valutazioni su risorse, risultati, efficacia, efficienza, economicità e competitività, possa generarsi una situa-zione di confusione tra funzioni manageriali-gestionali e funzioni professio-nali quanto un aumento dei tempi connessi ad aspetti burocratici e procedu-rali (Gaboardi, 2012). 

2. I bisogni emersi e la risposta degli assistenti sociali e dei

Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 117-120)

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